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Autore: LittleRed_    30/03/2020    0 recensioni
"Quello che mi avevano raccontato nelle favole della buonanotte sui samurai era riguardo l’orgoglio e la testardaggine. E pensai subito allora che dovevano assomigliarmi. "
McCree e Hanzo si sono ritirati prima di tornare ancora a Overwatch a combattere, assieme questa volta. Cosa è successo per farli andare via? Come si sono conosciuti? E cosa sta succedendo ora a offuscare l'orizzonte della vita dei nostri eroi?
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Hanzo Shimada, Jesse Mccree
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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“Ho messo via il mio rancore, e sono qui a parlarti a cuore aperto.”  

Era passata un’altra settimana. Doc non mi seguiva nemmeno più nella mia riabilitazione, quasi ultimata. Era completamente assorbita dalle sue email segrete, per tutti tranne che per me, e spesso lavorava al nuovo progetto fino a notte fonda. Che si desse una mossa.  

La mia routine con l’avanzare dei giorni si stava sfasando: posticipavo la sveglia, saltavo fisioterapia, ero stanco, frustrato, ma soprattutto stavo perdendo le speranze. 

Io mi tenevo impegnato come possibile, ma non era facile. Avevo escogitato una strategia per far sì che aspettassi con ansia il nuovo giorno: leggere ad Hanzo le lettere di suo fratello. A volte anche Genji stesso mi incoraggiava a parlare con il bello addormentato e mi teneva compagnia, rigorosamente in silenzio, da spettatore invisibile.  

“Genji, tu pensi che si sveglierà?” Non so cosa mi spinse ad aprirmi così con lui, forse il legame di parentela, anche se i due appunto non si parlavano da anni. Le sue lettere mi tenevano ancorato alla realtà. Tener viva la speranza che Hanzo riaprisse gli occhi. 

“Tutti noi abbiamo delle speranze alle quali aggrapparci, questo non porta per forza dei risultati, ma nemmeno ha senso abbatterle.” Come se mi avesse letto nel pensiero... 

“Ottimo, un’altra risposta incomprensibile.” Commentai sarcastico 

“Solo fintanto che non perdonerai te stesso.”  

Questo era abbastanza vero, fare i conti col mio passato era stato disastroso, proprio perché io non riuscivo a passare oltre. Ma ci avrei pensato la prossima volta, ora i pensieri facevano più male che bene, e mi stava venendo mal di testa.  

“È pronto!”  

Ecco che entrava gente urlando, proprio mentre affrontavo il problema emicrania e il discorso col bonzo.  

È pronto? Ripetei nella mia testa. Era la voce di Angela. Entrò infatti nella stanza seguita da una sfilza di aiutanti in camice bianco e mascherine.  

“Jesse il progetto è ultimato!” Aveva il fiatone, era venuta di corsa. Che tesoro. Oddio, voleva dire che Hanzo si sarebbe svegliato davvero! Non stavo nella pelle, come potevo aiutarli? Dovevo fare qualcosa.  

“Vi posso chiedere di lasciare la stanza per qualche ora?” Continuò Ziegler, imparziale. Ed ecco che venivo tagliato fuori.  

Uscimmo nel corridoio, io sospirando pesantemente. “Fa in modo che funzioni.” Sussurrai mentre le passavo accanto, con tono vagamente minaccioso. “Per favore.” Aggiunsi poi. Da quanto tempo non chiedevo per favore a qualcuno? 

“Hanzo, passami il tabacco!” “Passami il tabacco cosa?” Come coi bambini era andata avanti quella scenetta per tanto tempo. Forse ora stavo imparando. Avrei dovuto dirglielo, poi. Sorrisi tra me e me. 

Camminai nervosamente avanti e indietro per praticamente tutto il tempo che l’intervento necessitò, con solo qualche pausa sul balcone per fumare il mio prezioso sigaro.  Aspiravo le boccate con avidità, come se il tempo stesse per finire. E invece stava per iniziare.  

Quando vennero a chiamarmi, ero seduto con la testa tra le mani, perso nei miei pensieri: qual era la prima cosa che volevo dirgli? Probabilmente che lo amavo, ma era troppo scontata come cosa. Una battuta? Scortese, non volevo essere riconosciuto come un pagliaccio. Un bacio. Si quello andava bene. Forse tutte e tre. Mmmmm. 

Erano passate tre ore. Angela uscì con lo sguardo esausto, ma allo stesso tempo raggiante.  

“È sveglio?” urlai. “Shh, no ma lo sarà presto, forza va da lui.” Mi incoraggiò. 

Corsi dentro rallentando solo quando arrivai vicino al suo letto. Gli presi una mano tra le mie, sperando non fossero troppo fredde. E impaziente del suo risveglio, proseguii nella mia lettura: 

“Scusa per l’interruzione. Dove eravamo arrivati prima, giusto: -Ho messo via il mio rancore- questo io lo sto ancora facendo, ma facciamo passi avanti, giusto amore?” 

“Giusto.” Sussurrò una voce rauca. Come di qualcuno che non la usava da un po’ di tempo.  

“Ma buongiorno.” Ero al settimo cielo, così confuso e felice da non sapere cosa avevo deciso di fare, forse il bacio l’avrei tenuto per dopo, avevo paura di fargli male. Così dissi solo: “Ti amo, per favore.” 

“Per favore cosa?” Disse confuso aprendo finalmente gli occhi scuri sul mondo circostante. 

“Per favore... Resta con me.” “Quanto vorrai.”  

La mia mano stringeva la sua e lui ricambiava anche se più debolmente la stretta.  

“Sai, ho fatto un sogno lunghissimo, in cui tu e Genji mi leggevate delle lettere.”  

“E se non fosse stato un sogno?” Ridacchiai indicando la busta di carta bianca ancora tra le mie mani. Dopodiché mi avvinai per baciarlo. Una, due, tre, dieci volte. Tutte le volte che si era perso.  

  
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