5 anni dopo
C’era
stato qualcosa, tra i loro occhi, quella sera di
cinque anni fa, qualcosa che ha fatto in modo che non si potessero
lasciare mai
più. C’erano stati pianti, c’erano stati
sorrisi, ma quegli occhi non avevano
mai smesso di guardarsi, intensamente… Come la prima volta.
Osaka era calda quella mattina, quasi soffocante. Le strade erano piene
di
macchine, le quali molte contenevano valigie pronte a trasferirsi per
brevi
periodi in altre città. Era il tempo delle vacanze estive,
il più agognato dai
lavoratori. Quella stessa mattina Akito aveva chiuso le porte della sua
palestra, pronte a riaprirsi di lì a tre settimane.
Una volta tornato a casa, quasi non riconobbe il suo appartamento. Vi
erano tre
valige aperte in ogni parte della sala, vestiti sparsi sulle sedie e
sul
divano, scarpe ovunque e un caldo allucinante per via del ferro da
stiro
acceso.
<< Non avevi detto che era già tutto pronto?
>> urlò appena
entrato.
<< Ah, sei già qui… Sì,
beh mi sono accorta di aver dimenticato un po’ di
cose >>
<< Un po’? >> rispose sarcastico.
Lei gli si avvicinò sorridente e gli diede un bacio sulle
labbra.
<< Non farci caso, tra un’oretta partiamo come
promesso >>
<< Sapevo sarebbe successo, così ho preso il
volo dell’ora dopo >>
<< È per questo che ti ho sposato?
>>
<< Spero di no >> fece lui sorridendole.
<< A proposito, Seiko dice che vuole rimanere qui
>>
<< Come vuole rimanere qui? >>
<< Ha paura di prendere l’aereo. Ho provato a
rassicurarla, ma non ne
vuole sapere. E se la lasciassimo da mia madre? >>
<< Non se ne parla >> fece andando verso la
sua stanza.
<< Sii buono >> lo raccomandò
lei.
Prima di entrare nella sua cameretta bussò leggermente alla
porta. Sentì la
voce di una piccola bimba chiedere chi fosse.
Akito non rispose, così sentì i piccoli passi
della bambina andare verso di lui
e vide la maniglia girare piano. Gli occhi scuri della piccola
apparvero sul
basso della porta.
<< Papà >> disse spalancandola
<< Perché non hai risposto?
>>
<< Si apre agli sconosciuti? >>.
La bambina scosse la testa.
<< Allora la prossima volta cosa fai? >>
<< Non apro se non mi dici il tuo nome >>
<< Brava piccola mia >> disse prendendola
in braccio << È vero
quello che ha detto la mamma? >>
<< Cosa? >>
<< Che questa bellissima bambina di quattro anni non
vuole partire?
>>
<< Non voglio prendere l’aereo. Un bambino
all’asilo ha detto che gli
aerei cadono nel mare e le persone muoiono >>
<< Chi è questo bambino? >>
<< Goro Tsumiko >> rispose la bambina con
il viso corrucciato.
<< Beh, dì a questo tuo amico che dice un
sacco di stupidaggini >>
<< Ma ha detto che suo nonno è morto
così >>
<< Possibile che all’asilo non possano giocare
come tutti i bambini
invece di parlare di queste cose? >> disse rivolto a Sana
che passò di lì
in quell’istante.
<< Convincila a venire e basta >> rispose
ridendo.
<< Seiko, ti fidi del tuo papà?
>>.
La bimba annuì.
<< Allora sai cosa facciamo, prendiamo un
bell’aereo e andiamo a trovare Ryuichi…
Con l’aereo saremo lì prestissimo >>.
La bambina gli rivolse un sorriso felice e iniziò a
saltellare per la stanza
cantando.
<< Ho sentito male o hai detto Ryuichi? >>
<< Hai sentito bene, perché? >>
<< Non avevi detto che saremmo andati a Tokyo
>>
<< Non l’ho fatto? Certo che te l’ho
detto… Prima che andassi a comprare
i biglietti. Quando eri al telefono >> le disse
rimproverandola.
<< Ops… Ma tu potevi scegliere un momento
migliore no? >>
<< Non far ricadere la colpa su di me ora. Domani partono
anche loro e
prima di non vederci più per altri tre mesi volevano che
andassimo a trovarli, soprattutto
per Ryu >>
<< Avranno parlato di te al massimo >>
<< In che senso? >>
<< Nel senso che Nami mi odia da tutta una vita, lo sai
benissimo
>> fece scoraggiata.
Akito le si avvicinò e mise le sue braccia intorno alle sue
spalle, poi le
baciò il collo.
<< Va bene, va bene… Non
c’è bisogno che fai così per
convincermi. Se poi
è l’unico modo per far venire Seiko
>>
<< Abbiamo una bambina splendida lo sai? >>
<< Tutto merito della madre >>
<< Meglio occuparsi delle valige, o partiremo domattina
>>.
*
<<
E se andaste solo voi? >>.
Il caldo a Tokyo era peggiorato. Il viaggio era stato piacevole, e a
Seiko
prendere l’aereo non era affatto dispiaciuto, inoltre
l’idea di doverci
risalire poche ore dopo l’aveva resa ancora più
felice. Subito dopo avevano
affittato una macchina per poche ore, così da poter
raggiungere qualunque posto
in breve tempo e senza fatica, vista la quantità di bagagli.
La casa che raggiunsero era una piccola villetta in una delle zone
più modeste
della città.
Akito parcheggiò l’auto e guardò male
Sana al suo fianco.
<< Farò finta di non aver sentito
>>
<< No, dicevo sul serio… Non
c’è bisogno che anch’io…
>>
<< Scendi >>
<< Ma… >>
<< Mamma scendi >> fece Seiko aprendole la
portiera.
Arrivarono all’ingresso. Sana faceva il possibile per essere
l’ultima della “fila”.
Quando si aprì la porta, la situazione non era poi molto
diversa da quella che
aveva trovato Akito a casa sua quando era tornato dalla palestra.
Vestiti
ovunque, valige aperte.
Ad accoglierli arrivò Charlie, che apparve un po’
stremato, probabilmente anche
per via delle voglie della moglie, incinta di ormai quattro mesi.
<< Entrate... Scusate il disordine >>.
Una volta in casa Seiko iniziò a guardarsi in giro
speranzosa di vedere il suo “amichetto”,
che apparve poco dopo, una volta uscito dalla sua stanza.
<< Papà! >> urlò
correndo verso Akito.
<< Eccolo qui il mio ometto >> disse
prendendolo in braccio.
Fu allora che arrivò in salotto anche Nami, con un pezzo di
cioccolato in mano.
<< Ce l’avete fatta >> disse
addentando la barretta.
<< Ciao zia Nami >>
<< Seiko… Come sei cresciuta >>
disse accarezzando la bambina, poi
rivolse un breve sguardo di circostanza a Sana, che di rimando le
sorrise
freddamente.
Akito lasciò scendere dalle sue braccia suo figlio che poi
andò a giocare con
Seiko nella sua stanza. Per un attimo gli sembrò assurdo che
la sua vita avesse
preso quella piega. Padre di due bambini che non vivevano insieme, ma
erano
distanti kilometri. Figli di due madri diverse, ma era una sola quella
che
amava, quella che era diventata sua moglie.
<< C’è un vero casino
qui… Volete qualcosa da bere? >> chiese Nami
agli ospiti, cercando di sembrare più gentile possibile.
<< Non ci tratteniamo molto, abbiamo il volo fra poco
>>
<< Insomma siete solo venuti per disturbare
>> disse facendo notare
il disordine accanto a sé.
<< Scusatela, è un po’ stressata per
via della gravidanza >> disse
Charlie porgendo a Nami un’altra barretta di cioccolato.
<< Io sto benissimo… E volevo quello bianco,
non quello al latte >>
disse ridandoglielo indietro e abbandonando la stanza.
<< Vedo che ti tiene occupato >>
scherzò Akito.
<< Mi sta facendo impazzire, il che è
peggio… Da come si comporta credo
sarà una femmina >>
<< Voi uomini e le vostre discriminazioni
>> fece Sana tirando una
piccola gomitata al marito che si era messo a sorridere.
I tre andarono in cucina, dove bevvero del The freddo.
<< Sono sicura che a Nami venga il nervoso ogni volta che
mi vede
>>
<< Sarebbe stupido avercela con te dopo tutto questo
tempo >>
<< Sono d’accordo con Charlie >>
puntualizzò Akito.
<< Eppure è sempre così scontrosa
con me >>
<< È solamente per via del periodo. Quando
è incinta sembra esista solo
lei >> fece Charlie ridendo.
<< Ti ho sentito >> urlò lei
dalla stanza accanto.
<< Credete sia stato un bene? >> chiese
Akito fissando il vuoto per
un attimo.
<< A cosa ti riferisci? >>
<< A Seiko e Ryu. Averli fatti conoscere così
presto, averli fatti
diventare fratellini a distanza… Forse dovevamo aspettare
>>
<< Nascondere la verità
a qualcuno
non è mai piacevole, nemmeno per un bambino >>
rispose Sana mettendo una
mano su quella del marito.
<< Forse hai ragione… Ora almeno ci prova a
chiamarti papà? >>
chiese rivolto a Charlie.
<< Credo faccia sempre un po’ di fatica,
soprattutto perché è un bambino
intelligentissimo,
ma si sforza di farmi piacere >>.
I tre si sorrisero. In fondo non era male essere rimasti in contatto
nonostante
l’astio dei primi periodi. Per fare del bene a Ryuichi si era
deciso di
rimanere in una qualche maniera “uniti” per il suo
bene. Si sentiva troppo
spesso parlare di famiglie rovinate per via della lontananza dei
genitori, che
anche in questo caso, era pur sempre presente.
Inizialmente non fu facile per Sana accettare la situazione. Per quanto
facesse
sembrare di essere forte, si rese conto giorno per giorno che le nuove
circostanze non le avrebbe affrontate con facilità.
Capì che in qualche modo la
ex di Akito l’avrebbero dovuta rivedere almeno tre volte
l’anno, e questo non
era stata una notizia piacevolissima, ma soprattutto sentir chiamare
suo marito
“papà” da un bambino che non era il suo,
inizialmente le aveva fatto prendere
diverse fitte al cuore. Col tempo ci aveva fatto l’abitudine,
soprattutto per
via della dolcezza del bambino, che sarebbe riuscito a contagiare
chiunque col
suo meraviglioso sorriso.
Trascorsero lì ancora del tempo, fin quando non
arrivò l’ora di tornare alla
macchina e raggiungere di nuovo l’aeroporto.
<< Saremmo rimasti di più, ma abbiamo un aereo
che ci aspetta >>
fece Akito stringendo la mano di Charlie salutando per la seconda volta
suo
figlio.
<< Qualche volta potremmo organizzare una breve vacanza
insieme? >>
propose l’occidentale.
<< Non ci pensare nemmeno >> dissero
all’unisono Nami e Sana che
poi si guardarono imbarazzate, rosse in viso.
<< Ok, evitiamo nuovi rancori e andiamo…
Seiko, hai salutato tuo
fratello? >>.
La bambina annuì e gli Hayama tornarono nell’auto
affollata da valige e borse
di ogni genere.
<< Non impareremo mai ad accettare questa situazione
>>
<< Io l’ho già fatto >>
<< Mi riferivo a Nami e me >>
<< Siete donne, che ci vuoi fare >>
<< Cosa stai insinuando? >>
<< Che siete complicate dalla nascita >>
disse voltandosi verso la
sua bambina indecisa su quale vestitino far indossare alla sua bambola.
<< Mi ami come cinque anni fa? >> chiese
richiamando l’attenzione
di suo marito.
I loro visi non erano cambiati nel tempo, erano rimasti uguali ad
allora. Akito
la fissò spostandole una ciocca di capelli dietro
l’orecchio.
<< Eri e sei rimasta un po’ paranoica, mia cara
Sana >>
<< Insicura… Preferisco >> disse
sorridendo avvicinandosi a lui.
Quando furono a un passo dalle loro labbra si guardarono per capire se
quella
scintilla era rimasta accesa tutto quel tempo. Con piacere si accorsero
che era
lì, a brillare più di prima, ad accendere
speranze.
<< Se ti dicessi che ti amo più di ieri, mi
crederesti? >>
<< Provamelo >>.
Una volta unite le loro labbra, i due furono interrotti da una vocina
alle loro
spalle.
<< Bleah >> fece schifata la bambina che
aveva visto i suoi
genitori baciarsi.
I due risero e la macchina partì in direzione
dell’aeroporto.
<< Un giorno non farai così tanto la
schizzinosa >> le disse sorridente
Akito.
La paura che l’amore tra due persone diventi scontato
è uno dei più grandi
timori di qualsiasi coppia. Spesso capitò di interrogarsi se
l’amore durato
così tanto nel tempo era tutt’ora così
autentico e vero, ma ogni volta che si
ponevano la domanda, entrambi si rispondevano allo stesso modo.
“ Dalla vita, non chiedo altro che
il suo
sorriso ”.