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Autore: anilasnoches    05/05/2020    0 recensioni
Il più grande svantaggio di vivere in un seminterrato è che la mattina quando ci si sveglia,e fuori c’è una bella giornata,non si può ammirare nessun panorama attraverso le finestre.Probabilmente era per questo che,nella mente autolesionista di Massimo,ogni mattina le prime parole a cui pensava fossero quelle che suo padre soleva dire quando le cose si mettevano male..
Ora non si trovava più nella sua vecchia camera a casa dei suoi,dove si apriva un balcone affacciato su un terreno alberato.Osservando l’unica miserevole finestrella della stanza,di circa mezzo metro per dieci centimetri,quelle parole per lui erano una beffa più che mai.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella balla di fieno è rimasta nel mio campo visivo quanto avrebbe potuto restarci una stella cadente nel cielo notturno. Seduta su un sedile rivolto nel verso contrario al moto del treno l'ho vista scomparire oltre il finestrino tanto velocemente che l'ho rimpianta. Quella balla di fieno è il sogno spezzato di una ragazza che ha capito troppo tardi di voler diventare una danzatrice classica, è l’amicizia mai nata perché incontrata nel momento sbagliato, è l’amore soltanto sfiorato alla distanza. E’ in sostanza il mondo che scorre inesorabile mentre tu ti fermi a leggere il suo libro delle istruzioni. Un libro scritto in una lingua che non conosci. Di fronte a me sedeva una donna adulta nera di carnagione, vestita praticamente come fosse una quindicenne, con un top bianco che le lasciava scoperta tutta la pancia. Una profonda cicatrice le separava le sopracciglia, rendendo difficile fissarla negli occhi senza che la vista cadesse in quel solco che le deturpava il viso. La sua attenzione era rivolta ad osservare il paesaggio fuori dal finestrino che scorreva verso di lei, lo stesso che io potevo vedere solo fuggire via. Lasciava immaginare una storia triste che la vedeva protagonista, eppure nei suoi confronti provavo più invidia che pena in quel contesto. Il pensiero di quella balla di fieno mi ha tormentato per un tempo che non riesco a quantificare, sufficiente ad una disperazione che aveva bisogno di uno sfogo. Mio malgrado mi sono ritrovata ad attraversare ad una ad una le carrozze opponendomi al moto del treno, nel tentativo di rivedere il mio rimpianto. Tuttavia le carrozze sembravano non finire mai, mentre il mio desiderio mi stava consumando. Tutto ciò è diventato solo un ricordo quando mi sono messa alla guida dell'auto di mia madre. Ero ferma in discesa, con il piede piantato sul pedale del freno. Ho spento la macchina ed ho inserito il freno a mano, ma questa ha cominciato ugualmente ad andare a marcia indietro. Ho tentato di frenare con il pedale, ma è stato tutto inutile. La discesa sembrava inarrestabile come il susseguirsi delle parole di un romanzo. La mia storia era già stata scritta. Stavo per schiantarmi.  Una dolorosa fitta alla schiena mi ha riportato nella tenda, ricordandomi della pietra con la quale avevo lottato tutta la notte prima di entrare nel mondo dei sogni. Mi sono chiesta se un romanzo che sia già entrato nei cuori delle persone possa essere cambiato. Se la storia del mondo non ammetta una deviazione. Se la mia storia non possa finire altrimenti. C’erano solo Pino e mia sorella, ancora addormentati. Non vedevo Massimo dal pomeriggio del giorno prima e ad ora che è tramontato il sole non l’ho ancora visto. Avrei voluto chiedergli scusa per essere scappata in quella maniera ieri, non se lo meritava. Era stato così paziente nell'ascoltare il mio sfogo, e altrettanto sensibile nel rispecchiare il mio stato d'animo, come il mare riflette il colore del cielo. Inoltre era da tanto che non incontravo una persona così di buon cuore come lui. Fin da quando l’ho visto la prima volta mi sono chiesta perché stesse in un appartamento così misero, nonostante con lo stesso stipendio Pino vivesse molto più dignitosamente. Poi oggi parlando con quest’ultimo ho scoperto che invia parte del suo stipendio alla sua famiglia ed agli anziani della casa di riposo in cui lavorano – anche se a suo parere questi potevano cavarsela benissimo senza l'aiuto di Massimo -, restando con poco più dell’essenziale per vivere. Ho capito che stesse dicendo la verità perché i suoi occhi bovini tradivano odio mentre me lo diceva, come ogni volta che parlava di qualcosa che non riusciva a comprendere. Forse non era soltanto guidato dalla volontà di aiutare il prossimo e i suoi cari. Non poteva trattarsi di anche di un’esigenza di esibizionismo, altrimenti Pino non avrebbe dovuto prendersi la briga di effettuare una ricerca invadente per scoprire dove andassero a finire parte dei suoi guadagni. Sembrava quasi che Massimo fuggisse il denaro. Gli occhi di Pino sono diventati subito inquisitori quando gli ho chiesto dov’era andato a cacciarsi Massimo. Appena mi ha detto che era andato al centro di Sabaudia per motivi non ben chiariti, con una scusa sono scappata via per scrollarmi di dosso quell’insostenibile sguardo. No, in realtà era il richiamo delle rovine di quella chiesa che mi avevano indotto a congedarmi. Dovevo assolutamente ritornarci. Stamattina oltre l’altare maggiore ho scoperto anche la sagrestia. Questa consisteva in una piccolo ambiente il cui soffitto tra l’altro era completamente intatto. Sulla parete sinistra era appeso un crocifisso rovesciato, mentre su quella destra un poster di Baphomet. Nella parte superiore della parete frontale una piccola finestra circolare illuminava scarsamente l’ambiente, e nel pavimento del terreno si apriva una rampa di scale a chiocciola che presumibilmente conduceva alla cripta, dalla quale non proveniva nessun raggio di luce. Per terra, proprio davanti a questa apertura, erano appoggiati un teschio con due ossa incrociate una sull'altra. Lentamente mi sono avvicinata per esaminarle. So che rappresentano una tipologia di rappresentazione dell'espressione latina “memento mori” - "ricordati che devi morire" -, anche se fino ad ora mi era capitato solo di vederle scolpite. Al tatto erano pulite e sulla loro superficie non c'erano tracce di polvere, il che lasciava immaginare che fossero state ripulite di recente. Nello stesso istante in cui proprio dalla presunta cripta un urlo è giunto alle mie orecchie, un uccello alle mie spalle è volato fuori dalla finestra, inducendomi a voltarmi di scatto. Come se la situazione non fosse già abbastanza inquietante solo allora vedo sopra l’ingresso una frase scritta presumibilmente con della vernice rossa, o peggio con del sangue. Con l'adrenalina a mille mi sono messa a leggere quei caratteri che sembrava avessero pianto colore: "Adiutórium nostrum in nómine Dómini Inferi". Sapevo che si trattava della storpiatura di una frase utilizzata nei riti cattolici in lingua latina, vale a dire “Adiutórium nostrum in nómine Dómini” - "Il nostro aiuto è nel nome del Signore" -. Sapevo anche che venisse utilizzata nelle celebrazioni delle messe nere. Tutti quei riferimenti alla morte, a Satana e all'Anticristo non aiutavano certo a tranquillizzarmi. Un altro urlo - stavolta più soffocato -  proveniente da quell’abisso oltre la scalinata mi ha fatto voltare di nuovo. Sembrava provenire dall'inferno stesso. Lentamente nel mio cuore alla paura è cominciato a sostituirsi il desiderio, come se i demoni sepolti nelle profondità della mia anima si fossero risvegliati. Ormai l'urlo si era ridotto ad un rantolo. L’oscurità mi ha inevitabilmente risucchiato. E anche adesso mi sta chiamando.
   
 
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