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Autore: cartacciabianca    07/08/2009    4 recensioni
[ SOSPESA ]
In una New York devastata dalla Guerra tra sani e portatori, sono emersi un gruppo di patriottici eroi. Uomini e donne sottoposti a crudeli esperimenti allo scopo di sopprimere definitivamente il Virus e ogni suo esponente. Sono gli Angeli, nati dalle ricerche fatte sul precedente campione Zeus e protettori della specie umana. La battaglia per il dominio sul pianeta volge al termine dopo due anni di scontri sulla frontiera della scienza e della tecnologia meccanica. Due anni di sangue e vittime innocenti capitate nelle mani dei predatori più spietati.
"Mi sentii puntare sulla schiena qualcosa di estremamente freddo, sottile e affilato più di un rasoio.
Ingoiai a fatica, trattenendo il fiato e sollevandomi sulle punte degli stivali. Dalla mia bocca schiusa venne solo un flebile sospiro quando Alex affondò la lama tra le mie scapole traversandomi orizzontalmente da un capo all’altro. Un fiume di sangue mi bagnò la divisa, raccogliendosi poi sul terreno impolverato tra i miei piedi. Quel rosso vivo e accecante mi finì anche negli occhi, mentre il dolore risucchiava nel suo vortice la sensibilità del mio corpo.
Inclinai la testa da un lato scoprendo una parte di collo, sul quale Mercer posò appena le labbra.
-Sai… ora capisco cosa ci trovava quel Turner di tanto interessante in te- mi sussurrò all’orecchio dopo aver risalito il mio profilo di piccoli baci, minuziosi come graffi. –Quando sanguini così sei davvero eccitante- rise."

[Alex Mercer x nuovo personaggio + altri nuovi personaggi]
Genere: Azione, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8° - Angel 1-9-2

In ascensore mi tenni il più lontano possibile da lui, ed Emmett fece altrettanto con me. Ogni tanto ci scoccavamo certe occhiate che avrebbero messo paura a Dracula in persona; Lucy tentava in tutti i modi di ostacolare questa nostra sfida mettendosi in mezzo tra me e il ragazzo ed Harry e Phil discutevano a bassa voce davanti all’ingresso della cabina.

«La tenuta maschile da Angelo consiste in una maglia degli stessi colori della mia, a collo alto e fatta di un materiale resistente, differente da quella femminile per via delle maniche lunghe e attillate. Sottostante, ognuno di noi può decidere cosa abbinarci secondo i propri gusti.
Io amo i miei pantaloncini jeans con le estremità arrotolate, la cintura e le miticissime converse nere; Lucy, in abbinamento coi colori rosso-nero della nostra maglia, porta una gonnellina corta tipo scozzese e delle scarpette ballerine nere piuttosto comode.
I maschietti, invece, preferiscono ovviamente i pantaloni lunghi e scarpe da ginnastica.»

La cosa che mi turbò durante il tragitto fino nella palestra, fu pensare che dopotutto aveva ogni motivo per essere sicuro della vittoria. Come Angelo, Emmett aveva avuto già un occasione di sfida con quel pezzo grosso, invece io sapevo a mala pena quale fosse la sua vera identità. Per me Mercer era un avversario tutto nuovo, forse troppo forte e questo mi spaventava. Non avevo la minima esperienza, cosa che invece rendeva fieri tutti i miei compagni di clan che, capitati almeno una volta nella (s)fortuna, si erano fatti i loro obbiettivi e prefissi i loro bersagli su di lui.
Ogni giorno muore un Angelo, in questa base, ed è tutto merito suo. Non c’è nessun altro che può fermarci, nessun altro con quelle capacità; molti di noi sono incolumi al nucleare, altri alle esplosioni, altri ancora a qualsiasi tipo di taglio o ferita da sparo, quindi quando l’esercito americano ci spara a vista non ci facciamo molti problemi.
Questi problemi non se li fanno loro, i miei compagni.
Ma io vivo ogni ora nel costante terrore che qualcuno mi colpisca con un proiettile o perfori con un coltello. Gli artigli delle mie ali impiegano settimane a riformarsi, la mia pelle, scalfita da schegge di vetro, necessita di giorni per rimarginarsi. Detesto questa mia debolezza, e anche se ho imparato a conviverci fino ad ora, non posso continuare in eterno.
Mi resi conto di star giocando con il fuoco, di star mettendo a repentaglio la mia incolumità e quella delle mie ali a causa della mia solita testardaggine, che era entrata in conflitto con l’ego di Emmett questa mattina.
Raggiunta la palestra, ci accorgemmo spensieratamente di essere in pochissimi.
Come ci aveva avvertiti Lewis, molti di noi si erano dileguati in Europa senza ripensamenti, e questo ci permise un veloce e personalizzato allenamento senza troppi intoppi. Oltre al nostro, però, di clan ce n’erano alcuni, chi più completo e chi con qualche membro mancante che era fuggito in oriente. Fatto sta, però, che quella mattina non superavamo comunque la cinquantina di persone.

«La sala addestramento consiste in una grande camera con le spesse pareti insonorizzate fatte di un cemento speciale. Il soffitto alto com’è serve a semplificare i nostri spostamenti viari; basti pensare che nell’ora di punta siamo quasi in cinquecento là dentro ad addestrarci.
Il pavimento sembrerebbe comune parquet, ma gli addestratori (la cui mansione è simile a quella dei coordinatori, ma per mera esercitazione) ci sorvegliano dall’alto di una camera oscurata; sono maestri nelle illusioni tecnologiche e campioni delle battaglie coi robot, perciò ci si può aspettare davvero di tutto.
Assieme a questi tizi qui c’è sicuramente il nostro amato Lewis, che appena entriamo in palestra, è pronto a darci il benvenuto e le prime istruzioni per l’uso.»

-Buon giorno, Angeli- salutò Martin e la vetrata in alto sulla parete si schiarì, mostrando l’intero team di giovani all’opera per renderci questa felice mattinata un Inferno. –Come ben sapete, oggi siamo riuniti nella nostra palestra per inaugurare una nuova era di caccia- sorrise. –Alex Mercer, detto Zeus, da oggi in poi sarà il nostro obbiettivo primario, ed ognuno di voi, senza distinzioni, è ben pronto ad affrontarlo-.
-Ah, come no…- borbottò Emmett in disparte.
Tentai di ignorarlo, ma mi fu impossibile e, non appena mi voltai verso di lui, di risposta ricevetti una sua solita occhiataccia barbara.
-Io e i miei tecnici qui alle mie spalle, abbiamo ben pensato di avvantaggiarvi nello scontro impartendovi alcune nozioni che non troverete mai nel vostro manuale da Angelo, ma potrete apprendere unicamente in questa sala. Si tratta di un kit di robot personalizzati che simuleranno la vostra resistenza e la vostra prontezza dinnanzi ai continui muta-forma del nostro futuro nemico. Alex Mercer, ricordate, possiede la forza congiunta di tutti voi, ma ancora questo non lo sa, e noi siamo qui per impedirgli di scoprire come usare in tale proposito i suoi devastanti poteri. Ormai il Virus è una minaccia più che estinta. Le strade di Manhattan sono più tranquille che durante la sera del Ringraziamento, ed è questo il motivo per il quale molti di voi si sono spostati ad est, oltre-oceano. I siero positivi non si contano più sulle dita di una mano da tempo, là giù, e questo preoccupa tutte le maggiori potenze mondiali. Perciò!- batté le mani soddisfatto. –Vi do una piccola dritta prima di vedere le vostre belle facce sorprese. Dimenticate le tecniche di combattimento apprese fin ora, non fatevi scrupoli, barate se necessario; abbandonate l’etichetta e il vostro orgoglio! Perché quando vi troverete faccia a faccia col maestro di quest’arte, tornerete a rimpiangere il momento in cui avete messo piede in questo luogo distrattamente, di vostra spontanea volontà oppure no! Forza, coraggio, audacia, agilità e prontezza! Vi auguro con tutto il cuore di arrivare fino a ‘sta sera abbastanza intatti da poter vedere la luce sul nostro pianeta brillare ancora una volta. Ben venuti in Paradiso, signori- ridacchiò, la comunicazione s’interruppe e le vetrate si scurirono di nuovo.
Mi guardai attorno un poco sperduta. –E ora?- domandai.
Lucy si strinse nelle spalle. –Diamoli tempo, magari si stanno ancora prepar…-.
Non terminò la frase che sul soffitto si aprì una gigantesca botola, dalla quale piovvero una marea di manichini in metallo, gli stessi che eravamo abituati a fronteggiare durante i nostri normali addestramenti.

«I robot da addestramento hanno una forma molto simile a quella umana. Si tratta di un corpo snello e semplice, con poche forme essenziali e fatta di una miscela di metalli resistente ad ogni tipo di impatto se non calibrato col giusto interesse e potenziale. La nostra base ne sforna a bizzeffe, ed ho sempre trovato che fossero bellissimi, di una grazia artistica eccezionale. Hanno un casco integrale simile al nostro, argentato e con una visiera di differenti colori a seconda del livello di difficoltà di combattimento che hanno caricato. Il rosso, ovviamente, è quello più difficoltoso. Via degradando, c’è l’arancione, poi il giallo, verde e in fine il blu, che segnala proprio “alle prime armi” ma non per il robot, bensì per il suo avversario. Sono abituata alle loro mosse eleganti e piene di etichetta, che delle volte tramuta nella simulazione di un attacco di un cacciatore, quindi non ho idea di cosa possano aver caricato sui micro-cip di questi tizi qua, se l’intenzione è addestrarci a combattere Alex Mercer. E per la prima volta, provo paura durante una simulazione.»

Questi si posizionarono agilmente e con ordine uno per uno davanti a ciascuno di noi, che eravamo sparpagliati per la palestra, divisa occasionalmente in piccoli settori quadrati da alcune strisce luminose.
Non appena mi ritrovai a fissare il vuoto nella visiera abbassata della macchina, cominciai a tormentarmi sul perché mi avessero affidato un robot arancio, quando io ero livello da verde. Persino Emmett, poco distante di me, si trovò dinnanzi un avversario col casco giallo, così come Lucy, Harry e Phil.
Non riuscii ad individuare nessun altro in palestra che avesse come me quel livello di avversario, e d’un tratto capii che la sfortuna di star rischiando la vita durante un addestramento era toccata a me. Tutto per via di una svista.
-Ehm, scusate!- provai a dire. –Scusate, ehi! Lassù!- indicai la cabina di osservazione con i vetri oscurati.
-Idiota, mettiti il casco e contatta il coordinatore!- mi riprese Emmett, e mi accorsi di essere l’unica a non indossarlo.
-Furbo…- mormorai infilandomi il casco. Accesi la trasmettente e provai a fare ciò che dovevo.
-Angel 1-9-2, ci sono problemi?- una voce femminile.
-Ecco, sì, vede…- esitai. –Credo che il mio grado di addestramento sia più basso rispetto al robot che mi avete assegnato- dissi. –Dev’esserci un errore!- eruppi.
La coordinatrice fece una breve pausa, controllando probabilmente in qualche nota del suo computer. –No, signorina Walker, il grado a lei assegnato combacia perfettamente con le sue abilità. Non c’è nessun errore nel sistema, è tutto nella norma- un’altra pausa. –Aspetti, il dirigente vuole parlarle-.
-Il dirigente?!- sobbalzai.
Qualcun altro prese la linea. –Emily- mi chiamò Lewis.
-Signora Martin…- balbettai incredula, e Lucy mi scoccò un’occhiata stralunata. Alzai le spalle comunicandogli che non ci stavo capendo nulla.
-Emily, calmati, non c’è nessun problema col sistema. Sono stato io ad assegnarti quel robot- disse.
-Ma signore, io…!!!- provai a replicare.
-So che potresti inizialmente non capire, ma fidati di me-.
-Che cosa vuole farmi?!- sbottai.
-Voglio testare le tue vere capacità, ragazza mia- rispose tranquillo.
-Cosa intende con…-.
Martin m’interruppe. –Adesso non c’è tempo, i tuoi compagni saranno impazienti di iniziare-.
-Aspetti, sign…!!!-.
La comunicazione cadde, e istintivamente guardai verso la vetrata oscurata della palestra, cercando di capire cosa diavolo stesse succedendo lì dentro.
-Emily- mi chiamò Lucy alla mia destra, nel settore di campo adiacente al mio. –Che ti prende?-.
Alzai gli occhi al cielo. –Hai visto chi mi hanno assegnato?!- boccheggiai indicando il manichino di metallo ad una decina di metri di fronte a me.
Lucy alzò la visiera del suo casco e seguì il mio sguardo. –Ehi… Phil!- gridò.
Il ragazzo si voltò all’istante. –Che c’è?!- eruppe.
-Guarda lì- indicò lei.
Philip si alzò la visiera anche lui. –Impossibile. Emily, parlane coi coordinatori! Cristo, quello ti ammazza!-.
Si scatenò una specie di reazione a catena che, non appena arrivò ad Emmett, questo si scompose non poco. –Ma che diavolo…- borbottò.
-Sentite, ci capisco meno di voi! Ho provato a contattare i coordinatori, ma è stato Lewis ad assegnarmi questo qui!- li informai.
I membri del mio clan mi guardarono scettici allungo, fin quando, improvvisamente, non ebbe inizio l’addestramento.
All’interno della visiera del mio robot si accesero due una coppia di luci azzurrognole, segno che era pronto ad ingaggiare battaglia.
Rabbrividii, restando immobile alcuni istanti, mentre molti degli Angeli attorno a me avevano già iniziato il duello. Non mi feci distrarre da ciò che accadeva nelle mie prossimità, e cercai di concentrarmi sul mio solo obbiettivo.
-Salve Angel 1-9-2- mi salutò la mia coordinatrice. –Pronta ad ingaggiare battaglia?-.
-Cazzo, no! Qualcuno mi spieghi perché il mio manichino è arancione!- sbottai.
-Angel 1-9-2, non sono autorizzata a rispondere alla sua domanda. Prego, risponda: pronta ad ingaggiare battaglia?-.
Alla fine dovetti arrendermi, e nel frastuono di esplosioni, grida di dolore e gemiti, come nel bel mezzo di uno stadio, annuii. –Sì- sospirai. –Angel 1-9-2 pronta ad ingaggiare battaglia…- sussurrai flebile.
-Bene, cominciamo: posizione di difesa!- mi disse la donna, ed ubbidii all’istante, sfigurando le mie bellissime e preziosissime ali e parandomi dietro di esse.
Il colpo arrivò improvviso, inatteso. Avevo solo eseguito gli ordini della mia coordinatrice che spesso e volentieri mi davano consigli durante l’addestramento e, dopo essermi parata dietro le mie stesse ali, mi accorsi di provare un incredibile dolore dappertutto.
-Che cazzo era?!- sbraitai.
La coordinatrice non rispose ciò che mi aspettavo: -Il suo bersaglio è in movimento. Si sta spostando alla sua sinistra, attivi la vista termica e incorpori quella infetta. Le sarà più facile individuarlo anche attraverso la spessa barriera che creeranno i suoi poteri per lei-.
Feci ciò che mi aveva detto, ed effettivamente vidi un certo veloce spostamento di materia rossastra, su sfondo blu, che veniva nella mia direzione.
-Zeus non è in grado di volare, ma i suoi iper-salti lo supportano con forza e velocità. Stia attenta ai suoi movimenti e cerchi di schivare i suoi attacchi tenendosi sempre a distanza aerea- mi disse.
-Grazie!- gioii e mi levai in volo con un balzo. Spalancai le ali, le gonfiai al vento e guardai sotto di me, dove il mio manichino avversario stava progettando di venirmi incontro.
-Anticipi i suoi movimenti e cerchi di scontrarsi con lui sono verticalmente-.
-In picchiata?!- feci stupita.
-Esattamente. Esegua- era tranquilla, anche troppo per i miei gusti.
Tentai di eseguire una picchiata, mutando il mio corpo per intero in una grossa lancia di metallo, ma non appena gli fui abbastanza vicino, il finto Alex tramutò le proprie braccia in due lunghe fruste d’acciaio, che mi afferrarono, interrompendo la mia mutazione, e sbattendomi con violenza quasi oltre il limite del settore di campo a noi assegnato.
Il colpo mi fece male, dolorosamente male dappertutto, e già rimpiangevo di non essere partita per l’Europa pur io. Mi sollevai lentamente, troppo per i gusti del mio manichino, che non esitò a scagliarmi addosso un altro dei suoi attacchi micidiali: lo vidi piegarsi con un ginocchio a terra, affondare un profondo pugno nel pavimento e in fine, sotto di me, si elevarono una decina di enormi spuntoni di metallo, alcuni dei quali mi infilzarono le ali, altri riuscii a schivarli aprendo le gambe e sollevandomi a verticale da terra.
- Angel 1-9-2, si tenga a distanza da terra- ripeté la coordinatrice.
-Dimmelo prima, stronza!- sbraitai, e pensare che era solo una simulazione. Sarei già morta se quello lì fosse stato il vero Mercer.
Perché Lewis mi aveva fatto questo?! Perché a me l’arancio quando ero abituata ad allenarmi, nelle peggiori occasioni, con il verde?! Dannazione, stavo impazzendo, mai il mio corpo era stato sottoposto ad un tale stress, mi sentivo svenire, era una tortura che non riuscivo a sopportare.
D’un tratto, il braccio destro del robot tramutò in una grossa e spessa lama, quasi più grossa di lui. Venne verso di me con passi lenti e misurati.
-Ehi, guardate! La bigotta è in difficoltà!- ridacchiò Emmett che aveva la meglio sul proprio manichino, tenendolo stretto in una morsa mortale tra le sue braccia tramutate in solide catene nere.
Lucy, attaccata al tetto tipo spider-man, si voltò a guardarmi. –Emily, reagisci!- intercettai la sua voce attraverso il casco.
-Non so che fare, questo tizio mi sta uccidendo!- risposi ingaggiando una comunicazione con lei e interrompendo quella con la mia coordinatrice. Questa cosa era vitatissima all’interno della palestra, ma Lewis, quello stronzo, aveva già un conto in sospeso con me.
-Devi allontanarti da terra! Puoi volare, fallo!- eruppe Lucy, e dopo di ché la chiamata cessò.
-Grazie tante…- borbottai spalancando le ali e spiccando un salto che mi portò a metà tra terra e cielo. –Bene, bastarda, dimmi come lo faccio fuori quel figlio di puttana!- sbraitai riagganciando la mia coordinatrice.
-…Provi un affondo alle spalle, signorina Walker-.
Sbiancai. –Signor Martin…- balbettai immobilizzandomi in aria.
-Attenta alla sua sinistra- rise.
Il robot spiccò un balzo e minacciò di colpirmi con un calcio volante, ma grazie al suggerimento di Martin schivai senza problemi. –Perdoni l’insistenza, signore, ma per cortesia, sarebbe così gentile da dirmi…-.
-Emily, hai sempre vissuto pensando di essere la più debole, qui dentro, e invece ti sbagliavi- mi anticipò. –In te si cela un grande potenziale, un potenziale che io e i miei Alchimisti abbiamo scoperto la notte in cui ti sei liberata dalla vasca, cosa che non era mai successa prima di allora. Occhio dall’alto!-.
Schivai anche quel colpo, e la lama Mercer mi passò a pochi centimetri dal naso. Conversavo con Martin, ma contemporaneamente tenevo d’occhio il mio avversario. –Signore, io non capisco…- sussurrai.
-Nessuno è mai riuscito a spezzare il cristallo di cui è composta la vasca, signorina Walker, ma lei sì. Il sangue che porta nelle vene supporta il virus che le abbiamo iniettato in un modo mai visto. Lei è predisposta almeno quanto Alex Mercer a diventare la più forte tra i portatori sani…-.
-Non ci credo!- risi istericamente schivando un altro affondo. Mi ritrovai in volo radente a pochi centimetri da terra e dovetti riprendere quota toccando il suolo con un piedi, ma nel momento in cui mi diedi la spinta, il robot comparve dal nulla alla mie spalle e mi si avventò contro, facendomi schiantare con un gran botto nel parquet del pavimento.
Gemetti di dolore, ma riuscii ad alzarmi non appena il finto Alex si stanziò abbastanza, preparando un nuovo attacco. –Impossibile, e perché non me l’ha mai detto prima?!-.
-Non ce n’era motivo- rispose tranquillo Martin, seduto sulla sua comoda poltrona nella sala d’osservazione della palestra. I gomiti poggiati sui braccioli, lo sguardo sereno che scrutava oltre le vetrate oscurate, le mani giunte a mezz’aria.
-E oggi?!- sbraitai. –Oggi che cosa succede di diverso?!-.
-Sarò sincero con lei, Emily. Il suo sangue, la sua predisposizione al virus che noi tanto cercavamo, corrisponde al campione Mercer-.
-Ah!- risi. –Mi sta dicendo che io e quel bastardo là fuori- feci una pausa, spiccando un salto ed evitando altri spuntoni che comparvero da terra. –Mi sta dicendo che abbiamo lo stesso gruppo sanguineo?!- gridai, ma avevo il fiatone e mi affaticavo inutilmente.
-In un certo senso…-.
-E questo che vuol dire?!-.
-Che solo tu sei in grado di ucciderlo-.
-Come?!-.
-Sano allenamento e confronto alla pari-.
-Si spieghi meglio!!-.
-Il vostro è un fattore genetico molto ricercato, che vi permette di fare cose che altri non si sognerebbero neppure-.
-Non siamo fratelli! Quindi com’è possibile che quello che aveva lui ce l’abbia anch’io?!-.
-Non venirlo a chiedere a me. Dio solo lo sa- rise.
-Non ci trovo nulla di divertente, signore-.
-Immagino, immagino- e invece continuò a ridere.
Il mio avversario robot mi scagliò addosso un macigno che chissà da dove aveva tirato fuori e mi schiacciò del tutto con esso. Per qualche istante non riuscii a sollevarmi, ma appena trovai la forza necessaria, alzai la pietra sulla sola potenza delle mie braccia e l’adagiai di lato.
Indebolita e con le ossa rotte da qualche parte, fulminai la lattina con un’occhiataccia.
-Basta, se dobbiamo parlare spenga quest’affare!- sbraitai scagliandomi addosso al robot. Riuscii a schiantarlo a terra e mi sollevai in aria subito dopo, restando a guardare la sua reazione.
-Interrompa l’Alex92- disse Martin rivolgendosi alla mia coordinatrice seduta da quelle parti.
-Sì signore- rispose ella digitando una sequenza di tasti.
Feci un profondo sospiro mentre gli occhi del mio avversario si spegnevano e il suo corpo da lattina di metallo assumeva una posa rigida e compatta.
-Grazie- mormorai perdendo quota, e mi misi a sedere sul pavimento respirando più tranquilla. –Ma ora mi dica una cosa, signor Martin-.
-L’ascolto, Emily- sorrise lui.
-Tra altri 500 ragazzi e ragazze come me, perché io? Cos’ho precisamente che anche Alex ha ma nessun altro qui dentro?- domandai.
-Emily- sospirò fieramente l’uomo. –I tuoi compagni sono solo una copertura, il vero unico angelo, qui dentro sei tu-.
-E lei?- domandai schietta, levandomi un attimo il casco e accorgendomi di averci sudato dentro. Quando me loro rimisi, mi notai che Lewis si era preso (troppo) tempo per rispondere. –Ogni cosa a suo tempo-.
-E lei?!- insistetti serrando i pugni.
-Io sono come te, Emily-.
-E allora perché non ci va’ lei a farsi fare il culo da Alex, scusi?!- eruppi profondamente offesa.
-Questo non è davvero un buon momento per parlarne, signorina Walker, e se non ha altre domande, sarò bel lieto di interrompere la conversazione all’istante!- mi ruggì contro.
-Va bene, capo- sbuffai. –Un’ultima cosa- dissi.
-Parli-.
-C’è veramente qualcosa dentro di me che può ammazzare quel figlio di puttana, oppure mi sta solo mandando al macello come fa con tutti gli altri?- domandai turbata.
Lewis scoppiò in una fragorosa risata. –Lei è la mia gallina dalle uova d’oro, signorina Walker, non la manderei mai nella macelleria Mercer senza un buon motivo-.
-E questo “buon motivo”…- abbassai lo sguardo, allacciandomi una scarpa. –Di che si tratta?-.
-Sono qui per scoprirlo, come lei, d’altronde- sorrise.
-Aspetti!- sbottai. –Lei mi sta dicendo che il manichino arancione mi serve a scoprire che cosa dentro di me può fare il culo ad Alex?!-.
-Lei è sveglia, Emily, più di quanto pensassi-.
-Va bene, doc, ci sto- mi sollevai in piedi fieramente.
-Suo padre sarebbe fiero di lei, signorina Walker…-.
M’irrigidii d’un tratto. –Cosa…- come osava parlare di mio padre in quel modo? Iniziai a dubitare che Lewis Martin sapesse qualcosa che io non sapevo.
-Non si faccia altri propositi, per oggi, signorina. Il suo addestramento riprenderà tra dieci secondi: stia pronta, le ripasso la sua coordinatrice tra tre… due…-.
Un breve pausa. –Salve Angel 1-9-2, pronta ad ingaggiare battaglia?-.
Attorno a me infuriava la battaglia tra robot e Angeli, ma inaspettatamente il mio sguardo cadde su un ragazzo che aveva il campo di fronte al mio. Non era della mia squadra, ma ricordavo di averlo visto più volte sia in palestra che nella mensa della base. Eppure, pensavo che il suo clan fosse in Europa, così la cosa m’incuriosì non poco.
Rimasi ad osservarlo allungo, notando nel suo modo di combattere qualcosa di estremamente familiare, ma al tempo stesso che mi spaventava. Il livello del robot che aveva assegnato era verde, come sarebbe dovuto essere il mio, ma su di lui stava sfogando una gran rabbia, una furia che davvero non mi aspettavo. Stava letteralmente facendo a pezzi il suo manichino, strappandogli le braccia, le gambe, e in fine la testa, che scagliò così lontano che raggiunse i miei piedi.
Granai gli occhi incredula e gli spostai più volte dalla testa decapitata di robot a lui, che col fiatone e le braccia ancora trasformate in due grosse lame bianche mi fissava furente.
Rabbrividii e distolsi del tutto lo sguardo, ma mi fu inevitabile arrossire anche sotto il casco.
Il ragazzo parve calmarsi guardandomi, e le sue braccia tornarono del tutto normali quando si accorse di me. Una dozzina di metri ci separavano, ma potevo ascoltare il battito del suo cuore farsi poco a poco più regolare. Si voltò e di fronte a lui si materializzò un secondo robot, e lui era pronto a riprendere l’allenamento.
-Angel 1-9-2! Pronta ad ingaggiare battaglia?!- si spazientì la donna.
Mi riscossi e mi misi in posizione, prendendo la giusta distanza dal robot. –Sì. Angel 1-9-2 pronta ad ingaggiare battaglia- sbuffai.



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Link -----------> ROBOT
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Perdonoooo!!!
Scusate, scusate tantissimo! Ho infranto la promessa, e non sapete quanto me ne penti, ma vedete il motivo per il quale neanche in questo capitolo tratto di Alex è semplice e davvero odioso!
Allora, vi confesso dicendo che ho dovuto sezionare un solo capitolo in due parti perché, dopo aver deciso di menzionare una piccola parte dell’addestramento, sono finita lo stesso con l’allungarla troppo! Ma le idee scorrevano a fiumi e… insomma, vi prego, non uccidetemi! Anzi, avete tutto il diritto di farlo! Comunque ve l’ho detto, l’altra metà di questo capitolo è l’avvincente momento, perciò, appena ricevo le vostre recensioni, lo posto subitissimo! Promesso! Bhé, vi confesso anche che… se non tagliavo il posto in due parti… avreste dovuto, ecco… <.< cuccarvi quasi 14 pagine in una sola volta e… >.< molto sinceramente, a me danno proprio sui nervi i capitoli lunghi, soprattutto in quest’ultimo periodo. Come si può ben notare, quelli di questa ff di fatti, non superano le sette pagine, ed ecco… >.> insomma, ci siamo capiti, no?
Ora: sapete tutti quanto vi voglio bene, perciò <.< saltiamo i convenevoli! Commentate, così posto subito lo scontro tra Emily ed Alex! ^^ Ops, spoilerone! XD
A prestissimooooooo!!!
   
 
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