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Autore: heliodor    30/04/2020    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Solo per te stessa (-9)

 
“Non l’ho potuta nemmeno rivedere” disse Marq sedendosi a terra. Brun, accanto a lui, lo accompagnò con lo sguardo.
“Amico Marq” disse con voce appena udibile. “Se può farti stare meglio, ho parlato con Folmer. Lui era presente alla partenza della strega rossa e di Vyncent di Londolin e mi ha assicurato che stava bene”
Marq annuì. “Non è la stessa cosa.”
“Smettila di consolarlo” disse Belia con tono aspro. “Per colpa sua siamo dei reietti anche noi.”
Marq non osò guardarla. Si sentiva pieno di vergogna perché sapeva che la guerriera aveva ragione.
Subito dopo la battaglia Nimlothien lo aveva ammonito di non avvicinarsi alla cella di Sibyl.
“Le guardie hanno l’ordine di ucciderti se ti vedranno, Occhi Blu” lo aveva ammonito.
Lui aveva violato quel divieto ed era stato scoperto.
Allora Nimlothien lo aveva fatto rinchiudere in un recinto, all’addiaccio. Insieme a Belia, Lem e Brun.
Falcandro era stato risparmiato perché ritenuto essenziale per la sua abilità come guaritore. Almeno una dozzina di mantelli e guerrieri dovevano a lui la vita. E altri avevano conservato braccia, gambe e occhi grazie alle sue pozioni.
L’erudito sembrava felice delle sue mansioni.
“Non ho mai avuto la possibilità di studiare così da vicino tanti corpi” aveva detto con entusiasmo. “Sono molto meglio dei topi.”
Belia aveva sospirato. “Dove lo hai trovato?”
“È un amico” aveva risposto Marq.
“Dovresti sceglierli meglio gli amici. Come quella strega rossa.”
“Belia” aveva iniziato a dire Marq.
“No, adesso stammi a sentire” aveva detto la guerriera con tono esasperato. “Ci hai abbandonati nel bel mezzo della battaglia.”
“Eravate al sicuro.”
“Siamo rimasi senza il nostro comandante.”
“Tu li hai comandati bene.”
Belia, Lem e Brun si erano fatti strada fino al campo di battaglia, unendosi ai combattenti poco prima che Nimlothien e Gauwalt ordinassero il contrattacco.
L’armata dell’alleanza era stata circondata mentre cercava ancora di riunirsi nei boschi e impegnata in decine di piccoli scontri individuali in un territorio che non conoscevano.
I mantelli di Galyon, abituati a combattere in campo aperto, non avevano potuto usare tutta la loro potenza. Alcuni erano fuggiti alle prime avvisaglie della sconfitta, disperdendosi. Nimlothien aveva concentrato le forze contro gli irriducibili, circondandoli e costringendoli a una battaglia su più fronti.
Dopo due giorni di combattimento i comandanti sopravvissuti si erano arresi e consegnati al nemico. Malag aveva ordinato di risparmiare chi aveva gettato le armi o strappato il mantello in segno di resa.
Lo scontro alla fortezza era stato meno sanguinoso della battaglia vera e propria, ma era stato lì che si era deciso il destino della ribellione.
Galyon e Mardik erano morti in duello combattendo contro Malag. L’arcistregone aveva ordinato di cremare i loro corpi e riportarli al campo dell’alleanza perché venissero sepolti con onore.
Falgan era stato sepolto in una fossa comune e di Adler si erano perse le tracce. Per quanto ne sapevano, poteva essere morto nella foresta o in viaggio per Berger. La sua armata si era dispersa e si essa non restava che il ricordo.
Malag aveva offerto ai prigionieri la possibilità di unirsi alla ribellione. In pochi avevano accettato. La maggior parte voleva tornare a casa o dai loro compagni.
L’arcistregone, sebbene Nimlothien fosse contraria, non si era opposto e li aveva lasciati liberi di andare.
“Smettila” aveva esclamato Belia. “Sono delusa da te, Occhi Blu. Tuti qui lo siamo.”
“Io non ti giudico” aveva detto Brun.
Lem aveva accennato a dire qualcosa ma a un’occhiataccia di Belia era rimasto in silenzio.
“Io sono delusa, Marq. Ti sei comportato come il rinnegato che tutti dicono che tu sia.”
“Forse ho solo seguito la mia natura.” Le parole di Belia lo avevano ferito, ma in quel momento non aveva una risposta migliore da darle.
“Tutto per quella ingrata” aveva proseguito Belia ignorando le sue parole. “Devi essere stupido o pazzo per non accorgerti che ti ha usato. Ti ha tradito a Theroda, abbandonato a Malinor e infine ha sfruttato la tua ingenuità per arrivare a Malag e tentare di ucciderlo.”
“C’è quasi riuscita” aveva detto Lem.
Il duello con Malag era sulla bocca d tutti, lì alla fortezza. E si stava diffondendo ovunque, senza che l’arcistregone facesse niente per impedirlo.
Tutti parlavano della strega rossa che aveva sfidato Malag e rischiato di ucciderlo. Alcuni con odio e astio, altri con sincera ammirazione.
Belia aveva squadrato Lem con uno sguardo feroce.
“Devi ammettere che ha avuto coraggio” aveva detto il guerriero stringendosi nelle spalle. “E molti lo apprezzano.”
“Il coraggio non serve se ti fai ammazzare per niente.”
“Non è morta.”
“Solo perché ha impressionato Malag. In qualche modo.”
Nimlothien l’aveva rinchiusa in una cella dalla quale era uscita giorni dopo. Quando era stata portata da Malag, Marq aveva temuto che la uccidesse subito dopo.
Invece Sibyl era sopravvissuta anche a quella prova e ora stava tornando al campo dell’alleanza con Vyncent di Londolin.
Nessuno sapeva il motivo di quella decisione e Malag di solito parlava solo ai suoi comandanti delle decisioni che prendeva. Toccava aspettare che Nimlothien o qualcun altro decidesse di parlare.
A meno che non avessero avuto l’ordine di tacere.
Brun si alzò di scatto. “Non volevo consolarlo. Sto solo esprimendo il mio dispiacere per quello che è accaduto.”
“Cerca di dispiacerti per tutti quelli che sono morti in battaglia” lo rimproverò Belia.
“Alcuni li ho uccisi io” disse Brun senza entusiasmo.
Marq aveva saputo che lui e gli altri si erano battuti con onore, respingendo almeno due assalti diretti al fianco destro di Nimlothien.
“È ingiusto che anche voi siate qui” disse tirandosi su. “Ne parlerò con Nimlothien e vi farò uscire da questo recinto.”
La strega bianca venne da loro di persona il giorno dopo la partenza di Sibyl. Sembrava soddisfatta da quello che vedeva.
“Stare nel recinto ti ha fatto ragionare, Occhi Blu?”
“Lascia liberi gli altri” disse Marq. “Loro non c’entrano.”
“Sono amici tuoi, quindi condividono il tuo destino, compresi gli onori e le punizioni. Ora vieni con me.”
“Dove?”
“Il Maestro vuole parlarti.”
Marq la raggiunse e si lasciò guidare nelle viscere della fortezza. “Avete trovato Adler?”
“No, ma non importa. Quel codardo è finito. La sua armata è dispersa o distrutta. ha persino abbandonato la sua spada magica.” Scosse la testa. “Mi chiedo se si possa essere più stupidi di così. Sai che gira una voce su quell’arma? Sembra che sia stata la tua amata strega rossa a recuperarla per darla in dono al tiranno di Berger. Non lo trovi divertente?”
“No e non sono affatto sorpreso” rispose mostrandosi sicuro di sé, anche se non lo era affatto. Non riusciva a capire perché Malag volesse vederlo, ma gli venne in mente solo che fosse per punirlo per aver abbandonato i suoi compagni nel mezzo della battaglia.
Come viene punita la diserzione in un’orda di rinnegati? Si chiese.
Malag lo attendeva in una delle sale interne della fortezza. Bracieri ardevano nei quattro angoli spandendo una luce cupa. L’arcistregone attendeva al centro, in piedi accanto a un tavolo rotondo sul quale era appoggiata una caraffa di vetro piena d’acqua.
“Lasciaci soli” disse a Nimlothien.
Era come lo ricordava l’ultima volta che l’aveva visto. Un anziano con le spalle curvate dagli anni, la voce sottile e a volte gracchiante che sembrava uscire a fatica e due occhi chiari che sembravano scrutarlo con attenzione.
“So cosa stai per dire” disse Marq senza attendere il suo permesso.
Malag agitò una mano nell’aria. “Tu non sai niente, Occhi Blu.”
“Volevo chiederti scusa per averti deluso.”
“Non devi chiedermi scusa perché non sono deluso. Ricordi la nostra ultima conversazione?”
Annuì.
“Ti avevo chiesto di trovare la strega rossa e portarla da me. E tu hai eseguito alla lettera i miei ordini. Come potrei essere adirato con te?”
“Sibyl ha cercato di ucciderti.”
“Come molti altri prima di lei. Questo non mi ha mai fermato.”
Marq scosse la testa.
“Cos’è che non capisci, Occhi Blu?”
“Sembri essere così tranquillo.”
Malag sorrise. Forse per la prima volta da quando lo conosceva. “In verità, dentro di me si è scatenata una tempesta fin da quando ho affrontato la strega rossa.”
“Sono più confuso di prima.”
“Lo so. Immagina di aver rivisto un vecchio amico. O una persona a te cara che pensavi di aver perso per sempre.”
“Questo posso capirlo, ma non vedo come tu o chiunque altro possiate conoscere Sibyl. È comparsa praticamente dal nulla.”
Malag annuì con vigore. “È vero. hai ragione. Devi parlarmi del vostro primo incontro, senza tralasciare alcun dettaglio.”
Marq gli raccontò di quel giorno fuori Theroda, di quando aveva trovato Sibyl tra i resti di una casa bruciata, in un villaggio senza nome.
“Sembrava davvero capitata lì per caso” disse con lo sguardo fisso, i ricordi che svanivano e lui che tornava in quella cella.
Malag si passò una mano tra i capelli grigi e radi. “Non era lì per caso. Veniva dalla battaglia di Nazedir, nella foresta. Solo dopo molte Lune ho potuto parlare con i pochi che sono riusciti a fuggire e tornare da noi per riferire.”
“Sibyl non mi ha mai parlato di quegli eventi.”
“Rancey voleva entrare nel santuario di Lotayne.”
Marq si accigliò.
“È una maga che gli Alfar adorano come una dea. Ma in realtà era una strega che viveva mescolata ai maghi per non farsi scoprire e uccidere.”
“Ho sentito parlare di leggende simili e dei maghi supremi.”
“È tutto vero” disse Malag. “I maghi erano reali. E io ne ho incontrato uno.”
Marq lo fissò con stupore.
Perché mi sta rivelando queste cose? Perché proprio a me?
“Quello che ho incontrato io era una creatura pericolosa, che voleva ostacolarmi” proseguì l’arcistregone. “Era convinto di potermi fermare. Per anni ho cercato di convincerlo che la mia causa era giusta e che le mie ragioni erano valide, ma non ha voluto ascoltarmi.”
Marq percepì un velo di tristezza nelle sue parole.
“Ho dovuto distruggerlo. Prima che lui distruggesse me.”
“Lo hai ucciso?”
“Di più. Ho fatto in modo che il mondo lo dimenticasse. Era l’unico modo per salvare ciò che stavo costruendo. Lui era diventato troppo potente. Troppo arrogante. Come tutti i maghi prima di lui. Doveva essere fermato prima che… prima che…” Malag sembrò sbandare, come se un ricordo troppo doloroso lo stesse per travolgere. Respirò a fondo. “Ma non è di questo che voglio parlarti.”
“Di cosa allora?”
“Di speranza.”
Marq si accigliò.
“Occhi Blu, devo chiederti un favore.”
 
Belia e gli altri lo attendevano nel cortile, fuori dal recinto. La guerriera sembrava sollevata nel vederlo tornare.
“Per un attimo” disse. “Ho temuto di non rivederti mai più.”
Marq abbozzò un timido sorriso. “Quindi è vero che mi ami.”
Belia gli rivolse un’occhiata disgustata. “Ho fatto male a preoccuparmi per te, idiota.”
“Io sono felice di rivederti” disse Lem. “Mi saresti mancato. Sei un buon comandate, nonostante tutto.”
Brun lo accolse con un sorriso imbarazzato. “Io ero sicuro che saresti tornato. Lo fai sempre.”
“Sì” disse. “E stavolta non andrò via.”
Nimlothien tornò dirigendosi verso di loro. “Sei qui” disse quasi sorpresa di vederlo. “Ci sono cose di cui dobbiamo parlare.”
“Malag mi ha già detto tutto.”
“Non questo. È arrivato un messaggero. Dal campo dell’alleanza.”
Marq trattenne il fiato.
“L’incontro si farà. E tu verrai con noi.”
 
***
 
“Se ci sarà l’incontro con Malag, io voglio esserci” disse Joyce.
Gladia la fissò per qualche istante. “Non spetta a te decidere. E se dovrò scegliere di portare qualcuno, non sarai tu.”
“Ma io verrò in ogni caso.”
Si trovavano vicino alla tenda dell’inquisitrice. Joyce l’aveva attesa per mezza giornata, senza riuscire a scoprire dove fosse andata e con chi.
“Ascolta” disse Joyce. “Malag ha affidato a me il messaggio da portarvi.”
“A te e Vyncent.”
“Porta anche lui se vuole venire.”
Gladia si passò una mano tra i capelli. “Bryce ha ragione.”
“Su cosa?”
“Metti a dura prova la pazienza di chiunque ti stia accanto. Che cosa è successo tra di voi?”
“Niente che ti riguardi” disse sulla difensiva.
“Così non mi aiuti a darti una mano, strega rossa.”
“Posso esserti utile.”
“In uno scontro con Malag? Ne dubito.”
“L’ho sfidato e sono sopravvissuta. L’ho anche ferito.”
E una volta ho ucciso un troll da sola. Quasi da sola, pensò.
“È stata fortuna. Un caso. Malag doveva essere stanco o ferito. O entrambe le cose. Ciò dimostra che è vulnerabile. E noi lo colpiremo.”
“Noi chi?”
“Eryen e io. Andremo noi all’incontro. E lo uccideremo.”
“Non se lui si presenta con una scorta.”
“Penseremo anche a quello.”
“E Persym? I colossi?”
“Una cosa per volta.”
Joyce cercò le parole giuste. “Se Eryen muore…”
“Immagino tu saresti contenta.”
“Se muore” ripeté. “Avremo un erede in meno da usare contro Persym.”
“Avremo comunque Bardhian.”
“Da solo contro tre mostri. E un intero esercito.”
“Non sarà solo” ribatté Gladia, ma con meno convinzione.
“Anche io voglio uccidere Malag” disse Joyce. “Ma non è il pericolo più grande. Ho visto i colossi e Bardhian concorda con me. Vanno eliminati con tutte le forze che abbiamo. In ogni modo.”
“Li elimineremo. Dopo aver distrutto Malag.”
“E se li eliminassimo insieme?”
Gladia la guardò di traverso. “Come?”
“Ho un piano.”
“Tu hai un piano?”
Annuì. Da quando era arrivata al campo ci aveva pensato, anche se già da prima di lasciare Nazdur aveva preso forma nella sua mente.
Gladia fece un profondo sospiro. “Ti ascolto.”
“Mi serve una mappa di questa zona. Una mappa dettagliata.”
Ricordava ancora la mappa tracciata da Halux, ma l’aveva lasciata nell’incavo di un albero insieme al compendio e qualche vestito portato da Nazdur. Non poteva allontanarsi per recuperarlo senza destare sospetti e temeva che l’avrebbero seguita scoprendo ciò che nascondeva.
Non poteva correre quel rischio.
“Posso procurarti una mappa.”
“Bene” disse. “Che ne dici se ci incontriamo nella mia tenda, dopo il tramonto? Così parleremo con calma. E porta anche Eryen. Il mio piano riguarda anche lei.”
“Spero per te che non sia solo una perdita di tempo.”
“Non lo è.”
“Verrò da te dopo il consiglio di guerra. E porterò Eryen.”
Così avrò il tempo di addestrarmi con Bardhian ed Elvana, pensò. Anche se dopo i giorni passati con Joane le sembravano inutili quegli allenamenti, non voleva sembrare sgarbata.
Mentre raggiungeva la zona dei recinti, notò in uno di questi due figure che si fronteggiavano. Avvicinandosi riconobbe Oren e, di fronte a lui, Shani.
Entrambi avevano due spade, una per mano e sembravano danzare uno attorno all’altra. Oren si muoveva appena, cambiando posizione a ogni movimento di Shani.
La ragazza sembrava più agile e aggraziata. Si muoveva posando il peso ora su un piede, ora sull’altro.
“Dove sono?” chiese fermandosi all’improvviso.
Oren allungò la spada verso di lei e solo allora notò che aveva gli occhi chiusi. “Due passi a destra, tre in avanti. Hai il peso appoggiato sul piede sinistro. La mano destra è leggermente più in alto.”
Shani sorrise. “Bene, ma non del tutto soddisfacente.” Si spostò di qualche passo a sinistra, eseguì una piroetta e si abbassò fin quasi a sfiorare il terreno. “Dove sono?”
Oren sembrò esitare. “Quattro passi a destra, sette in avanti. E” fece una pausa. “Ti sei sdraiata a terra per caso? Il tuo tono di voce è strano.”
Shani sorrise di nuovo. “Molto bene. Ora apri gli occhi.”
“Sei proprio dove pensavo di trovarti.”
“Sì, ma devi ancora migliorare. E diventare più veloce e” Esitò. “Mi ascolti?”
Joyce si accorse che Oren stava guardando dalla sua parte.
Anche Shani le rivolse un’occhiata veloce. “Vedo che sei distratto. Meglio fermarsi qui per oggi.”
“No, aspetta” fece Oren. “Dammi solo qualche minuto.”
Shani si strinse nelle spalle.
“Non vi volevo interrompere” disse Joyce.
O sì? Si chiese. Sono passata di qui per caso o ci sono venuta di proposito?
Dopo il suo arrivo non avevano parlato molto e lei lo aveva evitato di proposito. Bardhian aveva raccontato a Oren quello che era accaduto dal momento in cui si erano separati, quindi sapeva quasi tutto quello che c’era da sapere. Lei invece aveva appreso da Elvana ciò che avevano passato lui e Shani durante l’inseguimento a Mirka, compresa la maledizione che aveva colpito la ragazza e l’aiuto di Roge.
Roge, si disse. È vivo e sta bene, almeno per il momento. Sempre da Elvana aveva saputo del processo e della condanna all’esilio.
Oren e Shani gli avevano proposto di fuggire, ma lui aveva rifiutato per non metterli in pericolo.
“È cambiato” aveva detto Oren. “Non è più quello che ha rapito me e la principessa. Penso abbia imparato dai suoi errori.”
Per quanto la riguardava, Joyce l’aveva perdonato da tempo. Anche lei aveva commesso tanti sbagli pur di ottenere la vittoria su Malag, non poteva giudicarlo.
Gli aveva augurato di stare e bene e sperava di rivederlo, un giorno. Forse, una volta finita la guerra, avrebbe potuto dire a suo padre che l’aveva perdonato e pregarlo di farlo tornare a Valonde.
Suo padre.
Il momento in cui lo aveva rivisto si era sentita mancare le forze. Era così invecchiato, eppure era sempre lui, l’uomo dall’aspetto solido e imponente che ricordava. Severo quando doveva reprimere le sue intemperanze ma dolce e permissivo quando voleva incoraggiare le sue passioni.
Era stata sul punto di mettersi a piangere quando l’aveva invitata nella sua tenda e gli sarebbe saltata al collo, ma dovette dominarsi.
Sibyl la strega rossa non era la ragazzina dagli occhi languidi e i modi svenevoli. Lei era la strega forte e coraggiosa che aveva tenuto testa a Malag in persona.
“Non ci hai interrotti” disse Oren. “Credo che Elvana ti stesse cercando.”
“Stavo giusto andando da lei.”
“Splendido. Sarà come a Malinor.”
“Sì” disse imbarazzata. Guardò Shani. “Oren mi ha detto che Tang Li è vivo e sta bene. Sono contenta.”
Shani rispose con un cenno della testa.
Ebbe la sensazione di essere di troppo. “Io vado” disse. “O Elvana mi farà assaggiare la frusta.”
Oren sorrise. “Sibyl” disse con fatica.
Joyce si fermò.
“Mi sei mancata.”
“Anche tu.”
“Non so cosa avrei fatto se fossi morta.”
Potevi venire con me a Malinor, si disse. Invece sei andato con Shani.
Si limitò a stringersi nelle spalle.
Quando raggiunse il recinto indicatole da Elvana, vi trovò Bardhian e Djana che si stavano scambiando dei dardi magici mentre Bato li sorvegliava.
“Sei in ritardo” disse Elvana.
“Chiedo scusa” disse entrando nel recinto.
“Formate due squadre” ordinò la strega.
Si addestrarono per qualche ora, finché non arrivarono anche Bryce e Vyncent.
Insieme, si disse.
Anche Eryen si unì a quelli che li osservavano. Joyce pesava che fossero lì per sua sorella. Bryce aveva sempre una piccola folla che la seguiva ovunque. Quando lei andò via.
Con Vyncent, si disse.
Quando lei andò via, la folla non si mosse. Si accorse che qualcuno la indicava. Un paio di streghe e di stregoni con mantelli neri, rossi e azzurri la scrutavano con le mani appoggiate sul recinto.
“Non farti distrarre” l’ammonì Elvana.
“Cos’hanno da guardare?”
“Gira la voce che hai affrontato i colossi e Malag e sei sopravvissuta. È normale.”
“Sono qui per me?”
“Sei famosa” disse Elvana con una punta di fastidio. “Ma non vantarti troppo. La fama è effimera. Un solo errore e torni nella polvere.”
“Non m’interessa” disse con tono di sufficienza.
Invece era lusingata. Era come a Nazdur, dove tutti la conoscevano e la salutavano quando percorreva una strada.
Si sarebbe concessa un sorriso compiaciuto se Elvana non l’avesse tenuta d’occhio per tutto il tempo.
Guardò la folla, dicendosi che era l’ultima volta e notò che Eryen era sparita.
Dopo la fine dell’addestramento, disse a Bardhian della riunione di quella sera.
“Devi venire anche tu” gli disse.
“Vorrei risposare” si lamentò.
“Riposerai dopo.”
“A cosa ti servo?”
“Devi convincere Gladia che il mio piano funzionerà.”
Lui le rivolse un’occhiata incerta. “Di che piano parli?”
“Lo scoprirai se vieni alla riunione.”
Il principe di Malinor fu il primo a presentarsi. E con lui c’erano Vyncent e Bryce. Non gli disse che non era necessario portarli.
“Quando ci ha detto del tuo piano ero curiosa di sentirlo con le mie orecchie” disse Bryce.
Non sembrava arrabbiata, ma divertita.
“Ovviamente” aggiunse sua sorella. “Io mi opporrò, perché ogni cosa che esce dalla tua bocca è una menzogna o una trappola.”
“Sibyl mi ha salvato la vita” disse Bardhian. “Almeno due volte. E io ho salvato la sua almeno dieci.”
“Dieci?”
“A Nazdur, nel santuario di Urazma. Tutte le volte che non ti ho uccisa in duello.”
“Avrei potuto ucciderti io, in duello” disse Joyce.
“Quella volta hai imbrogliato.”
Vyncent li guardò compiaciuto mentre litigavano.
Gladia arrivò poco dopo con Eryen. Tra le mani aveva una pergamena arrotolata.
“È la mappa?” chiese Joyce impaziente.
Gladia annuì. “L’ho presa dalle scorte e gliela dovrò riportare. Non rovinarla” disse porgendogliela.
Joyce la soppesò tra le mani. “Entriamo” disse invitandoli nella tenda.
L’interno era stretto e buio e furono costretti a sedere uno di fianco all’atra. Joyce si accomodò tra Vyncent e Bardhian. Alla sinistra del principe Gladia e alla sua sinistra Eryen. Bryce sedette alla destra di Vyncent.
Joyce srotolò la mappa al centro della tenda ed evocò una lumosfera. Anche gli altri ne evocarono una e la tenda da buia e tetra si illuminò di una luce intensa che feriva gli occhi.
La mappa riproduceva montagne, fiumi e foreste che andavano dai confini dell’altopiano alle montagne a sud di Nergathel.
Cercò di riportare alla memoria la mappa che Halux aveva usato a Nazdur per individuare il portale che li avrebbe portati al campo dell’alleanza.
Ma non era quello che cercava. Quando aveva visto la mappa tracciata da Halux sovrapponendo le linee di flusso, l’erudito le aveva mostrato il nodo più vicino.
“È qui” aveva detto puntando l’indice verso una montagna che sorgeva isolata al centro di una vallata.
Joyce aveva memorizzato la posizione dei fiumi e delle montagne circostanti e in quel momento cercava di ricordarle seguendo il tracciato sulla mappa.
Risalì il corso di un fiume senza nome fino a una foresta e da lì, seguendo il profilo di alcune colline che formavano una corona, individuò la valle al centro della quale si ergeva una montagna.
“È questa” disse battendo l’indice sulla mappa.
Gli altri si sporsero in avanti per guardare meglio.
“Cosa c’è di così interessante?” chiese Gladia.
“Il nodo.”
Lei le rivolse un’occhiata dubbiosa.
“Un pozzo magico” disse Bardhian. “Un luogo dove i flussi di potere si intersecano.”
Tutti lo guardarono.
Bardhian fece spallucce. “Parole di Halux, non mie.” Guardò Joyce. “È come il santuario di Urazma, no?”
Joyce annuì.
“Di che cosa state parlando?” chiese Bryce.
“Lo so io” disse Gladia. “I nodi di potere sono una vecchia leggenda che circola sui maghi. Secondo le voci i loro santuari sorgerebbero su questi nodi.”
“Non è una leggenda” disse Joyce. “Bardhian e io abbiamo visto quello di Urazma.”
“Ma era spento” disse il principe di Malinor.
“Ci hai fatto venire qui per raccontarci una leggenda?” chiese Bryce. “Se è così preferisco tornarmene nella mia tenda.”
“Non è una leggenda” ripeté Joyce a voce più alta. “Il nodo esiste davvero e il pozzo di potere può essere usato. Abbiamo visto cosa può creare se sfruttato nel modo giusto.”
“Il ragno supremo” disse Bardhian annuendo.
“Non solo quello. Lindisa pensava di poter usare quel potere.”
“Come?” chiese Gladia.
“Non lo so, ma i maghi lo sapevano. Possiamo farlo anche noi.”
Bryce si accigliò. “Perché dovremmo farlo?”
“Per distruggere Malag e i colossi” disse Joyce.
 
***
 
“Tu andrai” disse suo padre. “Anche se non sono d’accordo” aggiunse con tono severo.
Alion ed Erix erano al suo fianco, come giudici in un nuovo processo che si svolgeva in quella tenda. Aveva perso il conto delle volte in cui ci era entrata per presenziare a qualche riunione.
“Eryen e Bardhian resteranno qui” disse Erix. “È più sicuro per loro.”
Accanto a lei, Gladia fece un passo avanti. “È assurdo” disse l’inquisitrice. “È l’occasione giusta per colpire Malag.”
“Non è detto che l’arcistregone si presenti. E se lo farà, non verrà certo da solo” disse Erix. “Avrà la sua scorta. Nimlothien, Gauwalt, Jaggalor pugno di fuoco e forse anche Thalia l’ombra scarlatta.”
“Noi avremo Bryce e i due eredi” ribatté Gladia.
“Se perdessimo anche solo uno di loro” disse Erix. “Sarebbe un disastro. Gli eredi ci servono.”
“Il loro scopo era uccidere Malag. Se li terremo al sicuro, a cosa saranno serviti?”
“Il loro scopo è cambiato” disse suo padre. “Adesso c’è l’orda di Persym che avanza da meridione. Tra meno di mezza Luna dovremo ingaggiare battaglia con loro o ritirarci. E a settentrione i valichi sono bloccati dalla neve.”
Gladia scalpitò come un cavallo imbizzarrito. “Tutto il nostro piano si basa su questo incontro. Eliminiamo Malag e poi concentriamo tutte le nostre forze contro Persym. Possiamo farcela.”
“Chi ce lo garantisce?” chiese Alion. “Ti rispondo io, inquisitrice. Nessuno. Il tuo alleato rinnegato si è dimostrato inutile per la nostra causa.”
Il ricordo di Robern riaprì per un attimo una ferita. Bryce si concentrò su altro per cancellare quel disagio.
“Ha fatto quello che poteva” disse Gladia con tono dimesso.
“Doveva fare di più” disse Alion. “Così non ci lascia altra scelta che accettare la tregua dell’arcistregone. Sperando che sia sufficiente.”
“Tu hai paura dei colossi” disse Gladia. “È per questo che non vuoi affrontarli con le tue forze.”
Alion ghignò. “Le tue provocazioni non serviranno, inquisitrice. Tu odi Malag e stai facendo di tutto per spingerci a combatterlo, nonostante sia la scelta peggiore per noi. Sembra quasi che non ti importi altro.”
Gladia non rispose, limitandosi a fissarlo con astio. “Se avete già deciso ogni cosa, qual è lo scopo di questa riunione?”
“Stabilire che cosa debba essere proposto all’arcistregone” disse Erix.
“Non è un argomento che mi interessa” disse Gladia. Senza attendere di essere congedata lasciò la tenda.
Alion ridacchiò. “Credo che l’inquisitrice non sia la scelta giusta come portavoce. Dovrebbe spettare a Erix quell’incarico.”
“Comincio ad avere i tuoi stessi dubbi” disse re Andew.
“Io credo” disse Bryce. “Che Gladia abbia ragione. È un’occasione unica per colpire Malag e la sua orda. Anche se riuscissimo a uccidere due dei suoi luogotenenti, sarebbe un grande successo.”
“La tua opinione è irrilevante” disse suo padre. “Non sei qui per discutere le nostre decisioni.”
“Allora, se permettete, andrò a impiegare il mio tempo altrove.” Si voltò e uscì dalla tenda come aveva fatto Gladia.
Uscendo non la vide e si diresse ai recinti dove streghe e stregoni si addestravano. Erano tutti pieni, ora che i mantelli di Taloras, Valonde e Malinor si erano uniti sotto la stessa alleanza.
Mentre si faceva strada perse il conto degli scudi che scintillavano sotto la pressione dei raggi magici o il balenio dei dardi che esplodevano.
Due stregoni si scambiavano fulmini evocandoli dalle mani protese in avanti, mentre una strega col mantello rosso e una con quello azzurro si sfidavano con le ame magiche.
Poco più avanti vide altri sfidarsi a una gara con il piattello attorniati da una folla rumorosa che incitava ora per l’uno, ora per l’altra.
Distratta dallo spettacolo non fece caso a Elvana che le veniva incontro.
“Credevo fossi alla riunione” le disse l’amica.
Bryce fece spallucce. “Troppo noiosa. E la giornata è troppo bella per starmene chiusa sotto una tenda. Tu dove stavi andando?”
Elvana sfilò un nerbo dalla cintura. “Giorno di addestramento.”
Bryce sorrise. “Chi è la vittima?”
“Indovina?”
La seguì fino al recinto, dove due figure si stavano scambiando dardi magici. Bardhian aveva evocato lo scudo e lo dirigeva verso i dardi che Sibyl gli lanciava contro. La strega sembrava metterci grande impegno nel cercare una falla nella difesa dell’altro, ma il principe di Malinor parava ogni colpo con maestria, muovendosi con agilità sulle punte, come se stesse danzando.
È migliorato molto, si disse. Joane l’ha addestrato davvero bene.
Sibyl evocò un dardo magico e scomparve, facendola sobbalzare.
Con un rapido movimento degli occhi la vide riapparire nell’angolo opposto del recinto e scagliare una coppia di dardi verso Bardhian.
Lo stregone piegò il ginocchio per abbassarsi e parare l’attacco.
Sibyl scomparve di nuovo, riapparendo al centro del recinto, da dove scagliò il raggio magico verso l’avversari.
Stavolta Bardhian non fece in tempo e venne colpito al petto, venendo scagliato indietro. Atterrò sul fianco e si rialzò subito, pronto a rispondere a un altro attacco.
Anche lei è migliorata, pensò con un certo disagio.
“Basta così” disse Elvana. Entrò nel recinto e si avvicinò a Sibyl.
Lei l’attese senza muoversi. “Come sono andata?”
“Meglio” disse Elvana. Tirò fuori il nerbo e la colpì alla gamba destra.
Sibyl balzò di lato, l’espressione sorpresa. “Hai detto che ero andata bene.”
“Ho detto meglio” fece Elvana. “Non bene. Meglio dell’ultima volta.”
“Ma ho buttato giù Bardhian” protestò Sibyl.
“Solo perché lui si è limitato a difendersi” disse Elvana. “È facile quando un bersaglio non reagisce ai tuoi attacchi.”
Bardhian si strinse nelle spalle. “Non volevo farle male.”
“Non è vero” disse Sibyl. “La prossima volta…”
“La prossima volta dirò a Bardhian di aprirti due fori nel petto, così imparerai la lezione” la minacciò Elvana.
Bryce notò che una piccola folla di spettatori si era radunata attorno al recinto. In disparte intravide Eryen che osservava con espressione accigliata.
Elvana alzò la testa verso la strega e le fece un cenno. “Tocca a te.”
Eryen scavalcò il recinto e marciò verso di lei.
“Sembrano tutti entusiasti” disse una voce alle sue spalle.
Voltandosi incrociò lo sguardo di Vyncent. “Tu non addestri il tuo protetto?”
“Non posso più insegnare niente a Bardhian” disse. “Ormai mi ha superato. Joane ha fatto un ottimo lavoro.”
Bryce annuì.
“Anche con Sibyl.”
Stavolta distolse lo sguardo.
Vyncent sorrise. “Ancora non la sopporti.”
“È una ragazzina, impertinente e capricciosa. Non sa cos’è il rispetto per chi è più anziano ed esperto di lei.”
“Mi ricorda qualcuno.”
“Sei un idiota se la proteggi, nonostante tutto.”
Aveva detto a Vyncent del discorso avuto qualche sera prima con Sibyl e lui si era detto d’accordo.
“È vero, sarei rimasto lì. E sarei morto” aveva detto. “Per niente. È probabile che lei sia morta.”
“Ha mentito.”
“Ha detto una menzogna. E allora? Tutti abbiamo mentito, per un motivo o per l’altro.”
“È vero, ma non aveva alcun diritto di mentire su quello.” Faticò a trattenere le lacrime. “Ti spiace se parliamo d’altro?”
“D’accordo.”
“Non qui.”
Si allontanarono dai recinti, diretti ai confini del campo dove era stata innalzata una palizzata.
“Credevo avessi un consiglio di guerra.”
“Lo credevo anche io, ma non prendono in considerazione la mia opinione, quindi perché dovrei prendervi parte?” Scosse la testa. “È tutto così assurdo. Quando è iniziata la guerra, avevo immaginato questo momento. La battaglia finale contro Malag, intendo. Lo immaginavo come un momento glorioso, in cui avrei reso orgoglioso mio padre e portato a compimento qualcosa di più grande. Di importante.”
“E invece?”
Sospirò. “Non mi importa più niente di questa guerra. Non mi importa se vinceremo o perderemo. Mi rendo conto solo adesso che non ho alcun controllo su ciò che sta accadendo. E se non ho la possibilità di scegliere, che senso ha tutto questo per me? Sono uno strumento. Un’arma nelle mani di mio padre ed Erix. Ed è stato sempre così, da quando sono nata.”
“Sei solo destinata a qualcosa di grande.”
“No. Bardhian ed Eryen sono predestinati. Joyce lo era. E il figlio che Gladia portava in grembo. Io sono solo un ripiego. Un utile strumento per condurre qui l’armata e combattere questa battaglia. Non sono diversa dai colossi di Persym. Mostri senza volontà e senza anima. È questo ciò che sono, Vyncent?”
Lui inspirò una boccata d’aria. “Ti ho mai raccontato della prima volta che ti vidi?”
“A Valonde? Il giorno della mia consacrazione?”
Vyncent scosse la testa.
“Quando?”
“Due anni prima. Rajan mi portò con sé per un viaggio e una delle tappe fu Valonde.”
“Non lo ricordo affatto.”
“Non puoi. Io mi ero appena consacrato e tu eri solo una ragazzina.”
Sorrise. “Attento a come parli.”
“Eri una ragazzina, fidati. Anche Rajan lo disse. Lui non era affatto convinto che tu fossi la scelta giusta. Pensava che tuo padre fosse un pazzo. ‘Non sarà mai la strega suprema’ diceva. ‘È forte, è abile, ma non ha cuore. È troppo sicura di sé, troppo certa della vittoria per considerare la possibilità della sconfitta. E questa sarà la sua rovina, se non cresce’.”
“Diceva davvero questo di me?”
Vyncent annuì.
“Sono più o meno le parole che ha usato Gladia.”
“Sai cos’altro mi diceva? ‘Chi viene sconfitto più facilmente è chi non ha paura di niente. E chi non ha paura di niente non può amare niente.’”
Bryce gli rivolse un’occhiata dubbiosa.
“Tu non ami niente, Bryce?”
“Ho paura” disse. “La notte fatico ad addormentarmi al pensiero di quello che potrei perdere.”
“Allora esiste qualcosa a cui tieni” disse lui.
“Tengo a te. A Elvana. A Bato e Djana e persino a quell’idiota di Bardhian.”
Vyncent sorrise.
Più tardi, di ritorno dalla passeggiata, trovarono Bardhian che attendeva vicino alla loro tenda.
“Finalmente siete tornati” disse con impazienza. “Stavo per venire a cercarvi.”
“È successo qualcosa di grave?” chiese Vyncent.
“Stiamo per tenere una riunione.”
“Mio padre non mi ha avvertita.”
“Non nella tenda del re. In quella di Sibyl.”
Bryce si accigliò. “La strega rossa tiene una riunione?”
Bardhian annuì.
“E quale sarebbe l’argomento?”
“Non lo so, ma dovreste ascoltare. Dice che ha un piano per battere sia Malag che i colossi.”
Bryce si trattenne dal ridere. “Questa voglio proprio sentirla.” Guardò Vyncent. “Vieni anche tu?”
“Ci sarei andato in ogni caso.”
“Hai avvertito Elvana?” chiese a Bardhian mentre si dirigevano al luogo dell’incontro.
“Glielo dirai tu dopo la riunione” rispose.
 
“Per distruggere Malag e i colossi” disse Sibyl.
Bryce si passò una mano sul viso. “È la cosa più idiota che abbia mai sentito in vita mia.”
“Funzionerà” disse la strega rossa.
“Come? Non sappiamo come usare questo nodo di potere, come lo chiamate voi. Nemmeno sappiamo se esiste.”
“È reale” disse Bardhian. “Sotto il santuario di Urazma ce n’era uno. Galef e Lindisa volevano sfruttarlo per attaccare Persym, ma era spento.”
“Chi ci assicura che non sia spento anche questo?” chiese.
“Nessuno” disse Sibyl. “Ma qui non ci sono santuari noti. È probabile che il nodo sia ancora intatto.”
“Il tuo piano mi sembra assurdo.”
“Lasciami finire” disse Sibyl.
Bryce incrociò le braccia. “Ormai siamo qui. Continua pure e finisci di metterti in ridicolo.”
Sibyl le gettò un’occhiata ostile. “Vi esporrò il mio piano, poi giudicherete se può funzionare o meno. Dobbiamo attirare Malag e Persym su quella montagna, portandoli il più vicino possibile al nodo.”
“Tutti e due?” chiese Vyncent.
Sibyl annuì. “Tutti e due.”
“Perché?” fece Gladia.
“Per farli scontrare tra di loro.”
Gladia annuì. “Continua.”
“Eryen dovrà essere presente” disse Sibyl.
La strega di Nazedir si accigliò.
“Toccherà a lei affrontare il vincitore dello scontro.”
“Aspetta” disse Bryce. “Perché Persym e Malag dovrebbero venire?”
“Persym vuole uccidere Malag” disse Gladia. “Ne abbiamo già parlato, ricordi? Lui vuole la gloria, non gli basta la vittoria. Ha scatenato una rivolta perché pensava che non avessimo fatto abbastanza per annientarlo.”
“Questo lo stai dicendo tu.”
“Accetterà la sfida se saprà che può uccidere Malag in duello” disse Gladia sicura.
“Se voleva uccidere Malag in duello” disse Bryce. “Perché ha inviato Vyncent e Ronnet ad avvelenarlo?”
“Lo ha fatto perché in quel momento non aveva altre possibilità” rispose Sibyl senza esitare. “Ma se gliene daremo una, verrà.”
“Malag è prudente” disse Vyncent.
“Verrà anche lui” disse Sibyl. “Considera Persym la vera minaccia. Lo teme. Per questo ha invocato una tregua e vuole un’alleanza. Se gli si presenterà l’occasione di eliminare quella minaccia, ne approfitterà.”
Bryce scosse la testa. “Mi sembra tutto così assurdo.”
“Io voglio farlo” disse Eryen. “Posso uccidere sia Persym che Malag. E il colosso.”
È pazza, penò Bryce.
“E il nodo?” chiese Vyncent. “Cosa ce ne facciamo?”
“Quello servirà per i colossi” disse Sibyl. “Se riusciremo a scoprire come usarlo, avremo un’arma in più contro gli altri due. E Bardhian e Bryce non saranno soli.”
“Come faremo a raggiungere il nodo?” domandò ancora Vyncent. “Se è sotto la montagna vuol dire che dovremo scavare. Potrebbero volerci intere Lune per costruire un pozzo o qualcosa del genere.”
“Lasciate fare a me” disse Gladia. “Conosco una persona che può usare i portali.”
“Il tuo Robern?” chiese Bryce.
Udendo quel nome Sibyl sembrò sussultare come se l’avessero punta.
Gladia annuì. “Ci aiuterà. Il suo piano era in parte simile a quello di Sibyl. Voleva attirare Malag in trappola per ucciderlo.”
“Forse dovremmo attenerci a quello.”
“No” esclamò Sibyl. “Eliminare soltanto uno dei due potrebbe non bastare. Usiamo Malag per distruggere Persym piuttosto.”
Bryce si passò le mani sul viso. “Mio padre non accetterà mai un piano simile. E non potrei dargli torto.”
“Lo informeremo solo a cose fatte” disse Gladia. “Per questo vi chiedo di non farne parola con nessuno.”
“Quindi tu sei d’accordo?” le chiese.
L’inquisitrice annuì. “Con qualche piccolo aggiustamento funzionerà. Ora pensiamo a cosa accadrà nei prossimi giorni. Malag vuole l’incontro e io mi sono offerta per fare da portavoce dell’alleanza.”
“Credevo volessi uccidere Malag all’incontro.”
“Solo ora mi rendo conto che era un’idea assurda. Se lo facessi, toglierei all’alleanza ogni possibilità di aiuto da parte dell’orda. Malag morirà, ma solo quando sarà utile alla nostra causa, non prima.”
“Sono d’accordo” disse Bryce. “Io verrò con te.”
“Io ti accompagnerò” disse Vyncent.
Bryce fece per dire qualcosa, ma ci ripensò. Non voleva mostrare in pubblico i suoi sentimenti. Non quella volta. Non davanti alla strega rossa che li guardava. E li giudicava.
Si limitò ad annuire.
“E verrà anche Sibyl” disse Gladia. Prima che Bryce potesse dire qualcosa, aggiunse: “Suo il piano, suo il diritto di portarlo a compimento. E Malag sembra fidarsi di lei, visto che le ha affidato la sua richiesta di tregua.” Guardò Sibyl. “Credi di poterlo fare?”
La strega rossa annuì.
“Allora è deciso” disse l’inquisitrice. “Tra due giorni ci sarà l’incontro.”
 
Quando tutti furono usciti dalla tenda, Bryce disse a Vyncent: “Non c’era bisogno che venissi.”
“Ma io voglio farlo” rispose lui.
“Avrei avuto una preoccupazione in meno sapendoti al campo. Al sicuro.”
Lui le rivolse un timido sorriso. “Bryce, c’è una cosa che devi promettermi. Ora. Solennemente.”
“Le promesse solenni si scambiano solo quando sai che stai per morire.”
Vyncent divenne serio.
Lei scosse la testa. “No.”
“Bryce, devi promettere. Sul tuo onore.”
“Cosa vuoi che ti prometta?”
Vyncent fece una pausa come se stesse raccogliendo i pensieri. “Quando saremo sul campo di battaglia, con l’orda di Persym che ci attacca e i colossi schierati.”
“Non dirlo.”
“Anche nel peggiore dei casi” proseguì. “Tu non devi venire a cercarmi.”
“Non posso farlo. Io…”
“Non dovrai pensare a me o alla mia sorte. Hai capito?”
Scosse la testa.
“Giuralo solennemente. Giura che combatterai per te stessa. Non per l’alleanza o per me. Solo per te stessa. Sul tuo onore.”
Lui la fissò negli occhi ma lei non resse quello sguardo e girò la testa di lato, come a volerlo evitare.
“Giura, Bryce.”

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