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Autore: KindlyLight    06/04/2020    1 recensioni
Di quando Eddie disse due parole che non avrebbe mai voluto dire, se ne pentì e poi si pentì di essersene pentito perchè a Richie, probabilmente, quelle parole piacevano.
I paragrafi che iniziano con una parola in grassetto sono nel presente.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Missing Moments, OOC, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Più il tempo passava più si rendevano conto di amarsi.
Eddie, in quei mesi che erano ormai diventati un anno, aveva scoperto lati molto profondi di Richie.
Ogni mattina, per esempio, passava davanti a casa sua e aspettava fin quando non usciva di casa per andare a scuola insieme, aveva quasi smesso di fare battute sulla madre di Eddie e, a volte, si divertiva a fargli delle sceneggiate che comprendevano dei fiori.

-Rich, sono bellissimi questi fiori. Sono bellissimi perchè vengono dal mio giardino.- Disse Eddie prendendo quel mazzolino da cui ancora cadevano grumi di terra.
-E' il pensiero che conta Eddie Spaghetti, nient'altro.-
-Se lo dici tu.-

Era arrivato il momento di scegliere il college e, l'unica certezza che avevano entrambi, era che si volevano allontanare da Derry.
Non ne parlavano quasi mai, era sempre fonte di tristezza, soprattutto per Richie che, nella sua vita, aveva avuto davvero poche persone disposte a stargli accanto.
Quella sera, però, ogni cosa stava andando a rotoli, dalla C in biologia in quell'importante periodo dell'anno alla cena bruciata a casa di Richie, fino alle grida dei due che avevano cominciato a rimbombare per la casa con violenza inaudita.
"Quindi è mia la colpa? - Chiese Eddie gridando. - Io ho sbagliato e quindi la colpa è mia!"
"E' così che funziona Eddie. Se sbagli hai la colpa. Se sbaglio ce l'ho io. E' semplice!" Rispose a tono Richie che, dopo aver cercato di mantenere la calma, aveva completamente perso la voglia di provare a farlo ragionare.
"Potresti anche cercare di sistemarle le cose, ogni tanto, e non lasciarle andare in malora."
"Dovresti piantarla di crederti perfetto e intoccabile Kaspbrak, ma sei come tutti gli altri e, magia, persino come me." Gridò Richie, ormai stanco di quel comportamento da perfetto saputello del ragazzo.
"Fuori da casa mia Tozier. Ora!" Strillò Eddie.
"E' casa mia coglione!" Fu l'unica risposta che diede Richie prima di vedere Eddie uscire da casa sua correndo.
In una giornata normale si alzato in piedi e in un lampo lo avrebbe raggiunto, sapeva bene quanta paura avesse Eddie di camminare da solo per strada di notte, ma era troppo arrabbiato anche solo per buttare quel pezzo di arrosto carbonizzato che era uscito dal forno.
"Fanculo Kaspbrak, abbiao chiuso." Disse andando verso la sua camera e, nonostante non lo volesse ammettere, le lacrime che gli solcavano il volto non erano di rabbia.

La mattina dopo Richie non si presentò a scuola e Eddie non sapeva dove fosse, per quanto lo negasse, per quanto lo odiasse per il loro litigio, era preoccupato con lui.
Quando finalmente l'ultima campanella suonò si precipitò a casa per pranzare e, subito dopo, sarebbe andato a casa del ragazzo. 
Qualcosa, però, non andò come previsto.
Il telefono prese a squillare e Eddie, contro voglia, rispose sotto ordine della madre.
"Pronto, casa Kaspbrak, chi parla?"
"Sono Richie." La voce del ragazzo era estremamente seria.
"Richie io..."
"Sta' zitto. Abbiamo chiuso io e te."
"Mi stai lasciando?" Chiese con un sussurro il castano.
"Sì."
Richie riagganciò la cornetta senza dargli la possibilità di replicare, il cuore di entrambi si spezzò, forse nello stesso momento, forse uno dei due era già frantumato da tempo. 
O magari, entrambi, erano destinati ad essere solamente amici, o magari neanche quello.

Il mondo di Eddie crollò. 
La cornetta gli scivolò di mano, le labbra presero a tremare e gli occhi ad appannarsi, scivolò in ginocchio mentre le mani andavano a coprirgli il viso su cui stavano scivolando copiose lacrime.
Si ritrovò a faticare a respirare, non trovare abbastanza aria da immettere nei polmoni nonostante fosse consapevole che era sempre stata tutta una farsa. 
Per la prima volta da tempo desiderò avere ancora con sé il suo inalatore, ne avrebbe usato tre o forse quattro cariche, ma almeno avrebbe ripreso a respirare.
Sua madre non si accorse di nulla, non si accorgeva mai di nulla. 
Rimase lì, a piangere, con la fronte appoggiata contro il muro, fin quando non sentì la testa fargli male dalla stanchezza causata dal pianto e, solo a quel punto, raccolse quel poco che restava della sua anima frantumata e si alzò da lì per dirigersi verso la propria camera.
Ricominciò a piangere col viso premuto contro il cuscino, sperando soltanto di addormentarsi in fretta.

   
 
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