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Autore: Anna Fugazzi    22/04/2020    0 recensioni
Cronologia, scene tagliate, articoli riguardanti "Bond". In altre parole, nulla di interessante se non per chi ha letto "Bond".
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
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Traduttrice: poldina. L’autrice originale della storia è Anna Fugazzi. Per la storia originale in lingua inglese cliccate qui.

Beta-reader: NON BETATO

 

 

Ultime Aggiunte

Nota dell’Autrice: Ok, credo che queste siano le ultime due scenette di Bond. C’era un’altra scenetta che sembrava potesse essere pubblicabile, un giorno... ma temo che sia morta :(

Il primo pezzetto è praticamente la fine del capitolo 4 e l’inizio del capitolo 5, fatto questa volta dal punto di vista di Harry. Avevo fatto entrambi i punti di vista, ma poi ho deciso che quello di Draco era più interessante e si adattava meglio a quel punto della storia.

Il secondo pezzo era l’equivalente letterario di uno scarabocchio, iniziato a partire da una domanda di Dehlia. Dehlia, eccolo qua :)

Buona lettura!

1. Giorno 23, mercoledì, 21 ottobre, punto di vista di Harry della litigata nella Sala Grande e nell’ufficio di Silente.

2. Giorno 172, venerdì, 19 marzo, fino a Giorno 174, domenica, 21 marzo, “La Squadra Grifondoro della Polisucco”

 

Giorno 23, mercoledì

Finite Incantatem. Ora, a meno che non desideriate essere espulsi immediatamente, seguitemi in silenzio nel mio ufficio,” disse Silente, il suo tono pacato in contrasto con la severità delle parole. Piton si avvicinò con in mano le loro bacchette, facendo segno di andare verso la porta.

Harry deglutì con fatica e li seguì docilmente con gli occhi fissi sul pavimento mentre passavano davanti alle centinaia di studenti e professori che li guardavano con occhi spalancati nella Sala Grande. Paradossalmente, si sentiva ancora più impietrito di quanto si fosse sentito sotto il breve Incantesimo Immobilizzante. Da Malfoy percepì intorpidimento misto a terrore, mentre usciva silenziosamente al suo fianco dalla Sala Grande.

Al suo fianco. Inspiegabilmente, la furia e l’odio feroce che aveva provato per Malfoy fino a qualche istante prima erano completamente svaniti; al loro posto c’era il bisogno sconvolgente di stargli più vicino possibile. Perché, si rese conto, c’erano dentro tutti e due ormai, si trovavano tutti e due nella merda più totale, mentre seguivano Silente e la McGranitt e Piton diretti a chissà quale punizione. E tutti gli altri studenti, perfino i suoi amici, erano rimasti nella Sala Grande, e solo Malfoy poteva minimamente capire cosa stesse passando Harry in quel momento, solo lui poteva dargli anche solo un po’ di conforto.

Conforto... no, non era la parola giusta. Forse comprensione, o compassione.

Diamine, c’era ancora sangue che gli scorreva sul viso, e sapeva che non sarebbe servito a niente strofinarlo via, ma ci provò comunque. Gli sembrava di essersi rotto il naso. L’unica cosa che sentiva era un dolore sordo, oltre alla paura di Malfoy. Gli aveva lanciato una rapida occhiata e aveva visto il viso livido e il rivolo di sangue che gli attraversava la faccia – un labbro spaccato, a giudicare dal suo aspetto, a giudicare dal pugno ben piazzato che Harry gli aveva mollato. Harry si massaggiò le nocche, notando qualche taglietto qua e là – probabilmente i denti di Malfoy. Prese un respiro profondo quando entrarono in infermeria, e si preparò alla reazione di Madama Chips.

“Poppy!” chiamò la McGranitt; Madama Chips sollevò lo sguardo dal foglio di pergamena su cui stava scrivendo e sbiancò nel vederli.

“Non sarete mica– Hanno–” Si girò verso Piton, che annuì seccamente. Madama Chips spalancò gli occhi e restò un momento a muovere la bocca senza emettere suoni. “Come – come avete potuto?” disse, bianca dalla rabbia, mentre si alzava per avvicinarsi a loro. “Tra tutte – ma che problema avete?!”

Tirò fuori la bacchetta, fece cenno a Malfoy di sedersi sul letto più vicino e si tirò Harry verso di lei, ignorando il suo verso di dolore quando lo toccò.

“Ti lascio le loro bacchette nella cassaforte, Poppy,” le disse Piton mentre lei cominciava a visitarlo. “E lascio il signor Malfoy sotto la tua supervisione mentre vado a contattare i suoi genitori.”

Harry sentì una fitta di allarme provenire da Malfoy. “N-no – professore, per favore–” disse Malfoy, facendo per alzarsi.

“Siediti, Draco,” gli disse Piton di scatto, con la voce più rabbiosa che Harry gli avesse mai sentito usare con Malfoy. “Non si tratta di un semplice litigio tra compagni di scuola. È troppo grave, non posso non chiamare i tuoi genitori.” Girò sui tacchi e uscì a grandi passi dall’infermeria, con il mantello che svolazzava dietro di lui.

Inspiegabilmente, in quel momento a Harry tornò in mente la volta in cui Ginny si era chiesta se Piton si dicesse tra sé e sé: “Ora eseguirò la mia Uscita Svolazzante” ogni volta che usciva da una stanza in quel modo specifico. Poi represse una risata completamente inappropriata a quel ricordo.

“Quando avrò finito con questi due contatterò la Guaritrice Esposito,” disse Madama Chips alla McGranitt, mentre gli agitava la bacchetta davanti alla faccia. Harry sentì il suo naso guarire con un secco crack, e cacciò un urlo dallo shock e dal dolore. Madama Chips gli lanciò un’occhiataccia e indicò il letto con un cenno del capo per dirgli di prendere il posto di Malfoy, a cui fece segno si avvicinarsi. Harry ebbe la netta impressione che quella guarigione insolitamente dolorosa fosse stata intenzionale.

Si tastò il naso e gettò un’occhiata a Malfoy, che sussultò dal dolore quando Madama Chips gli agitò la bacchetta sul labbro, richiudendo il taglio.

“Vai a sederti,” tuonò lei contro di lui, indicandogli di avvicinarsi a Harry. Lui obbedì immediatamente.

Merda, erano nei guai. Guai seri. Harry non capiva bene il perché, ma non aveva quasi mai visto la McGranitt o Madama Chips così furiose; sebbene entrambe si infastidissero spesso, non andavano quasi mai oltre quello stadio. Ma adesso... persino Silente era accigliato.

“Ehm, mi–” provò a dire Harry, e si fermò quando gli adulti si girarono tutti a guardarlo. Lui deglutì con fatica. “Noi... stavamo solo litigando–”

Sia la McGranitt che Madama Chips iniziarono a dire qualcosa, ma Silente le fece tacere con un gesto della mano.

“No, Harry, non era un semplice litigio,” disse con voce calma. “Se foste ancora solo dei compagni di classe, questo episodio non sarebbe stato altro che l’ennesima dimostrazione della vostra ostilità reciproca, e vi sareste senza dubbio guadagnati diverse punizioni e perdite di punti e privilegi.” Si fermò, i suoi occhi azzurri gravi e seri. “Siete sposati. Avete fratturato ossa e avete danneggiato oggetti di proprietà della scuola. Se non vi avessero fermato, tra voi due sarebbero volate delle fatture. La questione è seria.”

Harry annuì tristemente, cadendo in silenzio. Di fianco a lui, Malfoy si schiarì la gola. “Possiamo andare a cambiarci e a prendere le nostre cose nella Sala Grande?” chiese, e la sua voce, sebbene nervosa, suonava sorprendentemente calma e sicura, considerando la paura che Harry sentiva ribollire appena sotto il suo aspetto tranquillo.

“Siete liberi di eseguire tutti gli incantesimi di pulizia che volete, ma non potete uscire dall’infermeria,” rispose Madama Chips con voce severa.

“Ci penseranno gli elfi domestici a riportarvi le vostre cose,” aggiunse la McGranitt.

I due si scambiarono uno sguardo e caddero in silenzio mentre gli adulti se ne andavano ognuno per i propri affari. Restarono in silenzio mentre la Esposito, Lupin e i Malfoy venivano contattati e mentre si decideva un luogo e un orario per un incontro di emergenza riguardo alla loro “situazione.”

Situazione, pensò Harry. Che parola carina per descrivere quanto completamente incasinata sia diventata la mia vita.

ooooooo

“Bene, siamo pronti per iniziare,” disse la Esposito, dopo che furono tutti riuniti nel salottino di fianco all’ufficio di Silente. Harry fece per alzarsi ma con un gesto Esposito gli indicò di rimettersi a sedere, fissandolo con uno sguardo fermo ma gentile. “Non voi, signori. Non siete nelle condizioni di contribuire a questa discussione. Saremo noi a decidere cosa fare, e voi vi atterrete alle nostre decisioni. Potete pure accomodarvi,” disse indicando la piccola stanza mentre gli altri entravano nell’ufficio di Silente.

Harry passò in rassegna un volto inamovibile dopo l’altro e si rimangiò le sue proteste. Persino Lupin sembrava serio e deciso, ma un po’ meno deluso di Harry di quanto fosse sembrato all’inizio. Harry si rimise a sedere.

Non appena gli adulti uscirono dal salottino si rialzò, incapace di restare seduto, cercando di ignorare la sensazione che gli strisciava lungo la nuca nel sapere che tutti i ritratti sulle pareti lo stavano osservando.

Non andava bene. Non andava per niente bene, e doveva fare qualcosa. Doveva trovare una qualche soluzione a quella “situazione”, prima che lo costringessero ad accettare la soluzione degli adulti. Doveva trovare il modo di mantenere il controllo della propria vita.

Represse una risatina amara. Ma quale controllo. Non ne aveva neanche un briciolo, di controllo. Anche lasciando da parte il fatto che non poteva assistere all’incontro che si stava tenendo proprio in quel momento, e lasciando da parte anche il fatto di dover sottostare a qualunque cosa decidessero gli adulti in quella riunione. Fin da quel maledetto giorno a settembre aveva perso il controllo di qualunque cosa nella sua vita: con chi trascorreva il suo tempo, dove viveva, cosa provava...

Ogni tanto, mentre camminava avanti e indietro, gli giungevano brevi stralci di conversazione dall’ufficio di Silente. “Credo che sia un po’ eccessivo,” si sentì dire la McGranitt a un certo punto, ma la risposta fu troppo debole perché Harry la capisse.

Deglutì a fatica, combattuto tra il voler cercare un modo di tirarsene fuori e il non volerci pensare per niente. Voler far finta che quello di cui stavano parlando là dentro era solo quale punizione dargli, e per quanto tempo. Forse avrebbero chiamato Gazza per sapere se avesse bisogno di aiuto per qualche sgradevole mansione. Pulire i bagni. Occuparsi della lettiera di Mrs. Norris.

Deglutì di nuovo, camminando senza posa avanti e indietro e cercando di ignorare i ritratti che li osservavano, bisbigliandosi tra di loro, pronti a fare rapporto agli adulti se lui o Malfoy avessero provato a fare qualcosa.

Non ci manderanno in punizione. Quello che era successo era successo perché erano entrambi troppo tesi per riuscire a comportarsi in modo razionale l’uno con l’altro, e quella tensione era presente perché non stavano facendo quello che il Legame voleva che loro facessero. Il modo più semplice di far andare via la tensione era cedere al Legame, e il modo più semplice di cedere al Legame era...

Dio, come sarebbe stato? Essere costretto a ingerire una pozione, sentire l’attrazione per Malfoy salire vorticosamente fuori controllo, toccare Malfoy e tirarlo a sé e lasciarlo–

Diamine, stava diventando duro. Non lo voleva, tutto il suo essere si ribellava, voleva continuare a opporsi con tutte le sue forze… ma una piccola parte di lui in realtà voleva essere costretta a sottostare a qualunque cosa avrebbe risolto la situazione. Perché a quel punto avrebbe dovuto farlo per forza. Non avrebbe avuto scelta, non avrebbe potuto ribellarsi; si sarebbe dovuto arrendere. E la sua resa sarebbe stata obbligata, non sarebbe stato uno stupro, perché lo voleva…

E poi, quello che sarebbe successo, sarebbe successo comunque. Sicuro come il sole sorgeva tutte le mattine, sicuro come Hermione che citava Storia di Hogwarts nei momenti meno appropriati: prima o poi avrebbe fatto sesso con Malfoy. L’unica cosa che poteva controllare era quando sarebbe successo e come, e se non si sbrigava avrebbe perso anche quel poco.

“Non c’è bisogno di–” Harry sentì la voce di Lupin, ma non riuscì a sentire il resto della frase sopra ai bisbigli dei quadri circostanti.

A Malfoy probabilmente non gliene può fregare di meno, pensò Harry lanciandogli un’occhiata piena di disprezzo. Probabilmente non aspettava altro: che gli facessero ingoiare a forza una pozione così Harry avrebbe smesso di resistere. Malfoy probabilmente non vedeva l’ora.

Ma Harry si rese conto che non era vero. Malfoy era seduto sul divano, con il viso più pallido del solito, molto, molto spaventato, cercando in ogni modo di non darlo a vedere.

Harry chiuse gli occhi e tentò di identificare le emozioni di Malfoy.

Paura. Terrore. Nient’altro.

“È impossibile. Loro sono impossibili,” disse Piton, e Harry non sapeva se sentirsi sollevato o profondamente turbato dal fatto che persino Piton pensasse che il problema non era solo Harry.

Guardò di nuovo Malfoy. Smise di camminare avanti e indietro e cercò di ragionare.

Okay. Malfoy era nella sua stessa situazione; non solo anche lui era nella merda, ma anche lui aveva paura di quello che stava succedendo dietro quella porta chiusa, tanto quanto lui. E Harry probabilmente non sarebbe mai riuscito a convincere gli adulti a lasciarli in pace, ma forse se lui e Malfoy avessero lavorato insieme, sarebbero riusciti a trovare una soluzione. Malfoy era un alleato a dir poco improbabile, ma forse sarebbe stato più facile lavorare con lui piuttosto che con il gruppo di adulti nell’altra stanza.

Harry prese un respiro profondo.

“Malfoy,” disse, e maledisse il tremolio nella sua voce. Malfoy alzò gli occhi lentamente, e Harry si schiarì la gola. “Siamo nei guai, non è vero?”

“Eccezionali capacità di osservazione, Potter,” disse Malfoy stancamente, e Harry si trovò piuttosto allarmato dall’assenza di entusiasmo in quella frase sarcastica. “Cosa te l’ha fatto capire?”

“Cosa–” Harry si interruppe e si schiarì di nuovo la gola. “Cosa credi che decideranno?”

“Non ne ho idea.”

“Io… io ho la sensazione che non mi piacerà.”

“Dubito che invece a me piacerà,” disse Malfoy. “Ma non credo che possano decidere alcunché. Siamo entrambi adulti.”

“Forse non potranno costringerci a fare nulla, ma possono renderci le cose difficili se non ubbidiamo. Potremmo essere espulsi. Oppure disconosciuti o qualcosa del genere, nel tuo caso.”

“Mio padre non mi disconoscerebbe mai.”

“Davvero? Allora cosa potrebbe fare?” Malfoy lo guardò con la fronte aggrottata; Harry decise di andare dritto al punto. “Malfoy… cosa potrebbe farti che ti fa avere così tanta paura di lui?”

“Non ho paura di lui,” disse subito Malfoy.

“Cazzate,” ribatté Harry. “Ne hai eccome. Non sei per nulla preoccupato di quello che potrebbe fare Silente o chiunque altro nella scuola, ma sei terrorizzato dal fatto che tuo padre si trovi là dentro insieme a loro.”

“Ora il Legame ti ha anche dato il dono della Legilimanzia? No? Allora non permetterti di dirmi quello che provo e perché.”

“Non ho bisogno della Legilimanzia. Lo so quello che provi, è la stessa emozione che hai provato quel giorno in infermeria quando lo hai contraddetto in pubblico. Per poco non ti era preso un infarto.”

“Eravamo stressati–”

“Non c’entra niente,” asserì Harry. “Avevi paura di lui.”

Malfoy si morse il labbro e Harry temette che, se avesse continuato a insistere, Malfoy sarebbe diventato ostile, ma allo stesso tempo era preoccupato che se avesse fatto marcia indietro l’altro avrebbe avuto il tempo di ritrarsi e poi si sarebbe rifiutato di parlare. Cercò di raggiungerlo attraverso il Legame per capire cosa stava provando. Si arrese quasi subito: c’erano troppe emozioni contrastanti per capirci qualcosa.

Alla fine Malfoy deglutì e parlò. “Vuoi arrivare al punto, Potter?”

Okay, bene. Almeno era disposto ad ascoltarlo. “Non voglio fare tutto quello che dicono loro e basta,” iniziò Harry.

“Neanche io. Ma non è che abbiamo esattamente una scelta, ti pare?”

Harry prese un respiro profondo. “Non stiamo affrontando questa situazione nel migliore dei modi.”

“Di nuovo, la tua capacità di cogliere l’ovvio è–”

“Zitto,” disse Harry con impazienza. “Tutti quanti ci stanno facendo pressione, e anche noi stessi, e anche se tu prendi la Pozione di Pazienza, non è abbastanza per affrontare quello che provi nei confronti miei e dei miei amici, e oltre a tutto questo, anche lo studio.”

“Ti ringrazio, Potter. Non sarei mai giunto a queste conclusioni da solo–”

“E io non riesco a sopportare quello che provo per te, odio il modo in cui tratti me e i miei amici e la tua visione del mondo del tutto fuori di testa, e non ne posso più di essere così esposto in questa scuola, con tutti che parlano di me, e…” Harry si ricompose e si costrinse a finire, sentendosi come se stesse per buttarsi da un precipizio. “E… e sono terrorizzato a morte al pensiero di lasciarti avvicinare a me, o di permettere a me stesso di avvicinarmi a te.”

Malfoy rimase a bocca aperta. Restarono a fissarsi, e Harry si sforzò di mantenere lo sguardo dell’altro nonostante avesse la sensazione strisciante di essersi confidato con una persona troppo subdola, persino su un argomento relativamente insignificante come le sue paure.

Alla fine Malfoy si schiarì la gola. “Okay,” disse lentamente. “Immagino che ci sia un motivo per cui mi stai dicendo tutto questo. Qual è?”

“Dobbiamo far funzionare le cose, e dobbiamo essere noi a capire come farlo.”

“Ci abbiamo provato.”

“No, non è vero. Finora siamo esistiti l’uno a fianco all’altro, cercando di cavarcela alla meno peggio e accettando ogni tanto consigli da altre persone. Ma non abbiamo parlato quasi per niente.”

“Stamattina abbiamo parlato.”

“E non è andata affatto male,” osservò Harry, e rimase non poco sorpreso nel vedere un sorrisetto piegare la bocca di Malfoy.

“Già, è vero,” disse Malfoy.

“Quindi è possibile. Che riusciamo a far funzionare questa cosa.”

“Già, sembra di sì,” disse Malfoy, scettico.

“Quindi proviamoci. Vuoi lasciare per un po’ le lezioni?”

“No.” Ci fu una lunga pausa. “Non voglio. Ma in questi giorni non riusciamo a imparare niente comunque. Riesco a malapena a concentrarmi quel tanto da scrivere il mio nome su una pergamena.”

Harry fece un sorrisetto. “Già, conosco la sensazione. Mi sento come se dovessi sempre lottare per chiarirmi le idee, perché se non lo faccio–” si interruppe. Diamine, la conversazione non sarebbe dovuta arrivare fin lì. Mandò un severo rimprovero in direzione delle mutande. “Be’, probabilmente puoi immaginare quello a cui finisco col pensare.”

“Probabilmente,” disse Malfoy in tono sarcastico.

Harry prese un respiro profondo e si avvicinò a Malfoy. “Quello che provo – quello che proviamo entrambi – è troppo sbagliato.”

“Perché? È solo attrazione sessuale. Non dirmi che non l’hai mai provata prima d’ora.”

“Non così tanto.”

“E che c’è di male?”

“Perché non voglio provarla. Non ci amiamo. Neanche ci piacciamo. Non voglio–”

Malfoy alzò gli occhi al cielo, interrompendolo. “Potter, abbiamo diciassette anni. L’amore e la simpatia non devono necessariamente rientrare nell’equazione per quel che riguarda il sesso.”

“Ho paura,” disse Harry d’impulso. Se ne pentì subito ma si sforzò di non arretrare. Era meglio parlarne con Malfoy piuttosto che con suo padre.

“Di cosa?” chiese Malfoy, e Harry si rincuorò del fatto che l’altro non l’aveva immediatamente deriso per aver ammesso la sua paura.

“Di farmi male.”

“Ti stai già facendo male,” gli fece notare Malfoy. “Qualche ora fa ti ho quasi lanciato una fattura. E non stavamo per colpirci con degli Incantesimi Ridarelli, o colorarci la pelle di verde; stavamo per farci seriamente male. Stai di merda, e anch’io. Il sesso non potrebbe mai essere peggio di tutto questo.”

Harry scrollò le spalle. “Paura dell’ignoto, immagino.”

“Giusto per curiosità, cosa credi che decideranno là dentro?”

“Di darmi una pozione o qualcosa del genere per – per non farmi più opporre resistenza,” Harry sentì il suo viso prendere colore e si girò.

“Potter…” Harry sobbalzò quando sentì Malfoy appoggiargli una mano sulla spalla. “Sarebbe davvero la fine del mondo?”

“Sì, perché… perché non avrei più alcun controllo su nulla–”

“Anche ora non hai controllo–”

“Non voglio–” Harry fece per allontanarsi, ma Malfoy resistette.

“Forse non lo faranno, sai?” disse Malfoy, quasi dolcemente, e Harry rabbrividì, incrociando le braccia in un gesto di difesa. “Potter. Ti stai di nuovo lasciando prendere dal panico,” disse Malfoy, e Harry sentì, come un tocco fisico, Malfoy proiettare calma verso di lui.

E mi va bene, si disse. Era una delle poche cose buone del Legame. Avrebbe volentieri approfittato della lucidità di Malfoy riguardo a quel dilemma, se lo avesse aiutato a sentirsi più tranquillo e gli avesse permesso di lavorare insieme.

Potevano parlarne, decidere cosa fare, come far sì che gli adulti non li costringessero a fare qualcosa che non volevano fare. Forse gli avrebbero concesso più tempo per ragionarci insieme, gli avrebbero dato un’altra possibilità – o meglio, l’avrebbero data a lui – per trovare una soluzione secondo i suoi tempi. Malfoy aveva detto di non volere Harry sotto l’effetto di una qualche pozione. Forse Harry poteva far leva su quello, e aiutare Malfoy a prendere posizione contro suo padre, se ce ne fosse stato bisogno.

Senza pensarci, coprì la mano di Malfoy con la sua mentre cercava di tranquillizzarsi, a malapena consapevole di quello che stava facendo, e poi… oh, no, non era stata una buona idea, perché Malfoy… era caldo, la pelle di Malfoy era sempre calda, Malfoy era sempre vivo e… lo tirava a sé, in qualche modo. La sua presenza era praticamente come una pozione, in fin dei conti, una pozione che lo tirava verso Malfoy, che gli faceva volere quello che non avrebbe dovuto volere – quello che non voleva, diamine, sebbene si stesse a poco a poco avvicinando a Malfoy.

E la sua presenza aveva lo stesso effetto su Malfoy. Neanche la paura riusciva ad attenuare l’attrazione che provava per Harry, il desiderio di avvicinarsi, di sfiorare, di toccare.

E Harry provava le stesse cose, e non era normale, ma era troppo difficile trattenersi, ribellarsi a quello che voleva il suo corpo. E… e finora si era trattenuto e non aveva risolto niente. Li aveva fatti arrivare fin lì, nello studio di Silente, mentre gli adulti decidevano del loro futuro e i quadri spettegolavano su di loro.

E adesso Harry era troppo stanco e impaurito e sconfortato per continuare a ribellarsi. Non ce la faceva a ribellarsi tutto il tempo; per un solo istante avrebbe assecondato le cose – un solo istante, poi si sarebbe tirato indietro e avrebbero continuato a parlare e sarebbero giunti a un accordo o qualcosa del genere, ma in quel momento aveva bisogno solo di quello e non sarebbe riuscito a fermarsi neanche se lo stesso Voldemort gli si fosse piazzato davanti.

Sì…

Harry si avvicinò. Sentiva il cuore di Malfoy battere forte, sentiva la sua disperazione, sentiva che era a tanto così dal dare di matto e che si rifiutava di muovere un solo muscolo. Cosa che era, paradossalmente, confortante e frustrante allo stesso modo, perché per quanto Harry volesse seguire i propri tempi, era veramente difficile fare il primo passo. Stavano stringendo l’uno le mani dell’altro e Harry sentiva i respiri di Malfoy, e quando Harry abbassò gli occhi e appoggiò la fronte sulla sua Malfoy trattenne un’esclamazione, e Harry sobbalzò. Alzò lentamente gli occhi, quasi come in un sogno, fissò gli occhi grigi di Malfoy, fece scorrere la mano lungo il braccio dell’altro, fino alla guancia, incapace di respirare mentre Malfoy chiudeva gli occhi e si avvicinava al suo tocco, e Harry si sentì sopraffatto dal conflitto interiore dell’altro, dai suoi tremori causati dalla mano di Harry.

Malfoy finalmente si mosse, tirando Harry a sé con una delicatezza estrema, e Harry cercò con tutte le sue forze di non tremare ma era quasi impossibile. Era tutto troppo. Malfoy respirava affannosamente, gli occhi annebbiati come Harry non li aveva mai visti. Senza alcuna traccia di derisione o di superiorità, solo desiderio estremo e aspettativa intensa.

“Oddio,” sentì pronunciare una voce bassa che a malapena riconobbe come la sua. Con mani esitanti toccò i capelli di Malfoy, la nuca – tutto morbido, tutto caldo; era normale che un ragazzo fosse così? Ed era normale che lui volesse toccarlo ancora di più, che lo volesse baciare? Cosa sarebbe successo se lui ci avesse provato e Malfoy gli fosse scoppiato a ridere in faccia? Si fece avanti con esitazione finché i loro corpi non si stavano sfiorando; si accorse, senza troppo stupore, che anche Malfoy era duro quanto lui, e rimase un po’ sorpreso quando Malfoy indietreggiò di un passo. Non perché si era sentito offeso o perché non voleva toccare Harry, ma perché era…

Harry trattenne una risata. “Non sai cosa fare, eh?”

Malfoy sembrava in imbarazzo. “Ehm… no.”

“E pensavo di essere io quello inesperto,” disse Harry, accarezzandogli la guancia e guardando Malfoy che sospirò, chiuse gli occhi e si strinse a lui, il che era davvero – be’, non era affatto spiacevole.

Anzi, era proprio il contrario. Malfoy aveva ancora gli occhi chiusi, dando a Harry la possibilità di guardarlo senza sentirsi in imbarazzo; accarezzò il collo di Malfoy, sì, i suoi capelli erano davvero setosi, e Malfoy piegò la testa all’indietro, con un debole sospiro.

“Va bene?” chiese Harry piano, e vide un brivido percorrere tutto il corpo dell’altro e una vena pulsargli nel collo. Malfoy portò una mano al volto di Harry e lui vi si avvicinò e diede un bacio nel palmo, d’impulso, e sobbalzò quando Malfoy si tirò indietro – diamine, aveva sbagliato, a quanto pareva–

“No, non fermarti, era – uhm, non smettere–” mormorò Malfoy, ed erano così vicini che Harry sentiva il suo respiro sul viso.

Lo volevano così tanto, tutti e due. Ne avevano bisogno con ogni cellula del loro corpo. Malfoy si fece avanti, meno di un millimetro, e Harry inspirò, le loro emozioni che schizzavano fuori controllo – e percorse la minuscola distanza che separava le loro bocche e premette con esitazione le sue labbra su quelle di Malfoy.

Morbide. Morbide, e calde, dio, oddio, non sapeva che sarebbe stato così. La bocca di Malfoy era la cosa più fantastica che avesse mai sentito in vita sua. Una parte del suo cervello si accese debolmente per dirgli che non era possibile, e anche se lo fosse stato, sarebbe stato sbagliato, ma quella parte del suo cervello era decisamente facile da ignorare. Emise un debole sospiro quando Malfoy si mosse leggermente, sfiorandolo. Harry, esitante, aprì le labbra e sentì la punta della lingua di Malfoy sfiorargli la bocca, e si mosse per toccargli la lingua con la sua.

Dio, quello sì che gli piaceva – fece un suono in gola, baciandolo adesso con un po’ più di sicurezza, avvicinandolo, con più decisione, e voleva ancora di più…

Solo sensazioni, solo estasi. Labbra e lingue che si muovevano insieme, i muscoli lunghi e sottili di Malfoy sotto le sue mani, i cuori che battevano insieme, l’odore di Malfoy che lo invadeva, le dita di Malfoy che gli si muovevano tra i capelli e gli mandavano brividi lungo la schiena. Era duro come una roccia – anche Malfoy, Harry sentiva il suo calore premere contro di lui, e se solo avessero potuto continuare così per sempre, senza mai separarsi, Harry avrebbe trovato chi aveva lanciato l’anatema e gli avrebbe mandato un mazzo di fiori – cosa che probabilmente non aveva alcun senso dal punto di vista logistico, ma chissenefrega.

Dio, era come se tutti i sogni erotici che aveva fatto nelle ultime settimane fossero diventati reltà, anzi, era anche meglio di come si era immaginato. Nei sogni non aveva sentito quanto gli piaceva il braccio di Malfoy attorno a lui, i suoni che facevano le loro labbra muovendosi insieme, il calore della lingua di Malfoy, i tremori che attraversavano l’altro, così erotici e intensi anche per Harry. La soddisfazione di sapere che era lui che lo stava facendo sentire così, era lui che lo stava inondando di eccitazione e di piacere.

Oddio, sì…

Oddio, era tutto…

Ehm. Stava diventando un po’…

un po’ troppo spinto per la sala d’attesa dello studio di Silente.

“Uhm.” Harry interruppe il bacio e si tirò indietro per un istante. “Dovremmo, probabilmente dovremmo–” Malfoy gli strinse le dita dietro il collo e Harry ritornò immediatamente alla sua bocca, incapace di trattenere un gemito, che diventò carico di frustrazione quando Malfoy fece un passo indietro.

“Sì, hai ragione,” sussurrò Malfoy, gli occhi ancora chiusi. “Dovremmo – uhm,” Harry sorrise quando Malfoy lo tirò di nuovo a sé per un altro bacio, aggiungendo senza fiato: “dobbiamo ferm–” prima che Harry gli coprì di nuovo la bocca, concedendosi un ultimo bacio profondo prima di tirarsi indietro con riluttanza.

“No, no, dobbiamo–” Harry mise una mano sul petto di Malfoy e lo spinse indietro. Dio, quant’era frustrante – e ancora di più perché, oltre alla sua, sentiva anche la frustrazione di Malfoy; erano così tanto su di giri da fare male. Appoggiò la fronte sulla spalla di Malfoy, trattenendosi a fatica dal mandare tutto a monte e rimettersi subito a pomiciare. “Dio, non avevo idea che fermarsi sarebbe stata così, uhm, dura,” mormorò, e Malfoy ridacchiò.

“Uhm, già. Quella parte non piace a nessuno.”

“Oh, bene.” La voce allegra della Esposito penetrò attraverso i fumi del desiderio e per poco a Harry non prese un colpo al cuore. Lei ridacchiò nel vedere le loro reazioni di sorpresa. “Credevo che non vi sareste più fermati a prendere aria.”

ooooooo

ooooooo

Da Giorno 172, venerdì, 19 marzo a Giorno 174, domenica, 21 marzo

Ron

È troppo strano, pensa Ron mentre fissa quella poltiglia grumosa per nulla invitante che è la Pozione Polisucco.

“Non posso credere che sto per farlo di nuovo” mormora, e Malfoy lo guarda incuriosito.

“Di nuovo?”

“È una storia lunga,” borbotta. “Pronto?”

Malfoy annuisce, giocherellando con il colletto sfilacciato dell’uniforme di Ron; gli stava un po’ larga attorno al collo.

“Okay, va bene, ci siamo” dice Ron; si strappa un capello e lo dà a Malfoy, che fa lo stesso. Senza dire nulla i due aggiungono il capello biondo e quello rosso a ciascun calice e li osservano mentre si dissolvono.

“Salute,” dice Ron, facendosi coraggio. Chiude gli occhi, prende un sorso e lo butta giù.

Agh. Per Merlino. Quanto. Fa. Schifo.

Gli prende un conato di vomito e si mette una mano davanti alla bocca per impedirsi di sputare tutto fuori.

“Oh, dai, Weasley, smettila con la sceneggiata–” inizia a dire la Parkinson con impazienza, ma si ferma quando vede che anche Malfoy si copre la bocca, con gli occhi lucidi dal disgusto.

“Fa davvero tanto, tanto schifo, Pansy,” dice Harry in tono comprensivo. “Non possono farne a meno.”

“Tu come fai a saperlo?” gli chiede con sospetto.

“È una storia lunga,” dice Harry con una smorfia nel vedere Malfoy rabbrividire dal sapore della pozione.

Ron copre il sapore con un sorso generoso di Burrobirra, e inizia a sentire il cambiamento. Disgustoso, inquietante, e davvero sgradevole. La sua faccia… si ricopre di bolle, non c’è un modo migliore per descriverlo, e sente braccia e gambe contrarsi e allungarsi allo stesso tempo. Sta rimpicciolendo, quasi impercettibilmente, e le impeccabili vesti di Malfoy finemente confezionate iniziano a calzare meglio. Abbassa la testa, afferrando lo schienale di una sedia e chiudendo gli occhi per tenere al minimo gli stimoli frastornanti. L’ultima volta che l’ha fatto – erano davvero già passati cinque anni? – era finito a vomitare sul water, ma stavolta va meglio. Effettivamente ci sono dei benefici nel consumare una pozione preparata da un Maestro di pozioni piuttosto che da una dodicenne, anche una eccezionalmente brillante.

Finalmente.

Apre gli occhi.

Ron si rende subito conto che la vista di Draco Malfoy non è buona come la sua. Non riesce a vedere i dettagli dell’armadietto dei medicinali dall’altro lato dell’infermeria.

Si guarda le mani, pallide, lisce, senza lentiggini, le dita lunghe – curate da un professionista, senza dubbio, conoscendo quel coglione vanitoso. Si raddrizza e resta a fissare, a occhi spalancati… se stesso. Incrocia gli occhi di una persona che non gli piace, e che però indossa il suo volto e lo guarda con sconcerto. Si sente disorientato – come se fosse qui, ma simultaneamente anche . E c’è un’espressione sul suo volto che non ha mai visto allo specchio.

“Cavoli,” dice, e resta impressionato nel sentire la voce di Draco Malfoy uscirgli dalla gola. Il suo stesso volto lo guarda con totale disgusto.

“Weasley–” inizia a dire Malfoy con discreto allarme nella voce, poi si calma e prosegue. “Se riuscissi in qualche modo a modificare il tuo accento mentre usi la mia voce, probabilmente sarebbe di grande aiuto.”

“Malfoy, se riuscissi in qualche modo a non sembrare uno stronzetto supponente mentre usi la mia voce, probabilmente anche quello sarebbe di grande aiuto,” scatta Ron, e sente con sorpresa qualcuno ridacchiare.

“Ehm. Scusate,” dice Hermione senza fiato. Sta per rimproverarla, ma vede che anche Harry e Ginny e Parkinson si stanno mordendo le labbra per trattenere le risate e lui non ha particolarmente voglia di fornire ulteriore divertimento ai presenti. Scambia uno sguardo seccato con… se stesso, di nuovo, e all’improvviso capisce perché Harry è tornato da Malfoy.

Sì, aveva sentito i ragionamenti di Hermione prima che si rimettessero insieme, e dopo che era successo si era spiegato le azioni di Harry ricordandosi tutto quello che aveva detto Hermione. E aveva capito, da solo, che forse Malfoy non era il coglione che aveva sempre pensato che fosse, vedendo quanto era preoccupato per la salute di Harry, e quando aveva capito qual era il problema, e quando si era mostrato disposto a rischiare di essere nuovamente disconosciuto per aiutarlo.

Ma questo glielo fa capire in modo più diretto. Adesso Ron lo sa come si sente Malfoy a indossare il corpo di una persona che trova estremamente sgradevole, e a vedere la propria faccia e il proprio corpo invasi da quella stessa persona. Ron sarebbe disposto a fare una cosa del genere solo per poche persone, pochissime. Harry è uno di quei pochi, perché Harry è il suo migliore amico da quasi sette anni.

Malfoy sembra tanto inorridito e a disagio quanto lui, ma non si lamenta. E non ha i quasi sette anni di amicizia con Harry come bonus.

Osserva Malfoy e capisce che è molto improbabile che i sentimenti di Malfoy nei confronti di Ron siano cambiati. Ma quelli di Ron sì. L’antipatia c’è sempre, sì, ma Ron non crede che riuscirà più a odiarlo. Sei anni di insulti e odio e sangue cattivo non hanno nessuna possibilità se messi a confronto con quello che Malfoy sta facendo adesso.

Sono passato dall’accettazione riluttante al perdono, pensa Ron. Dovrò parlarne con Hermione.

“Okay,” dice la Parkinson. “Draco, torniamo stasera.”

“Sì, va bene,” dice la voce di Ron, senza alcuna assistenza da parte di Ron. Cavolo, quanta confusione.

Ron scuote la testa per scacciare il disagio. “Harry, sei sicuro che non vuoi–” comincia a dire, e Harry lo interrompe.

“Stanotte starò a posto,” dice Harry con decisione.

“Non fare l’idiota,” commenta Malfoy. “Sai benissimo che sia io che Weasley possiamo continuare fino a domattina.”

“È troppo rischioso.”

“Blaise lo sa già cosa stiamo facendo, e con Tiger e Goyle non ci parlo più, né con nessun altro di Serpeverde. Sono sicuro che persino Weasley riuscirebbe a cavarsela fino a domattina.”

“Vedremo,” dice Harry, iniziando a irritarsi, e Ron guarda Malfoy scuotendo la testa.

“Come vuoi,” borbotta Malfoy arrendendosi, e Ron prende un appunto mentale: la sua faccia non è granché da vedere con il broncio.

“Bene, Weasley, andiamo,” dice la Parkinson, e Ron lancia un’ultima occhiata a Harry, Hermione e Ginny prima di indossare il mantello di Harry e seguire Parkinson fuori dell’infermeria.

Neville

Oddio, pensa Neville con stupore quando la sua pelle ha smesso di ribollire. Ce l’hanno fatta. Lui è Draco Malfoy. E Draco Malfoy è lui.

Neville deglutisce a fatica, spalanca gli occhi e fissa Malfoy: non sa se la nausea è dovuta alla pozione disgustosa o a un improvviso attacco di nervi.

Oddio – come farà a cavarsela? Malfoy gli è sempre sembrato un modello di arroganza e sicurezza, fin dal primo anno. Come fa Neville a imitarlo? Malfoy non è mai nervoso, non si sente mai piccolo e insignificante. Anche adesso, con addosso il viso e il corpo sgraziati di Neville, non sembra per niente stupido o goffo o timido. In qualche modo lui ce la fa.

Anzi, no. È troppo rilassato, troppo sicuro di sé, non sembra affatto Neville. Per prima cosa, Neville non aveva idea che la sua faccia potesse guardare qualcuno con così tanto disprezzo, mentre lui cerca di imitare i movimenti di Malfoy; l’altro alza gli occhi al cielo nel vedere i suoi patetici sforzi, proprio come fa spesso la nonna.

Oh Merlino. Con quello sguardo di disapprovazione fisso in volto, con gli occhi di Neville che somigliano così tanto a quelli di sua nonna, e la mascella che, se ne rende conto ora, somiglia tanto a quella di nonna quando è arrabbiata con lui… in quel momento, Draco Malfoy somiglia a Augusta Paciok. Gli manca solo una borsa enorme e un cappello con sopra un uccello appollaiato.

Neville cerca di bloccare le risa isteriche che gli salgono in gola, ma non ce la fa. Tutti lo guardano allarmati, ma presto anche loro sorridono perché ovviamente anche per loro è divertente vedere Draco Malfoy perdere la testa in quel modo, e lui cerca in tutti i modi di smettere di ridere ma non ce la fa–

“Paciok! Smettila!” scatta Malfoy, e Neville non fa che ridere ancora più forte. Se alla nonna fosse mai venuto un brutto raffreddore e la sua voce fosse scesa di un’ottava, è esattamente così che suonerebbe.

“Riprenditi!” dice Malfoy, e lancia uno sguardo truce a tutti gli altri. “Non è divertente. Se non riesce a controllarsi non può andare là fuori, e tutto questo non funzionerà!”

Gli altri cercano di trattenersi e Harry guarda Malfoy con uno sguardo leggermente preoccupato. Neville sente un tuffo al cuore quando si rende conto di una cosa: l’unico modo in cui Malfoy può stare con Harry è facendo in modo che sembri che lui non ci sia, e per renderlo possibile Neville deve uscire là fuori e far finta di essere Malfoy. Se non ce la fa, e se a qualcuno viene il sospetto che Draco è vicino a Harry…

Neville si fa venire il singhiozzo a forza di cercare di fermare le risate, per poco non si fa prendere un attacco isterico, ma Malfoy gli afferra le spalle e lo scuote. Neville si prepara a un attacco, ma quello che succede lo coglie completamente di sorpresa.

“Paciok,” gli abbaia addosso Malfoy. “Càlmati. Ce la puoi fare. Hai aiutato Harry nell’Ufficio Misteri, lo puoi aiutare anche adesso.” Malfoy ha una voce dura e inflessibile, ma non c’è la minima traccia di disprezzo o accondiscendenza nel suo tono, e questo lo sconvolge così tanto da ridurlo al silenzio. “Non lo deluderai proprio oggi; non lo hai mai deluso.” Neville prende un respiro profondo, reprimendo l’isteria con decisione mentre Malfoy prosegue. “Una volta ti ha detto che vali come dieci di me. Adesso vai là fuori e dimostralo, cazzo!”

Neville deglutisce e annuisce, e Malfoy lo lascia andare. Annuisce alla Parkinson, anche lei non poco stupita. “Non avrà problemi,” le dice sbrigativamente. “Stai solo attenta che non incurvi le spalle. Ci vediamo tra un paio d’ore.”

La Parkinson annuisce e fa segno a Neville di mettere il mantello e uscire dall’infermeria.

“Oh, e… Paciok?” aggiunge Malfoy mentre si preparano, “non dimenticare che la maggior parte dei Serpeverde non vedono l’ora di lanciarti una fattura o dieci. Se mostri di avere paura, o di essere in imbarazzo, o se mostri qualsiasi tipo di debolezza, lo faranno.”

Neville annuì e Malfoy gli rivolge un piccolo sorriso triste.

“Te la caverai. Ora vai, o arriverai tardi in classe.”

Dean

Ecco come appare la pelle bianca dal punto di vista di chi la indossa, pensa Dean, stordito, guardandosi le mani mentre Malfoy e la Parkinson si scambiano qualche informazione dell’ultimo minuto. È impressionante. Ogni volta che si vede, resta sconvolto. Si sente come se fosse stato… evidenziato.

Questa è una cosa da Babbani, si rende conto Dean. Draco Malfoy probabilmente non saprebbe di che parlo.

Deglutisce a fatica. Ieri la Squadra Grifondoro della Polisucco sembrava un’idea grandiosa, quando Ron e Hermione l’hanno proposta per la prima volta. E sembra che sia Ron che Neville se la siano cavata senza alcun problema. Ma all’improvviso l’idea gli sembra completamente delirante, perché per quanto tutti e quattro si siano preparati sulla vita e le abitudini di Malfoy e su altre informazioni importanti, è da pazzi credere che possano farla franca più di un giorno senza farsi scoprire.

È vero, non devono preoccuparsi di socializzare con i Serpeverde dato che Malfoy non parla più con loro, ma ci sono un milione di altre piccole cose che potrebbero farli sbagliare. Come un Draco Malfoy che fa un commento su un evidenziatore, un articolo di cartoleria che non esiste nel mondo magico dei calami e delle pergamene. O un Draco Malfoy che non è in grado di rispondere a una domanda di Pozioni. O un Draco Malfoy che ne sa più di Erbologia di quanto ne abbia mai saputo qualsiasi Malfoy.

Per non parlare di un Dean Thomas che non è in grado di contribuire a una conversazione sul calcio, pensa Dean mentre vede la sua faccia e la sua voce parlare con la Parkinson. E se Justin Finch-Fletchley o Anthony Goldstein venissero a trovare Harry, e Malfoy non riuscisse a fare conversazione con loro? E se Malfoy in qualche modo lasciasse trasparire la sua completa ignoranza e il suo totale disprezzo nei confronti del mondo Babbano, quando invece dovrebbe essere un Nato Babbano?

E la ragazza di Dean? Se Tracey venisse a fare visita a Harry e alla persona che crede essere Dean? Così su due piedi gli vengono in mente una mezza dozzina di battutine tra di loro, di soprannomi ed esperienze condivise che Malfoy potrebbe non sapere, potrebbe non capire.

Dean avrebbe voluto dirle della Squadra Polisucco, perché non gli sembrava giusto prendere parte a una cosa del genere senza dirle niente, ma gli altri lo hanno messo in minoranza. Dean non li biasima; Tracey è una Serpeverde, e in fondo non stanno insieme da tanto tempo; questa è una questione di vita o di morte e non è urgente che lei sappia… ma gli sembra comunque sbagliato tenerglielo nascosto. Lei non è come Dean pensava fossero i Serpeverde. Da fuori sembra cinica e distante, ma in privato è affettuosa e premurosa, e tra di loro le cose stanno diventando serie ed è sbagliato e basta; Dean non dovrebbe andarsene in giro a impersonare uno dei suoi compagni di Casa senza farglielo sapere. Ed è ancora più sbagliato permettere a uno dei suoi compagni di Casa di impersonare lui senza dirle niente.

E se Tracey decidesse di venire a trovare Dean in infermeria oggi? Pensare che Tracey potrebbe stampare un bacio sulla guancia di Malfoy e abbracciarlo, pensando con innocenza che è Dean, gli fa venire la nausea. E sa bene che lui si sentirebbe tradito se Tracey facesse una cosa del genere a lui.

Be’, Tracey è una Serpeverde. Magari, se mai lo scoprisse, Dean potrà fare appello al suo lato logico e pragmatico. Magari non considererà questo sotterfugio come un tradimento, bensì come una cosa sgradevole ma necessaria.

Dean deglutisce quando la Parkinson gli fa un cenno con la testa; Dean prende la borsa di scuola di Malfoy, sobbalzando di nuovo nel vedere la sua pelle tanto bianca da accecare. Parkinson gli rivolge un ghigno e Dean si chiede se lo ha appena scoperto a spaventarsi alla vista delle sue stesse mani.

Sono solo tre ore, si dice Dean mentre escono dall’infermeria. Ce la può fare. Sì, sta indossando la faccia e il corpo di un Serpeverde, ma in questo momento quello di cui ha davvero bisogno è una buona dose di coraggio Grifondoro.

Seamus

Oh, cazzo, pensa Seamus guardando Malfoy assumere le sue sembianze. Cazzo.

Roba da matti. Non può funzionare, anche se Malfoy è esattamente come la persona che Seamus vede tutte le mattine allo specchio, e anche se Malfoy sembra completamente indifferente all’aspetto di Seamus. Certo, sono due giorni che Malfoy va avanti così, è abituato a vedere altre persone indossare la sua faccia. E poi non è lui che deve andare là fuori e far finta di essere qualcun altro; lui incontrerà per lo più persone che sono al corrente di questo inganno.

Malfoy ha iniziato a parlare con Harry, ignorando Seamus completamente, e la Parkinson gli strattona la manica.

“Andiamo, Finnigan,” dice lei con impazienza, e Seamus la segue automaticamente per qualche passo prima di bloccarsi.

Per loro non è niente di nuovo, lo sa; negli ultimi due giorni Ron è stato più Malfoy che se stesso, Neville è stato Malfoy quattro volte e Dean tre, con la Parkinson che li accompagna in tutte le lezioni e ai pasti – persino Blaise Zabini ha dato una mano, assicurandosi che Ron non si tradisse nel dormitorio dei Serpeverde la scorsa notte. Ma adesso Seamus si rende conto che avere insistito per fare un turno non è stata una buona idea. Per niente.

“Non avrei dovuto farlo,” dice di botto, bloccandosi a metà passo, e la Parkinson inarca un sopracciglio.

“Come, scusa?”

“Io – non ce la faccio, non può funzionare,” dice.

“Diamine, Finnigan,” scatta la Parkinson, e Malfoy si gira a guardarli. “Non c’è tempo per un discorso d’incoraggiamento.”

“Problemi?” chiede Malfoy, e Seamus aggrotta la fronte.

“Quando parla non mi somiglia per niente. E di certo io non ce la faccio a somigliare a lui.”

“È per questo che farai solo la lezione di Astronomia e la cena,” dice con impazienza la Parkinson. “Non dovrai parlare né all’una né all’altra.”

“Ma lui?” chiede Seamus con un cenno in direzione di Malfoy.

“Io cosa, idiota?” chiede Malfoy con impazienza, con un accento così simile a quello di Seamus che lui sbatte gli occhi, sorpreso. Harry, Hermione e la Parkinson scoppiano a ridere.

“Tu–”

“Sì, lo so come parli, Finnigan,” dice Malfoy, continuando con l’accento di Seamus, con voce completamente impassibile. “Forse come lo sa tua madre. Adesso vai.”

“È bravo a fare le imitazioni, Finnigan,” dice la Parkinson, spingendolo fuori della porta dopo aver controllato che il corridoio fosse vuoto. “La McGranitt la fa così bene che quasi si riesce a vedere gli occhiali tremargli sul naso.”

“Non lo sapevo,” ammette Seamus. Sapeva che a Malfoy piaceva imitare Harry per prenderlo in giro, ma quell’anno non lo ha fatto granché, per ovvie ragioni. E poi, chi poteva sapere che era così bravo?

“No, certo che no,” dice la Parkinson con sdegno mentre percorrono il corridoio, e Seamus la guarda con la fronte aggrottata.

“Be’, perché dovrei saperlo?”

“Quanti mesi sono che vive con Potter? E quanto tempo ha trascorso nel vostro dormitorio?”

“Non è che fosse molto amichevole.”

“Neanche tu.”

“Cosa?” La Parkinson gira l’angolo e insieme si addentrano in un corridoio pieno di persone. “Che vuoi dire?” chiede Seamus. “Io ero amichevole.”

La Parkinson fa uno sbuffo cinico, poi sorride e si avvicina a lui; Seamus prova un momento di disorientamento. “Draco, dai, faremo tardi,” dice, alzando leggermente la voce, e per un secondo Seamus è totalmente sconvolto, prima di ricordarsi cosa stanno facendo. Cerca di ricomporre il suo volto per far sì che il gruppetto di studenti del primo anno che passa loro accanto non si accorga che no, lui non è Draco Malfoy. Ma a dire il vero non li stanno nemmeno guardando.

“Raddrizza la schiena,” sibila la Parkinson a denti stretti, e Seamus cerca di fare del suo meglio.

“Io ero amichevole,” mormora in risposta dopo aver superato i nanerottoli del primo anno.

“Sì, forse quando non eri occupato a correre in bagno ogni volta che Draco e Potter era a meno di un metro di distanza l’uno dall’altro.”

“Ma che stai dicendo?” Seamus la guarda con la fronte aggrottata.

“Sei un peletto omofobo, non è vero, Finnigan?”

“Non sono om–” Seamus all’improvviso si ricorda dove si trova e abbassa il tono di voce mentre un gruppo di ragazze Corvonero del quarto anno passa loro accanto, discutendo a gran voce riguardo a un esercizio di Aritmanzia. “Non sono omofobo,” dice con decisione dopo averle passate.

“Oh, certo che no,” dice la Parkinson in tono sarcastico.

“Non lo sono!”

“Come dici tu,” dice la Parkinson, arrivando davanti all’aula di Astronomia e afferrando la maniglia. Seamus le tira la manica e lei si gira, con le sopracciglia sollevate.

“Non sono omofobo,” le dice, infervorato. “Non mi dava fastidio che stavano insieme. Solo non capivo perché dovevano fare… quelle cose in pubblico.”

“Quali cose? Tenersi per mano? Pomiciare? Che sfacciati!”

“Senti, a me non piace vedere quel genere di cose; ma questo non vuol dire che adesso ho un’opinione più bassa di Harry.”

“Tu sei un Mezzosangue, vero? Padre Babbano, madre strega?”

“Sì, perché?”

“Si vede,” dice la Parkinson con sarcasmo.

“Come, scusa?”

“Ai Babbani piace concentrarsi sulle cose importanti, vero? Come sul colore della pelle di qualcuno, o sul sesso della persona con cui vanno a letto. Ma poi chi se ne importa di come sono veramente come persone, o di quanto sia forte la loro magia.” Scuote la testa con disprezzo. “E poi ti chiedi perché non vi vogliamo.”

“Quindi credi che non mi piace vedere Harry e Malfoy pomiciare solo perché mio padre è Babbano?”

“Lo sanno tutti che i Babbani sono pieni di pregiudizi sui–”

Seamus la interrompe, indignato. “Come ti permetti di dirmi come sono fatti i Babbani?” dice quasi urlando, e la Parkinson trasalisce. Tutti e due, automaticamente, si guardano attorno e Seamus tira un sospiro di sollievo. Sono soli nel corridoio.

“Mio padre non ha nessun problema a riguardo,” disse a voce bassa. “Suo fratello è gay. È mia madre che ne è disgustata. Non permette neanche che papà inviti suo fratello a casa. E lei è Purosangue,” dice Seamus con forza. “Quindi non ti conviene fare supposizioni su di lei.” La Parkinson lo guarda con occhi spalancati, colta momentaneamente alla sprovvista. “E visto che ci sei, non fare supposizioni neanche su di me!”

Seamus la guarda a occhi stretti. Che se ne vada al diavolo questa stronzetta Serpeverde bigotta e prevenuta. E che se ne vada al diavolo anche il suo amichetto Serpeverde. Seamus di sicuro non ha bisogno di perdere tempo a far finta di essere uno stronzo bigotto solo per salvarlo da quello squilibrato di suo padre.

“Forse non voglio comportarmi come lui,” dice con astio.

“Cosa?”

“Forse non ho voglia di andarmene in giro con la faccia di un frocio che ha troppa paura del papà per farsi valere!” le dice con un ghigno e lei, per irritarlo, gli risponde con un altro ghigno.

“Frocio? Finnigan, stai forse usando un termine spregiativo per indicare un ragazzo a cui piacciono altri ragazzi?”

“È quello il significato della parola, quindi sì,” dice Seamus con rabbia.

“Hm… Mi chiedo, se il ragazzo di Potter è un frocio, allora Potter cos’è?”

Seamus le lancia un’occhiataccia. “Non ci provare. Harry non è così, è solo vittima dell’Incantesimo di Legame. Malfoy invece continua a stare con lui anche senza il Legame.”

“Se credi davvero che è solo per un Legame che Harry sta con Draco, sei ancora più cretino di quanto credessi.”

“Sai una cosa? Non me lo fa fare nessuno di stare qua.”

“Quindi cosa vuoi fare? Vuoi tornartene in infermeria e dire a Draco di andare a quel paese?” dice, piena di disprezzo.

“Sì! Non so se l’hai notato, ma non lo devo fare per forza – gli sto facendo un favore!”

Parkinson gli dice con un ghigno: “Oh, prego, vai pure. Torna in infermeria, non cercare di nascondere il fatto che Draco sia là dentro con Potter. Forse riuscirai anche a metterlo ancora di più nei guai. Sono sicura che così andrai a dormire con un bel sorriso stampato in faccia. Probabilmente sono anni che non vedi l’ora di farlo.”

“Perfetto.” Seamus si gira sui tacchi e fa per tornare in infermeria.

“E sono sicura che anche Potter capirà,” gli dice Parkinson alle sue spalle.

Seamus si blocca.

Cazzo.

Harry.

“Va bene,” mormora, rimproverandosi tra sé e sé per essersi dimenticato di quel piccolo dettaglio piuttosto importante. Harry, giusto. Seamus chiude gli occhi e cerca di trovare un po’ di pazienza. Ne avrà bisogno, se dovrà trascorrere le prossime tre ore con Pansy Parkinson, una ragazza che neanche riconosce che i suoi pregiudizi nei confronti dei Babbani sono allo stesso livello dei presunti pregiudizi di Seamus nei confronti dei gay.

Oh, sarà un pomeriggio lunghissimo.

Draco

Ha indossato le vesti rammendate di Weasley, ha fatto finta di farsi cadere dalle mani una fiala di pozione antidolorifica di fronte a Colin Canon quando Canon è entrato in infermeria durante un turno in cui Draco era Paciok, ha cercato di non trasalire ogni volta che vedeva con la coda dell’occhio le sue mani marroni come il cioccolato, ha dovuto sforzare la sua bocca a parlare con accento irlandese per scherzare con Hannah Abbott, venuta a trovare Harry durante un turno da Finnigan – è anche riuscito a dire “accidenti” durante la conversazione – e ha trascorso le ore dell’alba chiedendosi se Weasley avrebbe rovinato tutto, la scorsa notte, quando Harry aveva finalmente ammesso di aver bisogno che Draco stesse con lui anche durante la notte.

Blaise crede che Tiger e Goyle sospettino qualcosa. Ma è altamente improbabile che i due capiscano esattamente cosa c’è da sospettare.

Ma non può andare avanti ancora a lungo. Draco non ce la fa più. Ogni volta che Harry si addormenta, Draco non ne può più, non ne può più di vedere solo l’infermeria, non ne può più del sapore della Polisucco, non ne può più di vedere solo Harry tutto il giorno e di tanto in tanto anche la Granger o Pansy. Ogni volta si ripete che è solo un idiota e decide che, quando Harry si sveglia, gli dirà che, purtroppo, deve andarsene.

Ma poi Harry si sveglia e di solito si sente uno straccio o ha la nausea. E Draco vede che Harry si sente meglio quando lo tocca, qualsiasi aspetto Draco abbia in quel momento. E allora decide di resistere un altro giorno.

Un altro giorno, e poi magari, magari, qualcuno troverà un rimedio. È da stupidi sperare che accada l’impossibile, ma Harry è già riuscito a sopravvivere a così tante situazioni impossibili. Ci deve essere un modo per salvarlo anche da questa, e Draco è disposto a rischiare parecchio – sempre nei limiti del buonsenso – per dare a Harry la possibilità di cavarsela per l’ennesima volta. Dev’esserci qualcosa che lo possa salvare.

Deve esserci.

  
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