Traduttrice: poldina. L’autrice originale della storia
è Anna
Fugazzi. Per la storia originale in lingua inglese cliccate qui.
Beta-reader:
NON BETATO
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Aggiunte
Nota dell’Autrice: Ok, credo
che queste siano le ultime due
scenette di Bond. C’era un’altra scenetta che
sembrava potesse essere
pubblicabile, un giorno... ma temo che sia morta :(
Il
primo pezzetto è praticamente
la fine del capitolo 4 e l’inizio del capitolo 5, fatto
questa volta dal punto
di vista di Harry. Avevo fatto entrambi i punti di vista, ma poi ho
deciso che
quello di Draco era più interessante e si adattava meglio a
quel punto della
storia.
Il
secondo pezzo era
l’equivalente letterario di uno scarabocchio, iniziato a
partire da una domanda
di Dehlia. Dehlia, eccolo qua :)
Buona
lettura!
1. Giorno
23, mercoledì, 21 ottobre,
punto di vista di Harry della litigata nella Sala Grande e
nell’ufficio di
Silente.
2. Giorno 172,
venerdì, 19 marzo, fino a Giorno
174, domenica, 21 marzo, “La Squadra
Grifondoro della Polisucco”
Giorno 23, mercoledì
“Finite Incantatem. Ora, a meno che non
desideriate essere espulsi
immediatamente, seguitemi in silenzio nel mio ufficio,” disse
Silente, il suo
tono pacato in contrasto con la severità delle parole. Piton
si avvicinò con in
mano le loro bacchette, facendo segno di andare verso la porta.
Harry
deglutì con fatica e li
seguì docilmente con gli occhi fissi sul pavimento mentre
passavano davanti
alle centinaia di studenti e professori che li guardavano con occhi
spalancati
nella Sala Grande. Paradossalmente, si sentiva ancora più
impietrito di quanto
si fosse sentito sotto il breve Incantesimo Immobilizzante. Da Malfoy
percepì
intorpidimento misto a terrore, mentre usciva silenziosamente al suo
fianco dalla
Sala Grande.
Al
suo fianco. Inspiegabilmente,
la furia e l’odio feroce che aveva provato per Malfoy fino a
qualche istante
prima erano completamente svaniti; al loro posto c’era il
bisogno sconvolgente
di stargli più vicino possibile. Perché, si rese
conto, c’erano dentro tutti e
due ormai, si trovavano tutti e due nella merda più totale,
mentre seguivano
Silente e la McGranitt e Piton diretti a chissà quale
punizione. E tutti gli
altri studenti, perfino i suoi amici, erano rimasti nella Sala Grande,
e solo
Malfoy poteva minimamente capire cosa stesse passando Harry in quel
momento,
solo lui poteva dargli anche solo un po’ di conforto.
Conforto...
no, non era la parola
giusta. Forse comprensione, o compassione.
Diamine,
c’era ancora sangue che
gli scorreva sul viso, e sapeva che non sarebbe servito a niente
strofinarlo
via, ma ci provò comunque. Gli sembrava di essersi rotto il
naso. L’unica cosa
che sentiva era un dolore sordo, oltre alla paura di Malfoy. Gli aveva
lanciato
una rapida occhiata e aveva visto il viso livido e il rivolo di sangue
che gli
attraversava la faccia – un labbro spaccato, a giudicare dal
suo aspetto, a
giudicare dal pugno ben piazzato che Harry gli aveva mollato. Harry si
massaggiò le nocche, notando qualche taglietto qua e
là – probabilmente i denti
di Malfoy. Prese un respiro profondo quando entrarono in infermeria, e
si preparò
alla reazione di Madama Chips.
“Poppy!”
chiamò la McGranitt;
Madama Chips sollevò lo sguardo dal foglio di pergamena su
cui stava scrivendo
e sbiancò nel vederli.
“Non
sarete mica– Hanno–” Si girò
verso Piton, che annuì seccamente. Madama Chips
spalancò gli occhi e restò un
momento a muovere la bocca senza emettere suoni. “Come
– come avete potuto?”
disse, bianca dalla rabbia,
mentre si alzava per avvicinarsi a loro. “Tra tutte
– ma che problema avete?!”
Tirò
fuori la bacchetta, fece
cenno a Malfoy di sedersi sul letto più vicino e si
tirò Harry verso di lei,
ignorando il suo verso di dolore quando lo toccò.
“Ti
lascio le loro bacchette
nella cassaforte, Poppy,” le disse Piton mentre lei
cominciava a visitarlo. “E
lascio il signor Malfoy sotto la tua supervisione mentre vado a
contattare i
suoi genitori.”
Harry
sentì una fitta di allarme
provenire da Malfoy. “N-no – professore, per
favore–” disse Malfoy, facendo per
alzarsi.
“Siediti,
Draco,” gli disse Piton
di scatto, con la voce più rabbiosa che Harry gli avesse mai
sentito usare con
Malfoy. “Non si tratta di un semplice litigio tra compagni di
scuola. È troppo
grave, non posso non chiamare i tuoi genitori.”
Girò sui tacchi e uscì a grandi
passi dall’infermeria, con il mantello che svolazzava dietro
di lui.
Inspiegabilmente,
in quel momento
a Harry tornò in mente la volta in cui Ginny si era chiesta
se Piton si dicesse
tra sé e sé: “Ora eseguirò
la mia Uscita Svolazzante” ogni volta che usciva da
una stanza in quel modo specifico. Poi represse una risata
completamente
inappropriata a quel ricordo.
“Quando
avrò finito con questi
due contatterò la Guaritrice Esposito,” disse
Madama Chips alla McGranitt,
mentre gli agitava la bacchetta davanti alla faccia. Harry
sentì il suo naso
guarire con un secco crack, e cacciò un
urlo dallo shock e dal dolore. Madama
Chips gli lanciò un’occhiataccia e
indicò il letto con un cenno del capo per
dirgli di prendere il posto di Malfoy, a cui fece segno si avvicinarsi.
Harry
ebbe la netta impressione che quella guarigione insolitamente dolorosa
fosse
stata intenzionale.
Si
tastò il naso e gettò
un’occhiata a Malfoy, che sussultò dal dolore
quando Madama Chips gli agitò la
bacchetta sul labbro, richiudendo il taglio.
“Vai
a sederti,” tuonò lei contro
di lui, indicandogli di avvicinarsi a Harry. Lui obbedì
immediatamente.
Merda,
erano nei guai. Guai seri.
Harry non capiva bene il perché, ma non aveva quasi mai
visto la McGranitt o
Madama Chips così furiose; sebbene entrambe si
infastidissero spesso, non
andavano quasi mai oltre quello stadio. Ma adesso... persino Silente
era
accigliato.
“Ehm,
mi–” provò a dire Harry, e
si fermò quando gli adulti si girarono tutti a guardarlo.
Lui deglutì con
fatica. “Noi... stavamo solo litigando–”
Sia
la McGranitt che Madama Chips
iniziarono a dire qualcosa, ma Silente le fece tacere con un gesto
della mano.
“No,
Harry, non era un semplice litigio,”
disse con voce calma. “Se foste ancora solo dei compagni di
classe, questo
episodio non sarebbe stato altro che l’ennesima dimostrazione
della vostra
ostilità reciproca, e vi sareste senza dubbio guadagnati
diverse punizioni e
perdite di punti e privilegi.” Si fermò, i suoi
occhi azzurri gravi e seri.
“Siete sposati. Avete fratturato ossa e avete danneggiato
oggetti di proprietà
della scuola. Se non vi avessero fermato, tra voi due sarebbero volate
delle
fatture. La questione è seria.”
Harry
annuì tristemente, cadendo
in silenzio. Di fianco a lui, Malfoy si schiarì la gola.
“Possiamo andare a
cambiarci e a prendere le nostre cose nella Sala Grande?”
chiese, e la sua
voce, sebbene nervosa, suonava sorprendentemente calma e sicura,
considerando
la paura che Harry sentiva ribollire appena sotto il suo aspetto
tranquillo.
“Siete
liberi di eseguire tutti
gli incantesimi di pulizia che volete, ma non potete uscire
dall’infermeria,”
rispose Madama Chips con voce severa.
“Ci
penseranno gli elfi domestici
a riportarvi le vostre cose,” aggiunse la McGranitt.
I
due si scambiarono uno sguardo
e caddero in silenzio mentre gli adulti se ne andavano ognuno per i
propri
affari. Restarono in silenzio mentre la Esposito, Lupin e i Malfoy
venivano
contattati e mentre si decideva un luogo e un orario per un incontro di
emergenza riguardo alla loro “situazione.”
Situazione, pensò Harry. Che
parola carina per descrivere quanto completamente incasinata sia
diventata la
mia vita.
ooooooo
“Bene,
siamo pronti per
iniziare,” disse la Esposito, dopo che furono tutti riuniti
nel salottino di
fianco all’ufficio di Silente. Harry fece per alzarsi ma con
un gesto Esposito
gli indicò di rimettersi a sedere, fissandolo con uno
sguardo fermo ma gentile.
“Non voi, signori. Non siete nelle condizioni di contribuire
a questa
discussione. Saremo noi a decidere cosa fare, e voi vi atterrete alle
nostre
decisioni. Potete pure accomodarvi,” disse indicando la
piccola stanza mentre
gli altri entravano nell’ufficio di Silente.
Harry
passò in rassegna un volto
inamovibile dopo l’altro e si rimangiò le sue
proteste. Persino Lupin sembrava
serio e deciso, ma un po’ meno deluso di Harry di quanto
fosse sembrato
all’inizio. Harry si rimise a sedere.
Non
appena gli adulti uscirono
dal salottino si rialzò, incapace di restare seduto,
cercando di ignorare la
sensazione che gli strisciava lungo la nuca nel sapere che tutti i
ritratti sulle
pareti lo stavano osservando.
Non
andava bene. Non andava per
niente bene, e doveva fare qualcosa. Doveva trovare una qualche
soluzione a
quella “situazione”, prima che lo costringessero ad
accettare la soluzione
degli adulti. Doveva trovare il modo di mantenere il controllo della
propria
vita.
Represse
una risatina amara. Ma
quale controllo. Non ne aveva neanche un briciolo, di controllo. Anche
lasciando da parte il fatto che non poteva assistere
all’incontro che si stava
tenendo proprio in quel momento, e lasciando da parte anche il fatto di
dover
sottostare a qualunque cosa decidessero gli adulti in quella riunione.
Fin da
quel maledetto giorno a settembre aveva perso il controllo di qualunque
cosa
nella sua vita: con chi trascorreva il suo tempo, dove viveva, cosa
provava...
Ogni
tanto, mentre camminava
avanti e indietro, gli giungevano brevi stralci di conversazione
dall’ufficio
di Silente. “Credo che sia un po’
eccessivo,” si sentì dire la McGranitt a un
certo punto, ma la risposta fu troppo debole perché Harry la
capisse.
Deglutì
a fatica, combattuto tra
il voler cercare un modo di tirarsene fuori e il non volerci pensare
per
niente. Voler far finta che quello di cui stavano parlando
là dentro era solo
quale punizione dargli, e per quanto tempo. Forse avrebbero chiamato
Gazza per
sapere se avesse bisogno di aiuto per qualche sgradevole mansione.
Pulire i
bagni. Occuparsi della lettiera di Mrs. Norris.
Deglutì
di nuovo, camminando
senza posa avanti e indietro e cercando di ignorare i ritratti che li
osservavano,
bisbigliandosi tra di loro, pronti a fare rapporto agli adulti se lui o
Malfoy
avessero provato a fare qualcosa.
Non
ci manderanno in punizione.
Quello che era successo era successo perché erano entrambi
troppo tesi per
riuscire a comportarsi in modo razionale l’uno con
l’altro, e quella tensione
era presente perché non stavano facendo quello che il Legame
voleva che loro
facessero. Il modo più semplice di far andare via la
tensione era cedere al
Legame, e il modo più semplice di cedere al Legame era...
Dio,
come sarebbe stato? Essere
costretto a ingerire una pozione, sentire l’attrazione per
Malfoy salire
vorticosamente fuori controllo, toccare Malfoy e tirarlo a
sé e lasciarlo–
Diamine,
stava diventando duro.
Non lo voleva, tutto il suo essere si ribellava, voleva continuare a
opporsi
con tutte le sue forze… ma una piccola parte di lui in
realtà voleva essere
costretta a sottostare a qualunque cosa avrebbe risolto la situazione.
Perché a
quel punto avrebbe dovuto farlo per forza. Non
avrebbe avuto scelta, non
avrebbe potuto ribellarsi; si sarebbe dovuto arrendere. E la sua resa
sarebbe
stata obbligata, non sarebbe stato uno stupro, perché lo
voleva…
E
poi, quello che sarebbe
successo, sarebbe successo comunque. Sicuro come il sole sorgeva tutte
le
mattine, sicuro come Hermione che citava Storia di Hogwarts
nei momenti
meno appropriati: prima o poi avrebbe fatto sesso con Malfoy.
L’unica cosa che
poteva controllare era quando sarebbe successo e come, e se non si
sbrigava
avrebbe perso anche quel poco.
“Non
c’è bisogno di–” Harry
sentì
la voce di Lupin, ma non riuscì a sentire il resto della
frase sopra ai
bisbigli dei quadri circostanti.
A
Malfoy probabilmente non
gliene può fregare di meno, pensò Harry
lanciandogli un’occhiata piena di
disprezzo. Probabilmente non aspettava altro: che gli facessero
ingoiare a
forza una pozione così Harry avrebbe smesso di resistere.
Malfoy probabilmente
non vedeva l’ora.
Ma
Harry si rese conto che non
era vero. Malfoy era seduto sul divano, con il viso più
pallido del solito,
molto, molto spaventato, cercando in ogni modo di non darlo a vedere.
Harry
chiuse gli occhi e tentò di
identificare le emozioni di Malfoy.
Paura.
Terrore. Nient’altro.
“È
impossibile. Loro sono
impossibili,” disse Piton, e Harry non sapeva se sentirsi
sollevato o
profondamente turbato dal fatto che persino Piton pensasse che il
problema non
era solo Harry.
Guardò
di nuovo Malfoy. Smise di
camminare avanti e indietro e cercò di ragionare.
Okay.
Malfoy era nella sua stessa
situazione; non solo anche lui era nella merda, ma anche lui aveva
paura di
quello che stava succedendo dietro quella porta chiusa, tanto quanto
lui. E
Harry probabilmente non sarebbe mai riuscito a convincere gli adulti a
lasciarli in pace, ma forse se lui e Malfoy avessero lavorato insieme,
sarebbero riusciti a trovare una soluzione. Malfoy era un alleato a dir
poco
improbabile, ma forse sarebbe stato più facile lavorare con
lui piuttosto che
con il gruppo di adulti nell’altra stanza.
Harry
prese un respiro profondo.
“Malfoy,”
disse, e maledisse il
tremolio nella sua voce. Malfoy alzò gli occhi lentamente, e
Harry si schiarì
la gola. “Siamo nei guai, non è vero?”
“Eccezionali
capacità di
osservazione, Potter,” disse Malfoy stancamente, e Harry si
trovò piuttosto
allarmato dall’assenza di entusiasmo in quella frase
sarcastica. “Cosa te l’ha
fatto capire?”
“Cosa–”
Harry si interruppe e si
schiarì di nuovo la gola. “Cosa credi che
decideranno?”
“Non
ne ho idea.”
“Io…
io ho la sensazione che non
mi piacerà.”
“Dubito
che invece a me piacerà,”
disse Malfoy. “Ma non credo che possano decidere
alcunché. Siamo entrambi
adulti.”
“Forse
non potranno costringerci
a fare nulla, ma possono renderci le cose difficili se non ubbidiamo.
Potremmo
essere espulsi. Oppure disconosciuti o qualcosa del genere, nel tuo
caso.”
“Mio
padre non mi disconoscerebbe
mai.”
“Davvero?
Allora cosa potrebbe
fare?” Malfoy lo guardò con la fronte aggrottata;
Harry decise di andare dritto
al punto. “Malfoy… cosa potrebbe farti che ti fa
avere così tanta paura di
lui?”
“Non
ho paura di lui,” disse
subito Malfoy.
“Cazzate,”
ribatté Harry. “Ne hai
eccome. Non sei per nulla preoccupato di quello che potrebbe fare
Silente o
chiunque altro nella scuola, ma sei terrorizzato dal fatto che tuo
padre si
trovi là dentro insieme a loro.”
“Ora
il Legame ti ha anche dato
il dono della Legilimanzia? No? Allora non permetterti di dirmi quello
che
provo e perché.”
“Non
ho bisogno della
Legilimanzia. Lo so quello che provi, è la stessa emozione
che hai provato quel
giorno in infermeria quando lo hai contraddetto in pubblico. Per poco
non ti
era preso un infarto.”
“Eravamo
stressati–”
“Non
c’entra niente,” asserì
Harry. “Avevi paura di lui.”
Malfoy
si morse il labbro e Harry
temette che, se avesse continuato a insistere, Malfoy sarebbe diventato
ostile,
ma allo stesso tempo era preoccupato che se avesse fatto marcia
indietro
l’altro avrebbe avuto il tempo di ritrarsi e poi si sarebbe
rifiutato di
parlare. Cercò di raggiungerlo attraverso il Legame per
capire cosa stava
provando. Si arrese quasi subito: c’erano troppe emozioni
contrastanti per
capirci qualcosa.
Alla
fine Malfoy deglutì e parlò.
“Vuoi arrivare al punto, Potter?”
Okay,
bene. Almeno era disposto
ad ascoltarlo. “Non voglio fare tutto quello che dicono loro
e basta,” iniziò
Harry.
“Neanche
io. Ma non è che abbiamo
esattamente una scelta, ti pare?”
Harry
prese un respiro profondo.
“Non stiamo affrontando questa situazione nel migliore dei
modi.”
“Di
nuovo, la tua capacità di
cogliere l’ovvio è–”
“Zitto,”
disse Harry con
impazienza. “Tutti quanti ci stanno facendo pressione, e
anche noi stessi, e
anche se tu prendi la Pozione di Pazienza, non è abbastanza
per affrontare
quello che provi nei confronti miei e dei miei amici, e oltre a tutto
questo,
anche lo studio.”
“Ti
ringrazio, Potter. Non sarei
mai giunto a queste conclusioni da solo–”
“E
io non riesco a sopportare
quello che provo per te, odio il modo in cui tratti me e i miei amici e
la tua
visione del mondo del tutto fuori di testa, e non ne posso
più di essere così
esposto in questa scuola, con tutti che parlano di me,
e…” Harry si ricompose e
si costrinse a finire, sentendosi come se stesse per buttarsi da un
precipizio.
“E… e sono terrorizzato a morte al pensiero di
lasciarti avvicinare a me, o di
permettere a me stesso di avvicinarmi a te.”
Malfoy
rimase a bocca aperta. Restarono
a fissarsi, e Harry si sforzò di mantenere lo sguardo
dell’altro nonostante
avesse la sensazione strisciante di essersi confidato con una persona
troppo
subdola, persino su un argomento relativamente insignificante come le
sue
paure.
Alla
fine Malfoy si schiarì la
gola. “Okay,” disse lentamente. “Immagino
che ci sia un motivo per cui mi stai
dicendo tutto questo. Qual è?”
“Dobbiamo
far funzionare le cose,
e dobbiamo essere noi a capire come farlo.”
“Ci
abbiamo provato.”
“No,
non è vero. Finora siamo
esistiti l’uno a fianco all’altro, cercando di
cavarcela alla meno peggio e
accettando ogni tanto consigli da altre persone. Ma non abbiamo parlato
quasi
per niente.”
“Stamattina
abbiamo parlato.”
“E
non è andata affatto male,”
osservò Harry, e rimase non poco sorpreso nel vedere un
sorrisetto piegare la
bocca di Malfoy.
“Già,
è vero,” disse Malfoy.
“Quindi
è possibile. Che
riusciamo a far funzionare questa cosa.”
“Già,
sembra di sì,” disse
Malfoy, scettico.
“Quindi
proviamoci. Vuoi lasciare
per un po’ le lezioni?”
“No.”
Ci fu una lunga pausa. “Non
voglio. Ma in questi giorni non riusciamo a imparare niente comunque.
Riesco a
malapena a concentrarmi quel tanto da scrivere il mio nome su una
pergamena.”
Harry
fece un sorrisetto. “Già,
conosco la sensazione. Mi sento come se dovessi sempre lottare per
chiarirmi le
idee, perché se non lo faccio–” si
interruppe. Diamine, la conversazione non
sarebbe dovuta arrivare fin lì. Mandò un severo
rimprovero in direzione delle
mutande. “Be’, probabilmente puoi immaginare quello
a cui finisco col pensare.”
“Probabilmente,”
disse Malfoy in
tono sarcastico.
Harry
prese un respiro profondo e
si avvicinò a Malfoy. “Quello che provo
– quello che proviamo entrambi – è
troppo sbagliato.”
“Perché?
È solo attrazione
sessuale. Non dirmi che non l’hai mai provata prima
d’ora.”
“Non
così tanto.”
“E
che c’è di male?”
“Perché
non voglio provarla. Non
ci amiamo. Neanche ci piacciamo. Non voglio–”
Malfoy
alzò gli occhi al cielo,
interrompendolo. “Potter, abbiamo diciassette anni.
L’amore e la simpatia non
devono necessariamente rientrare nell’equazione per quel che
riguarda il
sesso.”
“Ho
paura,” disse Harry
d’impulso. Se ne pentì subito ma si
sforzò di non arretrare. Era meglio
parlarne con Malfoy piuttosto che con suo padre.
“Di
cosa?” chiese Malfoy, e Harry
si rincuorò del fatto che l’altro non
l’aveva immediatamente deriso per aver
ammesso la sua paura.
“Di
farmi male.”
“Ti
stai già facendo male,” gli
fece notare Malfoy. “Qualche ora fa ti ho quasi lanciato una
fattura. E non
stavamo per colpirci con degli Incantesimi Ridarelli, o colorarci la
pelle di
verde; stavamo per farci seriamente male. Stai di merda, e
anch’io. Il sesso
non potrebbe mai essere peggio di tutto questo.”
Harry
scrollò le spalle. “Paura
dell’ignoto, immagino.”
“Giusto
per curiosità, cosa credi
che decideranno là dentro?”
“Di
darmi una pozione o qualcosa
del genere per – per non farmi più opporre
resistenza,” Harry sentì il suo viso
prendere colore e si girò.
“Potter…”
Harry sobbalzò quando
sentì Malfoy appoggiargli una mano sulla spalla.
“Sarebbe davvero la fine del
mondo?”
“Sì,
perché… perché non avrei
più
alcun controllo su nulla–”
“Anche
ora non hai controllo–”
“Non
voglio–” Harry fece
per allontanarsi, ma Malfoy resistette.
“Forse
non lo faranno, sai?”
disse Malfoy, quasi dolcemente, e Harry rabbrividì,
incrociando le braccia in
un gesto di difesa. “Potter. Ti stai di nuovo lasciando
prendere dal panico,”
disse Malfoy, e Harry sentì, come un tocco fisico, Malfoy
proiettare calma
verso di lui.
E
mi va bene, si disse.
Era una delle poche cose buone del Legame. Avrebbe volentieri
approfittato
della lucidità di Malfoy riguardo a quel dilemma, se lo
avesse aiutato a
sentirsi più tranquillo e gli avesse permesso di lavorare
insieme.
Potevano
parlarne, decidere cosa
fare, come far sì che gli adulti non li costringessero a
fare qualcosa che non
volevano fare. Forse gli avrebbero concesso più tempo per
ragionarci insieme,
gli avrebbero dato un’altra possibilità
– o meglio, l’avrebbero data a lui – per
trovare una soluzione secondo i suoi tempi. Malfoy
aveva detto di non volere
Harry sotto l’effetto di una qualche pozione. Forse Harry
poteva far leva su
quello, e aiutare Malfoy a prendere posizione contro suo padre, se ce
ne fosse
stato bisogno.
Senza
pensarci, coprì la mano di
Malfoy con la sua mentre cercava di tranquillizzarsi, a malapena
consapevole di
quello che stava facendo, e poi… oh, no, non era stata una
buona idea, perché
Malfoy… era caldo, la pelle di Malfoy era sempre calda,
Malfoy era sempre vivo
e… lo tirava a sé, in qualche modo. La sua
presenza era praticamente come una
pozione, in fin dei conti, una pozione che lo tirava verso Malfoy, che
gli
faceva volere quello che non avrebbe dovuto volere – quello
che non voleva,
diamine, sebbene si stesse a poco a poco avvicinando a Malfoy.
E
la sua presenza aveva lo stesso
effetto su Malfoy. Neanche la paura riusciva ad attenuare
l’attrazione che
provava per Harry, il desiderio di avvicinarsi, di sfiorare, di toccare.
E
Harry provava le stesse cose, e
non era normale, ma era troppo difficile trattenersi, ribellarsi a
quello che
voleva il suo corpo. E… e finora si era trattenuto e non
aveva risolto niente.
Li aveva fatti arrivare fin lì, nello studio di Silente,
mentre gli adulti
decidevano del loro futuro e i quadri spettegolavano su di loro.
E
adesso Harry era troppo stanco
e impaurito e sconfortato per continuare a ribellarsi. Non ce la faceva
a
ribellarsi tutto il tempo; per un solo istante avrebbe assecondato le
cose – un
solo istante, poi si sarebbe tirato indietro e avrebbero continuato a
parlare e
sarebbero giunti a un accordo o qualcosa del genere, ma in quel momento
aveva
bisogno solo di quello e non sarebbe riuscito a fermarsi neanche se lo
stesso
Voldemort gli si fosse piazzato davanti.
Sì…
Harry
si avvicinò. Sentiva il
cuore di Malfoy battere forte, sentiva la sua disperazione, sentiva che
era a
tanto così dal dare di matto e che si rifiutava di muovere
un solo muscolo.
Cosa che era, paradossalmente, confortante e frustrante allo stesso
modo, perché
per quanto Harry volesse seguire i propri tempi, era veramente
difficile fare
il primo passo. Stavano stringendo l’uno le mani
dell’altro e Harry sentiva i
respiri di Malfoy, e quando Harry abbassò gli occhi e
appoggiò la fronte sulla
sua Malfoy trattenne un’esclamazione, e Harry
sobbalzò. Alzò lentamente gli
occhi, quasi come in un sogno, fissò gli occhi grigi di
Malfoy, fece scorrere
la mano lungo il braccio dell’altro, fino alla guancia,
incapace di respirare
mentre Malfoy chiudeva gli occhi e si avvicinava al suo tocco, e Harry
si sentì
sopraffatto dal conflitto interiore dell’altro, dai suoi
tremori causati dalla
mano di Harry.
Malfoy
finalmente si mosse,
tirando Harry a sé con una delicatezza estrema, e Harry
cercò con tutte le sue
forze di non tremare ma era quasi impossibile. Era tutto troppo. Malfoy
respirava affannosamente, gli occhi annebbiati come Harry non li aveva
mai
visti. Senza alcuna traccia di derisione o di superiorità,
solo desiderio
estremo e aspettativa intensa.
“Oddio,”
sentì pronunciare una
voce bassa che a malapena riconobbe come la sua. Con mani esitanti
toccò i
capelli di Malfoy, la nuca – tutto morbido, tutto caldo; era
normale che un
ragazzo fosse così? Ed era normale che lui volesse toccarlo
ancora di più, che
lo volesse baciare? Cosa sarebbe successo se lui ci avesse provato e
Malfoy gli
fosse scoppiato a ridere in faccia? Si fece avanti con esitazione
finché i loro
corpi non si stavano sfiorando; si accorse, senza troppo stupore, che
anche
Malfoy era duro quanto lui, e rimase un po’ sorpreso quando
Malfoy indietreggiò
di un passo. Non perché si era sentito offeso o
perché non voleva toccare
Harry, ma perché era…
Harry
trattenne una risata. “Non
sai cosa fare, eh?”
Malfoy
sembrava in imbarazzo.
“Ehm… no.”
“E
pensavo di essere io quello
inesperto,” disse Harry, accarezzandogli la guancia e
guardando Malfoy che
sospirò, chiuse gli occhi e si strinse a lui, il che era
davvero – be’, non era
affatto spiacevole.
Anzi,
era proprio il contrario.
Malfoy aveva ancora gli occhi chiusi, dando a Harry la
possibilità di guardarlo
senza sentirsi in imbarazzo; accarezzò il collo di Malfoy,
sì, i suoi capelli
erano davvero setosi, e Malfoy piegò la testa
all’indietro, con un debole
sospiro.
“Va
bene?” chiese Harry piano, e
vide un brivido percorrere tutto il corpo dell’altro e una
vena pulsargli nel
collo. Malfoy portò una mano al volto di Harry e lui vi si
avvicinò e diede un
bacio nel palmo, d’impulso, e sobbalzò quando
Malfoy si tirò indietro –
diamine, aveva sbagliato, a quanto pareva–
“No,
non fermarti, era – uhm, non
smettere–” mormorò Malfoy, ed erano
così vicini che Harry sentiva il suo
respiro sul viso.
Lo
volevano così tanto, tutti e
due. Ne avevano bisogno con ogni cellula del loro corpo. Malfoy si fece
avanti,
meno di un millimetro, e Harry inspirò, le loro emozioni che
schizzavano fuori
controllo – e percorse la minuscola distanza che separava le
loro bocche e
premette con esitazione le sue labbra su quelle di Malfoy.
Morbide.
Morbide, e calde, dio,
oddio, non sapeva che sarebbe stato così. La bocca di Malfoy
era la cosa più
fantastica che avesse mai sentito in vita sua. Una parte del suo
cervello si
accese debolmente per dirgli che non era possibile, e anche se lo fosse
stato,
sarebbe stato sbagliato, ma quella parte del suo cervello era
decisamente
facile da ignorare. Emise un debole sospiro quando Malfoy si mosse
leggermente,
sfiorandolo. Harry, esitante, aprì le labbra e
sentì la punta della lingua di
Malfoy sfiorargli la bocca, e si mosse per toccargli la lingua con la
sua.
Dio,
quello sì che gli
piaceva – fece un suono in gola, baciandolo adesso con un
po’ più di sicurezza,
avvicinandolo, con più decisione, e voleva ancora di
più…
Solo
sensazioni, solo estasi.
Labbra e lingue che si muovevano insieme, i muscoli lunghi e sottili di
Malfoy
sotto le sue mani, i cuori che battevano insieme, l’odore di
Malfoy che lo
invadeva, le dita di Malfoy che gli si muovevano tra i capelli e gli
mandavano
brividi lungo la schiena. Era duro come una roccia – anche
Malfoy, Harry
sentiva il suo calore premere contro di lui, e se solo avessero potuto
continuare così per sempre, senza mai separarsi, Harry
avrebbe trovato chi
aveva lanciato l’anatema e gli avrebbe mandato un mazzo di
fiori – cosa che
probabilmente non aveva alcun senso dal punto di vista logistico, ma
chissenefrega.
Dio,
era come se tutti i sogni
erotici che aveva fatto nelle ultime settimane fossero diventati
reltà, anzi,
era anche meglio di come si era immaginato. Nei sogni non aveva sentito
quanto
gli piaceva il braccio di Malfoy attorno a lui, i suoni che facevano le
loro
labbra muovendosi insieme, il calore della lingua di Malfoy, i tremori
che
attraversavano l’altro, così erotici e intensi
anche per Harry. La
soddisfazione di sapere che era lui che lo stava facendo sentire
così, era lui
che lo stava inondando di eccitazione e di piacere.
Oddio,
sì…
Oddio,
era tutto…
Ehm.
Stava diventando un po’…
…
un po’ troppo spinto per
la sala d’attesa dello studio di Silente.
“Uhm.”
Harry interruppe il bacio
e si tirò indietro per un istante. “Dovremmo,
probabilmente dovremmo–” Malfoy gli
strinse le dita dietro il collo e Harry ritornò
immediatamente alla sua bocca,
incapace di trattenere un gemito, che diventò carico di
frustrazione quando
Malfoy fece un passo indietro.
“Sì,
hai ragione,” sussurrò
Malfoy, gli occhi ancora chiusi. “Dovremmo –
uhm,” Harry sorrise quando Malfoy
lo tirò di nuovo a sé per un altro bacio,
aggiungendo senza fiato: “dobbiamo
ferm–” prima che Harry gli coprì di
nuovo la bocca, concedendosi un ultimo
bacio profondo prima di tirarsi indietro con riluttanza.
“No,
no, dobbiamo–” Harry mise
una mano sul petto di Malfoy e lo spinse indietro. Dio,
quant’era frustrante –
e ancora di più perché, oltre alla sua, sentiva
anche la frustrazione di
Malfoy; erano così tanto su di giri da fare male.
Appoggiò la fronte sulla
spalla di Malfoy, trattenendosi a fatica dal mandare tutto a monte e
rimettersi
subito a pomiciare. “Dio, non avevo idea che fermarsi sarebbe
stata così, uhm,
dura,” mormorò, e Malfoy ridacchiò.
“Uhm,
già. Quella parte non piace
a nessuno.”
“Oh,
bene.” La voce allegra della
Esposito penetrò attraverso i fumi del desiderio e per poco
a Harry non prese
un colpo al cuore. Lei ridacchiò nel vedere le loro reazioni
di sorpresa.
“Credevo che non vi sareste più fermati a prendere
aria.”
ooooooo
ooooooo
Da
Giorno 172, venerdì, 19
marzo a Giorno 174, domenica, 21 marzo
Ron
È
troppo strano, pensa Ron
mentre fissa quella poltiglia grumosa per nulla invitante che
è la Pozione
Polisucco.
“Non
posso credere che sto per
farlo di nuovo” mormora, e Malfoy lo guarda incuriosito.
“Di
nuovo?”
“È
una storia lunga,” borbotta.
“Pronto?”
Malfoy
annuisce, giocherellando
con il colletto sfilacciato dell’uniforme di Ron; gli stava
un po’ larga
attorno al collo.
“Okay,
va bene, ci siamo” dice
Ron; si strappa un capello e lo dà a Malfoy, che fa lo
stesso. Senza dire nulla
i due aggiungono il capello biondo e quello rosso a ciascun calice e li
osservano mentre si dissolvono.
“Salute,”
dice Ron, facendosi
coraggio. Chiude gli occhi, prende un sorso e lo butta giù.
Agh.
Per Merlino. Quanto. Fa.
Schifo.
Gli
prende un conato di vomito e
si mette una mano davanti alla bocca per impedirsi di sputare tutto
fuori.
“Oh,
dai, Weasley, smettila con
la sceneggiata–” inizia a dire la Parkinson con
impazienza, ma si ferma quando vede
che anche Malfoy si copre la bocca, con gli occhi lucidi dal disgusto.
“Fa
davvero tanto, tanto schifo,
Pansy,” dice Harry in tono comprensivo. “Non
possono farne a meno.”
“Tu
come fai a saperlo?” gli
chiede con sospetto.
“È
una storia lunga,” dice Harry
con una smorfia nel vedere Malfoy rabbrividire dal sapore della pozione.
Ron
copre il sapore con un sorso
generoso di Burrobirra, e inizia a sentire il cambiamento. Disgustoso,
inquietante, e davvero sgradevole. La sua faccia… si ricopre
di bolle, non c’è
un modo migliore per descriverlo, e sente braccia e gambe contrarsi e
allungarsi allo stesso tempo. Sta rimpicciolendo, quasi
impercettibilmente, e
le impeccabili vesti di Malfoy finemente confezionate iniziano a
calzare
meglio. Abbassa la testa, afferrando lo schienale di una sedia e
chiudendo gli
occhi per tenere al minimo gli stimoli frastornanti. L’ultima
volta che l’ha
fatto – erano davvero già passati cinque anni?
– era finito a vomitare sul
water, ma stavolta va meglio. Effettivamente ci sono dei benefici nel
consumare
una pozione preparata da un Maestro di pozioni piuttosto che da una
dodicenne, anche
una eccezionalmente brillante.
Finalmente.
Apre
gli occhi.
Ron
si rende subito conto che la
vista di Draco Malfoy non è buona come la sua. Non riesce a
vedere i dettagli
dell’armadietto dei medicinali dall’altro lato
dell’infermeria.
Si
guarda le mani, pallide,
lisce, senza lentiggini, le dita lunghe – curate da un
professionista, senza
dubbio, conoscendo quel coglione vanitoso. Si raddrizza e resta a
fissare, a
occhi spalancati… se stesso. Incrocia gli occhi di una
persona che non gli
piace, e che però indossa il suo volto e lo guarda con
sconcerto. Si sente
disorientato – come se fosse qui, ma
simultaneamente anche lì. E
c’è un’espressione sul suo volto che non
ha mai visto allo specchio.
“Cavoli,”
dice, e resta
impressionato nel sentire la voce di Draco Malfoy uscirgli dalla gola.
Il suo
stesso volto lo guarda con totale disgusto.
“Weasley–”
inizia a dire Malfoy
con discreto allarme nella voce, poi si calma e prosegue. “Se
riuscissi in
qualche modo a modificare il tuo accento mentre usi la mia voce,
probabilmente
sarebbe di grande aiuto.”
“Malfoy,
se riuscissi in qualche
modo a non sembrare uno stronzetto supponente mentre usi la mia
voce,
probabilmente anche quello sarebbe di grande aiuto,” scatta
Ron, e sente con
sorpresa qualcuno ridacchiare.
“Ehm.
Scusate,” dice Hermione
senza fiato. Sta per rimproverarla, ma vede che anche Harry e Ginny e
Parkinson
si stanno mordendo le labbra per trattenere le risate e lui non ha
particolarmente voglia di fornire ulteriore divertimento ai presenti.
Scambia
uno sguardo seccato con… se stesso, di nuovo, e
all’improvviso capisce perché
Harry è tornato da Malfoy.
Sì,
aveva sentito i ragionamenti
di Hermione prima che si rimettessero insieme, e dopo che era successo
si era
spiegato le azioni di Harry ricordandosi tutto quello che aveva detto
Hermione.
E aveva capito, da solo, che forse Malfoy non era il coglione che aveva
sempre
pensato che fosse, vedendo quanto era preoccupato per la salute di
Harry, e
quando aveva capito qual era il problema, e quando si era mostrato
disposto a
rischiare di essere nuovamente disconosciuto per aiutarlo.
Ma
questo glielo fa capire in
modo più diretto. Adesso Ron lo sa come si sente Malfoy a
indossare il corpo di
una persona che trova estremamente sgradevole, e a vedere la propria
faccia e
il proprio corpo invasi da quella stessa persona. Ron sarebbe disposto
a fare
una cosa del genere solo per poche persone, pochissime. Harry
è uno di quei
pochi, perché Harry è il suo migliore amico da
quasi sette anni.
Malfoy
sembra tanto inorridito e
a disagio quanto lui, ma non si lamenta. E non ha i quasi sette anni di
amicizia con Harry come bonus.
Osserva
Malfoy e capisce che è
molto improbabile che i sentimenti di Malfoy nei confronti di Ron siano
cambiati. Ma quelli di Ron sì. L’antipatia
c’è sempre, sì, ma Ron non crede che
riuscirà più a odiarlo. Sei anni di insulti e
odio e sangue cattivo non hanno
nessuna possibilità se messi a confronto con quello che
Malfoy sta facendo
adesso.
Sono
passato dall’accettazione
riluttante al perdono, pensa Ron. Dovrò
parlarne con Hermione.
“Okay,”
dice la Parkinson.
“Draco, torniamo stasera.”
“Sì,
va bene,” dice la voce di
Ron, senza alcuna assistenza da parte di Ron. Cavolo, quanta confusione.
Ron
scuote la testa per scacciare
il disagio. “Harry, sei sicuro che non
vuoi–” comincia a dire, e Harry lo
interrompe.
“Stanotte
starò a posto,” dice
Harry con decisione.
“Non
fare l’idiota,” commenta
Malfoy. “Sai benissimo che sia io che Weasley possiamo
continuare fino a
domattina.”
“È
troppo rischioso.”
“Blaise
lo sa già cosa stiamo
facendo, e con Tiger e Goyle non ci parlo più, né
con nessun altro di
Serpeverde. Sono sicuro che persino Weasley riuscirebbe a cavarsela
fino a
domattina.”
“Vedremo,”
dice Harry, iniziando
a irritarsi, e Ron guarda Malfoy scuotendo la testa.
“Come
vuoi,” borbotta Malfoy
arrendendosi, e Ron prende un appunto mentale: la sua faccia non
è granché da
vedere con il broncio.
“Bene,
Weasley, andiamo,” dice la
Parkinson, e Ron lancia un’ultima occhiata a Harry, Hermione
e Ginny prima di
indossare il mantello di Harry e seguire Parkinson fuori
dell’infermeria.
Neville
Oddio,
pensa Neville con
stupore quando la sua pelle ha smesso di ribollire. Ce
l’hanno fatta. Lui è
Draco Malfoy. E Draco Malfoy è lui.
Neville
deglutisce a fatica,
spalanca gli occhi e fissa Malfoy: non sa se la nausea è
dovuta alla pozione
disgustosa o a un improvviso attacco di nervi.
Oddio
– come farà a cavarsela?
Malfoy gli è sempre sembrato un modello di arroganza e
sicurezza, fin dal primo
anno. Come fa Neville a imitarlo? Malfoy non è mai nervoso,
non si sente mai
piccolo e insignificante. Anche adesso, con addosso il viso e il corpo
sgraziati di Neville, non sembra per niente stupido o goffo o timido.
In
qualche modo lui ce la fa.
Anzi,
no. È troppo rilassato,
troppo sicuro di sé, non sembra affatto Neville. Per prima
cosa, Neville non
aveva idea che la sua faccia potesse guardare qualcuno con
così tanto
disprezzo, mentre lui cerca di imitare i movimenti di Malfoy;
l’altro alza gli
occhi al cielo nel vedere i suoi patetici sforzi, proprio come fa
spesso la
nonna.
Oh
Merlino. Con quello sguardo di
disapprovazione fisso in volto, con gli occhi di Neville che somigliano
così
tanto a quelli di sua nonna, e la mascella che, se ne rende conto ora,
somiglia
tanto a quella di nonna quando è arrabbiata con
lui… in quel momento, Draco
Malfoy somiglia a Augusta Paciok. Gli manca solo una borsa enorme e un
cappello
con sopra un uccello appollaiato.
Neville
cerca di bloccare le risa
isteriche che gli salgono in gola, ma non ce la fa. Tutti lo guardano
allarmati, ma presto anche loro sorridono perché ovviamente
anche per loro è
divertente vedere Draco Malfoy perdere la testa in quel modo, e lui
cerca in
tutti i modi di smettere di ridere ma non ce la fa–
“Paciok!
Smettila!” scatta
Malfoy, e Neville non fa che ridere ancora più forte. Se
alla nonna fosse mai
venuto un brutto raffreddore e la sua voce fosse scesa di
un’ottava, è
esattamente così che suonerebbe.
“Riprenditi!”
dice Malfoy, e
lancia uno sguardo truce a tutti gli altri. “Non è
divertente. Se non riesce a
controllarsi non può andare là fuori, e tutto
questo non funzionerà!”
Gli
altri cercano di trattenersi
e Harry guarda Malfoy con uno sguardo leggermente preoccupato. Neville
sente un
tuffo al cuore quando si rende conto di una cosa: l’unico
modo in cui Malfoy può
stare con Harry è facendo in modo che sembri che lui non ci
sia, e per renderlo
possibile Neville deve uscire là fuori e far finta di essere
Malfoy. Se non ce
la fa, e se a qualcuno viene il sospetto che Draco è vicino
a Harry…
Neville
si fa venire il
singhiozzo a forza di cercare di fermare le risate, per poco non si fa
prendere
un attacco isterico, ma Malfoy gli afferra le spalle e lo scuote.
Neville si
prepara a un attacco, ma quello che succede lo coglie completamente di
sorpresa.
“Paciok,”
gli abbaia addosso
Malfoy. “Càlmati. Ce la puoi fare. Hai aiutato
Harry nell’Ufficio Misteri, lo
puoi aiutare anche adesso.” Malfoy ha una voce dura e
inflessibile, ma non c’è
la minima traccia di disprezzo o accondiscendenza nel suo tono, e
questo lo
sconvolge così tanto da ridurlo al silenzio. “Non
lo deluderai proprio oggi;
non lo hai mai deluso.” Neville prende un respiro profondo,
reprimendo
l’isteria con decisione mentre Malfoy prosegue.
“Una volta ti ha detto che vali
come dieci di me. Adesso vai là fuori e dimostralo,
cazzo!”
Neville
deglutisce e annuisce, e
Malfoy lo lascia andare. Annuisce alla Parkinson, anche lei non poco
stupita.
“Non avrà problemi,” le dice
sbrigativamente. “Stai solo attenta che non
incurvi le spalle. Ci vediamo tra un paio d’ore.”
La
Parkinson annuisce e fa segno
a Neville di mettere il mantello e uscire dall’infermeria.
“Oh,
e… Paciok?” aggiunge Malfoy
mentre si preparano, “non dimenticare che la maggior parte
dei Serpeverde non
vedono l’ora di lanciarti una fattura o dieci. Se mostri di
avere paura, o di
essere in imbarazzo, o se mostri qualsiasi tipo di debolezza, lo
faranno.”
Neville
annuì e Malfoy gli
rivolge un piccolo sorriso triste.
“Te
la caverai. Ora vai, o
arriverai tardi in classe.”
Dean
Ecco
come appare la pelle
bianca dal punto di vista di chi la indossa, pensa Dean,
stordito,
guardandosi le mani mentre Malfoy e la Parkinson si scambiano qualche
informazione dell’ultimo minuto. È impressionante.
Ogni volta che si vede,
resta sconvolto. Si sente come se fosse stato… evidenziato.
Questa
è una cosa da Babbani,
si rende conto Dean. Draco Malfoy probabilmente non saprebbe
di che parlo.
Deglutisce
a fatica. Ieri la
Squadra Grifondoro della Polisucco sembrava un’idea
grandiosa, quando Ron e
Hermione l’hanno proposta per la prima volta. E sembra che
sia Ron che Neville
se la siano cavata senza alcun problema. Ma all’improvviso
l’idea gli sembra completamente
delirante, perché per quanto tutti e quattro si siano
preparati sulla vita e le
abitudini di Malfoy e su altre informazioni importanti, è da
pazzi credere che
possano farla franca più di un giorno senza farsi scoprire.
È
vero, non devono preoccuparsi
di socializzare con i Serpeverde dato che Malfoy non parla
più con loro, ma ci
sono un milione di altre piccole cose che potrebbero farli sbagliare.
Come un
Draco Malfoy che fa un commento su un evidenziatore, un articolo di
cartoleria
che non esiste nel mondo magico dei calami e delle pergamene. O un
Draco Malfoy
che non è in grado di rispondere a una domanda di Pozioni. O
un Draco Malfoy
che ne sa più di Erbologia di quanto ne abbia mai saputo
qualsiasi Malfoy.
Per
non parlare di un Dean
Thomas che non è in grado di contribuire a una conversazione
sul calcio,
pensa Dean mentre vede la sua faccia e la sua voce parlare con la
Parkinson. E
se Justin Finch-Fletchley o Anthony Goldstein venissero a trovare
Harry, e
Malfoy non riuscisse a fare conversazione con loro? E se Malfoy in
qualche modo
lasciasse trasparire la sua completa ignoranza e il suo totale
disprezzo nei
confronti del mondo Babbano, quando invece dovrebbe essere un Nato
Babbano?
E
la ragazza di Dean? Se Tracey venisse
a fare visita a Harry e alla persona che crede essere Dean?
Così su due piedi gli
vengono in mente una mezza dozzina di battutine tra di loro, di
soprannomi ed
esperienze condivise che Malfoy potrebbe non sapere, potrebbe non
capire.
Dean
avrebbe voluto dirle della
Squadra Polisucco, perché non gli sembrava giusto prendere
parte a una cosa del
genere senza dirle niente, ma gli altri lo hanno messo in minoranza.
Dean non li
biasima; Tracey è una Serpeverde, e in fondo non stanno
insieme da tanto tempo;
questa è una questione di vita o di morte e non è
urgente che lei sappia… ma
gli sembra comunque sbagliato tenerglielo nascosto. Lei non
è come Dean pensava
fossero i Serpeverde. Da fuori sembra cinica e distante, ma in privato
è
affettuosa e premurosa, e tra di loro le cose stanno diventando serie
ed è
sbagliato e basta; Dean non dovrebbe andarsene in giro a impersonare
uno dei
suoi compagni di Casa senza farglielo sapere. Ed è ancora
più sbagliato permettere
a uno dei suoi compagni di Casa di impersonare lui senza dirle niente.
E
se Tracey decidesse di venire a
trovare Dean in infermeria oggi? Pensare che Tracey potrebbe stampare
un bacio
sulla guancia di Malfoy e abbracciarlo, pensando con innocenza che
è Dean, gli
fa venire la nausea. E sa bene che lui si sentirebbe tradito se Tracey
facesse
una cosa del genere a lui.
Be’,
Tracey è una Serpeverde. Magari,
se mai lo scoprisse, Dean potrà fare appello al suo lato
logico e pragmatico. Magari
non considererà questo sotterfugio come un tradimento,
bensì come una cosa
sgradevole ma necessaria.
Dean
deglutisce quando la
Parkinson gli fa un cenno con la testa; Dean prende la borsa di scuola
di
Malfoy, sobbalzando di nuovo nel vedere la sua pelle tanto bianca da
accecare.
Parkinson gli rivolge un ghigno e Dean si chiede se lo ha appena
scoperto a
spaventarsi alla vista delle sue stesse mani.
Sono
solo tre ore, si dice
Dean mentre escono dall’infermeria. Ce la può
fare. Sì, sta indossando la
faccia e il corpo di un Serpeverde, ma in questo momento quello di cui
ha
davvero bisogno è una buona dose di coraggio Grifondoro.
Seamus
Oh,
cazzo, pensa Seamus
guardando Malfoy assumere le sue sembianze. Cazzo.
Roba
da matti. Non può
funzionare, anche se Malfoy è esattamente come la persona
che Seamus vede tutte
le mattine allo specchio, e anche se Malfoy sembra completamente
indifferente all’aspetto
di Seamus. Certo, sono due giorni che Malfoy va avanti così,
è abituato a vedere
altre persone indossare la sua faccia. E poi non è lui che
deve andare là fuori
e far finta di essere qualcun altro; lui incontrerà per lo
più persone che sono
al corrente di questo inganno.
Malfoy
ha iniziato a parlare con
Harry, ignorando Seamus completamente, e la Parkinson gli strattona la
manica.
“Andiamo,
Finnigan,” dice lei con
impazienza, e Seamus la segue automaticamente per qualche passo prima
di
bloccarsi.
Per
loro non è niente di nuovo,
lo sa; negli ultimi due giorni Ron è stato più
Malfoy che se stesso, Neville è
stato Malfoy quattro volte e Dean tre, con la Parkinson che li
accompagna in
tutte le lezioni e ai pasti – persino Blaise Zabini ha dato
una mano,
assicurandosi che Ron non si tradisse nel dormitorio dei Serpeverde la
scorsa
notte. Ma adesso Seamus si rende conto che avere insistito per fare un
turno
non è stata una buona idea. Per niente.
“Non
avrei dovuto farlo,” dice di
botto, bloccandosi a metà passo, e la Parkinson inarca un
sopracciglio.
“Come,
scusa?”
“Io
– non ce la faccio, non può
funzionare,” dice.
“Diamine,
Finnigan,” scatta la
Parkinson, e Malfoy si gira a guardarli. “Non
c’è tempo per un discorso
d’incoraggiamento.”
“Problemi?”
chiede Malfoy, e
Seamus aggrotta la fronte.
“Quando
parla non mi somiglia per
niente. E di certo io non ce la faccio a somigliare a lui.”
“È
per questo che farai solo la
lezione di Astronomia e la cena,” dice con impazienza la
Parkinson. “Non dovrai
parlare né all’una né
all’altra.”
“Ma
lui?” chiede Seamus con un
cenno in direzione di Malfoy.
“Io
cosa, idiota?” chiede Malfoy
con impazienza, con un accento così simile a quello di
Seamus che lui sbatte
gli occhi, sorpreso. Harry, Hermione e la Parkinson scoppiano a ridere.
“Tu–”
“Sì,
lo so come parli, Finnigan,”
dice Malfoy, continuando con l’accento di Seamus, con voce
completamente
impassibile. “Forse come lo sa tua madre. Adesso
vai.”
“È
bravo a fare le imitazioni,
Finnigan,” dice la Parkinson, spingendolo fuori della porta
dopo aver
controllato che il corridoio fosse vuoto. “La McGranitt la fa
così bene che
quasi si riesce a vedere gli occhiali tremargli sul naso.”
“Non
lo sapevo,” ammette Seamus.
Sapeva che a Malfoy piaceva imitare Harry per prenderlo in giro, ma
quell’anno
non lo ha fatto granché, per ovvie ragioni. E poi, chi
poteva sapere che era
così bravo?
“No,
certo che no,” dice la
Parkinson con sdegno mentre percorrono il corridoio, e Seamus la guarda
con la
fronte aggrottata.
“Be’,
perché dovrei saperlo?”
“Quanti
mesi sono che vive con
Potter? E quanto tempo ha trascorso nel vostro dormitorio?”
“Non
è che fosse molto
amichevole.”
“Neanche
tu.”
“Cosa?”
La Parkinson gira
l’angolo e insieme si addentrano in un corridoio pieno di
persone. “Che vuoi
dire?” chiede Seamus. “Io ero amichevole.”
La
Parkinson fa uno sbuffo
cinico, poi sorride e si avvicina a lui; Seamus prova un momento di
disorientamento. “Draco, dai, faremo tardi,” dice,
alzando leggermente la voce,
e per un secondo Seamus è totalmente sconvolto, prima di
ricordarsi cosa stanno
facendo. Cerca di ricomporre il suo volto per far sì che il
gruppetto di
studenti del primo anno che passa loro accanto non si accorga che no,
lui non è
Draco Malfoy. Ma a dire il vero non li stanno nemmeno guardando.
“Raddrizza
la schiena,” sibila la
Parkinson a denti stretti, e Seamus cerca di fare del suo meglio.
“Io
ero amichevole,” mormora in
risposta dopo aver superato i nanerottoli del primo anno.
“Sì,
forse quando non eri
occupato a correre in bagno ogni volta che Draco e Potter era a meno di
un
metro di distanza l’uno dall’altro.”
“Ma
che stai dicendo?” Seamus la
guarda con la fronte aggrottata.
“Sei
un peletto omofobo, non è
vero, Finnigan?”
“Non
sono om–” Seamus
all’improvviso si ricorda dove si trova e abbassa il tono di
voce mentre un
gruppo di ragazze Corvonero del quarto anno passa loro accanto,
discutendo a
gran voce riguardo a un esercizio di Aritmanzia. “Non sono
omofobo,” dice con
decisione dopo averle passate.
“Oh,
certo che no,” dice la
Parkinson in tono sarcastico.
“Non
lo sono!”
“Come
dici tu,” dice la
Parkinson, arrivando davanti all’aula di Astronomia e
afferrando la maniglia.
Seamus le tira la manica e lei si gira, con le sopracciglia sollevate.
“Non
sono omofobo,” le dice,
infervorato. “Non mi dava fastidio che stavano insieme. Solo
non capivo perché
dovevano fare… quelle cose in pubblico.”
“Quali
cose? Tenersi per mano? Pomiciare?
Che sfacciati!”
“Senti,
a me non piace vedere
quel genere di cose; ma questo non vuol dire che adesso ho
un’opinione più
bassa di Harry.”
“Tu
sei un Mezzosangue, vero?
Padre Babbano, madre strega?”
“Sì,
perché?”
“Si
vede,” dice la Parkinson con
sarcasmo.
“Come,
scusa?”
“Ai
Babbani piace concentrarsi
sulle cose importanti, vero? Come sul colore della pelle di qualcuno, o
sul
sesso della persona con cui vanno a letto. Ma poi chi se ne importa di
come
sono veramente come persone, o di quanto sia forte la loro
magia.” Scuote la
testa con disprezzo. “E poi ti chiedi perché non
vi vogliamo.”
“Quindi
credi che non mi piace
vedere Harry e Malfoy pomiciare solo perché mio padre
è Babbano?”
“Lo
sanno tutti che i Babbani
sono pieni di pregiudizi sui–”
Seamus
la interrompe, indignato.
“Come ti permetti di dirmi come sono fatti i
Babbani?” dice quasi urlando, e la
Parkinson trasalisce. Tutti e due, automaticamente, si guardano attorno
e
Seamus tira un sospiro di sollievo. Sono soli nel corridoio.
“Mio
padre non ha nessun problema
a riguardo,” disse a voce bassa. “Suo fratello
è gay. È mia madre che ne è
disgustata. Non permette neanche che papà inviti suo
fratello a casa. E lei è Purosangue,”
dice Seamus con forza. “Quindi non ti conviene fare
supposizioni su di lei.” La
Parkinson lo guarda con occhi spalancati, colta momentaneamente alla
sprovvista. “E visto che ci sei, non fare supposizioni
neanche su di me!”
Seamus
la guarda a occhi stretti.
Che se ne vada al diavolo questa stronzetta Serpeverde bigotta e
prevenuta. E
che se ne vada al diavolo anche il suo amichetto Serpeverde. Seamus di
sicuro
non ha bisogno di perdere tempo a far finta di essere uno stronzo
bigotto solo
per salvarlo da quello squilibrato di suo padre.
“Forse
non voglio comportarmi
come lui,” dice con astio.
“Cosa?”
“Forse
non ho voglia di andarmene
in giro con la faccia di un frocio che ha troppa paura del
papà per farsi
valere!” le dice con un ghigno e lei, per irritarlo, gli
risponde con un altro
ghigno.
“Frocio?
Finnigan, stai forse
usando un termine spregiativo per indicare un ragazzo a cui piacciono
altri
ragazzi?”
“È
quello il significato della
parola, quindi sì,” dice Seamus con rabbia.
“Hm…
Mi chiedo, se il ragazzo di
Potter è un frocio, allora Potter
cos’è?”
Seamus
le lancia un’occhiataccia.
“Non ci provare. Harry non è così,
è solo vittima dell’Incantesimo di Legame.
Malfoy invece continua a stare con lui anche senza il Legame.”
“Se
credi davvero che è solo per
un Legame che Harry sta con Draco, sei ancora più cretino di
quanto credessi.”
“Sai
una cosa? Non me lo fa fare
nessuno di stare qua.”
“Quindi
cosa vuoi fare? Vuoi
tornartene in infermeria e dire a Draco di andare a quel
paese?” dice, piena di
disprezzo.
“Sì!
Non so se l’hai notato, ma
non lo devo fare per forza – gli sto facendo un favore!”
Parkinson
gli dice con un ghigno:
“Oh, prego, vai pure. Torna in infermeria, non cercare di
nascondere il fatto
che Draco sia là dentro con Potter. Forse riuscirai anche a
metterlo ancora di
più nei guai. Sono sicura che così andrai a
dormire con un bel sorriso stampato
in faccia. Probabilmente sono anni che non vedi l’ora di
farlo.”
“Perfetto.”
Seamus si gira sui
tacchi e fa per tornare in infermeria.
“E
sono sicura che anche Potter
capirà,” gli dice Parkinson alle sue spalle.
Seamus
si blocca.
Cazzo.
Harry.
“Va
bene,” mormora,
rimproverandosi tra sé e sé per essersi
dimenticato di quel piccolo dettaglio
piuttosto importante. Harry, giusto. Seamus chiude gli occhi e cerca di
trovare
un po’ di pazienza. Ne avrà bisogno, se
dovrà trascorrere le prossime tre ore con
Pansy Parkinson, una ragazza che neanche riconosce che i suoi
pregiudizi nei
confronti dei Babbani sono allo stesso livello dei presunti pregiudizi
di
Seamus nei confronti dei gay.
Oh,
sarà un pomeriggio
lunghissimo.
Draco
Ha
indossato le vesti rammendate
di Weasley, ha fatto finta di farsi cadere dalle mani una fiala di
pozione
antidolorifica di fronte a Colin Canon quando Canon è
entrato in infermeria
durante un turno in cui Draco era Paciok, ha cercato di non trasalire
ogni
volta che vedeva con la coda dell’occhio le sue mani marroni
come il
cioccolato, ha dovuto sforzare la sua bocca a parlare con accento
irlandese per
scherzare con Hannah Abbott, venuta a trovare Harry durante un turno da
Finnigan – è anche riuscito a dire
“accidenti” durante la conversazione – e
ha
trascorso le ore dell’alba chiedendosi se Weasley avrebbe
rovinato tutto, la
scorsa notte, quando Harry aveva finalmente ammesso di aver bisogno che
Draco
stesse con lui anche durante la notte.
Blaise
crede che Tiger e Goyle
sospettino qualcosa. Ma è altamente improbabile che i due
capiscano esattamente
cosa c’è da sospettare.
Ma
non può andare avanti ancora a
lungo. Draco non ce la fa più. Ogni volta che Harry si
addormenta, Draco non ne
può più, non ne può più di
vedere solo l’infermeria, non ne può
più del sapore
della Polisucco, non ne può più di vedere solo
Harry tutto il giorno e di tanto
in tanto anche la Granger o Pansy. Ogni volta si ripete che
è solo un idiota e
decide che, quando Harry si sveglia, gli dirà che,
purtroppo, deve andarsene.
Ma
poi Harry si sveglia e di
solito si sente uno straccio o ha la nausea. E Draco vede che Harry si
sente
meglio quando lo tocca, qualsiasi aspetto Draco abbia in quel momento.
E allora
decide di resistere un altro giorno.
Un
altro giorno, e poi magari,
magari, qualcuno troverà un rimedio. È da stupidi
sperare che accada
l’impossibile, ma Harry è già riuscito
a sopravvivere a così tante situazioni
impossibili. Ci deve essere un modo per salvarlo anche da questa, e
Draco è
disposto a rischiare parecchio – sempre nei limiti del
buonsenso – per dare a
Harry la possibilità di cavarsela per l’ennesima
volta. Dev’esserci qualcosa
che lo possa salvare.
Deve
esserci.