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Autore: heliodor    10/05/2020    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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La battaglia dei Colossi / 2 (-6)

 
Il campo dell’alleanza era vuoto, fatta eccezione per i guaritori che andavano e venivano di corsa.
Inservienti, per lo più giovani e ragazzini, trasportavano i feriti su barelle improvvisate, li depositavano per terra e poi ripartivano diretti alla battaglia.
Roge era arrivato temendo che lo riconoscessero e lo uccidessero, ma non gli importava. Aveva impiegato tre giorni per raggiungere il campo, senza usare i portali per non rischiare di apparire di nuovo in un posto dove non doveva, pensando a una scusa credibile, ma non gliene era venuta in mente nessuna.
Dirò loro che voglio combattere, si disse. Questo dovrebbe bastare a convincerli. E se non basterà mi uccideranno, non importa.
Niente gli importava davvero in quel momento.
Quando era arrivato in vista del campo aveva scoperto che le formazioni erano già partite. Dovevano esserci voluti giorni per mettere in marcia un esercito così vasto e lui adesso stava ammirando quella macchina in movimento.
Una macchina perfetta e letale che ora si stava sfaldando sotto l’assalto del nemico. Entrò nel campo senza che nessuno lo fermasse o gli facesse domande. Tutti erano troppo impegnati con i feriti allineati in uno spiazzo fuori dalle mura di tronchi, dove c’era abbastanza spazio.
Era una spianata immensa che avrebbe potuto accogliere ventimila uomini. Ed era coperta di corpi feriti, mutilati. Bruciati.
Passò davanti a una ragazza che non aveva più mezza faccia. Al suo posto di era un foro grosso come un pugno. Un uomo giaceva al suolo lamentandosi, ma non sembrava avere ferite visibili.
Un ragazzo sedeva rannicchiato, il corpo scosso dai fremiti. Quando gli passò accanto sobbalzò come se lo avesse colpito con un dardo magico.
Roge lo fissò sorpreso e lui ricambiò quello sguardo con una smorfia di terrore.
“Non andare lì” gridò. “C’è la morte.”
Un guaritore passò di corsa e Roge lo bloccò. “Come sta andando la battaglia?”
Il guaritore scosse la testa. “Che vuoi che ne sappia? Tu che ci fai qui se non sei ferito?”
“Ho fatto tardi” disse pensando alla prima scusa possibile.
“E allora sbrigati. Stanno morendo a migliaia. E altri giungono qui feriti o terrorizzati.”
“Terrorizzati?”
“Dai colossi. Sono mostri.”
“Mostri” urlò il ragazzo. Scattò in piedi e prese a correre verso i confini del campo rischiando di travolgere feriti e guaritori.
Roge si dimenticò di lui. Mentre si avvicinava al campo aveva pensato a un piano. Gli era venuto in mente la notte prima, ricordando la chiacchierata con l’inquisitrice quando era rinchiuso nella cella.
Chiacchierata, pensò triste. Era stato più un interrogatorio.
Gladia si era presentata di buon mattino e non era sola. Con lei c’era un uomo che poteva avere sui trent’anni, vestito con un saio marrone chiuso in vita da una cintura rossa.
Roge ne aveva visto qualcuno vestito in quel modo, a Valonde. Erano gli eruditi dell’accademia.
“Lui è Kelleth” aveva detto Gladia fermandosi davanti alle sbarre.
Kelleth aveva fatto un rapido inchino con la testa. “Io ti saluto” aveva esitato. “Principe Roge.”
“Non ero stato privato dei miei titoli?” aveva chiesto divertito.
“Sì e tra poco potresti perdere anche qualcos’altro” aveva risposto l’inquisitrice. “Se non risponderai alle mie domande. O se non troverò utili o soddisfacenti le risposte che mi darai. È tutto chiaro, Roge?”
Aveva annuito. “Che importanza ha? Tanto sono già morto. O in viaggio verso Krikor.”
“Non è detto. Vogliamo iniziare?”
“Che vuoi sapere?”
“I colossi. Da dove vengono? E come ha fatto Persym a evocarli?”
Roge le aveva raccontato del portale nel santuario di Arnagus, delle nicchie in cui i colossi riposavano e del rituale compiuto da Malbeth per risvegliarli. Aveva concluso il racconto con la loro fuga e l’arrivo ad Azgamoor, dove il priore del culto aveva affidato loro il compito di indagare su quelle creature.
Gladia l’aveva fissato in silenzio per tutto il tempo. “Non so se crederti o meno.”
Roge aveva fatto spallucce. “Nessuno mi crede, a parte la guardia del corpo.”
“Oren” aveva detto lei.
“Sì, lui.”
“Dovresti ringraziarlo. Non sei morto solo per merito suo.”
“E lui e la sua amica sono vivi solo grazie a me” aveva ribattuto.
Gladia aveva sospirato affranta. “Anche se so come sono stati portati qui, ancora non ho idea di come affrontare quei mostri. Ci hai messi proprio in un grosso guaio, Roge.”
“Servirebbe a qualcosa se ti dicessi che mi dispiace?”
Gladia aveva rivolto un’occhiata a Kelleth.
L’erudito si era schiarito la voce. “Vuoi il mio parere, inquisitrice?”
“Ti ho portato qui per questo. Sei il migliore erudito al campo a detta di tutti.”
“Lo sarei anche a Valonde. La mia opinione è che il principe Roge stia dicendo la verità. Arnagus era famoso per la sua abilità con i portali. Non mi stupisce sapere che ne avesse aperto uno verso i colossi.”
“E di questi che sai dirmi?”
“Appartengono alla leggenda, purtroppo. Dai pochi frammenti che sono sopravvissuti al passare degli anni e agli” Aveva esitato di nuovo. “Incidenti causati da altri, sappiamo che sono armi create dai maghi supremi per combattere le loro guerre. A un certo punto si ribellarono o vennero usate da uno di essi, non lo sappiamo con certezza, ma vennero esiliati.”
“Dove?”
“Altrove.”
“Nel posto dove io li ho trovati” aveva detto Roge. “E Malbeth li ha risvegliati.”
“Questo ancora non ci dice come fare a fermarli.”
“Invece sì” aveva ribattuto Kelleth. “Ci dice che non sono evocazioni, ma oggetti reali.”
Gladia aveva annuito seria. “Quindi non vengono creati dal potere di uno stregone.”
“Direi di no. Vengono richiamati da un altro luogo e poi riportati lì quando non sono più utili. Potrei spingermi a credere che siano in qualche modo legati a quel luogo e che non possano andarsene quando e come vogliono.” Kelleth aveva battuto contro le sbarre di ferro. “Vivono in una gabbia come questa e gli stregoni che li richiamano hanno le chiavi per aprirla.”
“Un richiamo?” aveva suggerito Gladia.
Kelleth aveva annuito. “Un richiamo funzionerebbe, penso. Tu sei una strega e ne sai certamente più di me.”
“E tu hai studiato a lungo gli incantesimi” aveva replicato Gladia. “Non ti ho scelto a caso, erudito.”
Kelleth aveva risposto con un mezzo inchino della testa.
“Se sapessimo chi ha il legame, potremmo provare a spezzarlo” aveva suggerito Gladia.
“Quello è facile” aveva detto Roge. “Persym, Privel e la strega nera.”
“Ragath” aveva sussurrato Gladia.
“La conosci?”
“L’ho già incontrata un paio di volte. Era a Krikor grazie a me. Deve aver dominato Malbeth con una maledizione negromantica, obbligandolo a creare il legame con i tre colossi.”
“L’incantesimo di sangue” aveva detto Roge ricordando il pugnale che aveva usato l’amico per ferirsi.
Gladia aveva annuito. “Se sapessimo dove si trova quel negromante, potremmo ucciderlo e spezzare il legame.”
“È già morto” aveva risposto Roge. “Si è sacrificato per consentire a me e Deliza di fuggire ai rianimati.”
Gladia si era fatta pensosa. “Il legame è ancora attivo, quindi non può essere morto.”
Il pensiero che Malbeth fosse sopravvissuto lo risollevò.
Almeno lui sta bene, si era detto. Ma dove sarà andato? E perché non è tornato da noi?
“Lasciamo perdere il negromante” aveva detto proseguito Gladia. “E concentriamoci sui tre che portano il legame adesso, non su chi l’ha creato. Se riuscissimo a ucciderli, spezzeremmo quel legame e i colossi sparirebbero.”
“E tu sai dove si trovano?”
“Da qualche parte con l’orda di Persym, ma è impossibile sapere dove si trovino con esattezza. Ma lo sapremo quando l’orda arriverà qui per dare battaglia.”
“È probabile che i tre si facciano scudo con l’intera armata” aveva detto Kelleth.
Gladia aveva annuito. “Il che vuol dire che sapere o meno dove si trovino non ci aiuterà di sicuro. Dovremo affrontare i colossi a viso aperto, senza ricorrere a trucchi. È un vero peccato, Roge. Non ti sei dimostrato utile come speravo, ma sei comunque stato utile. Ne terremo conto al processo.”
“Aspetta” aveva detto Roge.
Gladia l’aveva guardato perplessa.
“Voglio fare io una domanda.”
“Non credo che ti risponderò ma fai pure.”
“Non a te, all’erudito.”
Kelleth si era accigliato.
“Cosa sai di Arnagus?”
“Era un mago supremo. Uno dei più forti e uno degli ultimi a cadere durante la ribellione.”
“C’era un portale che conduceva dal suo santuario alla prigione dei colossi.” In quel momento non aveva trovato termine migliore.
Kelleth aveva annuito. “Continua.”
“Non era un portale qualsiasi. Sai come funzionano, vero?”
“I portali permettono di risparmiare le fatiche del viaggio, ma consumano tempo.”
“Proprio così. Il nostro viaggio fu immediato. Non passarono giorni o Lune quando lo usammo, ma pochi istanti.”
Kelleth assunse un’aria pensosa. “Un portale istantaneo? Credo sia la prima volta che ne sento parlare. E tu, inquisitrice?”
“I portali sono stregonerie proibite per un buon motivo. Non è saggio giocare con certe forze.”
“Sia quel che sia” aveva detto Roge. “Quel portale non è come tutti gli altri. Qualcosa deve pur voler dire.”
“Ci dice che i maghi erano arroganti e stolti” aveva risposto Kelleth. “Ma comprendo i tuoi dubbi. Arnagus deve aver aperto quel portale di proposito verso la prigione dei colossi.”
“Affinché qualcuno un giorno la trovasse.”
Gladia si era accigliata. “Una trappola posta lì da migliaia di anni? Per quale motivo? E per chi?”
“Per noi” aveva detto Kelleth. “Per uno stregone incauto. Per riportare quei mostri nel nostro mondo e devastarlo.”
“Possibile che a distanza di millenni, questa battaglia potrebbe essere l’ultima combattuta contro i maghi supremi?” gli aveva chiesto Gladia.
Che fosse l’ultima o no, Roge voleva fare la sua parte. Aveva ripensato a quella chiacchierata mentre tornava verso il campo, chiedendosi se potesse in qualche modo usare il portale di Arnagus per rintracciare Persym e gli altri.
Se il loro legame fosse stato attivo, sarebbe dovuto passare attraverso il portale di Arnagus. Forse poteva provare a concentrarsi su quello e rintracciarlo.
Ci aveva provato più volte mentre si avvicinava al campo, ma ogni volta aveva fallito. La brezza che si aspettava di sentire non era apparsa.
Decise che quello era il momento giusto. Anche nella confusione dei feriti che venivano curati e dei guaritori che andavano avanti e indietro, poteva provare a sentire se quel legame era attivo, in qualche modo.
Scelse una tenda vuota e vi si infilò dentro, assicurandosi che l’entrata fosse chiusa dal velo. Sedette sulla stuoia al centro e chiuse gli occhi.
Nel buio e nel silenzio, lasciò che la brezza gli scivolasse sulla pelle. C’erano molti spifferi, ma solo due o tre erano più forti degli altri.
Decise di seguire quelli, uno alla volta.
Il primo conduceva verso il mare e lo ignorò dopo poco. Il secondo spirava con decisione da settentrione, dalla parte opposta del campo di battaglia.
Era interessante, ma dovette desistere.
La terza corrente era come un fiume impetuoso che minacciava di trascinarlo via e la sua forza aumentava di più se cercava di risalirne la corrente. Strinse i denti e nuotò in quel mare di puro potere che scorreva attorno a lui.
Il portale era un grumo di energia pulsante che brillava al centro della spianata. Mentre tutto il resto diveniva una visione priva di particolari, quella luce crebbe d’intensità e si separò in due distinte fonti.
Ora poteva vedere i portali e il legame che da essi dipartivano come gli emissari di un fiume. Il rivolo si assottigliava a mano a mano che si allontanava dal corso principale, ma ora sapeva dove guardare.
Il centro luminoso di quel vortice di potere era la sua destinazione. Cercò un portale che potesse usare e ne trovò uno lì vicino.
Si alzò e uscì dalla tenda seguendo la strada tracciata da quel potere, come un cane che avesse fiutato la preda e fosse sulle sue tracce.
 
***
 
Grida. Dolore. Sangue. Confusione.
Il mondo era diventato quello da quando il colosso divoratore era comparso all’improvviso, in un bagliore accecante.
All’inizio c’era stato stupore. E paura.
Il colosso si ergeva sulla pianura, svettando per un’altezza inconcepibile. Aveva seni grandi come quelli di una donna, ma il ventre era piatto e il viso privo di espressione.
Somigliava a una donna, tranne per un particolare. La bocca.
Quando l’aveva aperta mostrando le file di denti aguzzi, Oren aveva rabbrividito. Ognuno di quei denti era lungo quanto una lancia e più affilato. Scintillavano sotto il sole incerto lanciando barbigli di luce che ferivano gli occhi.
Accanto a lui, Shani guardava affascinata quello spettacolo. Avevano assistito senza parlare all’avanzata dell’alleanza fino al primo scontro con l’orda.
Avevano gioito quando le formazioni piene di mantelli azzurri avevano prevalso sulle altre, ma erano inorriditi alla vista del colosso sputafuoco che aveva fatto la sua comparsa sul campo di battaglia come se fosse sorto dal terreno.
Centinaia di corpi carbonizzati giacevano lì dove le fiamme scatenate dal mostro avevano colpito. Oren aveva pregato che il mostro si dirigesse altrove, ma dopo che le prime formazioni si erano disperse, il colosso si era mosso verso di loro.
“Viene per noi” aveva gridato qualcuno nelle retrovie. “Per tutti gli inferi, viene qui e noi ce ne stiamo fermi ad aspettare che ci bruci vivi.”
La formazione aveva ondeggiato, le file avevano perso la compattezza iniziale cominciando a disfarsi sotto l’urto del semplice terrore.
Qualcuno aveva gettato a terra lo scudo e la lancia per correre più veloce. Oren li aveva guardati con disprezzo. E invidia.
Shani aveva respirato a fondo. “È solo grosso” aveva detto. “Ce la faremo.”
Tra loro e il mostro c’erano le formazioni di stregoni che formavano la pare centrale dello schieramento.
Furono quelle a muoversi verso il colosso per affrontarlo.
Moriranno, aveva pensato Oren. E poi toccherà a noi.
Invece il colosso aveva cambiato di nuovo direzione e lui aveva ripreso a respirare. Ma subito dopo, il bagliore intenso aveva preceduto l’arrivo del colosso divoratore.
Lo riconobbe dalla descrizione che ne aveva fatto Sibyl. Lei lo aveva visto. Aveva combattuto contro quel mostro. Era quasi morta ed era fuggita.
Forse dovremmo fuggire anche noi, si disse.
Ma sapeva che Shani sarebbe rimasta. Lei non avrebbe gettato via la spada a cui teneva così tanto. Avrebbe caricato contro il colosso da sola, se fosse stato necessario.
E Oren non l’avrebbe abbandonata, come lei non aveva abbandonato lui tutte le volte che ne aveva avuto bisogno.
Suo zio Mythey era stato chiaro su quel punto, mentre lo addestrava a Valonde.
“Ti è concesso avere paura” gli aveva detto una volta durante una pausa tra un allenamento e l’altro. “Ma non di essere un codardo.”
“Che differenza c’è?”
Suo zio aveva appoggiato la spada su di un tavolaccio e si era tolto la blusa. Sotto di essa non indossava altre maglie. Il petto era attraversato da cinque o sei cicatrici, alcune delle quali sembravano vecchie. Una gli aveva tagliato in due il seno destro e un’altra partiva dal collo e terminava all’inguine.
“Come te le sei fatte?” gli aveva chiesto.
“In giro per il mondo conosciuto. Ognuna di esse è il ricordo di un duello, una battaglia o di un torto raddrizzato.”
Si era voltato mostrandogli la schiena. Era bianca e liscia come quella di un ragazzino, anche se in rilievo si intravedevano le vertebre.
“Noti la differenza?”
Oren si era stretto nelle spalle mentre suo zio si rimetteva la blusa. “Non hai ferite sulla schiena. E allora?”
“Vuol dire che non ho mai voltato le spalle al nemico” aveva risposto riprendendo la spada. “Non sono mai fuggito via abbandonando i miei compagni. Mi aspetto che tu faccia lo stesso.”
Oren aveva sollevato la spada. “Chi fugge resta vivo.”
“Scappa una volta e lo farai per sempre” gli aveva risposto Mythey fendendo l’aria con la spada.
“Avanziamo” gridò Livren.
La formazione si mise in marcia con riluttanza mentre il colosso divoratore attaccava le file di sodati e mantelli più avanzate.
Oren vide i corpi volare verso il mostro e venire ingoiati scomparendo nella bocca spalancata.
Quello fu il segnale che qualcosa di terribile stava accadendo. La formazione si aprì e le file si divisero, sparpagliandosi ovunque.
I fuggitivi in preda al panico travolsero quelli che non intendevano scappare o quelli che erano troppo lenti.
Oren li vide calpestare gli amici, spingere via i vicini o abbatterli se li ostacolavano.
“Via, andiamo via” gridò un guerriero. Incespicò in un corpo carbonizzato riverso a terra e rotolò nell’erba.
Oren lo perse di vista, concentrandosi sul muro di persone che stava arretrando verso di loro. Non aveva previsto di dover combattere contro i suoi stessi compagni d’armi.
Oltre di essi, sullo sfondo, il colosso divoratore si stava raddrizzando. Attorno ai suoi piedi si erano ammonticchiati i cadaveri di quelli che non erano stati mangiati ed erano precipitati nel vuoto, schiantandosi.
I soldati dell’orda passavano e li finivano con le lance affondando nei mucchi di corpi.
Il colosso riprese a muoversi nella loro direzione.
“Ripieghiamo” gridò Livren.
Quelli che erano rimasti nella formazione cominciarono a ritirarsi in maniera ordinata cercando di mantenere le file compatte.
Oren e Shani vennero stretti tra guerrieri che indossavano corazze di fattura diversa. Dietro e davanti a loro altri guerrieri si strinsero tra loro formando una muraglia di ferro e lame con gli scudi e le lanche spianate.
Al colosso bastò muovere un passo per coprire un quarto della distanza che li separava e Oren sentì il terreno vibrare mentre si muoveva.
È come vedersi precipitare addosso una montagna, pensò sgomento. Come hai fatto a sopportare tutto questo, Sibyl?
Shani gli strinse il braccio. “Qualsiasi cosa accada, resta accanto a me.”
Oren rispose a quella stretta con una uguale.
Il colosso fece un altro passo ed ebbe la sensazione che stesse per avventarsi su di loro quando si piegò in avanti.
Invece spalancò la bocca ed emise un ruggito sordo che si trasmise alle interiora con una sensazione spiacevole.
Quelli delle prime file ondeggiarono come se qualcosa li stesse attirando verso il colosso e un attimo dopo il vento alle loro spalle aumentò.
Oren vide i soldati venire strappati via e la fila rompersi in più punti mentre i corpi volavano inermi verso la bocca del mostro insieme a zolle di terreno e massi.
Il vento spirò impetuoso alle loro spalle spingendoli verso il colosso che con la bocca spalancata ingoiava chiunque gli arrivasse abbastanza vicino.
Gli altri, quelli che gli finivano addosso o lontano, rimbalzavano contro il suo corpo e precipitavano al suolo.
Tutti gridarono o gemettero mentre cercavano di reggersi e non venire strappati via dal vento. Oren puntò i piedi nel terreno e si abbassò, afferrando Shani con entrambe le mani. I due si tennero stretti finché il vento non scemò.
Il colosso si era raddrizzato e, dopo aver sollevato una gamba, fece un altro passo.
Stavolta Oren sentì il terreno vibrare come se stesse avvenendo un terremoto. Una volta, a Pelyon, ce n’era stato uno che aveva buttato giù un paio di case malmesse e aveva staccato qualche calcinaccio da quelle vecchie.
Ricordava la paura delle persone che si erano riversate in strada e il timore che ne arrivassero altri e più forti.
Quel terremoto era un leggero tremito in confronto al passo del colosso. Il piede si sollevò nell’aria incombendo su di loro e quando si posò Oren si sentì sbalzare via. Lottò per non crollare a terra come quelli delle prime file, i sopravvissuti al primo attacco.
Cercò Livren con lo sguardo, ma non lo trovò.
“Non c’è nessuno al comando” disse a Shani.
Lei guardava il colosso. “Sta per attaccare di nuovo.”
Il colosso si piegò in avanti, le fauci spalancate.
Oren sentiva già il vento montare dietro la sua schiena, quando sfere infuocate colpirono il mostro in pieno viso.
Il colosso chiuse la bocca e si raddrizzò emettendo un ringhio basso e prolungato, non aveva idea se fosse di dolore o indignazione.
Oren girò la testa e vide file e file di soldati e mantelli azzurri avanzare alle loro spalle. Le armature dei guerrieri erano così lucide da scintillare sotto il sole e i mantelli avevano ricami preziosi invece di essere di un azzurro grossolano.
La guardia reale di Valonde era avanzata dalle retrovie portandosi quasi a ridosso del colosso. I mantelli stavano tirando sfere infuocate contro il mostro alternandosi in modo da avere un lancio continuo di incantesimi.
Dalle ali si staccarono due formazioni più piccole di mantelli. Da quella a destra eruppero fulmini che percorsero l’aria fino a raggiungere le gambe del colosso e dall’altra balenarono i raggi magici che per un attimo sembrarono fondersi in un unico fascio che colpì al petto il mostro.
Il colosso indietreggiò di un passo sotto quel fitto tiro di incantesimi.
“Valonde” gridarono i soldati e i mantelli delle prime file.
I mantelli grigi che seguivano il colosso evocarono le sfere infuocate e le lanciarono verso le formazioni della guardia reale. Il fuoco si infranse sugli scudi spargendosi tutto intorno.
Oren rimase abbagliato da quello spettacolo e dovette distogliere lo sguardo.
“Guarda” disse Shani indicando davanti a loro.
I soldati dell’orda avevano rotto la formazione e si stavano lanciando all’assalto.
Oren strinse la spada nella mano, come a volersi assicurare che fosse ancora lì e non da qualche altra parte. Aveva attraversato due continenti con quell’arma.
“Valonde” urlarono i soldati della guardia reale lanciandosi all’attacco.
Il fuoco delle sfere infuocate investì le prime file, spazzando via quelli che si erano spinti troppo avanti.
I mantelli di Valonde lanciarono le loro sfere infuocate in risposta e Oren e Shani si ritrovarono in mezzo a quello scambio di incantesimi.
“Qui non siamo utili” disse la ragazza. “Uniamoci ai soldati che stanno avanzando.”
Oren la seguì mentre cercavano di raggiungere i soldati di Valonde in marcia. Inciampò nel corpo di un guerriero morto con lo scudo ancor stretto nella mano.
Si chinò e lo raccolse. Era pesante e difficile da sollevare, ma poteva proteggerlo dai dardi magici che volavano da tutte le parti.
“Prendine uno anche tu” disse a Shani.
“Mi rallenterebbe” rispose. “Sbrigati.”
Si unirono ai soldati di Valonde che avanzavano in ordine sparso, gli scudi alzati per deviare i dardi magici che provenivano dai mantelli dell’orda.
Oren alzò lo scudo per proteggere anche Shani dietro di esso. La ragazza si strinse a lui, chinando la testa.
I guerrieri dell’orda e quelli di Valonde si scontrarono sul campo di battaglia, in mezzo al fumo sollevato dagli incendi che ardevano un po’ ovunque. Disseminati nell’erba i corpi dei caduti venivano consumati dalle fiamme mentre i vivi si battevano in centinaia di scontri individuali.
Shani si staccò da lui all’improvviso facendolo trasalire. La vide balzare verso un soldato senza insegne e colpirlo prima al fianco e poi al petto con la spada.
Un grido lacerò l’aria facendolo sobbalzare. La punta di una lancia si infranse sullo scudo, spingendolo indietro.
Il guerriero che lo aveva assalito poteva avere solo qualche anno più di lui. Oren puntò i piedi e deviò il colpo successivo, sbilanciando l’avversario. Ne approfittò per menare un fendente con la spada colpendolo al petto. La punta affondò per un palmo e subito la tirò via.
Il guerriero dell’orda si portò le mani al petto e crollò al suolo con un gemito soffocato.
Oren lo superò con un balzo e girò la testa verso Shani. La ragazza stava combattendo con un guerriero armato di lancia e scudo.
A ogni affondo dell’avversario eseguiva un balzo di lato per evitare il colpo e rispondeva con un affondo a sua volta.
Il guerriero usò lo scudo per deviarlo, ma Shani si spostò di lato fingendo di volerlo aggirare, costringendolo a un movimento innaturale con il busto che lo sbilanciò.
Shani affondò il colpo al di sopra dello scudo abbassato quel tanto che bastava a trapassargli il collo.
Un fiotto di sangue rosso imbrattò l’armatura del guerriero che si inginocchiò, le mani alla gola come se cercasse di trattenere il sangue che fuoriusciva copioso dalla ferita.
Shani lo superò con un balzo e si lanciò verso un gruppo di soldati che stavano lottando poco lontano da lì.
“Shani” gridò seguendola.
Dal fumo emerse la figura di un uomo che indossava il mantello grigio. Nella mano destra brandiva una lama magica, un’arma che Oren aveva già visto usare e sapeva quanto fosse pericolosa.
Lo stregone si lanciò contro di lui e sollevò il braccio per colpirlo. Oren frappose lo scudo tra lui e la lama magica, che tagliò via un pezzo di metallo.
Indietreggiò davanti all’assalto dello stregone, che fece mulinare la spada sopra la sua testa come se stesse scegliendo il momento giusto per colpirlo.
Oren tenne lo scudo fermo davanti a sé, cercando di offrire al nemico un bersaglio difficile da colpire.
Lo stregone si spostò di lato per aggirarlo e lui lo seguì cercando di anticipare le sue mosse. All’improvviso si scagliò in avanti, la lama magica sollevata per colpirlo.
Oren alzò lo scudo e parò il colpo dello stregone, che gli portò via un’altra parte. Il contraccolpo lo spinse all’indietro e incespicò in un ostacolo, cadendo sulle ginocchia.
Fece per alzarsi, ma lo stregone era già sopra di lui, il braccio sollevato.
Oren gli lanciò contro ciò che restava dello scudo colpendolo al petto. Sorpreso dalla reazione, lo stregone fece un passo indietro.
Oren allora si gettò in avanti, distese il braccio che reggeva la spada e colpì il nemico all’addome, trapassandolo.
Con la mano libera gli bloccò a mezz’aria il braccio che reggeva la lama magica. Fece un passo in avanti affondando la spada nell’addome del nemico fino all’elsa.
Per un istante i loro occhi si incrociarono e Oren vide il dolore e la paura nello sguardo dell’altro.
Estrasse la spada dal corpo del nemico e lasciò che si accasciasse al suolo.
“Shani” gridò non riuscendo a trovarla.
Una mano si posò sulla sua spalla facendolo trasalire.
“Avevo visto giusto” disse una voce familiare. “Sei la guardia del corpo.”
Si voltò e vide il volto sorridente di Roge.
“Tu non dovresti essere qui” urlò.
“Nessuno di noi dovrebbe” disse il principe di Valonde. “Ma ormai ci siamo, no?”
“Perché sei tornato?”
“Ho smesso di fuggire, guardia del corpo.”
“Mi chiamo Oren.”
Lui fece spallucce. “È uguale. Mentre ero in esilio mi è venuta un’idea. È folle e pericolosa ma potrebbe eliminare i colossi dal campo di battaglia.”
“Di che stai parlando?”
Il corno da guerra risuonò due volte.
Roge guardò alle sue spalle. “È il segnale della ritirata. Dobbiamo ripiegare.”
“Devo trovare Shani.”
Roge annuì. “Recuperiamo la tua fidanzata e mettiamoci al sicuro. Vi spiegherò quello che ho intenzione di fare.”
 
***
 
Vyncent seguì i soldati e i mantelli che ripiegavano verso il centro dello schieramento. Mentre si spostavano teneva lo scudo magico alzato in modo da proteggere sé stesso e quelli che erano attorno a lui dalle sfere infuocate e dai fulmini che i mantelli nemici scagliavano sopra di loro mentre li incalzavano.
Poco più indietro il colosso divoratore se ne stava come in attesa. L’attacco della guardia reale doveva avere avuto un certo effetto e adesso stavano riflettendo a fondo sull’opportunità di usarlo in uno scontro diretto.
Questo ci darà tempo per pensare a cosa fare, si disse. Ma cosa possiamo fare? I colossi sono invincibili e invulnerabili e avvicinarsi è impossibile finché sono protetti dalle formazioni dell’orda.
Fino a quel momento la loro tattica era stata semplice. I colossi avanzavano scompigliando le formazioni nemiche e loro finivano quelli che erano usciti dalle file.
I comandanti dell’alleanza cercavano di tenere compatte le formazioni, ma questo le esponeva agli attacchi dei colossi.
Quando si disperdevano, diventavano un facile bersaglio per i nemici. E così era stato per tutta la battaglia, finché non aveva visto Bryce farsi avanti con le sue formazioni e sfidare il colosso sputafuoco.
Il mostro si era diretto prima verso di loro, ma quando stavano per venire a contatto le armate di Taloras si erano frapposte tra i due schieramenti.
Ne era nato uno scontro che aveva visto i mantelli rossi trionfare all’inizio per poi essere spazzati via dal colosso sputafuoco che era avanzato verso di loro bruciando tutto ciò che incontrava.
A quel punto i corni da guerra avevano ordinato di ripiegare verso il centro e Vyncent si era unito a tutti quelli che erano ancora in grado di reggersi in piedi e combattere.
Metà delle formazioni dell’alleanza erano distrutte o disperse, a giudicare da quello che vedeva.
La guardia reale aveva sacrificato un terzo degli effettivi, per quanto ne sapeva. Aveva visto intere formazioni di cento soldati venire mangiate dal colosso divoratore.
I soldati e gli stregoni, che fossero giovani o anziani, erano terrorizzati da quel colosso. Non appena si piegava in avanti, si scatenava il panico.
Vyncent aveva osservato da lontano la scena, pregando che quei soldati che erano avanzati riuscissero a salvarsi in qualche modo.
Desiderava unirsi a loro nella battaglia o raggiungere Bryce, ma ora l’esercito era diviso. Le formazioni dell’orda si erano incuneate al centro dello schieramento, spezzandolo.
Bryce e i suoi, con parte delle forze di Taloras e quelle al comando di Nimlothien, si trovavano a sinistra.
I malinoriani e ciò che restava dell’alleanza a destra. La guardia reale e la maggior parte degli alleati minori stava ancora reggendo l’urto al centro e tentava di ripiegare per non farsi travolgere.
Vyncent si stava dirigendo verso di loro per unirsi a quella resistenza disperata.
Moriremo qui, si disse. Non c’è scampo contro quei mostri.
Mentre indietreggiavano vide intere formazioni della guardia reale avanzare nella direzione opposta per scontrarsi col nemico e rallentare l’inseguimento.
Ogni sodato sacrificato permetteva a dieci di loro di sopravvivere.
Vyncent si vergognò di essere in fuga, ma in quel momento aveva bisogno di una tregua da quel massacro o la sua mente non avrebbe retto.
E doveva riposare.
Si sentiva esausto e svuotato da ogni energia dopo aver lanciato decine di sfere infuocate e di averne deviate altrettante con lo scudo.
Era vicino al suo limite.
Sapeva che oltre di quello vi era la frenesia da battaglia, dove gli stregoni inesperti credevano di guadagnare nuove e inaspettate energie, quando invece stavano consumando tutte quelle che avevano avvicinandosi alla morte.
Marciò insieme ai soldati e ai mantelli in fuga, mescolandosi con tutti quelli che si stavano dirigendo verso il centro. Superò l’ennesima formazione della guardia che stava avanzando e ne trovò una che invece restava immobile.
Davanti a quegli sguardi fieri tornò a vergognarsi per un istante, poi li superò e si sentì al sicuro, per il momento.
Tra lui e la battaglia che si svolgeva quasi un miglio lontano da lì, c’erano migliaia di corpi disseminati sul terreno e altrettanti si sarebbero uniti a loro entro un’ora al massimo.
Alcuni crollarono in quel momento, per le ferite o il terrore accumulati nella battaglia, altri si stavano già unendo a quelli che avrebbero difeso fino alla fine quella posizione.
Vyncent cercò con lo sguardo le insegne di re Andew e vide svettare sopra tutte le altre al centro dello schieramento.
La prima che incontrò fu Erix.
La strega stava parlando con dei comandanti, ma quando lo vide si staccò da loro e gli andò incontro.
“Sei vivo” esclamò. “Eri nel primo scaglione?”
Vyncent annuì. “Sono morti quasi tutti quando il colosso sputafuoco è apparso.”
“Lo abbiamo visto.”
“Che state facendo per contrastarli?”
“Quello che possiamo.”
Vyncent la rivolse una lunga occhiata.
“Non c’è modo di fermarli. Possiamo solo confidare in Bardhian e sperare che l’erede sia abbastanza forte.”
“Possiamo aiutarli.”
“Lo stiamo già facendo. Lionore ha sacrificato metà dei suoi per proteggere Bryce e l’erede e indebolire gli avversari.”
“Non è abbastanza. E c’è sempre il colosso divoratore.”
“Lo sappiamo.”
“Avete un piano per quello?”
Erix annuì. “Ripiegare finché possiamo e attirarlo lontano.”
“E poi cosa farete?”
La strega scosse la testa.
Vyncent trasse un profondo respiro. Stava per dire qualcosa, quando un soldato si avvicinò.
“Eccellenza” disse rivolto a Erix. “Chiedono di parlarvi.”
Erix si accigliò. “È un messaggero?”
“Non proprio. È una persona. L’abbiamo trovato che cercava di raggiungere il centro dello schieramento.”
“Dannazione, tutti stanno cercando di venire qui” esclamò Erix. “Fallo passare.”
Il soldato andò via e quando tornò non era da solo. Con lui c’erano tre figure che Vyncent conosceva bene.
Riconobbe Oren e Shani e non rimase sorpreso. Sapeva che si erano uniti ai combattenti e fu sollevato nel vederli ancora in vita.
L’atra figura lo fece accigliare e infuriare.
Roge di Valonde camminava in mezzo a loro e si guardava attorno come se stesse valutando tutto quello.
Erix grugnì qualcosa. “Farò impiccare quel soldato, gli Dei mi sono testimoni” gridò. “Arrestate quel rinnegato” gridò. “Metteteli in catene. Tutti e tre.”
“Aspetta” disse Shani arrivando a pochi passi di distanza. “Forse Roge sa come fermare i colossi.”
“Prima dovrà fermare la mia collera” disse Erix. Richiamò l’attenzione di alcuni soldati della guardia. “Venite qui, voi.”
Oren si fece avanti. “Eccellenza. Erix. Ascolta, dannazione.”
Erix lo guardò stupita.
Per quanto ne sapeva Vyncent, era la prima volta che sentiva imprecare la guardia del corpo.
“È venuto qui sapendo di poter morire” proseguì Oren. “Per aiutarci.”
Erix respirò a fondo. “Hai un minuto per convincermi, poi vi farò giustiziare. Tutti e tre.”
Oren guardò Roge. “Dille quello che hai detto a noi.”
Roge si fece avanti. “I colossi hanno un legame con chi li controlla, come un’evocazione con il loro evocatore.”
“Continua” disse Erix.
“Io posso trovare chi li controlla.”
“E con questo?”
“Se li uccidiamo” disse Roge. “I colossi spariranno. Come un’evocazione.”
“Con l’inquisitrice abbiamo già convenuto che non sono evocazioni normali” ribatté Erix.
“Lo so” disse Roge con tono esasperato.
“È stato il tuo amico Malbeth a evocarli e passare il legame a Persym e i suoi complici.”
“So anche questo.”
“Allora in che modo pensi che possa funzionare?”
“Non sono evocazioni normali perché non prendono il loro potere dagli evocatori. Sono creature reali, giusto? Ma il loro posto non è qui. Sono in qualche modo legati al posto dove Malbeth e io li abbiamo trovati. Abbiamo solo spezzato quel legame e lo abbiamo passato a Persym e i suoi.”
“E allora?”
“Se il legame si può spezzare una volta, può essere spezzato anche una seconda.”
Erix lo guardò perplesso. “E secondo te che cosa accadrebbe se lo facessimo?”
“Non lo so. Tornerebbero nel posto dove li abbiamo trovati. Sparirebbero.”
“Tra noi e loro c’è un esercito” disse Erix. “Inclusi i colossi. Come li troviamo? Come li raggiungiamo?”
“Me ne occuperò io” disse Roge incerto.
“Tu? Un rinnegato? Mi perdonerai se non mi fido di te. Potrebbe essere un piano per farci perdere la battaglia.”
“Se non l’hai notato” disse Roge. “Stiamo già perdendo. I colossi sono inarrestabili.”
Un soldato si avvicinò a Erix. “I comandanti attendono i tuoi ordini.”
“Non muovetevi di qui” disse Erix prima di allontanarsi.
Vyncent ne approfittò per raggiungerli. “Hai coraggio a farti vedere qui e adesso.”
Roge emise un sospiro di rassegnazione. “Sono qui per aiutarvi.”
“Erix ti farà giustiziare” disse. Poteva immaginare la strega ordinare a dei mantelli di prelevare Roge e ucciderlo in fretta. Non gli importava molto di lui, non dopo che aveva rapito e messo in pericolo Joyce, ma Oren e Shani non meritavano di condividere il suo destino. La loro unica colpa era stata di essere troppo ingenui e di essersi fidati di lui.
“Farete meglio ad andare via” disse rivolto a Oren. “Spiegherò io a Erix che voi non c’entrate.”
“Forse faresti meglio ad ascoltarlo” disse Shani.
“Sei tu che non ascolti” disse cercando di mantenere la pazienza. “Se Erix torna e vi trova qui vi farà imprigionare o uccidere.”
“I colossi saranno qui prima” replicò Shani indicando la battaglia che si stava svolgendo poco lontano.
“Allora restate e morite” disse spazientito.
“Ascolta” disse Oren. “Roge può anche essere un rinnegato, ma è venuto qui per aiutarci. Poteva fuggire e raggiungere Odasunde o qualsiasi altro posto, ma è tornato indietro. Il minimo che possiamo fare è ascoltarlo e poi decidere.”
Vyncent sospirò. “Andiamo in un posto più tranquillo.”
Percorsero due o trecento passi prima di fermarsi. “Parla” disse a Roge perentorio.
“Posso trovare gli evocatori” disse il principe. “Quelli che controllano i colossi. In verità li avrei già trovati.”
“Dove sono?”
“Da qualche parte dietro la prima linea. Vicini ai colossi, ma non troppo.”
Vyncent aveva conosciuto diversi evocatori e sapeva come funzionava quel tipo di incantesimo. “Se li controllano, non possono trovarsi a più di venti o trenta passi.”
“Io credo che per i colossi funzioni diversamente” disse Roge. “Ho controllato di persona. Posso sentire il loro legame.”
“Senti il legame?”
Roge annuì.
“Mi sembra una grossa sciocchezza.”
“Non abbiamo molto da perdere” disse Shani. “Per quanto Roge sia un idiota completo.”
“Ti ringrazio” disse il principe con tono ironico. “Sei davvero d’aiuto, Shan Li Po.”
Shani sembrò ignorarlo. “Per quanto sia un idiota, è abile nell’uso dei portali. Ci ha mandati al campo dell’alleanza.”
“Eravate a miglia e miglia di distanza.”
“Ero stanco e il campo era lontano. I colossi e gli evocatori sono vicini.”
“Va bene” disse Vyncent. “Supponiamo che sia vero. Cosa facciamo?”
“Posso aprire un portale da qui verso gli evocatori” disse Roge.
La mente di Vyncent iniziò a lavorare frenetica. “Puoi davvero farlo?”
Roge annuì con vigore.
“Potresti inviare una formazione dall’altra parte del campo di battaglia?” gli chiese.
Roge sembrò meno sicuro. “Una formazione sono cento e più persone. Posso inviarne quattro. Due per ogni portale.”
Vyncent scosse la testa. “Due persone contro centinaia e centinaia?”
“Gli evocatori sono solo due” disse Shani. “Saremmo il doppio in ogni caso.”
“Avranno una scorta” disse Vyncent.
“Chi ci andrà dovrà essere veloce” replicò la ragazza.
“È follia” disse Vyncent. “Pura e semplice follia.”
“Se si tratta solo di andare e uccidere quei due, si può fare” disse Shani. “Io mi offro volontaria.”
“E io verrò con te” disse Oren.
Vyncent scosse la testa. “Morirete. E chi ci assicura che non sia una trappola? O una vendetta di Roge per essere stato esiliato?”
Roge si accigliò. “Ve lo dicevo che era inutile parlare con questi qui.”
“No” disse Oren con tono deciso. “Roge non avrebbe alcun motivo per tradirci.”
“Ci serve solo un altro volontario” disse il principe di Valonde.
Vyncent si massaggiò le tempie.
È tutto così assurdo, si disse. Tutto è assurdo. I colossi, i portali e tutto ciò che è accaduto da quella sera del ballo a ora. Tutto. Eppure sono qui. Sto combattendo e moti stanno morendo inutilmente. Forse posso fare qualcosa per aiutare davvero. Per aiutare Bryce. Anche se Roge si sbaglia, non sarà diverso da stare qui a farsi massacrare.
“Allora verrò io con voi” disse riemergendo dai suoi pensieri. “Vi serve uno stregone esperto.”
“Bene” disse Shani. “Le coppie saremo Oren e io e il principe e Vyncent. È deciso.”
“Ora tocca a te” disse Vyncent rivolto a Roge. “Che cosa ti serve?”
“Qualche minuto e un posto dove potermi concentrare.”

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