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Autore: heliodor    03/05/2020    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Condizione ragionevole (-8)

 
Il luogo dell’incontro era a mezza giornata di viaggio, a metà strada tra la foresta che proteggeva e faceva da scudo all’orda di Malag e il campo dell’alleanza.
Gli esploratori avevano scelto un anfiteatro naturale formato da colline e una dolce vallata cui si accedeva da due entrate.
“Così ci sarà una via di fuga” disse Gladia mentre cavalcavano verso la loro destinazione.
Erano in sei nel gruppo. Oltre a lei, Bryce, Vyncent e la strega rossa e due mantelli di cui uno scelto da re Andew in persona.
Uno era un giovane stregone dall’aria seria di nome Gantar. L’altra era Bek di Orfar. Gladia aveva insistito per portarla con loro nonostante le rimostranze di Erix e Andew.
“Non mi pare una scelta saggia” aveva detto il re. “Sa a malapena esprimersi. E quello che dice poi… potrebbe rovinare tutto.”
“È una buona osservatrice” aveva replicato Gladia. “Riesce a vedere cose che ad altri sfuggono.”
Aveva prevalso lei e ora Bek cavalcava al suo fianco.
“Che io sia dannata” disse la strega. “Se ho voglia di vedere la brutta faccia dell’arcistregone.”
Gantar invece era silenzioso e si limitava a fissare il sentiero.
“È un vecchio insignificante” disse Sibyl. “Non fa paura.”
“Che io sia dannata” disse Bek allegra. “La ragazzina non sembra temerlo o sbaglio? È vero quello che dicono in giro di lei? Che l’ha quasi ucciso?”
“Chiedilo a lei” disse Gladia.
“Che io sia dannata se non lo farò.”
Bryce l’affiancò. “Penso ancora che sia una pessima idea.”
“Quale? L’alleanza con Malag o il piano della strega rossa?”
“Tutte e due. Dovremmo sfruttare questa occasione per ucciderlo.”
“Così rovineremmo tutto. Ne abbiamo già parlato.”
“È per questo che hai insistito per portare anche Vyncent?”
Gladia non aveva insistito per portarlo. Era stato lui a offrirsi volontario e re Andew aveva approvato. Il motivo riusciva a intuirlo.
“Pensi che non agirò per non fargli correre dei rischi?”
“È stato lui a offrirsi” le disse.
Lei la guardò come se stesse soppesando quelle parole.
“Per gli stessi motivi per i quali io gli avrei chiesto di venire, se lui non si fosse offerto” aggiunse.
Bryce annuì serena. “Lo trovi ridicolo, vero? questo attaccamento reciproco, intendo. Io che cerco di tenere al sicuro lui. Lui che cerca di tenere al sicuro me.”
“Non lo trovo ridicolo, ma è una debolezza” disse cercando le parole giuste. “Tutto questo vi rende deboli e Malag sa del vostro attaccamento. Potrebbe usarlo per trarne vantaggio.”
“Come?”
“L’arcistregone sa come fare. È il suo potere più grande. Indurre la gente a commettere un errore.”
“Come quello che hai fatto tu? Fidandoti di quel Robern, intendo.”
“Io non mi fidavo di Robern” disse ripensando per un attimo allo stregone. “Io lo amavo.”
“E adesso non lo ami più?”
Gladia rimase in silenzio.
Vyncent richiamò l’attenzione di Bryce e lei si allontanò. Lo ringraziò per il favore e si concentrò sulla strada.
Aveva appena iniziato a pensare alle parole da dire all’incontro, quando avvertì una presenza al suo fianco. Quando alzò la testa vide la strega rossa che la osservava.
“Hai una domanda da farmi” disse. “Lo intuisco dalla tua espressione.”
“Ho più di una domanda” rispose la strega.
“Avanti, allora. Falle.”
Sibyl sembrò rifletterci sopra, poi disse: “Alla riunione hai parlato di una persona che può aiutarci. Un certo Robern.”
Gladia annuì.
“Parlami di lui, se non ti spiace.”
“Perché ti interessa tanto?”
“Se è una parte essenziale per la riuscita del mio piano, voglio sapere qualcosa di più. Penso sia mio diritto.”
“Non è solo il tuo piano, è anche il nostro. E saremo Eryen e io a correre i rischi maggiori, non dimenticarlo.”
“Tuttavia, voglio sapere chi è questo Robern e come lo hai conosciuto.”
“È uno stregone di Talmist, sul continente maggiore. Sai dove si trova?”
“Vagamente.”
“Non è importante che tu lo sappia. Fu la mia guida a presentarci, quando eravamo piuttosto giovani. Io avevo appena iniziato il mio percorso all’interno dell’ordine e lui” cercò le parole giuste. “Lui era tutto ciò di cui avevo bisogno in quel momento.”
“E di cosa avevi bisogno?”
“Pace. Serenità. Venivo da un periodo molto difficile della mia vita. Ero appena tornata dal continente vecchio.”
“E hai trovato quello che cercavi?”
“Per un po’, sì. Siamo stati felici, insieme.”
Sibyl la guardò stupita. “Vi siete sposati?”
Gladia sorrise. “Non mi era concesso il matrimonio, come adepta dell’ordine. E nemmeno dopo se è per questo. Ma la mia guida non aveva alcunché da ridire se prima di ricevere l’investitura dell’ordine facevo le mie esperienze.”
“Cos’è accaduto dopo?”
“Ho scoperto di aspettare un figlio da Robern.”
“Quello che hai perso?”
Gladia annuì. “Ma non l’ho davvero perso. Mi è stato portato via.”
“Da chi?”
“Da Robern.”
“Lui ha fatto questo?”
“Malag lo ha costretto con l’ingannato. Gli fece credere che fosse la cosa giusta da fare. E lui la fece.”
Sibyl fissò la strada davanti a sé.
“Ti aspettavi un finale diverso, strega rossa?”
“Possiamo fidarci di Robern?”
Bella domanda, si disse.
“È cambiato. Non è più quello di una volta.”
“Come puoi esserne sicura?”
“Lo spero” disse Gladia. “Finora ha cercato di aiutarci.”
“Come?”
“Aveva anche lui un piano per uccidere Malag, ma non è riuscito a metterlo in atto.”
“Che piano?”
“Era simile al tuo. Voleva attirare in trappola l’arcistregone.”
“In che modo?”
“Diceva di avere un’esca. Qualcosa che Malag voleva.”
Sibyl socchiuse gli occhi. “Un’esca” disse.
Gantar fu il primo ad avvistare il luogo dell’incontro. “Suggerisco di avanzare con prudenza da qui in poi” disse lo stregone. “Se vuoi posso andare io avanti. Se non tornerò, avrete un po’ di vantaggio.”
“Sei molto coraggioso” disse Gladia. “Ma non ce ne sarà bisogno. Per una volta mostriamoci sicuri di noi, così lo impressioneremo.”
Prima di arrivare al punto convenuto, videro un cavaliere avvicinarsi al piccolo trotto. Gladia lo riconobbe subito.
Era Marq di Orvaurg.
“Io ti saluto, Occhi Blu” disse accogliendolo.
“E io saluto voi” rispose lo stregone. “Tutti quanti” aggiunse lanciando un’occhiata agli altri.
Gladia notò l’espressione che cambiava quando i suoi occhi si posarono su Sibyl.
Quindi è vero, si disse. Prova qualcosa per lei? Posso approfittare di questa sua debolezza per trarne vantaggio?”
Bryce avanzò per prima. “Marq” disse. “Sono felice di vederti in buona salute. Sei sopravvissuto alla battaglia a quanto vedo.”
Lo stregone l’affiancò. “Ti spiace se ne parliamo dopo, principessa? Ci attendono per iniziare l’incontro.”
“Malag è già arrivato?” chiese Sibyl.
“Arriverà” rispose. “Per ora c’è solo Nimlothien.”
Bryce si irrigidì.
“Stai tranquilla” disse Marq. “Non ti sfiderà a duello. Per questa volta.”
“Non la temo” rispose lei. “L’ho già battuta una volta. Posso rifarlo.”
“Vedo che stai meglio dall’ultima volta che ci siamo visti” disse Vyncent.
“E io ho saputo che eri prigioniero di Persym e che ti ha mandato qui per uccidere Malag” rispose Marq.
“Non è una cosa di cui mi vanto, ma è la guerra.”
“Non ti stavo giudicando. Anche io ho fatto cose terribili, per i motivi che ritenevo gusti.”
Gladia notò che i suoi occhi scattarono per un istante verso Sibyl per poi tornare a guardare in avanti.
Come annunciato Nimlothien li attendeva al centro della spianata e non era da sola. Con lei c’erano quattro cavalieri, due donne e due uomini, tutti col mantello grigio buttato sulle spalle.
Non li conosceva e la strega bianca non perse tempo a presentarli. “Io ti saluto, inquisitrice. Non ci vediamo da Gadero, se non sbaglio.”
Gladia annuì. “Sembrano passati anni da allora.”
“E invece sono solo poche Lune” rispose l’altra.
“Non vedo il tuo comandante.”
“Nemmeno il tuo si è presentato” disse Nimlothien. “Ma non temere. Lo terrò informato io su quello di cui discuteremo.”
Marq si schierò accanto alla strega bianca mentre dalla parte opposta Gladia veniva affiancata a destra da Bryce e a sinistra da Bek. Vyncent si piazzò vicino alla principessa dorata e accanto a lui Sibyl, mentre Gantar prese posto alla sinistra di Bek.
“Direi che possiamo iniziare” disse Nimlothien.
“Penso spetti a te parlare” disse Gladia. “La proposta di tregua veniva dal tuo comandante.”
“Il maestro ama usare parole semplici” disse la strega bianca. “Se non uniremo le nostre forze contro Persym e i suoi colossi, verremo distrutti. Non semplicemente sconfitti, ma cancellati. I colossi distruggono tutto ciò che incontrano, siano essi eserciti o città. Niente riesce a opporsi alla loro avanzata.”
“Noi concordiamo su questo” disse Gladia. “E siamo disposti a unire le nostre forze alle vostre per combattere i colossi.”
Nimlothien sembrò soddisfatta. “Allora possiamo discutere di una strategia comune.”
“Se permetti, prima vorremmo discutere di un altro argomento.”
“Avete un’altra proposta da fare?”
Gladia guardò Sibyl. “La strega rossa può esporti meglio di chiunque questo punto. L’idea è sua, dopotutto.”
Nimlothien guardò la strega come se Gladia le avesse indicato della spazzatura. “Un’idea di quella infame? Mi rifiuto di prenderla in considerazione.”
Quella frase strappò un mezzo sorriso a Bryce. Gladia le rivolse un’occhiata di sbieco e lei si ricompose.
“Io dico di ascoltare ciò che ha da proporre” disse Marq.
“Non ne avevo alcun dubbio” fece Nimlothien con tono sufficiente. “Sappiamo tutti che sei piuttosto indulgente verso di lei.”
“Come lo è stato Malag, visto che le ha affidato la proposta di tregua.”
La strega bianca fece una smorfia. “Ti ascolto” disse rivolta a Sibyl. “Ma cerca di essere convincente.”
“Perderete” disse la strega rossa. “Nonostante i vostri sforzi e la vostra alleanza, i colossi di Persym vi distruggeranno.”
Nimlothien ghignò. “È questo che volevi dirci? Un avvertimento?”
“È così che andrà” rispose Sibyl. “I colossi hanno raso al suolo Malinor, la città più grande e protetta di questa parte del mondo conosciuto. Voi non avete mura a proteggervi dal loro assalto. Quanto sperate di poter resistere prima di venire schiacciati? Ve lo dico io. Non sopravvivrete.”
“Cosa ci consigli allora? Di scappare?”
“No” disse la strega rossa. “Affrontiamoli, ma alle nostre condizioni.”
Nimlothien si accigliò.
“Attiriamo Persym in una trappola. Separiamo il comandante dalla sua orda e poi uccidiamolo insieme al suo colosso.”
“Chi ti assicura che Persym cadrà nella trappola?”
“Se gli forniremo l’esca adatta, lui verrà.”
“Che tipo di esca?”
“Lui vuole uccidere Malag. Di persona. Diamogli questa possibilità.”
Nimlothien scosse la testa. “Perché Malag dovrebbe accettare di correre un rischio simile?”
“Non sarà solo” disse Gladia. “Ci sarò anche io. E un erede.”
“Che cosa sarebbe un erede?” domandò la strega bianca.
“Dillo al tuo comandante. Lui capirà” disse Sibyl. “Digli che mentre lui si occuperà di Persym, l’erede distruggerà il colosso.”
E io distruggerò Malag, si disse Gladia.
“È la cosa più insensata che abbia mai sentito” disse Nimlothien. “Dove dovrebbe scattare questa trappola?”
Sibyl indicò le montagne a settentrione. “Lì. Su una di quelle montagne.”
“L’Artiglio di Okromuhan” disse la strega bianca. “Perché proprio lì e non altrove?”
“È isolato ma non troppo lontano.”
“Come faremo a portare Persym lì?”
“Dovrete fargli scoprire che Malag è andato a nascondersi sulla montagna in vista della battaglia” disse Gladia.
“Non solo deve fare da esca, ma deve passare anche per codardo” disse Nimlothien con disprezzo.
 “Manderete una pattuglia verso l’orda di Persym” disse Sibyl ignorandola. “Con l’ordine di farsi catturare. Quando li interrogheranno, uno di essi si lascerà sfuggire il luogo in cui Malag andrà a nascondersi. Persym non rinuncerà all’occasione e verrà di persona. Con un colosso, per essere sicuro di vincere e spazzare via la scorta dell’arcistregone.”
Nimlothien la fissò in silenzio. “Non mi fido di te e di nessuno di voi. Ma riferirò a Malag la tua proposta, se non hai altro da aggiungere.”
“Nient’altro” disse Sibyl con espressione soddisfatta.
Nimlothien fece un cenno con la testa a uno degli stregoni. “Vai tu e torna con una risposta.”
Lo stregone annuì e dopo aver tirato le redini partì al galoppo.
Non fu un’attesa lunga e dopo meno di un’ora lo videro tornare.
Malag non deve essere lontano, pensò.
Aveva sperato che fosse presente anche lui all’incontro. Era stato meglio così. Non era sicura di sapersi controllare in sua presenza.
Lo stregone si fermò al fianco di Nimlothien. “Il maestro è d’accordo con il vostro piano e concorda sulla necessità di attirare Persym in trappola e separarlo dal suo esercito.”
Nimlothien scosse la testa.
“Il maestro dice anche che se l’inquisitrice porterà l’erede con sé, anche lui vuole portare la sua scorta personale. Una sola persona.”
Gladia annuì. “Mi sembra ragionevole.”
“Il maestro ha scelto di sicuro me” disse Nimlothien.
“Sono io la scelta più ovvia” ribatté Marq. “Tu sei una comandante troppo abile e dovrai guidare l’armata in battaglia. Io non sono così necessario.”
Lo stregone deglutì a fatica. “Il maestro mi ha detto di riferirvi il nome della persona che ha scelto come scorta. Mi ha anche detto che questa scelta è una condizione non negoziabile. Se qualcuno di voi si opporrà o se la persona scelta rifiuterà, non ci sarà alcun accordo né alleanza.”
“Accetteremo qualunque condizione, purché sia ragionevole” disse Gladia esasperata. “Ora dicci quel nome.”
Lo stregone esitò, poi disse: “Il maestro vuole che sia la strega rossa a fargli da scorta.”
 
***
 
Da quando si erano messi in cammino per il campo, non aveva osato alzare la testa. Temeva che se lo avesse fatto, avrebbe incrociato gli sguardi accusatori di Gladia e Bryce. E di Vyncent.
Era sicura che anche Vyncent la stesse guardando con la stessa espressione che le aveva rivolto Bryce dopo le parole di quello stregone.
“Traditrice” aveva detto tra i denti Bryce rivolgendosi a Vyncent.
Non l’aveva sentita, ma ne era certa.
Lui non aveva cambiato espressione, ma Joyce sapeva a cosa stesse pensando.
Traditrice.
Dopo tutti gli sforzi fatti per guadagnare la loro fiducia, aveva rovinato tutto.
Malag aveva rovinato tutto.
“Perché ha scelto me?” domandò a Gladia.
L’inquisitrice si cocesse qualche istante per rispondere. “Dovresti dircelo tu, strega rossa. Forse sarebbe il momento di rivelare la tua identità. Il fatto che usi la trasfigurazione non mi aiuta a fidarmi di te.”
Joyce sentì il cuore batterle più forte. “Il mio viso è piuttosto comune. Vederlo non ti aiuterebbe affatto.”
“Devo affidarmi all’aiuto di un abiuratore?”
Joyce non aveva idea di chi o cosa fosse un abiuratore, ma non voleva che Gladia lo usasse con lei.
“Se lo farai” disse cercando di tenere ferma la voce. “Io non farò da scorta a Malag e il piano fallirà.”
“Sapevo che avresti usato il ricatto” disse l’inquisitrice. “Io avrei fatto lo stesso.”
“Non ti sto ricattando.”
“Ci tieni davvero a nascondere il tuo vero aspetto. Mi chiedo chi ci sia sotto quella maschera. Una criminale? Una rinnegata?”
“Una traditrice” disse Bryce sopraggiungendo.
Da quanto ci sta ascoltando? Si chiese. E quanto ha ascoltato?
“Se fosse per me, la metterei in catene e le farei sputare fuori la verità. Altro che abiuratori.”
“L’abiura, se usata bene, può essere molto dolorosa” disse Gladia.
E se usata male? Si domandò Joyce. Devo scoprire qualcosa di più su questi abiuratori.
“Io ti avverto inquisitrice” disse Bryce. “Non ti fidare di lei o te ne pentirai.”
“Quando penserò che la strega rossa stia cercando di tradirci” disse l’inquisitrice con tono calmo. “Me ne occuperò di persona.”
“Non vi tradirò” disse Joyce cercando di apparire sicura di sé. “Voglio uccidere Malag e Persym. Il mio piano funzionerà.”
“Perché Malag ti ha scelta come scorta?” chiese Bryce. “Voglio sapere la verità.”
“Non lo so” disse Joyce.
Ed era vero.
“Anche io sono rimasta sorpresa” aggiunse.
Bryce scosse la testa. “Un motivo deve pure esserci.”
“Forse” disse Gladia. “Il motivo è che vuole gettare il dubbio tra di noi. Vuole dividerci e spingerci a dubitare gli uni degli altri. Sarebbe tipico dell’arcistregone agire in quel modo, per quanto ne sappiamo di lui.”
“Non sono affatto convinta che il motivo sia questo” disse Bryce tirando le redini. “Ma se questa qui proverà a tradirci, la ucciderò io stessa. E stavolta non mi importerà di dare un dispiacere a Elvana.”
Mentre si allontanava tornò a respirare come prima.
“Stalle lontana fino alla partenza” disse Gladia. “Non provocarla o non potrò garantire per la tua vita.”
“Starò attenta” disse Joyce.
Quando tornarono al campo trovarono ad attenderli il re e gli altri comandanti. Suo padre volle subito sentire Gladia nella sua tenda.
Joyce fu costretta ad attendere fuori.
Non è cambiato molto da Valonde, si disse. Loro discutono e io sono confinata fuori dallo studio, ad attendere le loro decisioni.
Almeno Vyncent era lì con lei. Lo aveva visto scambiare un’occhiata con Bryce prima che lei entrasse nella tenda.
“Ti ha chiesto di sorvegliarmi?” gli chiese.
Lui sussultò. “Sì, l’ha fatto” disse.
“Non scapperò.”
“Non ho detto questo. E non ti sto tenendo d’occhio. Puoi anche tornare alla tua tenda e riposare. Credo che resteranno a discutere per quasi tutta la notte.”
“Non ho sonno” disse sedendosi accanto a lui. Era bello avvertire il calore del suo corpo mentre sedevano fianco a fianco.
I giorni passati a Valonde erano un ricordo lontano ma sapeva che sarebbe bastata una sola scintilla per riaccendere il fuoco.
E lei non voleva.
Si è promesso a Bryce, pensò. E lei si è promesso a lui. I voti nuziali non valgono un matrimonio, ma sono solenni.
Una sola scintilla e avrebbe abbandonato tutto per tornare la vecchia Joyce. Le sarebbe bastato allontanarsi dal campo e annullare la trasfigurazione per farsi ritrovare da una pattuglia. Per lei la guerra sarebbe finita in quello stesso istante. Suo padre non avrebbe mai permesso che restasse lì durante la battaglia e l’avrebbe rimandata a casa con una scorta e una nave.
Era un pensiero invitante e a volte, prima di addormentarsi, si crogiolava a quel pensiero. Ma un attimo prima di scivolare nel sonno rivedeva i volti di quelli che erano morti per permetterle di essere lì, in quel luogo e in quel momento.
Se fosse tornata a essere Joyce li avrebbe traditi.
Avrebbe tradito Halux che aveva cercato l’Artiglio di Okromuhan per lei quando avrebbe potuto andare via in qualsiasi momento. E Kallia che era morta per essersi fidata di lei. E Joane che si era sacrificata per consentirle di scappare. E Caldar e Fredi e Marq che aveva sofferto le pene degli inferi e continuava ad amarla nonostante tutto.
Avevano parlato in una delle pause dell’incontro, quando Gladia e Nimlothien avevano discusso dei particolari più noiosi.
“Vieni con me” aveva detto Marq.
“Voglio restare qui” aveva risposto lei.
“Potrai essere qualunque cosa tu voglia. Chiunque tu voglia. Non dovrai più portare una maschera come fai adesso.”
“Marq” aveva iniziato a dire. “Non posso andare via ora che dipende tutto da me.”
“Lo fai per lui? Per Vyncent?”
Lei gli aveva rivolto un’occhiata interrogativa.
Marq le aveva sorriso. “Bryce e io abbiamo parlato un po’, mentre ci dirigevamo verso Orfar. Secondo lei, sei innamorata di Vyncent. È vero?”
“Ti spiace?” gli domandò cercando di provocarlo.
Marq sospirò. “Mi spiace vederti strisciare ai piedi di uno che non ti vuole. Lui ama la strega dorata. E non fa niente per nasconderlo.”
“L’ho notato anche io” disse cercando di non far trasparire la sua irritazione.
“E allora rinuncia a lui. Lascialo andare.”
“Non lo faccio per lui” disse cercando di cambiare discorso. “Lo faccio per me.”
“Per te?”
“Io sono la strega rossa” disse, come se quello spiegasse ogni cosa.
“Tu sei la strega rossa” disse Marq. “Ma sei anche Sibyl. E la ragazza dietro la maschera.” Fece una pausa. “C’è un villaggio, oltre le montagne del Drago. Devi dirigerti verso oriente e trovare un passo tra i monti, ma superato quello, non troverai altri ostacoli.”
“Non verrò” disse subito.
“Se dovessi ripensarci, ti aspetteremo lì.”
“Aspetterai per niente, Marq. Io non verrò.”
“La strega rossa no. Lei ha già deciso che deve sacrificarsi per vincere questa dannata guerra, come stava per fare alla fortezza, contro Falgan. Lei è quasi contenta di andare sull’Artiglio di Okromuhan a rischiare la vita. Ma Sibyl o la ragazza dietro la maschera forse verrebbero, se tu dessi loro una possibilità.”
“Mi spiace Marq, ma non ci ripenserò.”
Lascialo andare, si disse mentre sedeva accanto a Vyncent.
“Io sì” disse lui alzandosi di scatto. “Abbiamo bisogno di riposo dopo una giornata così lunga e stancante.”
Si ritrovò ad annuire e poco dopo raggiungeva la sua tenda. Shani era in piedi vicino all’entrata, in attesa con le braccia conserte.
“Non ho voglia di discutere con te” disse con tono sgarbato.
Ed era vero. I suoi pensieri erano tutti rivolti alla montagna. C’erano ancora tante cose da discutere con Gladia su come preparare la trappola per Malag e Persym.
Shani si piazzò davanti all’entrata. “Ti ruberò poco tempo, strega rossa.”
“Che vuoi?”
“Lascialo andare.”
Anche tu? Si chiese.
“Mi riferisco a Oren” aggiunse Shani. “Lascialo andare. Per favore.”
“È tutto tuo” disse cercando di evitarla.
“Ogni volta che sparisci e riappari, gli fai del male.”
È la cosa che mi riesce meglio, si disse. Fare del male alle persone che si legano troppo a me.
“Pensavo di aver chiarito ogni cosa a Malinor” disse con tono perentorio. “Se lui non è in grado di capire non è colpa mia.”
“È innamorato” disse Shani con tono supplice. “Tu lo sei mai stata, strega rossa?”
“Credo di sì” disse, ma senza convinzione.
“Allora puoi capire cosa sta provando.”
“Chi ti dice che non sia innamorata anche io?”
“Tu ami solo la tua guerra, strega rossa” disse Shani. “Tutto quello che fai, ogni tua parola, ogni tuo sforzo è rivolto in quella direzione. Non c’è spazio per Oren nei tuoi pensieri, né per chiunque altro.”
“Non è vero.”
“Dimmi una sola cosa che hai fatto senza pensare alla guerra.”
Joyce cercò nei suoi ricordi delle ultime Lune ma non trovò una risposta soddisfacente da darle. “Partiremo tra due giorni” disse dopo qualche istante di silenzio. “Nessuno lo sa, tranne poche persone qui al campo. Tu sai cosa devi fare.”
Shani annuì. “Grazie.”
Joyce la osservò sparire dietro una tenda e poi entrò nella sua. Non perse tempo a togliersi i vestiti e si gettò sul giaciglio, avvolgendosi tra le coperte di lana.
La mattina dopo, Elvana venne a svegliarla all’alba. “Oggi niente addestramento.” Storse il naso. “Sei andata a dormire vestita?”
Joyce notò i vestiti sgualciti. Indossava una blusa grigia su di una tunica marrone, pantaloni di lana e stivali sporchi di fango.
“Ero troppo stanca.”
La strega fece spallucce.
“Dicevi niente addestramento o sbaglio? Vuol dire che posso riposare?”
“No. Il re vuole farvi un discorso. A tutte e tre.”
Raggiunsero la teda di suo padre ed Elvana la invitò a entrare. Quando si trovò all’interno, si accorse di essere sola a parte il re.
Suo padre era in piedi dietro un tavolo e per un attimo pensò di essere tornata a Valonde, quando entrava nel suo studio, di solito per ricevere un rimprovero o un richiamo.
O come quella volta che le aveva detto di dover sposare Tharry di Taloras.
“Maestà” iniziò a dire.
“Silenzio” disse suo padre con tono perentorio.
Joyce serrò le labbra all’istate, come ubbidendo a un istinto.
“Se sei ancora viva” proseguì suo padre. “Lo devi a Gladia e Vyncent. Solo a loro.”
“Se non vi fidate di me, chiudetemi in una cella.”
“Lo avrei fatto, ma l’arcistregone ha posto come condizione per l’alleanza la tua presenza su quella montagna.” Scosse la testa. “E il suo aiuto ci serve. Le pattuglie hanno avvistato l’armata di Persym ed è più grande di quanto pensassimo. Deve avere raccolto rinforzi mentre avanzava verso di noi.”
“I colossi?”
“Nessuno li ha ancora visti, ma pensiamo che li terranno nascosti fino all’ultimo. Persym li userà sul campo di battaglia, dove sono più efficaci.”
“Dovete stare attenti, specie al colosso divoratore.” Il ricordo di quello che era accaduto a Nazdur l’assalì. “E quello che lancia sfere infuocate come se fossero dardi magici.”
“Sappiamo già tutto. Con Erix e Alion abbiamo stabilito una strategia. Speriamo solo che funzioni.”
“Con Bardhian e Bryce e l’armata potrete distruggerli, ne sono certa.”
“Vorrei avere anche io la tua sicurezza.” Un velo sembrò posarsi sul suo viso. “Ma non ti ho fatta venire qui per minacciarti. So che non servirebbe a molto, stando a quello che Gladia e altri mi hanno detto.” Esitò. “C’è una cosa che voglio chiederti e voglio, anzi pretendo, che tu sia sincera con me. In cambio, ti garantisco che alla fine della guerra, sarai perdonata, anche se dovessimo scoprire che hai servito Malag.”
“Non ho mai servito l’arcistregone.”
Suo padre scosse la testa. “Dammi la tua parola che non mi mentirai.”
“Avete la mia parola.”
“È vero quello che hai raccontato a Vyncent? Hai visto davvero Joyce, mia figlia, mentre veniva condotta al nostro campo da una scorta?”
Joyce lo fissò senza parlare.
“Ricorda che hai giurato, strega rossa.”
Chiuse gli occhi, cercando di pensare a tutto ciò che l’aspettava su quella montagna. Malag, Persym, un colosso e chissà quali altri pericoli.
Sarebbe stato facile dargli una speranza a cui aggrapparsi come un naufrago nel mare in tempesta.
Lascialo andare.
Quando riaprì gli occhi, erano asciutti. “No” disse. “È tutto falso. Ho mentito a Vyncent per convincerlo a tornare al campo dell’alleanza. Se non lo avessi fatto, lui sarebbe rimasto lì a farsi uccidere inutilmente.”
“Inutilmente” disse suo padre chinando la testa. “Hai fatto la cosa giusta, strega rossa. Vyncent non meritava di morire per niente. Ora puoi andare. E grazie per essere stata sincera con me.”
“Col vostro permesso” disse prima di voltarsi e uscire dalla tenda.
 
Passò accanto a Gladia mentre stava assicurando la sella alla schiena del cavallo. Eryen era già montata in sella e osservava dall’alto il campo addormentato e immerso nel buio rischiarato da pochi fuochi accesi dai soldati che cercavano di scaldarsi.
Si trovavano fuori dalle mura fatte di tronchi, lontani dalle tende, dove nessun poteva ascoltarli e solo qualcuno dotato della vista speciale avrebbe potuto scorgerli.
Joyce scrutò i volti di quelli che erano presenti. Vide Bryce e Vyncent ed Elvana e persino quelli di Bato e Djana. C’era anche Bardhian che si guardava attorno come temendo un agguato da un momento all’altro.
Mancava Oren.
Elvana le aveva detto che lui e Shani si erano uniti a una pattuglia partita nel pomeriggio e che non sarebbero rientrati prima del giorno dopo.
“È stata Shani a insistere per andare” aveva detto Elvana come se volesse scusarsi. “Volevo ritardare la loro partenza e dare la possibilità a Oren di passare a salutarti, ma la vostra partenza era segreta e non avevo idea di che scusa inventare per trattenerli qui.”
“Va tutto bene” aveva detto Joyce serena.
Lascialo andare.
“L’orda di Persym si sposta veloce verso di noi” disse Bryce a Gladia. “Marciano a tappe forzate. Dovrete accelerare anche voi se volete arrivare in tempo all’appuntamento.”
“L’arcistregone deve aver saputo di Malag e vuole raggiungerlo al più presto” disse l’inquisitrice. “Forse la fretta di voler ingaggiare battaglia lo tradirà, inducendolo a fare un errore o due.”
“Sarà così” disse sua sorella.
Vyncent fu il primo ad avvicinarsi. “Seguiresti il mio consiglio se ti dicessi di essere prudente?” le domandò sorridendo.
“L’ho mai fatto?” gli domandò di rimando.
Il suo sorriso si allargò. “Sarebbe il momento giusto per iniziare.”
Joyce dominò il desiderio di abbracciarlo per l’ultima volta e lasciò che si allontanasse.
Lascialo andare.
Bardhian prese il suo posto, piazzandosi di fronte a lei come se si stesse preparando a colpirla.
“Quando torni ti darò la rivincita.”
“Distruggi quei mostri” disse seria. “Come ti ha insegnato Joane.”
Bardhian guardò altrove, come se fosse imbarazzato. “Devo chiederti una cosa che la riguarda.”
E solo ora hai trovato il coraggio? Si chiese.
“Lei” esitò. “Ti ha detto qualcosa su di me, prima di” altra esitazione. “Prima di separarvi?”
Lascialo andare.
Di nuovo quella voce.
“Mi disse che era orgogliosa di te. Che eri il figlio che aveva sempre desiderato di avere.”
Bardhian sorrise. “Non sono parole di Joane queste.”
“Le userebbe se fosse qui” disse Joyce. “Non deluderla.”
Bardhian allargò le braccia e si protese verso di lei, cingendola in modo goffo e sgraziato. Joyce appoggiò il mento sulla sua spalla e gli diede una pacca sulla schiena.
Elvana afferrò Bardhian per un braccio e lui si divincolò.
“Sei già stanco della tua fidanzata che vive nelle caverne e ne vuoi un’altra?” gli chiese.
Bardhian si massaggiò la spalla con una smorfia di dolore dipinta sul volto. “E tu sei gelosa di Sibyl?”
Elvana gli scoccò un’occhiataccia. “Fai attenzione a Eryen” disse rivolgendosi a Joyce. “Per qualche motivo che sa solo lei non ti sopporta.”
“E io non sopporto lei.”
“Ma cercate di collaborare. È importante.”
Fece di sì con la testa.
Aveva saputo che Elvana si era presa cura di Eryen quando Gladia era andata a cercare Bryce. Avevano passato insieme un paio di Lune e durante l’addestramento aveva rischiato di ucciderla almeno un paio di volte.
“Ma sta imparando a dominarsi” aveva assicurato Elvana. “Forse in cinque o sei anni potrebbe diventare una strega decente.”
Nel momento in cui era riapparsa Joyce, Eryen era tornata sotto la guida di Gladia e aveva passato con lei la maggior parte del tempo.
Per quanto Elvana ne sapesse, non aveva fatto amicizia con nessuno lì al campo e non l’aveva mai vista scambiare più di una o due frasi di cortesia con un estraneo.
“Sembra quasi che non le importi niente di quello che accade” aveva osservato Elvana parlando di lei in una pausa. “È del tutto concentrata su quello che dovrà fare.”
Pensa solo alla sua guerra da vincere, si disse Joyce. Come me. Forse ci somigliamo più di quanto possa far piacere a entrambe.
“C’è un’ultima lezione” disse Elvana.
“Proprio qui? Ora?”
“Sarà veloce. È più un consiglio.”
“Riguarda lo stare zitti e osservare per imparare da quelli più esperti?”
“Mi riferivo a Malag. Cosa devi fare se lo incontri?”
“Essere veloce e letale?”
Elvana scosse la testa.
“Colpire più forte che posso mentre è distratto?”
Aveva già provato in quel modo e aveva fallito, ma poteva darsi che la volta seguente avrebbe avuto successo.
Elvana scosse di nuovo la testa.
Joyce si strinse nelle spalle. “Cosa devo fare se lo incontro allora?”
“Scappa” disse la strega. “Scappa più veloce che puoi. È la cosa che ti riesce meglio. Scappa e mettiti in salvo. Hai capito? È importante, dannata ragazzina.”
Si scambiarono una lunga occhiata, poi Elvana tirò su col naso e si allontanò.
Joyce non si aspettava che Bryce o gli altri la salutassero e non lo fecero. Si scambiarono un’occhiata veloce e poi si ritrovò a montare in sella.
Forse è l’ultima volta che vedo Bryce, si disse. Potrei smontare e correre ad abbracciarla, come facevo da piccola quando la vedevo tornare da un allenamento o cercavo di convincerla a partecipare ai miei giochi o a fare una sortita in città senza avvertire nostro padre.
Ma quella era Joyce.
Lasciala andare, disse la voce nella sua testa.
La principessa di Valonde scomparve, lasciando il posto alla maga dai lunghi capelli neri e lo sguardo misterioso.
Non era più una maschera, era la sua pelle.
Lasciala andare.
In quel momento era Sibyl la strega rossa e stava andando a vincere la sua guerra.
 
***
 
“Zia” sussurrò Eryen. “Perché dobbiamo portarci dietro la strega rossa? È una traditrice, mi sembrava di avertelo detto.”
“Malag ha posto come condizione la sua presenza. Senza di lei non ci sarà alleanza né altro.”
“Ma non possiamo fidarci di lei.”
“Ho detto che mi fido?”
Eryen sorrise compiaciuta.
“Che cosa ti ha insegnato Elvana?”
“Niente di davvero utile” disse la strega. “Passava quasi tutto il tempo a urlarmi contro e minacciarmi di darmi delle bastonate.” Sorrise. “Se avesse osato, l’avrei uccisa, ovviamente. Credo che scherzasse perché non ci ha mai provato davvero.”
Si chiese se Elvana sapesse del pericolo che aveva corso.
Sibyl le seguiva a qualche passo di distanza, le mani strette attorno alle redini e lo sguardo fisso sul sentiero. Dopo due giorni di viaggio erano entrati nella fitta foresta che circondava le pendici dell’Artiglio di Okromuhan.
La montagna incombeva su di loro e da quella distanza Gladia poteva apprezzarne la forma. Aveva davvero la forma di un artiglio rivolto verso il cielo, con la cima grigiastra che si incurvava verso oriente formando un piccolo arco.
 Non c’era stato tempo di inviare degli esploratori e attendere un loro rapporto ed erano costretti a muoversi in un territorio sconosciuto, di cui non c’erano mappe affidabili.
Quella regione a settentrione dell’altopiano non era molto abitata e la guerra aveva svuotato i villaggi e gli avamposti. La maggior parte della popolazione era scappata a oriente e occidente o era sparita.
Sono morti, si disse Gladia. Di fame o di stenti. Come i cittadini di Theroda, Malinor, Orfar, Carsais, Nazdur e chissà quanti altri posti. Tutta colpa di Malag.
Pensare all’arcistregone la fece fremere di rabbia.
Tra meno di un giorno potrei incontrarlo, pensò.
Aveva sognato a lungo quel momento, il giorno in cui avrebbe fronteggiato Malag. Aveva immaginato sé stessa brandire una lama magica o scagliare i fulmini prima di finirlo con un dardo piantato.
Avrebbe strappato il cuore dal petto dell’arcistregone, se non fosse stata sicura di trovare solo un corpo vuoto, privo di qualsiasi organo al suo interno.
Solo una creatura senza cuore potrebbe uccidere un bambino non ancora nato, si disse.
Ma era stato Robern a farlo.
No, pensò. Lui era stato ingannato. Aveva agito per compiacere Malag, soggiogato dal suo potere di convincere le persone a fare al suo posto ogni genere di atrocità.
Robern non sarebbe mai stato capace di tanto. Ci aveva messo anni per capirlo e un’intera vita passata a combattere lo spettro di un demone che aleggiava su di lei.
Oggi avrebbe distrutto quel demone.
La strega rossa l’affiancò. “Come faremo a trovare Malag?” le chiese.
“Credevo avessi pensato anche a questo, strega rossa.”
“Immagino che l’abbia fatto tu.”
Gladia sorrise. “Abbiamo concordato dei segni da lasciare sul sentiero con la strega bianca. Tracce che solo un occhio attento potrà scorgere.”
“Quell’occhio è il tuo?”
Vorresti che ti mostrassi quei segni, Sibyl? Si chiese. Non mi fido abbastanza di te. Non più.
La richiesta di Malag le aveva messo quel dubbio in testa e non era stata capace di scacciarlo via nonostante si fosse ripetuta per tutto quel tempo che era solo un inganno.
Malag non verrà da solo, si disse. Ci ha detto di portare la strega rossa perché il piano è suo e voleva che dubitassimo di lei.
Oppure tra i due c’era davvero un accordo segreto. Vyncent aveva raccontato di aver trovato Sibyl in compagnia di Malag quando era stato condotto al suo cospetto.
Che cosa si sono detti prima del suo arrivo? Si chiese. Hanno gettato le basi di una trappola tesa a noi?
I timori di Gladia era che la tregua con l’orda si rivelasse una trappola. Ne aveva parlato con re Andew, esprimendogli le sue paure.
Il re si era fatto serio, come spesso gli capitava in quelle riunioni. “L’ho pensato anche io appena Vyncent e la strega rossa mi hanno riferito di quella strana richiesta di tregua.”
“Non possiamo fidarci di lei. Ovunque vada porta scompiglio. A Theroda, a Nazedir, a Malinor e a Nazdur. E persino nella battaglia persa da Galyon e Mardik. C’era sempre lei dietro quelle sconfitte, in un modo o nell’altro.”
Andew aveva sospirato. “Vorrei tanto potermi fidare di quella strega.”
“Perché?”
Lui aveva sorriso triste. “In un certo senso, mi somiglia, non trovi?”
“È irriverente e sgarbata nei modi e nelle parole” disse Gladia. “E trova sempre il modo di far valere la sua opinione, anche se è sbagliata. Si, ti somiglia.”
“Io stavo per dire che è fiera e sicura di sé, ma credo che tu abbia afferrato il concetto. Mi sono sempre chiesto come sarebbe stata Joyce se fosse nata con i poteri. Ho sperato, finché non ha compiuto i dodici anni, che per qualche prodigio fosse scampata alla maledizione, ma…” Aveva scosso la testa. “Ecco, la immaginavo così. Fiera, caparbia, arrogante quasi.”
“Una piccola Andew?” aveva detto Gladia divertita.
“Sì” disse il re. “Proprio così.” Si era schiarito la gola. “Ma, proprio per questo, credo che la strega rossa meriti la nostra fiducia, per il momento.”
“Come mai?”
“Se tentasse di ingannarci non avrebbe un atteggiamento così sgarbato, non credi? Cercherebbe di convincerci con parole dolci come il miele e profumate come fiori appena colti.”
“Forse non è capace di tanta astuzia. Forse la sopravvaluti.”
“Forse, ma il suo piano è valido. Se riesce, attireremo Persym lontano dalla sua orda, privandola del comandante supremo e di un colosso. Devi ammettere che è astuto.”
“Astuto o stupido, dipende da chi ne trarrà vantaggio.”
“È per questo che ci affideremo a te e alla tua arma.”
“Eryen non è un’arma. È una persona.”
“Purché si ricordi di essere un’arma quando dovrà distruggere l’arcistregone. Tutti ne saremmo molto felici.”
Mentre avanzavano la foresta divenne più fitta e i cavalli facevano fatica a proseguire.
“Da qui in poi dobbiamo procedere a piedi” disse Gladia smontando.
Sibyl legò il cavallo a un albero.
“Lascialo libero” disse Gladia. “Tornerà da solo al campo.”
“E noi resteremo a piedi.”
“Camminare non ci farà male” disse Gladia. “Ma se lasciamo qui i cavalli, qualcuno venendo dal sentiero potrebbe capire dove ci siamo fermati e seguirci.”
Sibyl rivolse un’occhiata alla montagna. “Dov’è che dovremo incontrare quel Robern?”
“Sul versante orientale” rispose Gladia. “È lì che si trova il luogo convenuto.”
Mentre avanzavano nel folto della boscaglia, Gladia provò la spiacevole sensazione della foresta che si chiudeva su di loro, soffocandoli.
C’erano racconti, appresi quando era solo una bambina, che parlavano di foreste incantate che ingoiavano i pellegrini che osavano entrarvi.
Di solito erano luoghi bui e pericolosi abitati da demoni e mostri, elfi crudeli e maghi sopravvissuti alla ribellione di Harak e Ambar che avevano scelto quei luoghi per portare avanti i loro scellerati rituali.
Eppure, in una foresta come quella aveva incontrato per la prima volta Robern. Lei stava fuggendo ed era caduta tra le sue braccia dove lui, ragazzo impacciato, l’aveva raccolta e curata dalle ferite.
“Zia” disse Eryen. “Se mi dicessi quale segno devo cercare, potrei darti una mano.”
Se lo dicessi a te, pensò, dovrei dirlo anche alla strega rossa.
Avanzarono fin dove la boscaglia lo consentiva, prima di fermarsi per riposare.
“Posso levitare oltre gli alberi per dare un’occhiata in giro” si offrì Sibyl.
“Col rischio di farti vedere da qualcuno che sta sorvegliando la foresta? Meglio di no.”
“E se lo facessi da invisibile?”
“Brilleresti come una stella per chi ha la vista speciale” replicò Gladia.
Come può essere così ingenua e inesperta ed essere sopravvissuta a tanti pericoli? Si chiese.
Sibyl sedette in disparte, l’espressione corrucciata.
Gladia decise di scambiare con lei due parole.
“I poteri non risolvono tutti i problemi” le disse sedendole accanto. Prese dalla sacca che si era portata dietro un pezzo di pane e glielo offrì.
Sibyl lo prese e lo spezzò in due, offrendole l’altra metà indietro.
“Almeno conosci le buone abitudini” disse. “Spezzare il pane offerto è un’usanza del continente maggiore.”
La strega si strinse nelle spalle. “Ho viaggiato molto.”
“Per una della tua età è notevole. Elvana dice che sei una strega selvaggia. Cresciuta senza un vero addestramento formale. A che età hai scoperto di avere i poteri?”
“Tredici.”
“È un’età molto avanzata. Io a otto. E tu Eryen?”
“Quattro anni, zia. Uccisi Cailu per sbaglio con un dardo magico.”
“Cailu?” fece la strega rossa.
“Era un gatto che ogni tanto veniva a mangiare gli avanzi della cucina. Zia Gajza diceva che giocavo a inseguirlo quando balzò sulla credenza e io gli lanciai contro un dardo magico.” Ridacchiò. “Povera bestiola.”
Sibyl fece una smorfia.
“Come ti stavo dicendo” proseguì Gladia. “I poteri non risolvono tutti i problemi. Sai cosa diceva la mia guida?”
Sibyl scosse la testa mentre masticava un pezzo di pane.
“Che sarei diventata una vera strega il giorno in cui sarei riuscita a fare a meno dei miei poteri. Proprio così.”
“Se non usi i poteri che strega sei?”
Eryen ridacchiò. “Zia, è impossibile.”
“Era quello che diceva la mia guida” disse Gladia paziente. “Nemmeno io sono del tutto sicura che avesse ragione. Forse era solo un modo per spingermi a non fidarmi troppo dei poteri.”
Sibyl fissò il tappeto di foglie morte tra i suoi stivali. “Credi che la battaglia sia già iniziata?”
Dal punto in cui si trovavano gli alberi coprivano la vista della valle a sud dell’Artiglio. Per tutto il viaggio si erano voltate ogni tanto per guardare verso il campo dell’alleanza ma non avevano notato alcun movimento. Poi le colline che sorgevano nella valle avevano impedito loro di guardare oltre.
“È probabile” disse. Secondo gli esploratori l’orda di Persym si trovava a due giorni di marcia. Loro avevano viaggiato per due giorni e mezzo prima di raggiungere l’Artiglio.
Sibyl inspirò a fondo. “Bardhian e Bryce distruggeranno i due colossi. In fondo loro sono eredi, no?”
Gladia si accigliò. “Bardhian lo è di sicuro, ma Bryce di Valonde è solo molto forte.”
“Solo? È la strega suprema.”
“Essere la strega suprema è cosa diversa dall’essere un erede.”
“Credevo che le due cose coincidessero, nel suo caso” disse lei turbata.
“Credevi male. Ma su di una cosa hai ragione. Bryce di Valonde è la strega più forte della sua generazione.”
“Perché sa usare meglio di chiunque altro i suoi poteri.”
Gladia sogghignò. “Non è questo a renderla la strega suprema.”
“Cosa, allora?” domandò Sibyl.
“Bryce vale più dei suoi poteri e lo ha dimostrato.”
“Non capisco.”
“Quello che voglio dire è che anche senza lanciare incantesimi, sarebbe la migliore. Per questo è la strega suprema.”
“Quando lo avrebbe dimostrato?”
“Sul continente maggiore, quando partì da sola per salvare un gruppo di esploratori caduti in un’imboscata. O quando a Orfar era pronta a sacrificarsi pur di salvare re Alion e l’alleanza. O pochi giorni fa, offrendosi come ostaggio in cambio della sorella, quando pensava che fosse prigioniera di Malag.”
Sibyl sgranò gli occhi. “Bryce ha fatto questo?”
Gladia annuì. “Sarebbe stato un sacrificio inutile perché la povera Joyce è morta, su questo non c’è alcun dubbio, ma Bryce voleva offrirsi lo stesso per uno scambio. Abbiamo dovuto minacciarla per farle cambiare idea.” Scosse la testa e guardò in alto. “Ormai è buio. Per oggi non ci sarà alcuno scontro. Ci rimetteremo in marcia domani all’alba.”
Tirarono fuori dalle sacche delle coperte di lana e le sistemarono in modo da non essere visibili a qualcuno che risalisse il fianco della montagna.
“Farò io la guardia per prima” si offrì Gladia. “Poi Eryen e la strega rossa.”
Gladia andò a sistemarsi vicino a un albero, in modo da poter osservare il pendio della montagna che declinava verso valle.
Non era la prima volta che montava di guardia.
Ma potrebbe essere l’ultima, si disse.
Non era spaventata ed era pronta a morire. Tutto ciò che voleva era dare un senso alla sua morte.
Ogni tanto gettava un’occhiata alle ragazze avvolte nelle coperte di lana. Le osservò agitarsi mentre cercavano la posizione ideale per riposare.
Sapeva per esperienza che non esisteva e che il duro terreno era sempre scomodo. Col tempo le sue ossa e i suoi muscoli si erano adattati, anche se negli ultimi anni aveva passato più tempo nei suoi comodi appartamenti di Taloras che in giro per il mondo conosciuto
Quelle ultime Lune erano state faticose.
Ma tra poco potrò riposarmi, pensò.
Eryen smise di muoversi per prima, poi toccò alla strega rossa. Decise di attendere qualche altro minuto, poi si alzò e raggiunse la nipote.
Le posò una mano sulla spalla, scuotendola. Lei sussultò sollevando la coperta e le fece segno di non parlare.
“Prendi le tue cose” le sussurrò.
Eryen raccolse la borsa e vi infilò dentro la coperta di lana. Gettò un’occhiata a Sibyl.
Gladia scosse la testa.
Si allontanarono con passi lenti e misurati, cercando di non fare rumore. Solo quando furono lontane due o trecento assi, Gladia si rilassò.
“Zia” sussurrò Eryen. “Perché non l’abbiamo uccisa?”
“Non sono sicura che sia una traditrice.”
“E se ci seguisse?”
“Malag la troverà per primo. Ho lasciato dei segni perché giunga a lei.”
“Ma gli dirà dove siamo diretti” protestò.
“Gli indicherà il posto che io le ho detto, non quello dove siamo diretti” disse Gladia.
Eryen sorrise. “E se Malag dovesse ucciderla?”
“Non credo che lo farà, e se accadrà, sarà un sacrificio necessario per la vittoria. Tutti ne facciamo.”
Eryen sembrò delusa.
“Ti eri affezionata a lei?”
“Certo che no. Volevo essere io a ucciderla. In duello.”
“Tu sarai già occupata con il vincitore del duello tra Malag e Persym.”
“Zia” disse Eryen dopo qualche minuto di silenzio. “Posso farti una domanda?”
“Sì” rispose.
“Io sono un’arma?”
“Chi te lo ha detto?”
“Elvana.”
“È una stupida. Non doveva dirtelo.”
“Ma è vero?”
Gladia rifletté sulla risposta da darle. “Tu sei un dono. Una speranza. Sei il frutto desiderato di tanti sforzi.”
“Gajza diceva che ero stupida e inutile” disse la ragazza. “Diceva che dovevo far finta di essere un’inetta o sarebbero venute persone cattive a fare del male a me e a Selena.”
“Ne abbiamo già parlato. Gajza ha fatto male, ma aveva ragione sul fatto che dovevi restare nascosta.”
“Zia” disse Eryen dopo altri minuti di silenzio. “Non voglio più nascondermi.”
“Se uccideremo Malag, non ce ne sarà più bisogno.”
Eryen sembrò soddisfatta di quella risposta. “Se dovessi incontrare di nuovo la strega rossa, ho il permesso di ucciderla?”
“Solo se si frappone tra te e il tuo obiettivo.”
“Molto bene.”
Gladia trovò i segni lasciati sul sentiero. Un tronco segnato da tre cerchi, poi uno segnato da due e infine uno segnato da una croce.
“Ci siamo” disse.
Erano i segni che lei e Robern avevano convenuto prima di separarsi, tre giorni prima. Lo trovò seduto nei pressi di un tronco coricato sul fianco. Appena la vide avvicinarsi scattò in piedi.
“Ti stavo aspettando” disse.
“Spero di non essere in ritardo.”
“Non doveva esserci un’altra strega con te?” chiese.
“Sibyl? L’ho lasciata indietro.”
“Perché?” chiese Robern.
“È la scorta di Malag. Se non andasse da lui, tutto il piano fallirebbe.”
“Malag sta per combattere contro Persym e il suo colosso” disse lui preoccupato.
“Non essere in pena per la strega rossa” disse Gladia. “È già sopravvissuta due volte ai colossi. Ce la farà anche stavolta.”
Robern fece per dire qualcosa ma sembrò ripensarci.
“Quel portale? L’hai trovato?”
“Sto seguendo una traccia interessante.”
“Bene” disse Gladia. “Fai strada. Noi ti seguiremo.”
 
***
 
Una mano si posò sulla sua spalla e lei sussultò, passando dal sonno alla veglia quasi all’istante. La luce del giorno le ferì gli occhi.
È giorno, pensò. Dovevo dare il cambio a Eryen, ma non mi hanno svegliata.
Mise a fuoco la figura che si stagliava sopra di lei. Capelli radi e grigi, un volto grinzoso e un sorriso incerto. Una tunica bianca troppo ampia per quel corpo che sembrava rinsecchito.
Scalciò e cerò di alzarsi, ma incespicò e cadde sulla schiena. Malag la seguì senza parlare.
“Calma. Stai calma.”
Joyce evocò un dardo magico e glielo puntò contro. “Stai lontano da me.”
Malag sorrise. “Se avessi voluto ucciderti, avrei potuto farlo in qualsiasi momento.”
“Da quanto tempo sei qui?”
“Mi sono svegliato un paio d’ore fa e sono andato alla vostra ricerca. E ho trovato te.”
Joyce si guardò attorno. “Gladia? Eryen?”
“Sono andate via. Eri sola.”
“Non è possibile. Stavamo viaggiando insieme.”
Malag rise. “L’inquisitrice è piena di risorse. Ha disseminato molti segni per la foresta. Segni che mi hanno portato da te. Perché era quello che voleva.”
Joyce cercò di respirare a fondo. Si sentiva soffocare da un peso sul petto. Stava ancora puntando il dardo verso Malag, ma solo allora notò che lui aveva evocato lo scudo magico.
“Non che non mi fidi di te, strega rossa” disse l’arcistregone. “Ma quel dardo potrebbe partire per sbaglio e non voglio correre rischi.”
“Non lo scaglierò per sbaglio contro di te” disse Joyce cercando di apparire minacciosa.
“Che ne diresti di metterlo via, per il momento? Voglio solo parlare.”
“Non abbiamo niente da dirci.”
“Sul serio? Credevo volessi chiedermi perché ho scelto te come scorta.”
“Dimmelo” disse.
“Metti via il dardo e risponderò a tutte le tue domande.”
Joyce valutò per qualche istante la scelta che aveva. Poteva attaccare subito Malag e morire, perché era certa che sarebbe morta attaccandolo quando lui era preparato e riposato.
Annullò il dardo magico e cercò di rilassarsi.
Lo scudo di Malag scomparve.
“Direi che abbiamo raggiunto una tregua” disse l’arcistregone.
“Perché hai scelto me come scorta?”
“Perché avrei dovuto portare uno dei miei luogotenenti, ma mi servivano altrove. E siccome non volevo sacrificare uno dei miei mantelli, ho scelto te.”
“Perché sono inutile” disse Joyce.
“Tu ti senti inutile, Sibyl?”
Joyce non rispose. “Non mi chiedi dove è andata Gladia?”
“Dovrei? Tu mi mentiresti se te lo chiedessi, vero?”
“Credo di sì” ammise Joyce.
Malag sorrise. “Non volevo chiedertelo per non metterti in imbarazzo e costringerti a dirmi una bugia. Anche se” fece una pausa. “Credo che anche dicendomi la verità non mi saresti utile.”
“Non capisco” disse Joyce confusa.
Il sorriso di Malag si allargò e lei notò che tutti i denti erano bianchi e perfetti. “Sei ancora troppo giovane per conoscere tutte le regole di questo gioco, Sibyl. L’inquisitrice ti ha mentito sulla sua destinazione. Ti ha abbandonata qui affinché io ti trovassi e tu riferissi a me quella menzogna.”
“Diceva di voler andare verso il versante orientale” disse Joyce.
“Se è vero quello che dici, si sarà diretta nella direzione opposta. O forse è andata proprio lì. Chi può dirlo?”
Mi sta scoppiando la testa, pensò Joyce.
“Comprendo il tuo turbamento” disse Malag. “Anche io provavo la stessa cosa, quando iniziai a scoprire le regole di questo gioco.”
“Di che gioco parli? Questa è una guerra.”
“Oggi è una guerra, ieri era una rivolta di stregoni e prima ancora un’invasione. O la caduta di un’antica civiltà. Nella storia di questo grande conflitto, quella che sta per finire oggi sarà ricordata come una semplice battaglia. E nemmeno quella più importante.”
“Oggi sarai distrutto” disse Joyce. “Persym sta venendo qui per te.”
“Ma io non sono qui per lui” rispose Malag. “E tuttavia lo affronterò e lo batterò.”
E poi Eryen ti ucciderà, pensò Joyce.
“Te lo auguro” disse.
“Apprezzo la tua sincerità.” Alzò la testa come se stesse fiutando l’aria. “Lo senti anche tu?”
Joyce guardò in alto. Il cielo era limpido e sgombro di nuvole. Il sole già alto stava facendo salire la temperatura. Sarebbe stata una splendida giornata.
La terra venne scossa da un tremito e lei si ritrovò a dondolare a destra e sinistra mentre cercava di non cadere.
Un albero si spezzò e volò via e quello accanto al primo si piegò in avanti. Una figura gigantesca apparve al suo posto. Due zampe corte e possenti che sostenevano un corpo coperto di peli neri e fitti. Braccia muscolose dotate di mani che terminavano con artigli e una testa squadrate con un muso che ricordava quello di un cane.
“Troll” sospirò Joyce, affascinata e terrorizzata da quella visione.
Una volta ne ho ucciso uno da sola, pensò. Quasi da sola.
Ma era successo intere Lune prima e non si aspettava di incontrarne un altro lì, sull’Artiglio, mentre stava per lottare con Malag.
L’arcistregone aveva evocato lo scudo magico e un’aura luccicava attorno al suo corpo, avvolgendolo in un bozzo luminoso che si espandeva e contraeva al ritmo del suo respiro.
“Se hai degli incantesimi di protezione” disse Malag. “Ti conviene usarli adesso.”
Joyce sbatté le palpebre come se tentasse di svegliarsi da un profondo sonno.
La terra tremò di nuovo sotto i passi di un secondo troll che apparve al fianco del primo, seguito da un terzo che si fece strada nella boscaglia sradicando un albero e scagliandolo lontano.
Joyce pensò alla formula della pelle resistente e lo scudo magico.
I mostri esitarono, come se stessero scegliendo il loro obiettivo.
“È Persym” disse Malag muovendosi di lato a piccoli passi. “Il duello è iniziato.”
“Io non c’entro col vostro duello” disse Joyce.
“Tu sei la mia scorta” replicò l’arcistregone. “E non credo che a quei troll importi più di tanto. Ora che sono qui attaccheranno anche te.”
Uno dei troll si gettò verso di lei e Joyce dimenticò Malag e il resto. Evocò il raggio magico e lo scagliò contro il mostro, colpendolo al petto. Il troll ruggì e si piegò in avanti, caricando.
Joyce lo vide arrivare e si gettò di lato, evitando di essere travolta. Il troll le passò accanto sradicando un albero, radici comprese. Lo sollevò sopra la testa e lo scagliò contro di lei.
Joyce evocò la sfera infuocata e la scagliò contro l’albero. Le fiamme avvolsero il tronco e la chioma, bruciando le foglie secche che ancora erano aggrappate ai rami.
L’albero si spezzò in due e dal muro di fiamme emerse il troll, le fauci spalancate.
Stavolta non fece in tempo a scansarsi e il mostro la colpì al fianco con la zampa destra, scagliandola dalla parte opposta.
Joyce rimbalzò su una pietra e rotolò per il pendio, fermandosi contro il tronco di un albero. Quando si rialzò sentiva dolore per tutto il corpo, ma non aveva ossa rotte o ferite visibili.
L’incantesimo di protezione era come una barriera che avvolgeva il suo corpo, ma sapeva di non poter resistere a lungo. Prima o poi, colpo dopo colpo, quella barriera avrebbe ceduto e lei avrebbe dovuto evocare un nuovo incantesimo di protezione e sprecare altre forze per tenerlo attivo.
Il troll strappò un altro albero e lo brandì come una mazza colpendo il terreno. Joyce avvertì le vibrazioni prodotte dalla clava riverberarsi nel suo corpo.
Pensò alla formula dell’invisibilità e rimase immobile come Elvana le aveva insegnato. Rallentò il respiro, calmando il battito del cuore.
Il troll sollevò il muso verso l’alto e fiutò l’aria allargano le narici del grosso naso scuro. Spalancò la bocca piena di denti affilati e fece saettare la lingua color rosso scuro, come se stesse assaggiando l’aria.
Joyce cercò di dominare l’istinto di mettersi a correre.
Non devo muovermi, pensò. Non devo fare rumore.
Il troll emise un ringhio profondo e fece due passi verso sinistra, come se stesse eseguendo una specie di danza.
Joyce lo seguiva con gli occhi senza osare muovere un solo muscolo, mentre il troll, trascinandosi dietro l’albero, le girava attorno emettendo dei rumori animaleschi, come quelli di un cane che stesse cercando la preda.
Il mostro si immobilizzò all’improvviso e fece scattare il muso verso il terreno. Joyce trasalì a quel gesto e irrigidì i muscoli delle gambe.
Mantenere l’invisibilità per così tato tempo le costava grande fatica.
La terra tremò di nuovo quando un secondo troll arrivò quasi di corsa, il lungo muso da cane aperto e la lingua che ciondolava fuori.
Il cuore di Joyce prese a battere più forte mentre il secondo mostro fiutava l’aria come il primo e si metteva a girare per la radura come se fosse alla ricerca di qualcosa.
Sta cercando me, pensò Joyce, le mani che tremavano.
Un fiore di fiamme sbocciò ai piedi del secondo troll, scagliandolo in aria insieme al terreno e le rocce sottostanti.
Joyce evocò lo scudo magico per proteggersi da quella pioggia di fiamme e detriti, deviandoli attorno a lei.
Il primo troll emise un ringhio profondo e si preparò a caricarla. Joyce pensò alla formula della levitazione e si piegò sulle gambe, dandosi lo slancio verso l’alto.
Il troll passò sotto di lei mentre la foresta si allargava e lei vedeva le chiome degli alberi sottostanti.
Stava ancora salendo quando pensò alla formula della sfera infuocata e la scagliò verso il basso. Il fuoco avvolse il troll ma il mostro non si fermò.
Joyce prese la mira con calma e scagliò una seconda sfera infuocata, distruggendo una macchia di alberi.
Il troll sollevò la testa e puntò i piedi contro il terreno, piegandosi sulle ginocchia da animale si diede lo slancio verso l’alto.
Joyce lo vide alzarsi diretto verso di lei e annaspò nell’aria cercando di allontanarsi. Un attimo dopo le zampe del troll si chiusero su di lei e si sentì trascinare verso il basso.
L’impatto con il suolo fu doloroso e le tolse il fiato. Il troll perse la presa su di lei ma ricadde sulle zampe e un attimo dopo la stava già cercando.
Joyce evocò la lama magica e virò un fendente contro la zampa destra del troll, affondando nella carne ma fermandosi all’osso.
Il mostro gridò e agitò la zampa, colpendola alla spalla. Joyce gridò e venne scagliata di lato, accecata dal dolore.
Il troll zoppicò verso di lei, caricandola a testa bassa.
Joyce puntò le mani in avanti ed evocò il raggio magico, colpendolo alla spalla destra. Mentre pensava a una formula dopo l’altra non si accorse di gridare.
Il raggio magico arrestò la corsa del troll e lo costrinse a indietreggiare di qualche passo.
Joyce ne approfittò per aumentare la forza dell’incantesimo. Il raggio magico brillò di luce intensa facendosi strada nella carne del mostro, che ululò per il dolore. Il braccio della creatura si dissolse nell’aria come se fosse fatto di cenere e le ricadde indietro.
Joyce balzò in piedi e puntò il raggio magico contro il petto del troll, passandolo da parte a parte. Il mostro ebbe un ultimo spasmo e si calmò, restando immobile. Un attimo dopo iniziò a dissolversi nell’aria come se fosse fatto di fumo.
Joyce respirò a fondo mentre fissava il troll che si dissolveva davanti ai suoi occhi. Era esausta e sentiva dolore in ogni parte del corpo, ma era soddisfatta.
Ho ucciso un troll, si disse. Da sola.
Malag emerse dalla boscaglia. “Sei stata brava” disse con aria soddisfatta. “Ti hanno insegnato bene.”
“Dov’eri?”
“Impegnato” rispose lui.
“Persym?”
“Ora verrà” disse Malag. “Questo era solo il suo modo di darmi il benvenuto.”
Come se lo avesse evocato con le sue parole, una figura vestita con una tunica marrone che scendeva fino alle caviglie apparve dall’altra parte della radura.
Joyce ricordava il viso di Persym dai lontani giorni in cui a Valonde l’aveva fatta prigioniera e promessa in sposa a uno stregone che non aveva mai conosciuto.
“Io vi saluto” disse Persym.
Malag gli rivolse un cenno con la testa. “E io saluto te, arcistregone.”
Persym guardò Joyce. “Ti conosco. Tu eri a Valonde. La mia vendetta sarà totale.”

Prossimo Capitolo Giovedì 7 Maggio


 
  
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