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Autore: AleDic    06/04/2020    5 recensioni
[Double shots(?) ǀ Primo tentativo Destiel come pairing in maniera esplicita ǀ in gran parte What if]
#1. ~ Dean!Centric, tra la 5x02 e la 5x03: Dean lo trova quasi ridicolo – non fosse che Cas è un Angelo del Signore e, caduto o meno, potrebbe davvero ridurlo in polvere solo con uno sguardo e, no, quello non sarebbe affatto divertente. E la cosa, ubriaco o meno, sta cominciando a metterlo a disagio, perciò fa quello che gli riesce meglio: butta tutto sotto al tappeto usurato della sua anima, sorride e fa battute stupide.
#2. ~ Cas!Centric, 10x03: È stato il contrasto, pensa Castiel. Il Dean Winchester che appariva all’esterno, il guerriero prescelto da Dio che cacciava nelle tenebre da tutta la vita, e il Dean Winchester che Castiel vedeva al di là di tutti gli involucri in cui era avvolto, l’anima piena di colpa e dolore che pensava di non meritare di essere salvata.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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#2.

 

Mi hai guardato a lungo

come si saggia un bimbo con lo sguardo,

mi hai detto poi, con gentilezza:

ti voglio bene, perché sei tanto triste.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Generi: Introspettivo, Angst, Sentimentale.
Avvertimenti: Cas!Centric, terrore dell’OOC, What if in cui è Castiel a cercare di far ritornare umano Dean ed è Sam quello che arriva a salvarlo.
Rating: Giallo.

Prompt: 51. Baciato da un demone, dalla Challenge del Bacio proposta dal Giardino di EFP.
Contesto: 10x03.
Personaggi: Dean Winchester, Castiel, Sam Winchester.
Pairings: Destiel.
Note: i versi iniziali sono tratti dalla poesia “Io ti chiesi” di Hermann Hesse.
Note dell'Autrice: Di ritorno, finalmente. Avverto che questa shot è molto più contorta rispetto alla prima. Ho voluto seguire anche qui i pensieri più che narrare la situazione, è tutto filtrato attraverso gli occhi di Cas – e data la situazione psicofisica in cui si trova al momento della 10x03, niente di tutto ciò è molto lucido e coerente. C’è abbastanza flusso di coscienza da mettersi le mani nei capelli. Buona lettura a chi ha il coraggio di leggere – vi voglio bene, persone coraggiose!

 
Alla prossima,

 
Ale

 

 

 

 

 

 

 

 

II

 

{ 2.309 parole }

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Senza sapere perché, a Castiel torna in mente quella notte di cinque anni prima, una squallida stanza di un motel, il modo in cui Dean gli era sembrato più fragile delle bottiglie di vetro ai suoi piedi e così disperato da quasi annegarsi nell’alcool.

Forse perché è quello ad averlo attirato a Dean sin dal primo momento in cui l’ha guardato negli occhi in un fienile vuoto – tutto il peso e la confusione e il dolore contro cui combatteva estenuantemente ogni giorno, cercando di non mostrare a nessuno quanto sforzo richiedesse.

 È stato il contrasto, pensa Castiel. Il Dean Winchester che appariva all’esterno, il guerriero prescelto da Dio che cacciava nelle tenebre da tutta la vita, e il Dean Winchester che Castiel vedeva al di là di tutti gli involucri in cui era avvolto, l’anima piena di colpa e dolore che pensava di non meritare di essere salvata.

 

 

«Cos’è che stai cercando, Castiel
È il suono del suo nome per intero a farlo sussultare più del tono freddo e sprezzante con cui è stato pronunciato.
Lo sta guardando negli occhi anche adesso, ma Castiel non riesce a trovarvi nulla di famigliare, niente che lo aiuti a riconoscere la persona che una volta ha significato per lui più di Terra e Cielo – che continua a farlo, nonostante tutto.
«Cosa speri di ottenere da tutto questo?»
Castiel guarda l’uomo, il demone, immobilizzato a una sedia al centro di una trappola del Diavolo sbeffeggiarlo mentre prepara un’altra siringa di sangue sul tavolo nell’angolo.
«Sto cercando di salvarti.»
La risata che esce dalla gola dell’essere non è nulla di simile a quelle che ha sentito emettere da Dean, neanche nei suoi momenti peggiori. Fa correre un brivido lungo la schiena di Castiel senza che possa farci niente al riguardo.
«Se non riesci nemmeno a salvare te stesso?»

 

Castiel sa di star morendo.

Ha avuto bisogno dell’aiuto di Hanna e Crowley per intrappolare Dean e portarlo nella stanza segreta del bunker; è chiuso lì dentro con lui ormai da sei ore, cercando di ripetere il processo di purificazione messo a punto dagli Uomini di Lettere, e ha la pelle imperlata di sudore, le ossa a pezzi, e i muscoli che gli dolgono come se fosse precipitato giù dal cielo.

(No, pensa, lui è già precipitato dal cielo, durante La Grande Caduta, quando è diventato umano, dopo che Metatron gli ha strappato via la sua Grazia, e questo, questo è molto peggio rispetto al dolore di allora.)
 
Dopo circa tre ore si è dovuto togliere il trench coat e la giacca dell’abito perché il caldo lo stava soffocando, e ha arrotolato le maniche della camicia, ormai zuppa e appiccicata alla pelle, fino ai gomiti. Nonostante il caldo e il sudore non faceva che rabbrividire, segno che di lì a poco avrebbe avuto la febbre.
Il suo corpo stava cadendo a pezzi al ritmo della Grazia rubata che svaniva pian piano dentro di lui.

 

Era giusto così.

Per colpa sua, gli angeli erano caduti. Per colpa sua, le Porte del Paradiso erano state chiuse. Per colpa sua, Metatron aveva acquisito potere. Per colpa sua, Dean era morto. Erano state le conseguenze delle sue azioni a portarlo a quel punto.
Era giusto che stesse morendo.
A non essere giusto era quello che stava succedendo a Dean.

 

Aveva chiamato Sam non appena Hanna e Crowley erano andati via. Era con Jody seguendo una pista a--
Da qualche parte. Nello Stato. Castiel era sicuro che Sam gli avesse detto dove, esattamente, ma non riusciva a ricordarlo. Non ricordava molto, in realtà, della loro conversazione al telefono. Ricordava di aver udito un tono di voce arrabbiato mentre gli chiedeva cosa avesse fatto. Un’altra voce che si aggiungeva e sembrava discutere con quella di Sam. Ricordava quest’ultimo fargli promettere che lo avrebbe aspettato prima di fare qualsiasi cosa.
Forse Castiel aveva promesso. Forse aveva cercato di sembrare affidabile, nonostante tutto. Di rassicurare Sam. Era probabile.
Non aveva importanza. Non era la prima volta che Castiel faceva promesse che sapeva avrebbe infranto.  

 

 

 

«Pensi di poterti redimere? È per questo che lo fai? Pensi che salvandomi rimedierai a tutte le stronzate che hai fatto e che magicamente le cose si aggiusteranno?»

Castiel evita di guardarlo. Estrae la siringa e si allontana il più velocemente possibile, lo sguardo che scorre ma non si sofferma su niente.
«Vuoi essere ricordato come l’eroe della storia?»
Non sollevare gli occhi sul suo viso è difficile, ma se si concentra abbastanza è fattibile. Può farlo.
«Quand’è che sei diventato così patetico, Castiel
Vorrebbe poter lasciarsi scivolare via anche le parole.

 

 Avere a che fare con Dean è come maneggiare una matriosca fatta di vetro: tutti gli altri vedono solo l’insieme. Castiel ne coglie ogni riflesso. In ogni strato. Quando crede di essere giunto all’ultimo, di essere arrivato al centro degli specchi, ecco che un altro si mostra, più piccolo, più distorto, più difficile da scorgere. Castiel li ha sempre visti, ma non ha mai imparato il modo giusto di approcciarvisi. Sa bene che molti di essi, rotti e sbilenchi, sono il risultato dei suoi sbagli. Ogni ferita che ha inflitto a Dean ha infranto uno strato di vetro che ne ha creato uno a sua volta – un pezzo appuntito di anima che continua a tagliare dall’interno a ogni movimento del cuore. E sa anche che, purtroppo, non è stato l’unico, a ferirlo. Così, Castiel si ritrova ogni volta a guardare quel gioco di specchi rotti, strati su strati.
E sembrano non finire mai.

 

«Il Dean Winchester che conoscevi non esiste più!»
La frase viene fuori quasi come un ringhio dopo l’ennesima iniezione, mentre il corpo si contorce e piega su se stesso come possibile legato alla sedia in mezzo alla stanza. Castiel vorrebbe restare calmo e imparziale, poter tenere a bada le sue reazioni e – soprattutto – le sue emozioni –  ha bisogno di essere lucido per fare questo, ma ogni urlo di dolore del demone, di Dean, riecheggia in tutto il suo corpo, quasi lo stesse provando lui stesso, e ognuno di loro porta con sé di peggio: paura.


Qualcosa non va.
Sam gli ha raccontato del processo subito da Crowley nella chiesa quando ha cercato di ritrasformarlo in un essere umano: a ogni dose Crowley soffriva, ma riacquistava un pezzo delle propria umanità e questo riduceva di volta in volta il dolore.
Non è quello che sta succedendo con Dean.

Il demone ride mentre un altro ringhio di dolore gli si riversa fuori dalla gola – e Castiel vorrebbe solo che la smettesse, che avesse paura, che mostrasse qualsiasi briciola di emozione, che lo chiamasse--
«Capisci, Castiel? Tu non puoi salvarmi. E io non ne ho bisogno.»

 

Quella notte di cinque anni prima, nella stanza di quello squallido motel, Dean lo aveva chiamato. Si erano aggiornati come al solito tramite telefono, accordandosi per le prossime mosse e riattaccando. Castiel non si aspettava di sentirlo almeno per un’altra settimana. Invece dopo qualche ora la voce di Dean aveva raggiunto la sua mente. Non era una vera chiamata. Non era nemmeno una preghiera. Era--
Non aveva idea di cosa fosse stato, nemmeno ora. Aveva solo sentito la voce di Dean chiamare il suo nome.

Cas.
Era debole e confusa, ma piena di-- qualcosa.
Le emozioni erano… difficili, sembravano sfuggire ogni volta che tentava di afferrarne anche solo i contorni. Ma tanto era bastato.
Castiel era sempre riuscito a vedere Dean, ma capirlo era tutta un’altra cosa. Soprattutto se si trattava di capire cosa provasse verso di lui. Eppure Castiel vi si era aggrappato comunque, con una presa talmente forte da sorprendere anche se stesso.
Perfino ora che di quei sentimenti sembra non essere rimasta nemmeno l’ombra, gli è impossibile lasciarli andare. Dopotutto, i suoi sono un appiglio di gran lunga più saldo.  

 

La siringa cade a terra con un tonfo che Castiel nemmeno percepisce: si è voltato dall’altra parte e in un attimo è corso fuori dalla stanza, ha tirato fuori il cellulare per controllare se ci siano chiamate di Sam, se sia ancora per strada, quanto tempo sia effettivamente passato da quando l’ha chiamato, se dovrebbe farlo di nuovo, se se se--

 

Castiel lancia con un grido feroce il telefono contro il muro e quello ricade in mille pezzi sul pavimento – e Castiel scivola con lui, la schiena contro la parete fredda, la testa tra le mani e le ginocchia, il respiro affannato.

Non può farlo. Non può farcela da solo.
Non sta funzionando, Dean non sta tornando umano.
Sta morendo.

Lui lo sta uccidendo.
Non può farlo.


Tenere all’oscuro Sam delle sue condizioni non è stata una buona idea, non avergli detto  di aver trovato Dean non è stata una buona idea, aver cominciato tutto questo senza aspettarlo non è stata una buona idea – perché la verità è che ha continuato a ripetere che Sam non sarebbe stato in grado di fare quello che andava fatto, che se il demone non poteva essere salvato andava fermato, che lui era un angelo e doveva fare la cosa giusta, per tutti – ma è lui a non essere in grado di fare nulla. Nulla. È lui ad essere rannicchiato su un gelido pavimento di un bunker che racchiude la coscienza e il potere più vari che esistano, tremante e morente, senza avere la forza di lasciar andare un singolo essere umano.
Non ne ha la forza.

 

Ricorda quanto Dean gli fosse sembrato fragile, cinque anni prima, come mai lo aveva visto – era come guardare una serie di specchi rotti che si riflettevano a vicenda, deformando e allargando le ferite in modo da renderle quasi un sogno. Castiel lo aveva osservato per un tempo non quantificabile, vedendo che ci fosse qualcosa che non andava, ma non riuscendo a comprendere cosa. Aveva cercato di chiederlo direttamente a Dean, ricevendo in risposta solo menzogne e dissimulazioni.

 

Crede di capire ora.
Non è ubriaco, Castiel, ma il dolore può anestetizzare il dolore stesso. Dean--
Lui ha sempre sentito più intensamente di qualsiasi altro essere umano che abbia mai conosciuto ed è per questo che ha sempre dovuto trovare un modo per attutire l’impatto.
Prima che Metatron gli portasse via la sua Grazia, Castiel non avrebbe mai potuto capire – se non fosse diventato umano non avrebbe mai potuto--


Annegare in se stessi, in cerca dell’oblio. Non essere capace di provare alcunché. Castiel può comprendere perché Dean non voglia smettere di essere un demone. È più facile così.

 

Quando cerca di rialzarsi, la mente e il cuore ancora annebbiati, perde l’equilibrio. È febbricitante ormai, le forze lo stanno abbandonando. Si appoggia al muro dietro di sé, ma è inutile. Forse si è alzato troppo in fretta. Il mondo per un secondo diventa instabile, i contorni svaniscono e sa che la caduta è prossima.

(Castiel è abituato a cadere.)

 L’impatto non arriva mai.

 

«Sei proprio agli sgoccioli, vero Cas
È quasi ridicolo che in tutta quella situazione ciò che davvero Castiel trova sbagliato sia il proprio nome pronunciato in quel modo. Percepiva inquietante che il demone lo chiamasse col suo nome per intero, ma questo è semplicemente terribile. Castiel gli direbbe di non farlo mai più se riuscisse a parlare, ma anche solo rimanere cosciente richiede uno sforzo estenuante.


L’ha sentito arrivare anche attraverso i suoi sensi offuscati. Solo, non si aspettava che lo afferrasse per non lasciarlo cadere. Non che creda che lo abbia fatto per una qualche preoccupazione nei suoi confronti. Sa benissimo che non è così.

(Anche quando riesce a capire, finalmente, parte del Dean che vede, ecco che ne compare un altro che non comprende. Nemmeno all’ultimo, quindi, è riuscito a raggiungerlo.)

«Non hai neanche più la forza di reggerti in piedi.»
Il tono di Dean è sprezzante e divertito, Castiel avverte il suo fiato sulla pelle tra il collo e l’orecchio e comincia a muoversi--
Non cerca di liberarsi. Non sa se ci proverebbe anche se ne fosse in grado. Vuole solo guardarlo. Anche se non è il suo Dean, è sempre Dean. Non può più fingere che cambi qualcosa, per lui.

E. Succede
.

Castiel alza il volto e la prima cosa che trova non sono gli occhi di Dean. Sono le sue labbra.
 

 

Per un momento è come essere tornati a cinque anni prima: è di nuovo in quel motel, con Dean stretto tra le braccia, immobile contro le sue labbra.
Ma quel Dean non c’è più. Non è stato in grado di salvarlo.


(Fra tutte le cose in cui ha fallito, questa è quella che brucia di più.)

Dean ha gli occhi fissi nei suoi. Castiel si chiede se riesca a vedere gli specchi rotti dentro di lui, anche se lui non l’ha più, un’anima – è la punizione che merita, non è così? Essere spezzato quando non si ha niente dentro che potrebbe spezzarsi.
Non si muove. Lo sente sorridere contro le sue labbra.
«Certe cose non cambiano mai, vero?»
Gli soffia ogni parola dentro la bocca e Castiel non può impedirsi di tremare.
Ha le mani di Dean che gli attanagliano le braccia, e la schiena incassata contro il muro alle sue spalle.
È in trappola.
È--
No, perduto no. Non è quella la sensazione che associa a Dean. Forse lo è stata all’inizio. Forse perfino nel modo in cui intendono i suoi fratelli e sorelle. Ma si è trattata, in realtà, solo di accettazione: con Dean, per la prima volta, si è sentito davvero legato a qualcosa.
Non era perduto; era a casa.
E adesso lui non c’è più.

E Castiel non ha più la forza di combattere.

 


Da anni ormai si chiede se sarebbe cambiato qualcosa se avesse capito, quella notte al motel. Se avesse fatto qualcosa, invece di restare immobile a guardare Dean. Probabilmente no. Ma se, invece-- 

Non ha più importanza, comunque.
Non è stato lui a salvare Dean allora. Non lo è nemmeno adesso.
 

Quando Sam arriva, Castiel si è già arreso da tempo.

 

 

 

 

{ Nobody’s fault but mine
I will get down rollin’ tonight
 ~ Nobody’s fault but mine – Led Zeppelin }

 

 

 

 

   
 
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