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Autore: amirarcieri    29/04/2020    1 recensioni
Saeko è alle prese con il suo secondo anno di liceo.
Dopo essere stata espulsa dal suo vecchio a causa di un'incresciosa contesa tra studenti, non volendo starsene a casa a girarsi i pollici, si vede costretta a iscriversi in uno nuovo.
Il fortunato liceo da lei scelto è quello del Kainan.
Saeko si ritrova così ad annoiarsi alle lezioni e a instaurare un'amicizia spassionata con una sua compagna di classe.
Finché un giorno non riesce a ficcanasare nella palestra del club di basket e....
Genere: Generale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change my rules [SAGA]. '
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Change my rules.



 

Capitolo cinque.



 

"Basket Babilonia"

 


 

Saeko, camminava per la strada conducente al liceo dello Shohoku con passo saltellino e corto. Quel giorno aveva deciso di andarci a piedi, accantonando per una volta l'agio della bici.
In fondo lo scrivevano in tutti i siti e riviste che camminare migliorava la salute e contribuiva a diminuire lo stress.
Inoltre era una così bella giornata piena di un sole primaverile, era una giornata così satura di una speranza esorbitante e portatrice di innumerevoli possibilità che.
“Magari, forse lo sarà davvero”. Pensò sorridendo al nulla.
E Se al tutto si aggiungeva anche la musica, si commutava nell’affermativo in una piacevolmente produttiva.
Proseguendo il cammino si sistemò meglio la tracolla che si era ribaltata sulle spalle.
Quel pomeriggio aveva scelto d’indossare un vestitino a quadri cerulei e neri con una grossa cintura di cuoio stretta in vita, abbinati a degli stivali laccati dell'identica tonalità della borsa.
Essendo sicura che la gemella avesse legato i capelli in un coda bassa, aveva lasciato ai suoi ricci la libertà di svolazzare esuberanti.
Oltre quello, all'appello non potevano mancare certamente il taccuino dei suoi romanzi e la macchina fotografica.
Perché che sia stato mai che dimenticava di metterli in borsa. Poteva insperatamente imbattersi in una specie rara di uccello o ritirarsi a casa nell'ora in cui il sole tramontava, e allora, "le armi" di cui si era munita, sarebbero tornate indispensabili.
“Bene, mancano altre due vie e poi devo andare dritta fino alla conclusione di questa.” rammentò a se stessa per assicurarsi di non sbagliare nessun incrocio.
Mancava un bel pezzo di tragitto al suo raggiungimento, quindi, nel frattempo, un'altra canzone era cominciata.
Gli veniva d'istinto cantarla, ma non volendo essere data per pazzoide, si tratteneva dal farlo.
Bastavano già gli sguardi muti degli studenti del Kainan che gli dicevano quanto strambi fossero i suoi modi di fare.
Ci mancava solo che alla lista si aggiungessero altri estranei più estranei degli estranei che si permettevano di giudicarla con dell'altra frivolezza allarmante.
Saeko, passo così il tempo del percorso cantando ogni singola canzone nella mente, stando comunque attenta a non perdere la concentrazione sui veicoli in circolazione quando attraversava la strada.
Un quarto d’ora dopo varcava la soglia del cancello dello Shohoku, intrattenendosi ad osservare dal basso verso l’alto l'imponente struttura del liceo.
Contrariamente al Kainan si contraddistingueva per – logicamente – nome, ampiezza e ossatura portante.
Quello dello Shohoku somigliava più a un'ospedale rimpicciolito o anche un quartiere con palazzi di piccola capienza.
Ma nel complessivo era piuttosto equipaggiato.
Non mancavano certamente la terrazza, lo spazio adeguato a svolgere i cumulativi club pomeridiani e lo spiazzo per parcheggiare la propria bici o motorino che fosse.
C'era anche un grazioso giardino che riusciva a intravedere dal punto in cui si trovava.
Se era per questo non mancava neanche l'angolo di ristoro dove gli studenti potevano bellamente “trastullarsi” durante l'intervallo.
“Mi piace”. Pensò.
Certo non poteva apprezzarla a livello tecnico come avrebbe fatto un architetto, ma la struttura gli trasmetteva un gradevole effetto di Benvenuto che la faceva sorridere raggiante.
Poi, ovvio, un bel gruzzoletto di studenti curiosi si era volto ad osservarla esprimendosi tramite occhiate eloquenti e bisbigli pregiudizievoli:
“Chi è? Una nuova studentessa? O una studentessa di un altro liceo? Se è così perché è qui?”
Ma stavolta non ci badò. Si era già preparata in anticipo a questa disagevole eventualità perciò roteò su se stessa per identificare la palestra del club di basket.
Senza ottenere nessun riscontro.
“Non mi resta di chiedere in giro. Mi affiderò al primo che mi capiterà sotto tiro”.
Si impose con angoscia.
Il prescelto fu un biondino – tinto - dagli occhi verde mare e lo sguardo ammiccante che dopo avergliela indicata, si affacendò ad accoppiarci uno studiato occhiolino.
Saeko fece il possibile per essere cortese, ricambiandolo con un’indotta smorfia delle labbra.
Quando però lui si offrì di accompagnarla, lei rifiutò l'invito rendendo l'intonazione appositamente sgarbata.
L’anno prima aveva sviluppato in lei una irrazionale fobia per i capelli biondi conformati a degli spiccanti occhi verdi.
Ma più di ogni alta cosa, Saeko odiava i ragazzi che si mostravano disponibili quanto amabili per il solo scopo di rimorchiarti e subito dopo vantarsene con gli amici.
Saeko era certa che quel tipo rispecchiava i canoni di un soggetto del genere.
Non volendo pensarci, tirò fuori un sospiro, avviandosi corrucciata verso la strada indicatagli, ma stranamente, a poco a poco che si avvicinava, si accorse di non udire nessun rumore di palle che sbattevano sul pavimento o grida esagitate.
“Strano.” si disse.
Da come gli aveva parlato la gemella, si era fissata nella mente una babilonia di basket, urla, palle volanti e scazzottate improvvisate.
Invece appariva tutto così sonoramente innaturale.
E una volta che si ritrovò davanti all’entrata - sovraffollata da una tribù intera di ragazze arrapate - rimase sinceramente sconcertata dal silenzio che ne albergava.
«Permesso» si forzò a parlare. E gli costò caro l'essere cortese con chi gli stava sulla palle a pelle.
Le ragazzette comunque sembrarono sorde.
«Scusate, posso passare?» urlò con una potente sfiatata. Le ragazze, stavolta, finalmente si voltarono.
Quando la misero a fuoco però, la loro espressione da minacciosa, mutò in completamente interdetta.
«Ma tu non eri»
«Non sei»
«Li?» si alternarono le battute una ciascuno e subito dopo voltarsi a sinistra dove Ayako stava parlando con Haruko e Hanamichi.
«No, e ora fatemi passare.» rispose senza spiegare loro niente. Perché soggetti come loro non meritavano di aver spiegato proprio nulla.
«Ma!» esclamarono in sincrono.
Approfittando di quel loro imbambolato momento di stupore, Saeko si intrufolò al centro dalla massa.
Balzata fuori ebbe la vista completa della palestra popolata dai suoi atleti. Come degli atleti di lei.
La sala di ginnastica era identica a quella del Kainan: ariosa, lucidata, con le panche ai margini del campo, i palloni sparsi in ogni parte e riempita dalle tonalità dinamiche delle magliette dei cestisti.
La prima a vederla fu la gemella che la saluto con un “ciaooo” armonizzato a un frenetico movimento di mano.
La seconda Haruko, che strillando un “Oh, mammina” portò le mani alla bocca in una posa di solenne incredulità.
Il terzo invece era stato Sakuragi, che bhe, lui – come ormai tutti conoscono la concezione del suo galateo personale – non fu tanto discreto e per bene nello scorgerla.
«E tu chi sei?» gli chiese marciando verso di lei con un cipiglio minaccioso sul viso.
Ritrovatosi in sua prossimità, se ne era avvicinato senza fare troppi complimenti, partendo a girargli intorno per capire se Ayako si fosse clonata da sola o trovare una falla in quella sua copia fedele.
Saeko abbassò lo sguardo messa a disagio dal suo rozzo comportamento e serrò le mani intorno al costato così da trovare uno sfogo al quel cruento nervosismo.
“Lui deve essere il rosso di cui mia sorella mi ha parlato”. Pensò questa guardandolo a sua volta di sottecchi.
Il loro approccio non era stato dei più memorabili, ma speciali? Si?
Vedendoselo passare a destra e sinistra e davanti e di dietro, si rese conto di quanto alto fosse.
Certamente più di Maki e Kiyota, tuttavia ne eguagliava sicuramente la stazza cospicua di Jin.
Proprio come loro, la sua altezza la faceva sentire come un piccolissimo gattino gettato in una gabbia di maestose tigri.
Per fortuna però i suoi capelli gli restituirono la calma e il sorriso mendicati.
L’acconciatura era di un giovane Elvis, cotonata, con qualche ciuffo spettinato cadente sulla fronte.
Ma, cavolo, quei suoi capelli erano di un carota che più naturale non c’era.
Saeko aveva l’istinto di allungare il braccio per massaggiargli i ciuffi con le dita.
Voleva testarne la consistenza, individuarne le gradazioni dei riflessi che si sarebbero create una volta venuti a contatto con la luce esterna del pomeriggio.
E poi i suoi occhi di un marrone fiammeggiante, scintillavano di una luce scorbutica, ma anche innocente come di chi lottava in strada per sopravvivere e mendicava affetto nel prossimo per dare un senso a quella sua vita tremendamente incasinata.
«Razza di idiota. Vuoi smettere di guardare mia sorella come se fosse un mio clone cibernetico? La spaventi» ad intervenire fu la gemella ricorrendo alla sua famosa stoccata di ventaglio.
«Ahi!» si lamentò il rossino tenendosi il capo con entrambe le mani.
La scena in atto – ovviamente per il gran trambusto combinato - non poteva mica passare inosservata.
Parte della squadra infatti si era raggruppata intorno a lei per poter ammirare la loro impressionante somiglianza e trovare sopratutto la scusa di essere presentato.
Neanche Rukawa fu da meno. Smettendo di praticare di stretching muscolare, si fermò ad osservarla con un visibile sconcerto dato dalle pupille leggermente spalancate.
Ma fu una reazione talmente celere da non poter essere neanche scoperta.
Vedendo tutto quel trambusto, anche il capitano dello Shohoku aveva cominciato ad insospettirsi.
«Si, può sapere che ha quel demente stavolta?» disse il gigante che vantava di un metro e novantasette di altezza.
Si era appostato in un angolo della palestra per stirarsi i muscoli delle gambe in attesa dell’amichevole tra matricole - senior e sperimentare le formazioni, ma poi aveva notato il rosso comportarsi con una condotta più strampalata del solito.
Questo gli aveva ovviamente alzato i valori della normale “pressione”.
«Non so, dovremmo esserci abituati a...» Kogure si voltò e sbarrò gli occhi sconvolto.
Provando a darsi una risposta sollevò gli occhiali, sfregandosi gli occhi, così da assicurarsi di non vederci doppio o soffrire di precoci allucinazioni.
«Credo che stavolta la sua reazione sia giustificata, Akagi. Non credi?» disse sicuro della sua vista e poter parlare in difesa di Sakuragi.
Akagi seguì la malvolentieri la traiettoria invisibile disegnata dallo sguardo dell’amico, rimanendo scioccato quanto lui di quello che vide. Quando lo vide.
«Ma Ayako, hai una sorella?» chiese questo dopo averle raggiunte.
«Si, gemella. Ragazzi lei è Saeko» corrispose questa spiaccicando la guancia su quella di Saeko. C’era da dire che vederle dall’ottica siamese, incuteva una certa impressione.
«C – ciao» disse Saeko facendo il saluto del marinaio a caso.
Quando era tesa fino all'osso, cadeva in uno stato di frastornante paranoia, compiendo azioni sconclusionate come questa.
E quel mucchio di occhi dubbiosi la stava francamente spaventando.
Erano come ognuno di quelli che l’avevano viste per la prima volta nella stessa stanza: increduli e sbigottiti.
Saeko non possedeva il dono della telepatia, tuttavia se avesse potuto tradurre le loro espressioni in parole, il risultato sarebbe stato di “Ci sono davvero due Ayako insieme a noi o ci vediamo doppio per colpa dei nuovi ingredienti di cui è composto l’integratore che abbiamo bevuto? Ma se ci sono davvero due Ayako chi è l’una e chi è l’altra?”
«Spero che non vi dispiace. L’ho invitata qui perché condividiamo entrambe l’amore per il basket» specificò la gemella battendogli assiduatamente la mano sulle spalle.
«Oh, oh. Ma certo che no cara. Resta pure» rispose contento il signor Anzai dal fondo della sua postazione.
«La ringrazio signore» si inchinò lei educata.
«No, certo. È un piacere da parte di tutto il club» anche Akagi acconsentì facendo da portavoce alla squadra.
«Benvenuta» seguitarono tutti in coro.
«Eh, aspetta. Frena l'entusiasmo capitano» lo stuzzicò scherzosamente la manager mutando l'espressione da burlesca a seria in un frangente di secondo.
«Non penso avrai lo stesso pensiero quando saprai da che liceo proviene»
«A si? Da che liceo vieni?» gli domandò Akagi provando – nel frattempo – a rispondersi da solo.
Già di per se era bislacco che non frequentasse la stessa scuola della sorella, ma se Ayako aveva usato quel tono canzonatorio poteva trattarsi o dello Shoyo o il Ryonan.
Squadra in cui fra l’altro, c’era un’accesa e palpabile rivalità tra i rispettivi numeri quattro.
«Il» Saeko si morse la lingua indecisa sul pronunciare o no quel così tanto rinomato nome della prefettura.
Si chiedeva anzitutto a che ripercussione avrebbe avuto sulla squadra perché in teoria il liceo da lei frequentato era la centrale di un loro potenziale avversario.
A impensierirla di più era sopratutto la possibile reazione del capitano Akagi.
Se la gemella l'aveva pungolato, significava che il renderlo accorrente l'avrebbe mandato in bestia. Di brutto in bestia.
Saeko si addentò le labbra immaginando verosimili scenari in cui sarebbe stata presa a spintoni fino all'uscita e bandita dalla scuola dello Shohoku.
O a dispetto di questo si sarebbero sforzati di accoglierla, ma con la costante puzza sotto il naso?
Saeko deglutì sonoramente prendendosi degli altri minuti.
Per poterlo guardare a dovere dovette inclinare verso l’alto tutto il collo.
Come Jin, Maki – e adesso anche Sakuragi – ritrovarsi di faccia a lui la faceva sentire un granello di sabbia in mezzo a un sconfinato deserto di dune.
Akagi aveva una statura importante rispetto a quella degli altri compagni.
I capelli erano rasati nella parte inferiore e compatti a panettone nella superiore, la mascella quadrata e le labbra sporgenti.
Lo sguardo spietato non combaciava con quello dei teppisti prevaricatori con cui aveva avuto disgraziatamente a che fare. Si capiva bene che la sua spietatezza era alimentata da un poderoso sogno che gli donava un aspetto compiutamente maturo.
Saeko cominciò all'incirca a comprenderne la personalità.
Akagi era senz’altro il classico gigante buono con la fissa per la disciplina e la fermezza d’animo che perdeva la ragione quando le parti subalterne andavo sopra le righe, non obbedendogli.
«Kainan» pronunciò mangiandosi appositamente le lettere.
Peccato che però erano comunque riuscite ad essere colte da ogni atleta astante della palestra.
In particolar modo le orecchie del loro capitano, che a differenza da come lei aveva preveduto, accolse quel nome con pacato spirito sportivo.
«Il Kainan eh?» pronunciò storcendo un mezzo sorriso eccitato a destra.
«Beh, porta i miei saluti al suo capitano e digli che quest'anno siamo più determinati che mai a partecipare ai campionati nazionali» disse Akagi.
Qualcosa in lui la colpì e gli ricordò vivamente la personalità nobile di Maki.
Ciò di conseguenza operò su di lei in maniera positiva, facendola risolutivamente tranquillizzare.
«Si, okay. Riferirò» si impegnò tramite un sorrisino spigliato.
«Scusate, ma chi è questo Kainan di cui parlate?» si intromise Sakuragi indossando una maschera facciale da ebete.
«Eh, ma te non sai proprio nulla» lo rimproverò Ayako piantandosi i pugni sui fianchi.
«Imbecille» disse Akagi depositandogli un pugno in cima al capo.
Quella piazzata gli fece rivivere le volte in cui Maki riprendeva la spacconeria di Kiyota adoperando l’equivalente metodo.
«Il Kainan è la squadra più forte della prefettura. Non è mai mancata ad un campionato nazionale. Contenderci la vittoria in una partita con loro sarebbe già una soddisfazione e batterli la realizzazione di un sogno a metà» continuò Akagi.
«Beh, allora se è così» Sakuragi ci ragionò su poggiandosi la mano sul mento.
«Potrebbe essere una spia mandata qui per riferire all’avversario le nostre strategie di gioco» dedusse accusandola sia a parole che gesti.
«No, no stai tranquillo. Sono solo un’ospite neutrale ed innocente» si affrettò a spiegare Saeko interponendo le mani in avanti come per dire un chiaro “ALT”. Ma fu troppo tardi per pacificare l’indole incazzata di Ayako e Akagi.
«Smettilaaa!» gli sbraitò la gemella colpendolo nuovamente con il ventaglio.
Saeko si chiese quanto dovesse essere dura la sua pellaccia per sopravvivere a quei ripetitivi violenti colpi alla testa.
«Non capisci mai niente. Sei proprio cocciuto» si sgolò l’altro incutendo la stessa paura che avrebbe messo una montagna da scalare.
«Ah, smetto di perdere tempo con te» rinunciò indirizzandosi al centrocampo ancora visibilmente furioso.
«Ritardato!» pronunciò Rukawa da dietro le sue spalle, prendendo posto davanti ad Akagi.
Da quel momento in poi, l’atmosfera fu immediatamente intensa e competitiva.
Il resto delle squadre che si era formato andò a depositarsi nelle loro postazioni, eccetto Sakuragi - rimasto accanto alle tre ragazze - borbottante e scalpitante di poter esibirsi in impareggiabili mosse da cestista.
«Niente riguardi, ok?» comunicò Akagi al moro riavendosi dal suo succinto attimo di collera. Rukawa non rispose né a smorfie o sillabe.
Saeko si chiese se fosse capace di provare emozioni poiché il suo volto manteneva la perenne espressione apatica.
«Ho un brutto presentimento» giudicò Sakuragi con il volto incupito.
Saeko lo guardò per un attimo cercando di comprenderne la sentenza.
“Che intende? Ci sarà una scazzottata? O è in pensiero per il risultato della mini - partita perché spera che la squadra delle matricole non perde?”
L’atleta predefinito a fare l'arbitro della partita tirò la palla ed ambedue i capi squadra si lanciarono in un elevazione per contendersi l’iniziale possesso.
Il risultato conclusivo fu una parità.
«Pensavo che vincesse Rukawa» espose Ayako sorridente.
«Quel Rukawa è uno sfrontato» si lamentò Sakuragi a braccia conserte.
«Battersi con il gorillone, che ha dato problemi perfino a me. Chissà se quell’idiota ce la farà» poi rimescolò l’espressione assumendone una del buffo pensatore.
«Ehi, un momento. Io ho sconfitto il gorilla. Quindi...se il gorilla battesse Rukawa...io sarei superiore anche a Rukawa!»
Saeko lo guardò colpita.
Le sue orecchie funzionavano bene? Aveva battuto il gorilla?
Con gorilla intuiva che intendesse il capitano Akagi e non poté che considerare quanto fosse fenomenale.
Gli sarebbe piaciuto chiedergli qualche altra indiscrezione, ma non lo fece perché non voleva sembrare troppo invadente o impicciona. Alla fin fine non erano passati nemmeno dieci minuti da quando si erano conosciuti.
Sakuragi comunque sembrava essere direttamente caduto nel mondo dei sogni ad occhi aperti, infatti ci pensò la sorella a risvegliarlo.
E Rukawa.
«Oh, lo ha tagliato fuori» commentò qualcuno a gran voce. Rukawa aveva appena stoppato la palla destinata ad Akagi con un’accorta mossa del braccio.
«Dai Rukawa» supportò Haruko eccitata.
«Deficiente» replicò Sakuragi nemico di quel nome.
«Certo che Rukawa è proprio migliorato nella difesa» dichiarò la gemella con manifesto stupore.
«E’ stata solo fortuna» sminuì Sakuragi al suo fianco.
Di seguito ci fu un battibecco tra Ayako e Haruko a proposito di chi fosse più propenso a vincere (la sorella patteggiava per il capitano, l’amica per Rukawa) e l’intero ambaradan terminò con un Ayako che diceva
«Volevo solo stuzzicarti un po’. Sei così buffa. Sei proprio una brava ragazza eh?» poi gli si avvicinò e poggiandogli le mani ai lato del viso, la sbaciucchiò a più non posso su una guancia sotto gli occhi scioccati di Hanamichi e Saeko.
«Unm, sei un amore»
«Ay..Ayako» strepitò Haruko imbarazzatissima.
«Oh, cavoli»
“Ma che combina?” pensò Saeko con una mano volta a nascondergli la faccia che si stava contorcendo nella vergogna.
Anche se erano solo delle conoscenti, provò sincera compassione per quella ragazza.
«Beh, tanto giocheranno tutti e due nella stessa squadra e così lo Shohoku si rafforzerà» risolse Ayako esibendosi in una ridarella gasata ad un indice sollevato.
«Sei proprio una maliziosa» replicò Haruko ormai rassegnata.
Saeko era stata sul punto di scambiarci qualche parola solidale, ma fu nuovamente rapita dalle dinamiche di gioco che si stavano svolgendo sul campo di Basket.
La palla era di nuovo in possesso del morettino Rukawa.
I senior erano schierati in difesa intenti a monitorare ogni minimo spostamento di gambe o mossa delle braccia di quest'ultimo.
«Strano quando Rukawa tocca palla, quelli della seconda e terza cambiano sguardo» osservò accuratamente Hanamichi.
«Si, l’ho notato anche io» concordò Saeko senza staccare gli occhi dalla partita corrente.
Succedeva spesso anche con Maki.
Ogni volta che aveva il controllo di palla o toccava a lui la rimessa in gioco.
Nel caso di Maki però era diverso perché durante gli allenamenti i suoi compagni – avversari erano sopraffatti da una specie di reverenziale e agguerrito timore.
Con Rukawa gli avversari trasparivano inflessibilmente attrezzati della loro esperienza, ma irresoluti nell'imprevidibilità fantasiosa di una matricola.
La palla sbatteva ipnoticamente sul parquet incerato, Rukawa aspettava l’attimo propenso per mettere in atto l’azione sollecitamente macchinata nella sua mente.
Ad un certo punto, uno dei senior si gettò a capofitto sulla palla, ma lui la fece scorrere prontamente dietro di se e poi passarla con la stessa speditezza al suo compagno di squadra.
La bocca di Saeko si spalancava in simultanea al proseguire della partita.
Rukawa adesso, aveva appena ricevuto un passaggio dal medesimo compagno a cui l’aveva passata.
A fronteggiarlo c’era il vice capitano che riuscì ad eludere con un gioco di spalle e gambe impalpabile, schizzando pronto a fare un tiro da tre punti, ma all'ultimissimo secondo si parò davanti il bestiale muro del capitano Akagi che lo stoppò con il famoso “colpo dello scaccia mosche”. Come l’avevano denominato Ayako e Haruko.
«Fantastico» commentò con pupille allegre Saeko. Se assistere agli allenamenti del Kainan era pura magia, quelli dello Shohoku erano prodigiosamente spettacolari.
Correntemente. Akagi vantava il possesso della palla e correndo spedito verso il canestro, si era tuffato in una straordinaria schiacciata.
«Ce l’ha fatta»
«Gorilla Dunk» esultarono degli atleti vari.
Gli sguardi di smaniosa sfida che Akagi e Rukawa si scambiarono, non passarono inosservati a Saeko.
«Fantastico. Sei stato grande Akagi» si esaltò Ayako.
«Livello eccellente» disse il coach seduto li vicino.
«E’ bravo il gorill» cominciò Hanamichi, ma accortosi che Ayako lo ascoltava, si affrettò a correggersi.
«Emh...un ottimo lavoro, no?» gli chiese con una risata imposta. Ayako gli sorrise quasi intenerita dal suo comportamento.
«Ragazzi siete davvero grandi» espose Saeko parlando a chi l’avrebbe voluta ascoltare.
«E quel morettino è davvero forte» e se calcolava che fosse soltanto una matricola quel ragazzo aveva un talento spaventoso. Uno del calibro di Rukawa, non avrebbe avuto nessun impedimento a tenere testa ad un'altrettanta matricola come Kiyota. Forse anche Jin.
«Non dirmi che ti sei presa anche tu una cotta per Rukawa» frecciò Ayako. Saeko si mise istantaneamente sull’attenti rispondendogli a mascella serrata.
«Ma che dici il mio era solo un commento tecnico. Sai benissimo che non è il tipo per cui mi prenderei una cotta»
«A dire il vero non lo è neanche quello per il quale ce l’hai» evidenziò Ayako guardandola di sottecchi.
«MA - KI. MA - KI. MA - KI» pronunciò a rallentatore per spazientirla.
La gemella arrossì dalla punta del mento a quella del naso.
Il solo pensiero di Maki che si muoveva come una scheggia in mezzo ai suoi avversari totalmente incapaci di fermarlo, la creazione di quell’immagine sconsideratamente nitida, gli fece scottare la pelle come un sole ad agosto.
E lei detestava essere così spacciatamene emotiva.
«Comunque visto? Che ti avevo detto?» la interrogò Ayako tornando seria.
«Il Kainan sarà anche ad un livello superiore a quello del massimo delle altre squadre, ma anche noi non scherziamo mica» completò orgogliosa.
«Hai proprio ragione, sorella» se ne conciliò Saeko dimenticandosi dell’imbarazzo. Ciò che stava più risaltando agli occhi di Saeko, era il diverso stile di gioco delle due squadre.
Il Kainan in fatto di velocità, resistenza e cooperazione non avevano pari.
Lo Shohoku aveva delle varie falle all’interno che se riparate l’avrebbero trasformata in una delle più pericolose e invitte della prefettura.
Un esempio era il morettino Rukawa grandioso cestista si, che però giocava singolarmente malgrado lo facesse per i suoi compagni.
Ma c’era da dire che possedessero uno stile tutto loro che li rendeva comunque eccezionali.
«Mio fratello, fa proprio sul serio. Povero Rukawa» considerò Hayako d’improvviso. Ayako prese subito parola, discutendo con quella sua tipica saggezza che la componeva.
«Oh, Haruko. Tu non hai ancora capito com'è Rukawa? Sembra sempre addormentato, ma nel profondo è uno che odia perdere. Ora che ha subito quella splendida azione da parte di Akagi, gli starà certo rodendo il fegato»
«Veramente?» domandò Saeko dubbiosa. Lo stava osservando accuratamente, ciononostante sul volto riconosceva la stessa imperterrita e fredda espressione. Forse con un po’ più di fiatone.
«Oh, si. Tieniti pronta sorellina che tra non molto Rukawa si esibirà in qualcosa che ti lascerà senza parole» la mise in guardia ancora Ayako.
«Starò con gli occhi incollati alla palla. E lui» assicurò impaziente. Non vedeva l’ora di rimanere sconvolta dal talento innato di quel ragazzo di ghiaccio.
La partita aveva ripreso i suoi ritmi e subito Rukawa era riuscito a rubare palla ad Akagi con una splendida stoppata a due mani.
Le ragazze rimanevano incantate dal suo modo di giocare e Hanamichi si sgolava come se fosse l’allenatore, chiedendo ai suoi compagni di fermarlo – anche ricorrendo all’estremo rimedio di un calcio - mentre Rukawa accorciava le distanze al canestro, adoperando circa la metà della sua innata bravura per eludere il resto degli avversari.
L’azione si concluse con un fallo dei senior su di lui.
«Doppio tiro libero» proclamò l’atleta - l’arbitro.
E Hanamichi chiese ad Ayako cosa significasse.
«Beh, si chiama tiro libero quando come e’ successo prima, si commette fallo su un atleta che sta tirando...allora viene assegnato il tiro libero, che si effettua indistrubati» spiegò questa professionalmente. Saeko lo studiò incerta e si ricordò di ciò che la sorella gli aveva raccontato riguardo lui.
“«Si, diciamo che questa matricola acquistata è particolare e abbastanza scalmanata. Ha stoffa, ma pretende di entrare in campo senza conoscere i fondamentali.»” .
A quanto pare non gli mancavano soltanto le basi pratiche, ma non sapeva neanche l’ABC teorico.
«Buono a sapersi» disse in contemporanea a Rukawa che faceva immancabilmente canestro.
«Si effettua indisturbati» borbottò poi architettando chissà che cosa nella sua testa.
Non ci volle molto per appurarlo, perché quando Rukawa fu pronto a tirare il secondo tiro libero, Sakuragi si era appostato sotto il canestro deformandosi comicamente la faccia per farlo sbagliare, peccato che lui irremovibile come una roccia, era riuscito lo stesso a concludere un perfetto canestro.
Saeko avevo portato una mano alla bocca ridendo nascostamente.
Se agli altri i comportamenti di Sakuragi apparivano idioti e infantili, lei ci moriva dal ridere.
«Merda! Non permetterò che Rukawa se ne stia li a fare bella mostra di se» sbottò d’un tratto Sakuragi marciando coattivamente verso l’allenatore.
Stava cercando di aggraziarselo – strapazzandolo per la pappagorgia - così da permettersi di entrare in campo.
Ayako, chiaramente era andata a riparare il disordine combinato dal rossino riportandolo al posto antecedente, chiedendo umilmente scusa a nome di entrambi.
«Sentite un po’ visto che Rukawa è del primo anno, dovrei tifare per le matricole? Sarà giusto?» chiese Haruko impensierita quando si furono raccolti vicino a lei.
«Certo» acconsentì stupidamente Sakuragi. Saeko cominciò a rendersi conto che con lei il suo carattere si mutava in uno da bambinone cieco e innamorato.
«Ma cosa dico? Assolutamente no» Sakuragi sbatacchiò la testa rossa rettificando la risposta.
Saeko corresse le sue conclusioni: forse non tanto cieco, ma innamorato senz’altro.
«Chissà perché Sakuragi ce l’ha tanto con Rukawa» provò a ragionare a fondo Haruko.
In effetti anche Saeko se lo stava chiedendo.
Rukawa era un suo compagno di squadra sia negli allenamenti, che al di fuori.
Con una matricola fuoriclasse come lui alle eliminatorie del campionato interscolastico avrebbero vinto tre partite su quattro. Era assicurato.
Ma allora perché mostrava una così avversa antipatia per quest’ultimo?
Saeko ebbe la risposta non appena ripensò a quello che aveva precedentemente realizzato.
Gelosia. Quella di Sakuragi non era un’avversa antipatia, bensì una conturbante gelosia.
Il loro poteva letteralmente riassumersi in un classico e risaputo “Triangolo amoroso”: lui amava lei, ma lei amava un altro che manco se la filava per sbaglio.
Saeko si ridestò dai suoi pensieri, giusto in tempo per vedere Ayako portare Sakuragi in un angolino della palestra.
Ciò che provò, fu un’istintiva solidarietà nei suoi confronti.
Senza starsene a meditarci inutilmente sopra, si avviò verso di lui nel contempo che la sorella faceva la strada inversa.
Ayako la seguì con lo sguardo tutta sorridente. Aveva immaginato che la sorella sarebbe partita in sostegno di Sakuragi, per questo l’aveva messo in una punizione pubblica e isolata.
Voleva che quei due approcciassero in maniera appartatamente complice.
Doveva accadere ad ogni costo che si avvicinassero perché Saeko aveva estremo bisogno di uno facilone e franco come lui e in ugual misura lui avrebbe imparato qualcosa da una responsabile e sognatrice come lei.
Sempre se fosse stato possibile depositare qualcosa in quella sua zucca vuota.
«Hey» debuttò piegandosi sulle gambe così da permettersi di poterlo guardare fisso negli occhi durante la loro chiacchierata. La cosa assurda era che anche raggomitolato tra le sue stesse membra, risultava in ogni caso più alto di lei.
«Sakuragi, giusto?» proseguì lei per scioglierli e sciogliersi meglio la lingua.
«Si» affermò guardandola con un’aria inebetita.
«Sai, mia sorella mi ha parlato molto di te»
«Davvero? In positivo spero» si entusiasmo Sakuragi coinvolto.
Saeko distese lentamente le labbra. In fondo non era difficile intavolarne una conversazione. Bastava che il baricentro dell’argomento fosse stato lui.
«Si in un certo senso. Diciamo che ha esaltato le tue virtù da cestista future»
«Per forza io sono un genio del basket» decantò le sue qualità alzandosi in piedi con una risata sguaiata.
«Si, già» accreditò Saeko non potendo fare a meno di ridere a sua volta.
«Non Vedi l’ora di entrare in campo vero?» gli domandò poi dopo essersi sollevata anche lei da terra.
«Eccome. Non ho fatto altro che allenarmi nei fondamentali. Ma adesso voglio giocare. E poi non posso permettere che solo Rukawa si metta in mostra oscurando la mia portentosa figura di basketman»
«Devi avere pazienza. Arriverà il tuo momento» gli suggerì lei saggiamente.
«Beh, sono stufo. Io Sono superiore a Rukawa, pensa che il qui “basketman Sakuragi” ha sconfitto anche il gorillone»
«Allora avevo sentito bene. Hai sconfitto davvero il tuo capitano. Complimenti. E’ Sensazionale» gli occhi di Saeko si dilatarono per l’eccitazione.
«Chissà se riusciresti a battere anche Maki?!» disse di conseguenza questa.
«Eh? E chi sarebbe?» gli chiese lui non avendo la più pallida idea a chi lei si riferisse.
«No, niente» si scagionò diventando paonazza per la vergogna di aver condiviso ad alta voce l’ennesimo pensiero in cui Maki ne era stato il suo vertice.
Forse metterlo contro Maki sarebbe risultato enormemente pretenzioso, ma con Kiyota?
All'infuori che fossero tutti e due delle matricole, si somigliavano in parecchie sfaccettature del carattere, soltanto che Kiyota aveva uno stile innegabilmente crescente.
Perciò chi l’avrebbe spuntata?
«Io intendevo dire. E’ stato un uno contro uno?» postulò rifinendogli l‘ufficiale variante della domanda.
«A si, si» rispose lui modificando la faccia in una tontolona.
«E l’ho sconfitto con una delle mie famose schiacciate»
«Uno Slam Dunk? Fighissimo» a ogni parola in più che scambiava con Sakuragi, l’eccitazione di Saeko si faceva fortemente viva e ricorrente.
Ora come non mai, era impaziente di vedere come se la cavava in un campo da basket.
Se pur per una partita di allenamento sperimentale.
Si voltò un secondo verso la sorella, poi passò al campo di basket zeppo di atleti scattanti e zelanti.
Rimase a contemplare le due cose per quattro secondi massimo. La durata consona per ardire un’idea ingegnosa.
«Ascolta, non incazzarti. Penso che entrerai presto in campo. Fidati» gli disse rivolgendogli uno sguardo significativo.
«Che?» l’animata scintilla di determinazione presente tra gli occhi di Saeko non fece agitare ulteriormente le lingua di Sakuragi.
«E sappi che i tuoi capelli mi piacciono un sacco» disse ancora Saeko con l’incontenibile voglia di sfiorandogli la cima del ciuffo cotonoso. Lui spalancò la bocca in un sorriso bambinesco.
«Davvero? Sei la prima che me lo dice»
«E mi sento spropositamente onorata di questo» testimoniò solennemente.
«Sai che ti dico?» fece questo trasportato dalla naturalezza con cui stavano riuscendo a interagire.
La sua espressione parve descrivere il tipo di decisione che aveva preso seduta stante: memorabile e marziale.
«Ho deciso. Da oggi in poi sarai la mia amica del cuore»
«Ma mi hai appena conosciuta, come puoi...»
«Non mi importa. Chiunque dice una frase del genere deve essere assolutamente la mia migliore amica» dichiarò circondandogli le spalle con un braccio, partendo perciò a dargli fraterni schiaffetti sul braccio.
«Okay, va bene. Va bene» Saeko sventolò bandiera bianca perché capì che la parola compromesso e tipo semplicione non si sarebbero mai trovati nella stessa frase.
Poi, ripercorse il breve tratto della palestra per affiancandosi nuovamente alla sorella.
Ayako si mostrò estranea alla faccenda, ostentando la totale indifferenza al loro succinto avvicinamento o un suo qualsivoglia coinvolgimento.
Questo però fin quando comprese che la sorella non aveva nessuna intenzione di spartire degli estratti della sua chiacchierata con Sakuragi.
«Si può sapere di cosa avete parlato tutti e due? Che cosa gli hai detto?» gli chiese a braccia incrociate e occhi inchiodati al campo di basket.
«Niente che tu non mi abbia già riferito o io potrei aver mai condiviso con te» gli rapportò l’altra lineare, nel frattempo constatava che Rukawa era una furia scatenata in campo.
«Tu e la tua assurda mania di supportare gli altri»
«Quando qualcuno ne è innegabilmente meritevole, è un nostro dovere imperativo farlo. Di supportarli, intendo»
«Sai che ora si monterà ancora di più la testa?» la avvertì Ayako tentando di innescare un vacillamento nelle sue prodezze filantropiche.
Ma Saeko era ormai irremovibile. Aveva già inteso quanto quel ragazzo dai singolari capelli rossi fosse inimmaginabilmente compatibile con lei. Per questo riusciva a figurarselo senza sforzo come amico stretto e non poteva essere da meno alla sua promessa fattagli.
«Maggiore divertimento per me» controbatté stabilendo un touche a favore suo.
“Già, proprio tipico della mia gemella.” speculò mentalmente Ayako.
«E comunque non montarti la testa neanche tu perché ci avevo già pensato io di farlo entrare in campo» Saeko la guardò sgomenta perché era esattamente quella la domanda che stava per azzardare a porgli.
«Sei la migliore Ayako» disse sorridendogli fiera.
«Grazie, ma anche tu non scherzi affatto» ricambiò la gemella schiacciandogli un occhio con il labbro superiore all’insù.
Improvvisamente, si sentì il rimbalzò di una palla intercettata e di sequenza un Rukawa pronunciato come se chi lo cercava l’aveva individuato.
Le gemelle rimasero a seguire ogni suo fulmineo spostamento a bocca aperta: eludendo il primo avversario con un volteggio su se stesso e l’altro facendogli passare la palla in mezzo, si era slanciato in un’elevazione fantasmagorica conducente ad una magistrale schiacciata ad una mano.
«E’, è un mostro. Rukawa è un mostro» riuscì a balbettare Saeko assolutamente stupita.
E finalmente, capì cosa intendesse la sorella.
Rukawa esternamente appariva in un modo, ma internamente aveva un fuoco vivo che bruciava.
Era come se la sua indole impassibile, si sgelasse nel campo da basket.
Come se tenendo una palla di basket in mano ritrovasse la carica e la ragione assoluta per stare al mondo.
Praticamente il basket stava a Rukawa come la scrittura stava a lei.
In continuazione alla sua realizzazione, accaddero dei teatrini preminenti ed umoristici allo stesso momento: le fan sfegatate di Rukawa strepitarono infoiate per l’eccellenza del loro oggetto dei desideri, Sakuragi perse il senno quando vide che Haruko aveva gli occhi a cuore per lo stesso motivo delle fan, offeso nell’orgoglio era andato ad importunare una matricola così da indurla a candidarsi per uno scambio con quest’ultimo, il capitano Akagi l’aveva intimato di smetterla, lui allora aveva provato ad intenerirlo con delle lacrime di disperazione, perciò Ayako era intervenuta provando a farlo entrare in campo perché tanto “l’incontro era quasi finito” e Akagi – pentendosene a priori – aveva chiesto all’allenatore Anzai il permesso, giustificandosi per la sua inesperienza con un “Ha appena cominciato a giocare a basket. È un elemento fortemente disturbato” quindi l’allenatore aveva approvato la scelta emulando la risata di un babbo natale pacioccone e gaio.
Sakuragi aveva così indossato la maglia di allenamento numero diciotto delle matricola con cui si era dato il cambio.
Gli stava talmente attillata da far pensare che fosse stata lavata in un programma sbagliato della lavatrice o che l’avesse fregata a un peluche gigantesco.
Però Saeko doveva ammettere, che affiancato da Rukawa aveva il suo perché.
Tutte due erano ben piazzati, intimidatori e risoluti.
In poche parole entrambi rappresentavano perfettamente il modello asso dello sport praticato.
La cosa, difatti, non passò inosservata ad Haruko. E anche qualcos’altro.
«Beh, però Sakuragi è inesperto. Commetterà degli errori» si rivolse ad Ayako.
«Questo è certo. Ma restano pochi minuti, probabilmente non toccherà neanche palla.. gli servirà come esperienza» spiegò lei abbozzando un sorriso pacato.
Ciò che Ayako predì, però, venne subitamente smentito.
Sakuragi, infatti, era impensabilmente riuscito ad intercettare un passaggio sotto gli occhi sconvolti di tutti ed ora si indirizzava alla volta del canestro con un palleggio niente male.
«Tutto merito degli allenamenti» disse Ayako.
Saeko non stava più nella pelle. Gli veniva voglia di urlare il suo nome per supportarlo, ma si moderò facendolo mentalmente.
Sakuragi continuava a mantenere la palla in suo possesso.
A raggiungerlo in sostegno di un passaggio fu Rukawa, il suo compagno di squadra lo incitò a passargliela, lui comunque – facendo un gioco da caprone egoista – li ignorò intenzionalmente.
Ciò lo portò a ritrovarsi nuovamente ad uno scontro singolo con il capitano Akagi.
“Fantastico. Si sconteranno nuovamente ad un uno contro uno. Non vedo l’ora di assistere al suo Slam Dunk di cui parla tanto”. Si esaltò Saeko.
«Oh, quel ragazzo è incorreggibile» Saeko sorvegliò la sorella incredula. Perché adesso aveva detto in quel modo?
Saeko ne ebbe un riscontro quando Sakuragi berciò scanditamente un
«Rukawa sappi che non ti passerò mai la palla. Io sono l’umo che ha battuto il gorilla perciò sta a me fare canestro. Sta a vedere» elevandosi così in un salto degno di quello ultimato da Rukawa e i professionisti del basket.
«Tu mi stai sottovalutando moccioso» gli urlò Akagi aggressivo.
In un effetto rallenti che gelò e tenne il fiato sospeso della totale palestra, la mano di Sakuragi si andò a “ficcare” accanitamente nella capoccia di Akagi, e non dentro al canestro come invece avrebbe dovuto essere.
Saeko rimase paralizzata dallo sconcerto per qualche attimo che la fece estraniare dagli scenari andanti.
Non si spiegava se il fatidico Slam Dunk di Sakuragi fosse quello o ci fosse stato un errore madornale dettato dalla sua incompleta preparazione.
Molti si stavano pentendo di averlo fatto entrare in campo, altri – tipo Akagi – stavano provvedendo a spezzargli l’osso del collo.
E fu in quel momento, in quella baraonda di grida e commenti rassegnati che Saeko scoppiò fragorosamente a ridere.
La risata fu così tanto a crepapelle che cominciarono a fargi male le costole.
Non rideva in quel modo da un anno preciso. Lo sapeva bene.
E il merito andava quei ragazzi.
Erano svalvolati fino all'ultimo grado, ma anche ostinatamente amichevoli. E dei veri fuoriclasse.
Per non parlare di Sakuragi, che si, era dispettoso e infantile, però la metteva anche di un’indefinibile e nostalgico buon umore.
“Si, forse questa è la volta buona.” si disse solamente.
“Forse ho davvero trovato delle persone degne della mia fiducia. Esattamente come i celebri quattro dell’altra sfonda con i quali mi sto integrando.”
Saeko virò lo sguardo su Ayako, rimanendo muta. Lei se ne equivalette al medesimo modo.
“Ora capisco il perché ci tenevi tanto a farmi venire qui. Sei davvero la migliore Ayako. Grazie mille gemella. Ti voglio un mondo di bene.”
Bastò quello sguardo colmo di riconoscenza e affetto per farle comunicare.
Perché loro riuscivano a conoscere i pensieri reciproci senza bisogno di dover parlare.
E tra gli occhi di Ayako c’era stampato un netto
“Di niente sorellina. Ti voglio bene anche io”.




NOTE AUTRICE: Ciaoooo. Si lo so, ho detto che avrei aggiornato una volta a settimana, ma sapete? Da oggi ho deciso che lo farò quando mi va. Ottima idea no?
Comunque eccoci qui al quinto capitolo. Finalmente la nostra protagonista ha incontrato il nostro mitico protagonista geniale del manga/anime. Che ne pensate di sti due e della loro amicizia appena sbocciata?
Come vi avevo anticipato la FF si svolge in contemporanea al manga/anime e che ritroverete/riconoscerete parte delle sue scene. Questo è uno di quelli.
Per questo quinto capitolo e il “thread delle canzoni che mi ispirano a scrivere la FF" condivido con voi Lockhart & Burr - Dangerous Eyes.. Oltre questo volevo condividere con voi anche quest'aesthetic di Saeko che ho fatto Aesthetic
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Al solito ringrazio chi mi segue e mi aggiunge alla varie opzioni di scelta e anche i lettori silenziosi. Vi ringrazio e vi aspetto alla prossima volta. Ciaoooo!
   
 
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