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Autore: heliodor    22/03/2020    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Ingrato

 
Trovò Bardhian che si allenava nella palestra sotterranea, in uno dei livelli del circolo sopravvissuti al crollo. Era da solo, l’espressione concentrata mentre col raggio magico stava frantumando una parete che era crollata quasi una Luna prima.
È passato così poco tempo? Si chiese Joyce osservandolo mentre col raggio evocato dalle sue mani il principe di Malinor distruggeva la pietra strato per strato con precisione, senza mostrare alcuno sforzo.
Il potere che emanava era così intenso che poteva sentirlo sulla sua pelle come un lieve soffio d’aria.
Bardhian annullò l’incantesimo e la guardò. “Potrei scolpire una montagna se volessi.”
Joyce annuì seria. “Basterà per passare da parte a parte un colosso?”
“Non lo so. Sembrano fatti di pietra, giusto? Potrei provarci. O forse li colpirò con una sfera infuocata, come ho fatto col ragno supremo.”
“Te ne servirà una più grande.”
“Posso evocarla.” Bardhian sospirò. “Quando uso tutto quel potere sento che potrei fare qualsiasi cosa.”
“È come la frenesia?”
Lui scosse la testa. “No. È qualcosa di più profondo. Sento il potere che mi attraversa, che mi completa. È come essere innamorati, credo.”
Quella frase la colpì. Stava pensando ancora alle parole di Joane. “Posso chiederti una cosa?”
Bardhian sedette con la schiena appoggiata al muro. “Ti ascolto.”
“Cosa si prova a essere innamorati?”
Lui sgranò gli occhi. “Ammetto che non era la domanda che mi aspettavo.”
Joyce si accucciò davanti a lui. “Rispondi, per favore. Se non ti imbarazza troppo.”
Bardhian sospirò. “Che vuoi che ti risponda? È una bella sensazione. Ti senti completo, realizzato. Ma soffri, anche, specie se la persona di cui sei innamorato non ti ricambia. Per fortuna non è il caso di Lilie. Però prima di lei…”
“Eri innamorato di un’altra?”
Bardhian distolse lo sguardo.
“Di chi?”
“Questa è davvero una domanda molto impertinente, Sibyl.”
“Bryce? È lei che amavi?”
Bardhian ghignò. “È impossibile non amare Bryce.”
“Perché? Cos’ha di così speciale? A me sembra una persona come le altre.”
“Bryce? Direi proprio di no. Non è una persona comune, questo è certo. Lei è la strega suprema. È bella. È intelligente. È nobile. Tutti la amano. Tutti la seguono in battaglia.”
“Perché?”
Bardhian sollevò gli occhi al cielo come se stesse ricordando qualcosa di lontano nel tempo e altrettanto piacevole. “Quando ho combattuto al suo fianco” disse con voce eccitata. “Mi sentivo al sicuro. Sapevo che niente poteva andare davvero male. Sapevo che se fossi stato in pericolo lei sarebbe stata lì per aiutarmi. Sapevo che se fossi caduto, lei mi avrebbe fatto rialzare. Tutti lo sapevano.”
“Ed erano pronti a morire per lei?”
Bardhian annuì.
“Non mi sembra che abbia aiutato tutti.”
Lui si accigliò.
“Non ha aiutato sua sorella quando è stata rapita o sbaglio?”
“Se fosse stata presente, Rancey non l’avrebbe scaraventata nel portale. Bryce lo avrebbe impedito.”
“Ma lei non era lì.”
“Nemmeno Vyncent ha potuto impedirlo. E lui era presente.”
Joyce lo guardò sorpresa. “Credevo che voi due foste amici.”
Lui sorrise. “Certo che lo siamo, ma nemmeno lui è infallibile. Nessuno lo è, Sibyl. Tutti commettiamo errori.”
“Non ti credevo così saggio. È merito dell’addestramento di tua madre?”
“Lei non c’entra niente” disse Bardhian rialzandosi. “Di che cosa avete parlato voi due quando sono andato via?”
“Le solite cose. Mi ha rimproverata per essermi svegliata tardi.”
“Ha fatto bene. Devi prendere sul serio l’addestramento. Ho bisogno di poter contare su di te quando l’orda attaccherà. A proposito, Joane che cosa ne pensa?”
“Riguardo a cosa?”
“L’idea di farmi affrontare i colossi. Lei è d’accordo o ancora contraria?”
“Perché non glielo chiedi tu stesso?”
“A me non lo direbbe mai. Non hai ancora capito com’è fatta?”
Credo di averlo capito, pensò Joyce.
“Pensa che potresti vincere” disse. “Credo sia orgogliosa di te.”
Il viso di Bardhian si illuminò. “Te l’ha detto lei? Ha usato proprio queste parole?”
“No, ma il concetto era quello. Sai com’è fatta tua madre.”
“Giusto” disse Bardhian con un mezzo sorriso. “Torno ad allenarmi se non ti spiace. Tu che cosa vuoi fare? Possiamo scambiare due colpi, se vuoi.”
“Devo parlare con Halux. Se vuoi scusarmi.”
Bardhian tornò al centro della sala ed evocò il raggio magico.
 
Joyce poggiò le mani sulla scrivania dove la mappa era aperta.
Halux le scoccò un’occhiata ostile. “Scommetto che sei qui per ricattarmi o costringermi a fare qualcosa che non voglio.”
“Perché pensi sempre il peggio di me? Potrei offendermi.”
Halux ghignò. “Tu non conosci la vergogna, strega rossa. Dimmi quello che vuoi e poi lasciami in pace.”
“Ho cambiato idea sul portale.”
Halux si accigliò. “Non vuoi usarlo più? Dopo tutti gli sforzi che ho fatto?”
“Hai capito male” si affrettò a dire. “Voglio usarlo subito. Manderai Bardhian e Joane a nord, il più vicino possibile al punto dove potrebbe trovasi l’alleanza e me in quello dove si trova il nodo di potere.”
“Quindi sei proprio decisa a fare questa follia” disse l’erudito. “Non ti credevo pazza fino a questo punto.”
“So quello che faccio.”
“Una frase che i pazzi dicono prima di fare qualche sciocchezza.”
“Dico sul serio Gera.”
“Che cosa ti ha fatto cambiare idea?”
“Non ha senso difendere Nazdur” disse Joyce raddrizzandosi. “La città è persa ed è inutile rischiare Bardhian per difenderla. Meglio portarlo a nord dove può essere utile all’alleanza.”
“Kallia sa di questa decisione?”
“La informerò.”
“Quando?”
“Presto.”
Halux ghignò. “Il che vuol dire che scoprirà da sola che ce ne siamo andati come dei ladri. Dopo che ci ha aiutati e protetti. Ancora una volta ti dimostri per quello che sei, strega rossa. Un’ingrata e una bugiarda.”
“Abbiamo aiutato Kallia salvando la sua città dal primo attacco dell’orda. Senza di noi sarebbero tutti morti.”
“Non le sarai stata di grande aiuto se Nazdur viene comunque rasa al suolo. E non dimenticare che sei stata tu a convincerla a restare invece di fuggire quando l’orda è arrivata. Potevano andare via ma tu hai garantito l’aiuto di Bardhian in battaglia.”
“Ho sbagliato” disse Joyce sulla difensiva. “Pensavo davvero che Bardhian potesse vincere da solo contro i colossi.”
“E ora non lo pensi più?”
“Bardhian non è pronto.”
“Allora vallo a dire a Kallia.”
Joyce scosse la testa. “Sarebbe una cattiva idea. Ci obbligherebbe a restare in ogni caso e ci metterebbe sotto sorveglianza. Dopo sarebbe molto più difficile andarcene. Anche per te.”
“Io non le sono utile nella battaglia che sta per iniziare. Sarei solo un peso di cui liberarsi il prima possibile. Io farei lo stesso un tentativo, strega rossa. Non conosco bene Kallia, ma se sarai sincera con lei lo apprezzerà.”
Sincera, pensò Joyce. Non penso di esserlo più da intere Lune, se mai lo sono stata.
“Farò un tentativo” disse alla fine.
“Bene” fece Halux. “E per quanto riguarda il ragazzino che hai messo a spiarmi?” aggiunse indicando la porta dello studio.
“Ti chiedo scusa.”
Halux ghignò. “Stavo per dire che hai fatto bene. Se non fosse stato per lui sarei andato via alla prima occasione. Ora vai da Kallia e dille ciò che deve sapere o fai quello che vuoi. Io preparerò i portali.”
Joyce marciò fuori dallo studio con passo incerto. Una volta chiusa la porta, gettò un’occhiata a Razt.
Il ragazzo raddrizzò la schiena. “Non l’ho mai perso di vista, eccellenza.”
Joyce annuì. “Continua a farlo. Passerò più tardi.”
“Come comandi.”
Raggiunse il palazzo del governo di Nazdur. La sala con i feriti era ancora mezza piena. Gettò un’occhiata distratta ai therani che si stavano rimettendo in piedi dopo aver mangiato e bevuto. Valletti e inservienti stavano ripulendo i pavimenti mentre i guaritori ispezionavano le bende. Nessuno di loro parlava ad alta voce limitandosi a sussurrare e annuire con ampi gesti del capo o, a volte, a dissentire.
Joyce trovò le scale e raggiunse il livello superiore e poi lo studio di Kallia, che era vicino alla sala dove Ames di Thera era stato alloggiato.
Si recò prima qui, affacciandosi per gettare un’occhiata fugace all’interno. Il letto era disfatto e vuoto.
Ames doveva aver trovato abbastanza forze da alzarsi e cambiare stanza.
Proseguì fino allo studio. Due stregoni e due soldati sorvegliavano la porta.
“La governatrice è dentro?” chiese Joyce a uno degli stregoni.
“È in riunione col therano” disse uno degli stregoni.
“Devo parlarle.”
“Lo farai dopo la riunione, strega rossa.”
“È urgente” disse Joyce con tono serio.
Lo stregone gettò un’occhiata alla porta chiusa. “Ho l’ordine di non far entrare nessuno.”
“E io devo parlare con Kallia. È importante.”
Lo stregone sospirò. “Aspetta qui, strega rossa.” L’uomo aprì la porta e si infilò all’interno dello studio. Quando ne uscì, fece un cenno a Joyce. “Puoi entrare.”
Joyce varcò la soglia dello studio. Non era cambiato dall’ultima volta che vi era entrata, fatta eccezione per la finestra che era aperta invece che chiusa, come al solito.
Kallia e Ames erano in piedi e sembrava che si stessero parlando. La governatrice le gettò un’occhiata infastidita. “Spero sia davvero importante, strega rossa.”
Joyce faticò per non arrossire.
Ho interrotto un incontro galante tra i due? Si chiese. Forse Kallia e Ames volevano restare un po’ da soli dopo essere stati separati per così tanto tempo. È chiaro che tra loro due c’è qualcosa.
“Vi lascio parlare da sole” disse Ames avviandosi verso l’uscita.
“Puoi restare” disse Kallia. “Non devi andartene.”
“Ho come la sensazione che la strega rossa voglia parlare con te da sola.” Ames le rivolse un sorriso sincero mentre le passava accanto. Joyce ricambiò con un cenno della testa.
Ames si portò la mano al braccio dove Halux aveva trovato lo strano segno e fece una smorfia di fastidio.
O di dolore? Si chiese Joyce.
Ames aprì la porta e la richiuse con delicatezza.
Solo allora Kallia emise un profondo sospiro. “Cos’hai di così importante da dirmi?”
Decise di evitare di chiedere a Kallia di cosa stessero parlando lei e Ames. Non erano affari suoi e non voleva irritare di più la donna.
“Riguarda Bardhian e Joane.”
“Ci sono problemi?”
“No, nessuno” disse Joyce. “Ma devo portarli via da Nazdur.”
Kallia si accigliò. “Portarli dove?”
“Al nord.”
“Credevo si sarebbero uniti alla battaglia contro l’orda.”
Strada facendo aveva riflettuto sulle parole giuste da usare. “La battaglia contro l’orda è anche a nord.”
“Ma Nazdur e noi siamo qui, strega rossa. Senza Bardhian verremo spazzati via.”
“Questa è solo una battaglia, Kallia” disse Joyce con tono calmo. “La vera guerra si deciderà a nord, quando l’alleanza e l’orda si scontreranno. Bardhian serve lì, il più presto possibile.”
“Serve anche a noi” disse Kallia. “O lo hai scordato? Potevo evacuare la città ma tu hai detto che potevamo affrontare i colossi e sconfiggerli con Bardhian.”
“Ho commesso un errore.”
Kallia la fissò per qualche istante. “L’errore l’ho fatto io, strega rossa, a fidarmi di te e di quella rinnegata di Joane.”
“Lei non c’entra. È stata sempre contraria a usare Bardhian in questa battaglia.”
“Resta comunque una rinnegata. Sai cosa farò ora? Visto che non mi è più utile per la battaglia, ordinerò che venga riportata in cella e tenuta sotto sorveglianza.”
Joyce fece un passo verso la donna. “Non puoi. Joane si è comportata bene. Chiedilo a Caldar.”
“Caldar è solo una spia, non chiedo certo il suo parere quando devo prendere le mie decisioni. Da questo momento Joane è di nuovo una prigioniera.”
“Non puoi farlo” esclamò Joyce. “Lei mi serve.”
“Dovrai farne a meno. E dovrai fare a meno anche dell’erudito.”
“Halux è del tutto estraneo. Nemmeno voleva aiutarmi.”
“È uno stregone rinnegato anche lui. I portali sono stregoneria oscura. Si è appena guadagnato un viaggio per Krikor.”
“La colpa è solo mia” disse Joyce. “Lascia andare Halux, Bardhian e Joane e io resterò qui.”
“Tu non vali quanto loro tre, strega rossa.”
Joyce fece per dire qualcosa ma le parole le morirono in gola.
“Cosa si prova a essere trattati per quanto si vale, ragazzina? La nostra è una battaglia per la vita e la morte. Non permetterò che tu mi porti via l’unica arma che può salvare questa città.”
“Ripensaci, ti prego.”
“Mi spiace” disse Kallia. “Da te mi sarei aspettata almeno gratitudine.”
“Io…” iniziò a dire Joyce.
Dal corridoio giunsero delle grida che la fecero sobbalzare.
 
***
 
Kallia spalancò le porte e si precipitò nel corridoio. Dietro di lei Joyce quasi inciampò nella donna quando questa si fermò all’improvviso.
I due soldati e gli stregon giacevano al suolo. Soltanto uno di loro, lo stregone che l’aveva bloccata all’ingresso, si muoveva ancora.
Gli altri erano immobili.
Kallia andò da lui. “Voronin” esclamò chinandosi accanto allo stregone. “Cosa è successo?”
“Il therano” disse lo stregone con voce affannata. “Ames. Ci ha attaccati. All’improvviso.”
“È impossibile. Ames non lo farebbe mai.”
“È stato lui” disse Voronin. Il suo petto si alzò e abbassò sempre più veloce finché non spalancò gli occhi e chinò la testa di lato.
“Voronin” esclamò Kallia.
Joyce gettò un’occhiata al corridoio. “Deve essere andato al livello inferiore.”
Kallia si rialzò di scatto. “Vieni con me.”
Corsero fino alle scale e poi da qui al livello inferiore. Le grida che provenivano dalle sale del palazzo la fecero trasalire.
Uno degli inservienti, una ragazza che poteva avere al massimo venti anni, corse verso di loro. “Aiutatemi” gridò prima che un dardo magico esplodesse nella sua schiena scaraventandola in avanti.
A una decina di passi di distanza un uomo sulla trentina aveva il braccio ancora puntato in avanti e un dardo che brillava nella sua mano.
È uno dei therani, pensò Joyce. Avevano parlato con lui il giorno prima, quando aveva accompagnato Halux nel suo giro.
Kallia la superò con un balzo e puntò verso lo stregone. “Che hai fatto?” ringhiò alzando lo scudo magico.
Lo stregone le scagliò contro i dardi magici ma lei li respinse. “Smettila.”
Lo stregone ebbe un attimo di esitazione. “Non posso” disse guardandosi la mano. “Brucia. Fallo smettere.”
Kallia sembrò esitare, poi lo stregone sollevò il braccio e fece per lanciare di nuovi i dardi. Stavolta la donna si spostò di lato senza deviare il colpo ed evocò i dardi a sua volta.
Lo stregone venne colpito al petto e scagliato all’indietro dal contraccolpo.
“Maledizione” gridò Kallia mentre si avvicinava allo stregone.
Joyce la raggiunse e vide che l’uomo perdeva sangue dal petto ma era ancora vivo. Muoveva le braccia come se stesse cercando un punto d’appoggio per rialzarsi.
Kallia gli bloccò le braccia con il tacco degli stivali. “Smettila” gridò puntandogli contro i dardi magici.
“Brucia” gridò lo stregone con gli occhi iniettati di sangue e la bava che gli colava ai due lati della bocca.
“Cos’ha?” domandò Joyce.
Kallia storse la bocca. “È stato maledetto.”
“Brucia” gridò l’uomo inarcando la schiena.
Joyce udì uno schiocco sinistro e il corpo dello stregone si afflosciò, rilassandosi.
Kallia si allontanò scuotendo la testa.
“È morto?” chiese Joyce.
“Si è spezzato la schiena da solo” rispose la donna con voce spenta. “Non avevo mai visto una cosa del genere.”
Dal fondo della sala arrivò un grido che lacerò l’aria. Uno dei valletti era a terra mentre sopra di lui una donna dai capelli sciolti lo tempestava di colpi.
Kallia alzò il braccio e scagliò due dardi contro la donna, colpendola al fianco e alla schiena. Lei rimbalzò via e si rimise in piedi.
“Ti uccido” disse precipitandosi verso di loro.
Kallia attese immobile che si avvicinasse e si scansò all’ultimo momento, sbilanciando l’avversaria che finì a terra. Un attimo dopo le fu addosso ma stavolta non cercò di bloccarla.
“Brucia” gridò la donna cercando di rialzarsi.
Kallia le scagliò contro un dardo lacerandole la gola. “Dannazione” esclamò allontanandosi. “Ma che sta succedendo?” Guardò il valletto che giaceva ancora a terra, il viso trasformato in una massa sanguinolenta.
Joyce gettò una rapida occhiata e vide un occhio penzolare fuori dall’orbita e la cartilagine del naso ridotta in frantumi.
“Deve avere usato la forza straordinaria per attaccarlo” disse Kallia afferrano il valletto per il bavero. Lo trascinò fino a uno dei letti e lo depositò sulle lenzuola candide.
Il ragazzo respirava a fatica e si lamentava. “Fa male” si lamentò con un filo di voce.
“Che cosa è successo?”
“Aiuto” gridò il ragazzo.
Kallia lo scosse. “Sei al sicuro adesso” disse con tono perentorio. “Dimmi che sta succedendo.”
“Non lo so. È successo tutto in fretta. Loro, loro…”
“Loro chi?”
“I therani. I feriti.”
“Continua.”
“Sembrava tutto tranquillo stamattina. Qualcuno si lamentava per un prurito o un bruciore, ma i guaritori avevano ordinato di distribuire delle pomate per dare sollievo. Era quello che io e Sarami stavamo facendo quando, quando…” Il ragazzo prese a piagnucolare.
“Prosegui” disse Kallia con tono meno rude di prima.
“Hanno iniziato a uccidere tutti quelli che incontravano” disse il ragazzo. “Prima gli inservienti che si trovavano nella sala e poi quelli nelle altre e nelle cucine.”
“È lì che ti trovavi quando è iniziato tutto?”
Il ragazzo scosse la testa. “Ero nel magazzino. Sarami e io stavamo prendendo delle pomate come ci era stato ordinato, quando lei ha gridato e uno dei therani l’ha colpita alla schiena con una lama magica. Poi stava per colpire me quando ha visto uno dei valletti fuggire e lo ha seguito. Sembrava un pazzo.” Pianse girando la testa di lato.
Kallia respirò a fondo. “Dove sono tutti ora?”
“Non lo so. Siamo scappati cercando un posto dove nasconderci, ma io non sapevo dove andare e allora sono tornato qui cercando di raggiungere l’uscita. È stato allora che il therano mi ha visto e mi ha attaccato.” Tossì sangue misto a frammenti ossa e denti.
Joyce girò la testa non riuscendo a sostenere la vista di tutto quello.
Kallia si alzò di scatto. “Tu aspetta qui” le disse con tono deciso.
“Dove vai?” le chiese Joyce.
“Nel magazzino” rispose la donna marciando verso il fondo della sala.
Joyce rimase accanto al ragazzo che si lamentava. “Non preoccuparti” disse a bassa voce. “Guarirai.”
“Non sento più mezza faccia” disse il ragazzo. “E non ci vedo più dall’occhio destro. È messo male?”
Era quello che gli penzolava fuori dall’orbita.
“Niente che i guaritori non possano rimettere a posto” disse cercando di rassicurarlo. “Lo sai meglio di me che a Nazdur sono i migliori.”
Il ragazzo tossì di nuovo e tacque.
Kallia tornò con una mezza dozzina di ampolle in grembo e le gettò sul letto.
“Cosa sono?”
“Questa è per il dolore” disse porgendole una fiaschetta piena di liquido viola.
Joyce se la rigirò tra le mani.
“Versala sul suo viso. gli darà sollievo.”
Joyce stappò la fiaschetta e verso una goccia di liquido sulla ferita frastagliata che andava dallo zigomo al mento. Sotto si vedevano i denti frantumati e misti a una poltiglia di carne e sangue.
Al contatto del liquido viola con la ferita il ragazzo ebbe un sussulto.
Joyce allontanò la mano di scatto.
“Devi usarla tutta” disse Kallia. “O soffrirà molto.”
La donna tolse il tappo a una boccetta rosso fuoco. Versò il liquido sulla ferita. “Questo dovrebbe bloccare le infezioni. Almeno finché qualcuno non pulirà la ferita e la benderà per bene.” Quando ebbe versato tutto il contenuto sul viso del ragazzo, si allontanò dal letto.
“Lo lasciamo qui? Da solo?” chiese Joyce.
“Non possiamo fare molto altro per lui. Ci penserà un guaritore, se sopravvivrà abbastanza.”
“E se i therani dovessero trovarlo?”
“Vai dall’erudito e proteggilo” disse Kallia. “Non fermarti per strada e se qualcuno ti attacca, colpisci per uccidere. Hai capito strega rossa?”
“Anche se è un alleato?”
“Queste maledizioni a volte si trasmettono da persona a persona. Non puoi fidarti di nessuno. Un attimo prima può essere un alleato e quello dopo cercare di scannarti come ha fatto quel therano col valletto. Sono stata chiara?”
Joyce annuì.
“Vai ora” disse indicandole l’uscita.
“E tu che cosa farai?”
“Ho il sospetto che questo non sia un incidente, ma un attacco vero e proprio.”
“L’orda?”
“Chi se no?”
Joyce corse via senza voltarsi. L’esterno del palazzo era tranquillo e le strade attorno vuote. Con la popolazione in fuga e tutti che erano impegnati in qualche mansione, era abituata a camminare da sola. A volte lo trovava anche piacevole, aggirarsi per le strade vuote e silenziosa. Le ricordava quando passeggiava per i giardini di Valonde, apprezzando i suoni della natura.
Lì però non c’era niente di naturale o piacevole. Se Kallia aveva ragione, a ogni incrocio e dietro ogni angolo poteva esserci un nemico ad attenderla.
 Prima di lasciare la piazza evocò la pelle di pietra e lo scudo magico, quindi si lanciò di corsa per le viuzze laterali, quelle più strette. Sapeva bene in che direzione andare per raggiungere l’accademia e quando arrivò in vista dell’edificio, tirò un sospiro di sollievo e si concesse un attimo di pausa.
In quel momento due soldati di Nazdur emersero da dietro l’angolo e si fermarono non appena la videro, alzando gli scudi e puntando le lance.
“Sono io” disse Joyce alzando le mani.
“Vieni avanti lentamente” disse uno dei due.
Joyce avanzò un passo alla volta. “Sono Sibyl. Mi riconoscete?”
“Ti riconosciamo” disse il soldato. “Ma abbiamo sentito di incidenti. I therani feriti ci stanno attaccando.”
“Credo siano stati maledetti. Almeno è quello che pensa Kallia.”
“La comandante era con te?”
“È rimasta al palazzo.”
I due soldati si scambiarono un’occhiata perplessa. “Era da sola?”
Joyce annuì e solo allora pensò che Kallia era nel palazzo insieme a chissà quanti therani impazziti. Fu tentata di voltarsi e tornare indietro, ma poi ripensò alle ultime parole che si erano scambiate prima dell’attacco.
Se torno indietro adesso, non potrò usare Halux per andare via con Bardhian e Joane, si disse.
“Se vi sbrigate potete raggiungere il palazzo in pochi minuti” disse. “La strada era libera fino a poco fa.”
I due soldati la superarono nella direzione opposta e lei continuò fino all’accademia. Raggiunse lo studio di Halux e spalancò la porta.
“Dobbiamo andare. Subito.”
L’erudito scattò in piedi. “Che succede?”
“Ti spiegherò dopo. Prendi le tue cose e andiamo via.”
“Dove?”
“In un luogo sicuro.”
Halux cominciò ad arrotolare alcune pergamene. “È l’attacco dell’orda?”
“Forse. La borsa che ti ho affidato?” disse Joyce.
“È nel baule. Non l’ho toccata.”
Joyce andò al baule messo nell’angolo e lo spalancò. Gettò via le carte e i libri senza curarsene più di tanto.
“Sei venuta fin qui per la tua dannata borsa?”
Joyce la trovò con un sospiro di sollievo. L’aprì e controllò l’interno, dove erano stipati una sacca piena di carne secca, un fagotto che conteneva un paio di vestiti di ricambio e un altro dove aveva avvolto il compendio di Lacey e il libro di poesie di Hopott.
“È tutto qui” sussurrò sollevata.
“Se ci tieni davvero così tanto a quella roba deve essere proprio importante.”
“Non immagini quanto” disse raddrizzandosi. “Sei pronto?”
Halux aveva infilato libri e cartigli in una borsa a tracolla simile alla sua. “Ho qui tutto quello che mi serve.”
Joyce infilò la sua borsa sulla spalla. “È un problema per te evocare il portale dai sotterranei del circolo?”
“Non lo so. Di solito in quei posti non funzionano molto bene i portali, ma posso provarci.”
“Non è più una questione di provare, Gera. O ci riesci o siamo morti.”
“Cercherò di farlo funzionare, ma non posso assicurarti niente, strega rossa.”
Joyce lo trascinò fuori dallo studio e poi nel corridoio.
“Dov’è Razt?”
“Il ragazzo che mi hai messo di guardia? L’ho mandato via con una scusa” disse Halux. “Mi credevi così stupido?”
“Era per il tuo bene.”
Joyce scosse la testa e lo afferrò per il braccio trascinandolo di peso.
“Mi fai male strega rossa” si lamentò.
Versam e Akil erano in attesa insieme ad altri eruditi.
“Che sta succedendo?” chiese la donna. “Ho sentito dire che ci sono stati degli scontri.”
“Sbarrate le porte” disse Joyce. “E non aprite a nessuno.”
“Neanche ai soldati e i mantelli di Nazdur?”
“Potrebbe non essere sicuro” disse Joyce ricordando le parole di Kallia. “Non possiamo fidarci di nessuno.”
“Se questo luogo è sicuro” disse Versam. “Perché voi due state andando via?”
“Gera mi serve fuori di qui. Fa parte dei nostri accordi” disse Joyce affrettando il passo.
“Per nostri accordi intende i ricatti e le minacce con le quali mi ha costretto a collaborare” disse Halux.
“Sbrigati o ti lascio qui” disse Joyce quasi spingendolo fuori dal palazzo.
“Che la vostra via sia dritta” disse Versam alle loro spalle.
“Non direbbe così se sapesse che li stai abbandonando al loro destino” disse Halux a bassa voce.
“Li stai abbandonando anche tu.”
“Solo che io non li ho mai illusi con false promesse di salvezza, strega rossa.”
“Se non lo avessi fatto, Kallia e Versam non avrebbero mai collaborato.”
“Come al solito finisce con te che hai ragione.”
“Io ho ragione” disse Joyce fermandosi di botto. “Ho fatto la cosa giusta. Vincere la guerra è ciò che conta davvero.”
“Per quelli che moriranno non farà alcuna differenza se tu vinci o perdi la tua dannata guerra.”
“Non li avrò uccisi io” ringhiò Joyce. Halux la stava facendo arrabbiare e non le rendeva le cose più facili. Sembrava quasi che la volesse provocare fino a farla reagire. Fino a…
Arrivarono al circolo senza incontrare ostacoli, le strade deserte della città che si stavano animando di gente a mano a mano che la notizia degli scontri si diffondeva. Lì attorno si erano riuniti soldati e mantelli di Nazdur che sorvegliavano ciò che restava dell’edificio dopo la battaglia precedente.
Joyce e Halux si fecero strada fino ai sotterranei e solo quando furono giunti in una delle sale lei lo lasciò andare. “Rimani qui” disse all’erudito.
“Tu dove vai?”
“A cercare Bardhian e Joane.”
Tornò all’aperto e prese una delle strade laterali dirigendosi verso il palazzo dove Bardhian si allenava.
Lo trovò ad attenderla di fuori, l’espressione preoccupata. “E così è iniziata” disse con tono sicuro.
Joyce annuì. “Ma per noi è finita.”
Lui si accigliò. “Non capisco.”
“Andiamo via.”
“Non ci penso nemmeno.”
“Bardhian” disse Joyce con tono calmo. “Halux ci sta aspettando. Può evocare il portale che ci condurrà a nord.”
“Io non vengo. Resto qui.”
“Tu non ti rendi conto di ciò che dici” fece Joyce trattenendo a stento la rabbia. “Se non andiamo via ora, sarà troppo tardi.”
“Io voglio combattere. Sono stanco di scappare” disse Bardhian.
“Combatterai a nord.”
“Qui o a nord, non fa alcuna differenza.”
“Invece sì e se ti fermi e rifletti un attimo, lo capirai anche tu. Morire qui sarebbe un sacrificio inutile.”
“Inutile, dici? Invece morire a nord ci sarebbe di qualche utilità? Se non sono in grado di battere qui e adesso uno di quei colossi, chi ti dice che sarò in grado di farlo a nord?”
“Bardhian…”
“Rispondi alla mia domanda, Sibyl.”
Joyce scosse la testa. “Non so cosa dire.”
“Lascialo andare, strega rossa” disse una voce alle sue spalle.
Quando si voltò incrociò lo sguardo di Kallia.
“Da quanto sei lì?” le chiese.
Kallia scrollò le spalle. “Abbastanza da aver sentito ciò che conta davvero. Principe Bardhian, vuoi davvero combattere per Nazdur?”
“I colossi vanno fermati” disse Bardhian. “O ci schiacceranno come hanno fatto con Malinor e l’esercito di mio padre.”
“E se schiacciassero te?” gli chiese Joyce.
Bardhian scrollò le spalle. “Vuol dire che ci penserà qualcun altro al mio posto.”
“Chi?”
“Eryen, Bryce. Tu, Sibyl.”
“Io non ho i tuoi poteri. Non sono un erede.”
“Eppure, sei quella più decisa a combattere contro i colossi. E sei sopravvissuta al loro attacco. Questo vuol dire molto. Vai a nord con Halux e Joane e riferisci tutto ciò che hai visto. Bryce e gli altri troveranno il modo di batterli se io dovessi fallire.”
“No” disse Joyce. “È sbagliato. Dobbiamo andare insieme. Kallia, diglielo anche tu.”
“Bardhian è uno stregone consacrato. Può scegliere da solo, ne ha il diritto.”
“Ti prego” disse Joyce. “Se resti qui morirai.”
“Joane crede che io possa battere i colossi. Ti ha detto così, vero?”
Joyce sentì le lacrime pizzicarle gli angoli degli occhi. “Fallo per Bryce, per Lilie. Per Vyncent. Vieni con me.”
“È per loro che resto qui a combattere” rispose Bardhian. Guardò in alto. “È da quando sono nato che fuggo. Da piccolo mi nascondevo dai miei fratelli perché non mi tormentassero e da grande da mio padre perché non mi rammentasse quanta vergogna provava alla mia vista, perché ero il suo peggior errore. Non fuggirò più, strega rossa.”
Joyce lottò per non farsi sopraffare dalla disperazione. Tutte quelle Lune passate a fare piani, a soffrire, prima cercando di tenere in vita Bardhian e poi farlo addestrare da Joane. Tutta quella fatica, quelle sofferenze tornarono in superficie.
“Sei un ingrato” gridò a Bardhian. “Un maledetto ingrato. Morirai se affronti i colossi. Tu non sei ancora pronto, maledetto idiota, lo capisci? Joane non crede affatto in te. Lei è sicura che morirai perché sei ancora debole e non hai raggiunto il tuo limite. E forse non lo farai mai, perché hai deciso di fare l’eroe.”
Kallia l’afferrò per le spalle e la costrinse a voltarsi. “Strega rossa. Smettila ora.”
“No. Devo dirglielo.”
“Sibyl.”
“Deve sapere” gridò Joyce.
“Lo sa già” disse Kallia.
Joyce guardò Bardhian che sorrideva con espressione triste.
“Kallia. Portala via” disse il principe di Malinor.
Joyce si sentì trascinare via senza riuscire ad opporsi. Sentiva le forze mancarle mentre Bardhian si allontanava sempre di più.
Solo qualche minuto dopo, in mezzo a un vicolo, la schiena appoggiata al muro e il corpo piegato in due, il fiato che le mancava, la sua mente tornò lucida.
“Stai meglio?” le chiese Kallia.
Joyce annuì.
“Te la senti di proseguire da sola?”
“Tu dove vai?”
“Ho una città da difendere.”
“I guerrieri maledetti…”
“Ce ne stiamo occupando, ma temo siano solo un diversivo. L’attacco potrebbe iniziare da un momento all’altro.”
“Cosa li ha resi pazzi?”
“Non lo so. Forse non lo sapremo mai. Ha importanza?”
Una campana annunciò il pericolo con un tono alto e greve, seguito da un altro e poi un altro ancora.
Kallia sospirò. “Siamo alla fine. Vai da Halux e poi a nord. Salvatevi, almeno voi.”
“E tu? Potresti venire con noi se Joane non vuole.”
Kallia scosse la testa. “Abbandonare la mia città? Il mio popolo? Tu lo faresti, strega rossa?”
Joyce annuì. “Posso farcela da sola. Vai pure.”
Kallia fece per voltarsi, ma si bloccò, gli occhi sgranati.
Quando Joyce sollevò la testa, vide che dall’altra parte del vicolo erano apparse quattro figure. Una di esse, più imponente delle altre, avanzò di qualche passo fino a rendersi riconoscibile.
“Brucia” disse Ames di Thera con voce irriconoscibile. “Non sai quanto brucia, Kallia.”
La strega raddrizzò la schiena. “Spegnerò quel fuoco, amico mio.”
Joyce si piazzò al suo fianco.
“Vai, strega rossa.”
“Non ti lascio da sola.” Era una frase stupida persino per un romanzo d’avventura di infima qualità, ma in quel momento non le venne in mente altro.
“Questo duello è mio” disse Kallia con orgoglio. “Tu non c’entri affatto con loro.”
“Voglio aiutarti.”
“Hai già fatto abbastanza. Vai via.”
Joyce fece per dire qualcosa ma rinunciò.
Ames e gli altri tre therani maledetti avanzarono di qualche passo.
“Adesso vai” disse Kallia evocando i dardi magici.
Joyce si voltò e corse via. Uscì dal vicolo inciampando e rimettendosi subito in piedi, mentre alle sue spalle udiva grida di battaglia e di dolore. Qualcuno stava morendo e forse qualche fuoco si stava estinguendo.
Corse fino a non avere più fiato e quando si fermò, al centro di una piazza di forma esagonale, era sola e circondata dal silenzio.
Anche le campane tacevano. Quelli che le avevano suonate dovevano essere andati a combattere.
O forse sono già morti.
Dopo aver rifiatato, cercò con lo sguardo la cupola crollata del circolo. Stava per andare nella sua direzione, quando sopra i palazzi si accese una luce intensa di colore verde cangiante.
Il cielo si dipinse dello stesso colore per alcuni istanti, seguiti da un rombo assordante che scosse la pavimentazione della strada rischiando di farla cadere.
Nello stesso momento, un vento impetuoso spirò da occidente scompigliandole i capelli e facendo sbattere le imposte che non erano state fissate con le assi di legno.
Joyce dovette appoggiarsi a una fioriera per restare in piedi o il vento l’avrebbe strappata via e trascinata chissà dove. Quando il vento si calmò, sulla città sembro calare il silenzio. Solo in lontananza udiva dei rumori ovattati. Spinta dalla curiosità pensò alla formula della levitazione e si lanciò verso il tetto di un palazzo vicino. Atterrò piegandosi sulle ginocchia e raddrizzandosi subito dopo per guardare l’orizzonte.
Ciò che vide le tolse il fiato.
Sulla città, alto quanto cento uomini adulti, si stagliava una figura enorme. Due braccia, due gambe, un torso liscio e privo di muscoli come il ventre e il pube e una testa proporzionata e calva, con due occhi di un verde chiaro spalancati.
Il colosso stava sollevando un braccio e subito dopo lo abbatté sulle mura, sbriciolandole. Con esse vennero giù le due torri che difendevano l’entrata.
Nella piazza antistante il cancello si erano radunati soldati a mantelli con i colori di Nazdur. Fu da loro che partirono sfere infuocate, raggi magici e dardi di balestra.
Ognuno di quei colpi andò a segno. I raggi magici morsero la pelle del colosso. Le sfere infuocate esplosero sotto il suo collo e sulle braccia. I dardi si conficcarono nelle gambe e nel petto.
Il colosso superò le mura spazzandole via e seminando migliaia di proiettili di pietra che investirono i difensori di Nazdur.
Soldati e mantelli si dispersero nelle vie cittadine per continuare da lì la resistenza. Dietro il colosso, tra i suoi piedi per metà dentro la città e l’atra fuori, apparvero i mantelli grigi dell’orda e, prima di loro, i soldati con gli scudi e le lance.
Gli invasori si riversarono all’interno mentre il colosso avanzava con fare sicuro, schiacciando e travolgendo i palazzi che trovava di fronte.
Joyce decise che aveva visto abbastanza ma una figura atterrò a qualche passo di distanza facendola trasalire.
“Dov’è?” le chiese Joane con tono concitato.
Joyce scrollò le spalle.
“Bardhian. Non è con te?”
“Non so dove sia.”
“Trovalo e portalo al sicuro, dannazione. Che aspetti?”
“Vuole combattere.”
Joane scosse la testa. “E tu che cosa hai fatto per convincerlo a desistere?”
“Non ascolta ragioni.”
“Morirà se combatte contro il colosso.”
“Lo so ma che posso farci?”
Joane ghignò. “Fuggire è l’ultima cosa che puoi fare, strega rossa. Vai da lui e portalo via prima che si faccia del male.”
“Tu che farai?”
“Provo a rallentare quel mostro.” Joane si diede lo slanciò e volò in direzione del colosso.
Joyce non attese oltre e si librò nel cielo.
Se salgo abbastanza in alto potrò vedere tutta la città, si disse.
Continuò a salire finché Nazdur non sembrò un modellino. Qualcosa le esplose accanto a lei venne scagliata via dallo spostamento d’aria.
Gridò mentre precipitava e cercava di riprendere il controllo. Librarsi in volo era stata una cattiva idea, ora che i nemici erano in città. Gli stregoni dell’orda dovevano sorvegliare i cieli alla ricerca di quelli che cercavano di attaccarli dall’alto.
Ho commesso un errore, si disse mentre planava in una via laterale e si concedeva qualche istante per pensare alla mossa successiva.
Devo trovarlo, si disse. Ma dove potrebbe essere? Qual è il luogo migliore per affrontare un colosso alto quanto cento uomini?
Poi le venne in mente che un posto simile esisteva lì a Nazdur e che lei lo conosceva bene.

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