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Autore: heliodor    14/05/2020    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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La battaglia dei Colossi / 3 (-5)

 
Persym fece roteare gli occhi verso il cielo. “In questo momento, la mia armata sta affrontando i vostri eserciti. Posso immaginare i colossi fare strage dei vostri amici. Ma la vera gloria per me sarà uccidere questo infame” disse indicando Malag.
Joyce si spostò sulla destra, allontanandosi di qualche passo dai due.
Malag fece lo stesso.
Persym rimase immobile, come ad attendere la prima mossa degli altri.
“Un duello” disse l’arcistregone. “Come nei peggiori romanzi d’avventura. Ma pur sempre un duello magico. A quanto pare è così che dovrà finire.”
Gli occhi di Joyce si spostarono da Persym a Malag più volte.
“Stai decidendo con chi schierarti, strega rossa?” le domandò l’arcistregone divertito.
Persym congiunse i palmi delle mani. “Di te non mi importa niente” disse rivolgendosi a lei. “Se te ne vai via desso, potrei risparmiarti e dimenticare che tu sia mai esistita. Ma se resti, non importa con chi ti schieri, verrai annientata.”
“Credo che starò a guardare” disse Joyce pensando alla formula dell’invisibilità.
Persym allargò le braccia. “Iniziamo allora.”
Davanti a lui il terreno si aprì e ne sorse un gigante di roccia alto il triplo di un uomo adulto. Il mostro aveva gambe e tronco tozzi e una testa appena abbozzata. Le braccia erano spesse come tronchi. Quando si muoveva poteva avvertire il suono delle rocce che si frantumavano.
Somiglia all’evocazione di Reynhard, pensò Joyce. Quella che ha ucciso lo zio di Shani.
Ricordava bene la battaglia contro quella creatura e la fatica che avevano fatto per eliminarla.
Malag distese le braccia puntandole contro il gigante di roccia e dal palmo aperto proruppe un singolo raggio magico.
Fu così improvviso e potente che Joyce rimase abbagliata per un istante e dovette distogliere lo sguardo.
Il raggio colpì la creatura al petto e la passò da parte a parte, spuntando dalla schiena per fermarsi a pochi passi di distanza.
Malag fece ruotare il braccio, tagliando in due la creatura. Il busto si separò dal resto del corpo ma mentre crollava al suolo si dissolse in mille pezzi.
Persym alzò il braccio al cielo e sopra il palmo aperto si formò una sfera infuocata di fiamme che ribollivano in ogni direzione.
La scagliò contro Malag che evocò lo scudo e deviò le fiamme, che lo avvolsero come in un bozzolo e si dissiparono bruciando tutto ciò che lambivano.
L’arcistregone riapparve un attimo dopo al centro di un cerchio di piante ed erba carbonizzate.
“Farai meglio ad andare via, strega rossa” disse Malag. “Tra poco Persym e io inizieremo a fare sul serio.”
Persym fece un mezzo sorriso. “Abbiamo solo incrociato le spade.”
Joyce fece per spostarsi indietro, ma voleva assistere a quel duello. Sperava che Malag fosse sconfitto, ma se per caso fosse toccato a Persym soccombere, sarebbe toccato a lei finire quel duello.
A meno che Eryen non fosse sopraggiunta. In quel caso avrebbe lasciato volentieri a lei il colpo finale.
Malag incrociò le braccia sul petto e venne avvolto da un bagliore intenso. Fiamme color cremisi si levarono attorno al suo corpo, formando un vortice che pulsava al ritmo dei battiti del cuore.
Persym disegnò un cerchio nell’aria con la mano e un cristallo di ghiaccio grade quanto un palmo apparve al centro del cerchio. L’arcistregone lo colpì con la punta del dito e il cristallo si spezzò in mille pezzi. A un suo gesto i cristalli presero a ruotare intorno al suo corpo, avvolgendolo in una fitta nuvola che scintillava sotto i raggi del sole.
Un vortice di fuoco si levò da Malag e si espanse incendiando tutto ciò che toccava.
Joyce sentì il calore lambirle la pelle e fece un balzo indietro. Nel punto in cui si trovava l’erba prese fuoco al passaggio delle fiamme che vorticavano furiose. Poteva sentire il vento rovente spirare dal turbinio infuocato.
Persym concentrò i cristali in un unico punto e distese le braccia in avanti. Come ubbidendo a un ordine i cristali volarono vero Malag sparendo nel vortice di fuoco.
L’impatto tra il fuoco e il ghiaccio creò una cortina di nebbia fitta che avvolse il campo di battaglia.
Ombre si mossero all’interno della foschia. Joyce udì lo schiocco di un albero che si spezzava e precipitava a terra e vide il riverbero delle scintille prodotte da uno scudo magico che veniva colpito dai dardi.
La nebbia si diradò e al centro della radura vi era solo Malag. L’arcistregone si teneva la mano destra premuta sul braccio sinistro e respirava a fatica.
Joyce cercò con lo sguardo Persym, ma di lui non vi era traccia.
“Ti strapperò un pezzo alla volta, se sarà necessario” udì dire allo stregone.
Malag socchiuse gli occhi e girò la testa di lato, come se stesse cercando di individuare la fonte della voce.
“Ti nascondi già, Persym?”
“Non mi sto nascondendo.”
Un raggio magico scaturì dal nulla e colpì Malag alla schiena scaraventandolo per una decina di passi. Quanto atterrò l’arcistregone rotolò sul fianco e sparì nella boscaglia.
Persym emerse dall’invisibilità, l’espressione soddisfatta. “Pensavo fosse più difficile di così, ma devo averti sopravvalutato, arcistregone.”
“Sono io che ho sottovalutato te, Persym” disse una voce proveniente dall’alto.
Joyce alzò la testa e vide una figura sospesa sopra la radura, a una ventina di passi e un globo di fiamma che ardeva tra le sue mani.
Persym alzò le braccia al cielo un attimo prima che la radura esplodesse attorno a lui.
Il contraccolpo fu tale che Joyce si sentì sollevare e scagliare via, ma riuscì a tenersi in piedi e non essere trascinata.
Quando tornò a guardare, c’era un cratere al centro della radura. Gli alberi tutto intorno erano piegati verso l’esterno e la corteccia era annerita.
Guardò in alto. Malag si librava ancora sopra la foresta ma sembrava guardare altrove. Lo vide tendere in avanti le braccia un attimo prima che una pioggia di dardi lo raggiungesse.
Le scintille provocate dallo scudo magico lo avvolsero, nascondendolo alla vista.
Guardò in basso, cercando di capire da dove Persym lo stesse attaccando e vide lo stregone muoversi tra gli alberi.
Malag iniziò a scendere sempre protetto dallo scudo magico e sparì dietro agli alberi.
Joyce decise che aveva atteso troppo nascosta nel denso fogliamo e li seguì. Ogni tanto udiva lo schiocco di un albero che si spezzava, un grido o l’eco di una esplosione. Un paio di vote venne colta di sorpresa dall’accendersi e lo spegnersi improvviso di un bagliore. A parte quei pochi episodi, udiva solo il suo respiro affannoso mentre si spostava all’interno della foresta.
Udì un’esplosione più potente delle altre a una cinquantina di passi di distanza. Il terreno tremò facendola vacillare ma rimase in piedi. Corse nella direzione del suono, trovando un cratere che ancora fumava e una figura che si ergeva a lato.
L’arcistregone l’accolse con un mezzo sorriso. Aveva ferite sul viso e la tunica bianca era imbrattata di sangue. Respirava a fatica e si teneva il fianco destro con la mano.
“È scappato” disse vedendola arrivare. “Ma tornerà.”
Forse dovrei colpirlo ora, pensò.
Una luce abbagliante si accese lungo il fianco della montagna e il terreno vibrò come scosso da un terremoto. Stavolta Joyce non riuscì a mantenere l’equilibrio e fu costretta ad appoggiarsi al tronco di un albero.
Guardando in direzione della luce, vide una sagoma gigantesca ergersi al di sopra della foresta. Alto come cento uomini adulti, il colosso emerse dal bagliore ed emise un profondo ruggito che le agitò le viscere.
“È iniziata la vera battaglia” disse Malag fissando il colosso. “L’ho costretto a usare la sua arma migliore.”
Il colosso è qui, pensò Joyce. E Malag è ancora vivo. Eryen non può affrontarli tutti insieme.
Evocò i dardi magici e lo scudo.
Malag evocò il suo. “Non dobbiamo lottare per forza noi due.”
Joyce gli scagliò contro i dardi che si infransero sul suo scudo.
“Ascolta” gridò Malag spostandosi di lato.
Joyce pensò alla formula del raggio magico e la diresse verso l’arcistregone.
Di nuovo lo scudo di Malag assorbì il colpo trasformandolo in una cascata di scintille.
“Io posso fermare il colosso” disse l’arcistregone.
Joyce aumentò la forza del raggio magico concentrandolo in un unico punto come le aveva insegnato Joane Lune prima.
Quando il bagliore divenne accecante, balzò verso Malag aiutandosi con la forza straordinaria e si preparò a colpirlo.
Stava già ricadendo verso l’avversario quando l’arcistregone urlò qualcosa.
Lei strinse i denti e si preparò all’impatto. Che non avvenne.
Dal centro del bagliore che nascondeva Malag si sprigionò un vortice di colore azzurro che la colpì in pieno e la scagliò via.
Si ritrovò a volare verso gli alberi e colpì un tronco con la schiena. Rimbalzò in avanti e cadde proteggendosi il viso con le mani.
Appena a terra cercò di rialzarsi, ma una mano le afferrò la spalla e strinse così forte da farla gridare.
Sopra di lei, Malag le rivolse un sorriso. “La vuoi smettere? Voglio solo parlare.”
Joyce evocò la lama magica, ma lui le bloccò il braccio con la mano in una presa ferrea e glielo girò, infliggendole altro dolore.
Lei urlò e cercò di muovere l’altro braccio per colpirlo con un dardo magico, ma l’arcistregone ruotò col busto e la colpì al collo.
“Basta” esclamò. “So come usare il nodo.”
Joyce si bloccò, il respiro che le mancava. “Tu” disse a fatica. “Tu cosa?”
“Il nodo, il pozzo, il centro del potere” disse Malag. “Il piano che tu e Gladia avete studiato. So tutto, strega rossa.”
“Come?” chiese a denti stretti.
“Prova a indovinare.”
Joyce strinse i denti per la rabbia. “Robern” gridò. “Ci ha traditi.”
“In realtà, vi ha salvato la vita. E potrebbe averla slavata a tutti noi.”
Joyce sentì la furia e le forze scemare insieme, come se la consapevolezza di essere stata raggirata fin dal primo momento l’avesse svuotata di ogni energia e potere. All’improvviso si sentiva stanca e desiderosa solo di scappare via di lì, per la vergogna di essersi dimostrata stupida e ingenua.
La presa di Malag si allentò un poco. “Sei disposta ad ascoltarmi?”
Che altro posso fare? Si chiese. Ho perso. Ero destinata a perdere fin dal primo momento.
“Sì” disse a denti stretti.
Malag l’aiutò a mettersi in piedi. “C’è una cosa che devi vedere” disse aprendo la borsa a tracolla. Prese dei fogli e glieli mostrò. Qualcuno aveva tracciato delle linee sopra una rozza mappa in cui si intravedevano fiumi e montagne.
“I flussi di potere” disse Joyce.
Malag annuì. “Sono anni che li cerco. Decenni, potrei dire.” Sorrise mesto. “Sapevo che un nodo era qui attorno, ma non ho mai avuto la mappa completa. Per questo ho piazzato qui il mio campo principale. Sei riuscita a precedermi di poco, strega rossa.
“Rancey” disse Joyce ricordando all’improvviso. “Cercava questi segni nel santuario di Lotayne.”
Malag annuì. “E tu li hai trovati. Come hai fatto a completare la mappa?”
Joyce valutò se le conveniva dirgli o meno quello che sapeva, ma era troppo stanca e confusa per inventare una scusa credibile. “Ho trovato la parte mancante nel santuario di Urazma e altri mi hanno aiutato.”
Decise che non era necessario che sapesse di Galef e Lindisa.
“Urazma” esclamò Malag. “Hai trovato il santuario di quella odiosa maga?”
Joyce annuì.
“Che fine ha fatto? Sapevo che Ambar e Harak l’avevano sconfitta in battaglia e che era fuggita nascondendosi in un santuario segreto.”
“Ha creato un esercito di mostri” disse Joyce ricordando i maledetti ragni. “E alla fine è diventata un mostro anche lei.”
“Non lo è sempre stata” disse Malag come se sapesse qualcosa di più. “Ma è un bene che sia stata eliminata. Si era spinta troppo in là nella sua ricerca del potere.”
“Come te.”
Malag sorrise. “La mia ricerca è appena iniziata, strega rossa. E anche la tua.”
Joyce scosse la testa. “Ti ucciderò.”
“Lo so” disse lui. “Che ne diresti se facessimo un patto?”
“Non faccio accordi con te.”
Il colosso ruggì e si mosse facendo tremare il terreno. Joyce guardò verso l’alto e vide che si stava guardando attorno, come se stesse cercando qualcosa.
“Non mi è rimasto molto tempo” disse Malag. “E so che morirò su questa montagna.”
Lo spero, pensò Joyce.
“Ma prima di andarmene, c’è una cosa che voglio sapere. Chi si nasconde dietro la maschera?”
“Non te lo dirò” rispose.
Malag sorrise. “Per questo voglio proporti un patto. Se mi mostrerai il tuo vero aspetto, ti concederò la possibilità di uccidermi. Una sola.”
“Stai mentendo.”
“Cos’hai da perdere, strega rossa? Se mi uccidi, Eryen avrà qualche possibilità in più di distruggere quel mostro.”
“Robern mi ha detto di non fidarmi di te.”
“E tu ti fidi di lui? Dell’uomo che ha ucciso il suo stesso figlio quando non era ancora nato? Che dopo aver saputo del vostro piano è venuto da me a rivelarmi tutto? Davvero puoi fidarti di lui?”
Joyce scosse la testa. “Non mi fido di te.”
“Potevo restare al sicuro nel mio campo o sparire, ma sono venuto qui a combattere. Al tuo fianco. Non merito almeno una possibilità, strega rossa?”
Joyce chiuse gli occhi. “Hai promesso” disse.
“Sul mio onore” rispose Malag.
Joyce annullò la trasfigurazione.
Il sorriso di Malag si allargò. “La ragazzina che tanto temevo” esclamò. “Nascosta in piena vista. Ben fatto, Robern. Davvero ben fatto. Ora la mia vittoria è certa. Tu mi hai dato una speranza, Joyce di Valonde.”
Lei evocò un dardo magico e glielo puntò contro il petto.
Malag non smise di sorridere mentre allargava le braccia. “Un patto è un patto e io mantengo la mia parola.”
Il terreno vibrò sotto i passi del colosso. Joyce udì il ringhio sommesso del mostro far vibrare l’aria. Rimase col braccio puntato contro il petto di Malag, il respiro che si faceva pesante.
“Puoi davvero uccidere quel mostro?” gli chiese.
“Sono venuto qui per questo” rispose stringendo nel pugno la mappa dei flussi di potere.
“E io sono qui per uccidere te” disse.
“Non devi, Joyce” disse Malag. “Tu non sei costretta a fare niente, se non lo vuoi. Sei quello che sei perché hai scelto di esserlo. Non a tutti viene concessa questa possibilità.”
“Tu hai ucciso mio fratello e i miei amici.”
“È nobile battersi per i morti” disse Malag. “Ma c’è ancora più nobiltà nel battersi per i vivi. Pensa a quelli che potresti salvare se i colossi vengono distrutti qui e oggi.”
Razyan, Mythey, Fredi, Joane, Kallia, Halux e i visi di tanti altri le sfilarono davanti. Subito dopo di essi, vide quelli di Bryce, Oren, Vyncent, suo padre i suoi fratelli e tutti gli altri.
Joyce abbassò il braccio e annullò il dardo magico. “Sto commettendo un errore” disse con gli occhi rivolti al suolo.
“No” disse Malag. “Questo è solo il tuo primo passo. Dopo che questa battaglia sarà finita, non smettere di cercare. Le risposte che troverai potrebbero sorprenderti.” Guardò in alto. “E ora vado a distruggere quel mostro.”
L’arcistregone si incamminò lungo il pendio lasciandola a fissare il colosso che stava risalendo il fianco della montagna.
Fu tentata di seguirlo, ma qualcosa la trattenne.
Non è più la mia battaglia, si disse. Dovevo uccidere Malag e ho fallito. Tre volte. Ho avuto la mia opportunità e l’ho sprecata. A cosa è servito imparare la magia, se non a perdere tutto? Non posso tornare a casa, non so dove andare.
Il rumore di passi alle sue spalle la fece voltare di scatto. Incrociò lo sguardo con Eryen.
La strega aveva la bocca atteggiata in una risata tesa, i denti scoperti come in una specie di ringhio. “Sapevo che eri una traditrice” disse con calma. “Zia Gladia non mi credeva. Elvana mi ha sgridata per averla avvertita. Ma io sapevo di avere ragione.”
“Eryen” disse Joyce indicando il colosso. “Se sei potente come dicono, distruggi quel mostro.”
La strega sollevò la testa. “Farò in fretta, non temere. Il colosso non sarà un problema.” Un dardo apparve nella sua mano.
Joyce scosse la testa. “Non voglio combattere con te. Sarebbe inutile.”
“Allora mi divertirò di meno.” Sollevò la mano e la puntò verso di lei.
Joyce evocò lo scudo magico.
“Ora mi piaci” disse Eryen.
 
***
 
I portali erano due cerchi di luce cangiante che pulsava a ritmo lento e regolare, come un respiro. Roge li fissò soddisfatto, quasi a compiacersi del lavoro svolto.
“Funzionerà?” chiese Vyncent.
Lo stregone non aveva smesso per un istante di gettare veloci occhiate ai colossi. Il sacrificio di soldati e mantelli mandati a scontrarsi con i due mostri li aveva tenuti lontani da quella zona, ma adesso iniziavano ad avanzare di nuovo travolgendo tutto quello che incontravano.
Roge annuì sicuro. “Quello a sinistra” disse indicando uno dei portali. “Conduce a chi controlla il colosso sputafuoco. L’altro al colosso divoratore.”
“Noi prendiamo il primo” disse Shani.
“Siate prudenti” disse Vyncent.
Oren aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse subito dopo.
“Se hai una domanda da fare” disse Roge. “Questo è il momento giusto, guardia del corpo.”
“Mi chiamo Oren.”
Roge scrollò le spalle.
“Come facciamo a tornare?”
“Lascerò i portali aperti. Per un po’. Li alimenterò con il mio potere.”
“E se ti succede qualcosa? Se rimani ferito?” Oren esitò. “O peggio?”
Roge ghignò. “Se muoio? Immagino che spariranno anche i portali insieme a me.”
Vyncent, Oren e Shani si scambiarono una rapida occhiata.
“Vi conviene sperare che non mi accada niente, temo.”
“Io sono pronto” disse Vyncent.
“Anche io” rispose Shani.
“E io” disse Oren.
Vorrei esserlo anche io, pensò Roge, ma ho paura. Ho paura che non sopravvivremo a questa follia. Sarei dovuto rimanere in esilio e fuggire via lontano. Sarei dovuto restare a Valonde, nel circolo, ad attendere che fossero altri a combattere e morire per me. Avrei dovuto dare ascolto ai decani e fidarmi del loro giudizio, quando hanno deciso di lasciare a casa quelli meno abili, come me, perché inutili in questa guerra.
“Che state facendo? Dove credete di andare?”
Erix apparve alla testa di una dozzina tra mantelli e soldati e marciava decisa verso di loro.
“Sono dei portali quelli?”
Vyncent fece loro segno di attendere. “Noi andiamo.”
“Scappate via dalla battaglia? Come dei codardi?”
“Andiamo a uccidere gli evocatori” disse Vyncent. “Il piano di Roge è folle e penso che non torneremo indietro, ma dobbiamo tentare.”
Erix scosse la testa. “Mi saresti più utile qui. I colossi stanno arrivando e stiamo radunando tutte le forze rimaste per un ultimo attacco.”
“Vi auguro di farcela” disse lo stregone. “Ma sento che saremo più utili lì in mezzo.” Indicò l’esercito dell’orda riunito attorno ai colossi.
“È una follia.” Erix fece cenno ai sodati e ai mantelli di allontanarsi. “Ma ti ha addestrato Rajan e lui è stato la mia guida, quindi se sei arrivato a questa conclusione un motivo ci sarà.” Guardò i portali. “Stregoneria proibita. Credo che qualche legge andrà cambiata, dopo tutto questo.”
“Andate” disse Vyncent rivolto a Oren e Shani.
I due entrarono nel portale e vennero avvolti da un’aura luminosa prima di sparire insieme al cerchio di energia.
“Tranquillo” disse Roge rivolto a Vyncent. “Il portale è ancora qui, ma si aprirà solo quando ci passeranno attraverso.”
“Spero davvero tu sappia che cosa stiamo facendo.”
“In verità non ne ho idea” disse con tono nervoso. “Vogliamo andare? Ogni momento che passa spreco potere per tenere aperti i portali.”
Vyncent rivolse un cenno di saluto a Erix. “Resistete più che potete.”
Erix rispose con un cenno della testa.
Roge e Vyncent entrarono nel portale insieme. Il mondo sembrò accendersi di un colore blu intenso e un attimo dopo sparì, per poi riprendere forma.
Roge si guardò attorno. Erano alla base di una collina, lungo il fianco, vicini a una macchia di alberi dalle fronde agitate dal vento. Voltandosi vide in lontananza, a non meno di un miglio, la sagoma di un colosso stagliarsi davanti al cielo azzurro.
Vyncent aveva già mosso un paio di passi.
Roge gli indicò un punto alla sua destra, dove un cerchio azzurro pulsava di energia. “La via per il ritorno” disse.
Vyncent annuì e gli fece cenno di stare zitto.
Guardando in alto, vide qualcosa muoversi sulla collina.
“È un buon punto d’osservazione” disse Vyncent. “L’ideale per controllare il colosso.”
Roge annuì. Fece per muoversi verso il pendio, quando quattro figure emersero da dietro la collina.
Due soldati e due mantelli grigi vennero dalla loro parte con fare deciso.
“Te lo dicevo che avevo visto un bagliore” disse uno dei mantelli all’altro.
“Voi non dovreste essere qui” disse lo stregone. Aveva lunghi capelli castani e il mento coperto da una leggera peluria dello stesso colore. “Nessuno dovrebbe essere qui.”
Qualcosa brillò tra le loro mani.
“Mi occupo io di loro” disse Vyncent. “Tu trova l’evocatore.”
“E poi?”
“Uccidilo, dannazione.”
Vyncent evocò lo scudo magico.
Roge esitò, gettando una rapida occhiata prima ai nemici e poi alla collina.
“Vai. Adesso” ringhiò Vyncent. Tra le sue mani apparve una sfera infuocata.
Roge vide i soldati alzare gli scudi e i mantelli preparare le loro difese e partì nella direzione opposta.
Corse fino a mettere la collina tra lui e Vyncent. Udì l’eco di una esplosione ma non osò voltarsi né tornare indietro.
Guardò in alto, verso la sommità della collina. Da quel punto non poteva vedere chi o cosa si trovasse oltre di essa.
Salì di corsa il pendio a quattro zampe aiutandosi con le mani e quado arrivò in cima si fermò per guardarsi attorno.
Al centro della sommità, una figura se ne stava in piedi. Era coperta di stracci neri e grigi che sembravano drappi invece di vestiti. Le braccia sottili erano sollevate e le dita, simili a quelle di uno scheletro, disegnavano figure nell’aria. La figura era rivolta verso il colosso che a un paio di miglia di distanza percorreva il campo di battaglia.
Altre due figure, un uomo e una donna vestiti anch’essi allo stesso modo, sostavano a una decina di passi. L’uomo guardava in direzione del colosso, mentre la donna era voltata verso di lui.
Roge si umettò le labbra ed evocò i dardi.
Ecco, ci siamo, pensò. Uccidiamo l’evocatore e andiamo via.
La donna spalancò la bocca e lanciò un grido che gli ferì le orecchie. L’uomo e l’evocatore si voltarono di scatto e Roge ebbe un tuffo al cuore.
Aveva già visto il viso dell’evocatore. Era quello di Ragath, la strega nera. In qualche modo era sopravvissuta a Krikor e alla ferita che il mostro che aveva trascinato con sé le aveva inferto.
“Tu” disse la strega nera. “Mi ricordo di te.”
“Anche io” rispose Roge. Sollevò le braccia e le puntò contro i dardi.
L’uomo e la donna si frapposero tra lui e il bersaglio.
Roge fece partire i dardi colpendo l’uomo e mancando la donna di un palmo.
“Uccidetelo” gridò la strega nera. “Strappategli il cuore e portatemelo.”
I due avanzarono verso di lui senza tradire alcuna espressione, come se stessero andando al mercato a fare compere.
E invece vogliono strapparmi il cuore dal petto, pensò.
Evocò altri due dardi e li lanciò verso i due, colpendoli al petto e all’addome. L’uomo crollò al suolo e la donna si arrestò, piegandosi in due.
Roge avanzò per superarli, ma l’uomo gli afferrò la gamba e affondò la bocca nella carne. Sorpreso da quell’attacco, Roge urlò e scalciò. L’uomo si aggrappò a lui con entrambe le mani e cercò di tirarlo giù.
Roge gli puntò un dardo magico contro la testa e lo lasciò partire. L’uomo si afflosciò a terra, le mani ancora aggrappate alla sua gamba.
Mentre cercava di liberarsi, la donna i lanciò verso di lui, sbilanciandolo. Roge cadde all’indietro, la donna che cercava di morderlo alla gola. Si protesse con la mano e lei gli diede un morso sul palmo.
Roge gridò e le diede un pugno in pieno viso con la mano libera. La donna lasciò la presa e lui la spinse via, allontanandola di qualche passo.
Con la mano sana prese la mira e le piazzò due dardi nel petto. La donna crollò al suolo come un fantoccio.
Roge si rialzò a fatica, la mano ferita e la gamba che gli bruciavano come se fossero state lambite dal fuoco. La vista si stava annebbiando e vedeva i contorni sfocati.
La strega nera sembrò ondeggiare nell’aria, come se fosse fatta di nebbia.
“Sei stanco, principe Roge?” gli chiese una voce che sembrava giungere da altrove. “Perché non ti stendi e dormi? Riposa, principe Roge. Lo hai meritato.”
Roge scosse la testa per scacciare quella voce.
Riposare, pensò? Sì, vorrei farlo. Mi sento così stanco e usare i portali mi ha portato via molte forze. Dovrei seguire il suo consiglio e stendermi qui.
La strega nera sembrò fluttuare attorno a lui. Non riusciva a concentrarsi sulla sua figura, anche quando cercava di seguirla con lo sguardo qualcosa lo distraeva e doveva cercarla di nuovo.
Allungò una mano per toccarla, ma la figura si dissolse nell’aria e apparve subito dopo a un palmo di distanza.
“Presto la confusione passerà” disse la voce. “Smetti di resistere e riposa, principe Roge. Starai meglio, dopo.”
Forse dovrei seguire il suo consiglio, pensò.
Sentì le gambe cedere e barcollò, l’ombra della strega nera che gli danzava attorno.
“Riposa. Fermati.”
Roge crollò in ginocchio, svuotato di ogni forza. Voleva solo stendersi su quel prato e dormire, dimenticando tutti gli affanni di quella giornata.
I colossi, la strega nera, suo padre che lo accusava di tradimento vorticarono davanti ai suoi occhi, mescolandosi in un vortice che lo circondò. Si sentì scivolare verso il bordo di quel gorgo, risucchiato senza che potesse opporsi.
“Alzati” disse una voce con tono perentorio. “In piedi, dannazione. Devi combattere.”
“No” esclamò con voce impastata.
“In piedi.”
“Sono stanco.”
“Non è vero. Su, alzati.”
“Lasciamo stare.”
“Principe Roge. In piedi.”
Roge si sollevò con riluttanza, la vista che si stava schiarendo. Sollevò la testa e vide una figura dirigersi verso di lui.
La strega nera, pensò. Deve avermi fatto un incantesimo, ma ho resistito. Ora morirà.
Alzò la mano sana e scagliò un dardo magico verso la figura.
Scintille lo accecarono costringendolo a distogliere lo sguardo.
“Uccidila” disse la voce. “Non lasciare che ti prenda di nuovo.”
Roge lanciò altri dardi verso la figura, ma questa rimase in piedi, circondata da scintille luminose.
Perché non cade giù? Si chiese. Perché non riesco a ucciderla?
La figura si lanciò verso di lui approfittando della sua incertezza e si sentì travolgere dal suo peso. Cadde sulla schiena, urlò, rotolò per terra cercando di afferrarla.
Di morderla.
Lottò contro quella forza che cercava di tenerla giù.
“Lasciami maledetta” gridò con voce impastata.
Qualcosa lo colpì al viso due volte di seguito e sentì il sapore del sangue sulla lingua. Sputò per non ingoiarlo. Cercò di rimettersi in piedi ma un peso sul petto lo tenne giù.
“Alzati e combatti, principe Roge” disse la voce piena di disperazione.
Non ci riesco, pensò. Non ho più forza. Non ce la faccio.
“Aiutami” gridò la voce.
“Mi dispiace” piagnucolò. “Mi dispiace, mi dispiace. Mi dispiace.”
Una mano si posò sulla testa, alzò gli occhi e incrociò lo sguardo di Vyncent. Sorrideva mentre sembrava annaspare. Aveva una ferita sulla guancia e un’altra alla spalla.
“In piedi, su” disse porgendogli la mano.
Roge l’afferrò e si raddrizzò. Quando volse lo sguardo verso terra, vide il corpo della strega nera giacere in una pozza di sangue che si allargava sotto di lei.
“L’ho colpita io?” si chiese confuso.
Vyncent scosse la testa e si passò una mano sulla ferita. “Hai attaccato me” disse. “E mi hai anche morso il braccio.”
“Ho fatto questo? Mi spiace.”
“Maledizione da illusionista” disse Vyncent. “La strega nera ti ha morso?”
Roge indicò la donna a l’uomo morti. “Sono stati loro.”
“Devono avertela trasmessa in quel modo.” Scosse la testa. “Per fortuna adesso è morta.”
“Sì” disse Roge. “E con lei sparirà anche il colosso divoratore.”
Un profondo ruggito scosse l’aria. Roge e Vyncent si voltarono verso il campo di battaglia. Entrambi i colossi si stavano muovendo calpestando tutto ciò che incontravano, attorniati da minuscole figure in fuga.
“Perché non è sparito?” domandò Vyncent. “Abbiamo ucciso l’evocatore giusto, no?”
“Credo” sussurrò Roge. “Credo di aver commesso un errore gravissimo.”
 
***
 
Il mondo divenne azzurro e poi scomparve. Oren si sentì cadere per un tempo che gli parve non passare mai, come quella volta a Malinor e pochi giorni prima, quando Roge li aveva mandati verso il campo dell’alleanza, sbagliando di decine di miglia.
Spero non si sia sbagliato anche questa volta, si disse. Sarebbe davvero imbarazzante.
Il bagliore azzurro si dissipò e il mondo prese la forma di soldati che marciavano in una fila compatta.
Shani lo tirò via prima che venisse travolto e calpestato. Caddero uno sopra l’altro, avvinghiati in un abbraccio.
Oren cercò di rialzarsi ma Shani lo costrinse a restare giù. I soldati li superarono marciando compatti.
Un’ombra coprì il sole e per un attimo fu come se la notte fosse scesa sopra di loro. Guardando in alto, Oren vide il colosso sputafuoco incombere sopra di loro.
Da quella distanza poteva vedere i dettagli della creatura, come i muscoli scolpiti in quella che sembrava roccia che copriva la pelle sottostante.
Il colosso ruggì facendo tremare l’aria e puntò il braccio in avanti. Le fiamme scaturirono come un fiume di fuoco liquido, colpendo qualcosa che si trovava oltre la formazione di soldati che marciava ordinata al seguito del mostro.
Shani lo aiutò ad alzarsi. “Non siamo dove dovremmo essere” disse guardandosi attorno.
Oren fece vagare lo sguardo. Le formazioni marciavano compatte a distanza di un centinaio di passi e loro si trovavano in mezzo a quella successiva. Oltre questa, c’erano altre due file di formazioni disposte una di fianco all’altra.
“Non vedo il portale per il ritorno” disse.
“Perché non c’è” rispose Shani. “Roge ci ha mandati da tutt’altra parte.”
“Che facciamo?” All’improvviso tutta quella faccenda gli sembrava assurda.
Ho sbagliato a fidarmi di Roge, pensò. Di nuovo. Imparerò mai?
La formazione successiva era arrivata a ridosso de punto dove si trovavano e non accennava a rallentare.
Uno stregone con il mantello grigio marciava al fianco della prima fila, lo sguardo fisso in avanti.
“Voi due” gridò. “Levatevi di mezzo.”
“Fai parlare me” sussurrò Shani.
Si avvicinarono allo stregone.
“Veniamo dalle formazioni avanzate.”
L’uomo li studiò con attenzione. “Avete partecipato al primo assalto?”
Shani annuì. “È stato terribile. Quasi tutto il nostro gruppo è stato ucciso. Quando è arrivato il colosso abbiamo ricevuto l’ordine di ripiegare, ma ci siamo sparpagliati e abbiamo perso il contatto con il resto dei nostri compagni.”
Lo stregone sembrò soppesare quelle parole. “Non ho il tempo di occuparmi di voi due e la mia formazione è piena. Andate nelle retrovie e unitevi a quelle che hanno bisogno di rinforzi.”
Oren stava per dire qualcosa, ma Shani lo spinse via.
“Che volevi fare?” gli chiese mentre correvano verso le retrovie.
“Ringraziarlo” disse Oren. “Dire qualcosa per non insospettirlo.”
“A volte è meglio stare zitti.”
“La tua scusa era buona. Potremmo usarla quando raggiungiamo le retrovie.”
“Direi di no. Siamo solo stati fortunati. Quello stregone aveva altro da fare, ma da qui in poi dovremo essere prudenti. Dobbiamo trovare l’evocatore.”
“Come?”
“Non lo so, ma non può essere lontano.”
Il campo di battaglia occupava tutta la vallata e per raggiungere le retrovie dovettero attraversarlo tutto. Oren cercò di tenere il conto delle formazioni che lo superarono, ma smise dopo una decina.
Shani gli fece un cenno con la mano e indicò una collina circondata da soldati e mantelli grigi. “È lì.”
“Come fai a saperlo?”
Indicò un terzetto di mantelli che sembrava fare la guardia a qualcosa che luccicava. Vide un bagliore azzurro che pulsava in modo regolare.
“Il portale” esclamò.
Shani annuì. “Lo hanno trovato prima di noi a quanto pare. Roge deve essersi confuso.”
Rallentò il passo senza fermarsi e Oren lo adeguò al suo. “Che facciamo?”
“Li attacchiamo” rispose lei.
“Noi due da soli?”
“Vedi un esercito da queste parti, Oren?”
“È un suicidio” esclamò.
“Lo era dal principio, quando abbiamo deciso di fidarci di Roge. E anche prima, quando siamo andati all’assalto di quel colosso divoratore. Credevi di uscirne vivo?”
Oren si strinse nelle spalle.
“Almeno andrai nei giardini celesti e potrai incontrare di nuovo la tua principessa perduta.”
“Joyce non è morta” disse stringendo l’elsa della spada nella mano. “E io non morirò oggi. Devo ritrovarla.”
Shani gli sorrise. “Nemmeno io voglio morire. C’è un solo modo per uccidere l’evocatore e uscirne vivi.”
Oren attese che proseguisse.
“Essere veloci e letali. E avere il controllo del Kah.”
“Non credo di essere ancora capace di usarlo.”
Shani cambiò direzione all’improvviso e si diresse verso la collina. Oren la seguì perplesso.
“Li vuoi attaccare così, a viso aperto?”
“Vedi posti in cui possiamo nasconderci per tendere loro un agguato?”
Oren gettò un’occhiata ai dintorni. La collina sorgeva al centro della spianata, senza ostacoli a frapporsi tra questa e le altre colline che sorgevano lì attorno.
Era un posto ideale dal quale osservare la battaglia e guidare il colosso.
Mentre si avvicinavano contò quattro mantelli e otto soldati, compresi quelli che stavano facendo la guardia al portale.
Uno dei soldati notò che si avvicinavano a corse su per il pendio.
“Che facciamo?” domandò Oren allarmato.
“Niente” disse Shani.
“Niente? Ci hanno visti.”
Lei annuì. “E allora? Siamo soldati dell’orda che stanno venendo verso di loro.”
“Per quale motivo non dovrebbero ucciderci all’istante?”
“Perché dovrebbero?”
Oren non aveva una risposta e decise di tacere.
Due soldati e una strega si staccarono dal gruppo che sorvegliava la collina e andò loro incontro.
“Shani?”
“Fai parlare me.”
“Fermi” disse lo stregone quando giunse a una decina di passi. “Nessuno può andare oltre.”
“Porto un messaggio per il comandante” disse Shani con tono deciso.”
“Puoi darlo a me” rispose lo stregone. “Lo consegnerò io a lord Privel.”
Privel, pensò Oren. Aveva incontrato lo stregone a Taloras, quando aveva guidato la rivolta di quelli che si opponevano a matrimonio tra Joyce e Tharry.
“Ho l’ordine di consegnare il messaggio all’arcistregone in persona” disse Oren con tono deciso.
Lo stregone gli rivolse un’occhiataccia. “E tu chi saresti per parlare in questo modo?”
“Uno dei più fidati servitori di sua eccellenza.”
“Dimostralo.”
Shani fremette ma non parlò.
Oren pensò in fretta, cercando le parole giuste. “Ero a Taloras durante la rivolta” disse cercando di non far trasparire la paura che provava. “Ed ero presente quando quella orribile donna, l’inquisitrice di nome Gladia, osò accusare sua eccellenza di tradimento e condannarlo all’esilio a Krikor.” Scosse la testa con un gesto affranto. “Noi servitori fummo mandati in esilio sul continente antico. Mi sentivo perduto senza la guida di sua eccellenza, ma quando seppi che si era unito all’armata di sua eccellenza Persym, non ci pensai due volte e li raggiunsi.” Estrasse la spada facendo sobbalzare lo stregone e la piantò nel terreno. “Ho messo la mia spada e il mio braccio al suo servizio da quel giorno e sono pronto a morire per la sua vittoria.”
Lo stregone sospirò. “Ho capito, ho capito. È importante questo messaggio?”
“È stato l’arcistregone Persym ad affidarmelo di persona perché io lo riferissi a sua eccellenza.”
“Il comandante non è qui.”
Oren annuì. “Anche se non dovrei dirtelo, so che è andato ad affrontare in duello Malag il rinnegato.”
Lo stregone mutò espressione. “Sono in pochi a saperlo.”
Ecco, disse Oren, adesso dirà che siamo spie e ordinerà di ucciderci. Lo sapevo di non dover dire troppo.
“E ho la certezza che la notizia non è uscita da questo ristretto gruppo” proseguì lo stregone. “Devi godere della fiducia di Privel.” Indicò la collina con un cenno della testa. “Andiamo. Vi scortiamo noi.”
Oren rimise la spada nel fodero e fece un cenno a Shani.
“Quel discorso” sussurrò lei. “Lo hai preparato prima che li incontrassimo o l’hai inventato sul momento?”
“L’ho letto in un libro” rispose.
Shani sgranò gli occhi.
“Giganti e Demoni di Sorisana Herric” disse Oren. “È più o meno il discorso che fa il cavaliere Folduin alle guardie del castello quando cerca di introdursi nella roccaforte dell’usurpatore Xillan.”
Era uno dei libri che gli aveva consigliato Joyce subito dopo essere tornati a Valonde da Taloras. Oren aveva impiegato tre pomeriggi per finire di leggerlo e lei lo aveva interrogato a lungo sulla trama e i personaggi.
A Oren l’intreccio era sembrato blando e confuso in alcuni punti, ma aveva apprezzato il personaggio di Folduin e la sua redenzione finale.
Joyce aveva convenuto con lui sulla trama inconsistente ma aveva apprezzato di più il ruolo della cortigiana Arnarra.
“È lei la vera protagonista” aveva detto chiudendo il libro.
“Ma è la storia di Folduin” aveva protestato Oren prima di rendersi conto che stava contestando le parole della principessa. “Chiedo scusa.”
“No, no” aveva detto lei. “Mi piace sentire un’opinione diversa ogni tanto. Continua, per favore.”
“Io” aveva detto Oren pensando alle parole giuste da usare. “Credo che sia Folduin il protagonista perché è lui a trovare la spada magica. È lui a convincere i nani a forgiarne una nuova quando viene distrutta nel primo duello contro il malvagio Xillan ed è lui a sconfiggerlo nella battaglia finale.”
“È vero” aveva detto Joyce compiaciuta. “Ma è Arnarra a trovare la mappa che li porta alla spada dei nani. È lei che lo spinge a perdonare il capo dei ribelli, per poi scoprire che è il fratello. Ed è sempre lei che convince Folduin a schierarsi dalla parte dei ribelli dopo tanti anni passati a servire Xillan lo stregone assassino e a redimersi per le cattiverie che ha commesso.”
Oren ci aveva pensato sopra. “Forse” aveva detto alla fine. “Forse avete ragione. Forse Folduin e Arnarra sono entrambi protagonisti della storia?”
Joyce aveva annuito divertita. “È vero. sono entrambi importanti.”
Shani scosse la testa. “Affidiamo le vite di migliaia di persone a un libro adesso?”
Oren scrollò le spalle. “Non era un brutto libro.”
“Spero tu sappia cosa stai facendo.”
“Ho un piano” disse cercando di mostrarsi sicuro.
Privel era in piedi sulla sommità della collina, le braccia sollevate e le mani che si agitavano nell’aria come muovendo fili invisibili.
Il legame dell’evocazione, pensò Oren.
Lo stregone si schiarì la voce per richiamare l’attenzione di Privel.
“Che cosa vuoi?” domandò senza voltarsi. “Non vedi che ho da fare? Avevo ordinato di tenervi lontani e non disturbarmi. Mi serve concentrazione per guidare il colosso o…” Si fermò in mezzo alla frase. “Che volete?”
Oren si fece avanti. “Porto un messaggio da parte di Persym.”
“Che vuole quel dannato stregone? Non gli basta avere la gloria per l’uccisione del rinnegato?”
“È un messaggio privato. Mi ha ordinato di ripeterlo solo in vostra presenza. Da solo.”
Privel sospirò. “Hai sentito Zelf? Fai qualche passo indietro.”
“Comandante, non è sicuro” disse lo stregone. “Questi due sono apparsi all’improvviso. E c’è anche un’altra questione, quella dell’incantesimo che è apparso alla base della collina.”
“Di sicuro non sono usciti di lì, giusto?”
“Giusto, ma…”
“Ma sono dalla parte giusta del campo di battaglia, no? E poi questo ragazzo ha un viso familiare. Avanti, non farmi perdere tempo e risolviamo la questione.”
Zelf fece cenno a mantelli e soldati di allontanarsi, ma non smise di guardare con sospetto Oren e Shani.
“Adesso parla” disse Privel.
Oren estrasse la spada e gliela puntò alla gola. Shani fece lo stesso e si voltò verso Zelf e gli altri.
Lo stregone evocò i dardi magici.
“Se fossi in te non lo farei” disse Shani. “Il mio amico è veloce e preciso con quella lama.”
Zelf la fissò accigliato. “Chi siete? Come avete fatto ad arrivare fin qui?”
“Via i dardi” disse Shani. “O Privel muore.”
Oren premette la punta della spada contro la gola dello stregone.
Privel deglutì a fatica. “Fai come ti dicono, Zelf.”
Zelf fece un cenno ai suoi e i dardi sparirono.
“Buttate le armi” disse Shani con tono imperioso.
Zelf guardò Privel e lui gli fece un cenno con la testa.
I soldati lanciarono lance e spade giù per la collina.
“E adesso? Che intendete fare?” chiese Privel.
Oren fece qualche passo di lato. “Richiama il colosso. Fallo sparire.”
“No” disse Privel.
Oren strinse l’elsa della spada. “Non te lo ripeterò un’altra volta” disse cercando di sembrare minaccioso.
Privel scosse la testa. “Non lo farò.”
“Devi. O ti ucciderò.”
“Sono sopravvissuto agli scorticatori di Krikor. Non saranno le tue minacce a farmi paura, ragazzo.” Si accigliò. “Dov’è che ti ho già visto?”
“Richiama il colosso.”
“Se mi dicessi dove ci siamo incontrati, forse potrei pensarci sopra.”
“Avanti, Oren” disse Shani. “Uccidilo e il colosso sparirà.”
“Oren” disse Privel socchiudendo gli occhi. “Ho già sentito questo nome. A Taloras, ne sono certo. Ma quando?”
Oren premette la punta della spada contro la gola dello stregone. “Richiama quel maledetto colosso. Ora” ringhiò.
Privel spalancò gli occhi per la sorpresa. “Ma certo. Ecco dove ti ho visto. A Taloras, durante la rivolta. Tu sei la guardia del corpo di quella sciocca e patetica ragazzina senza poteri, la principessa Joyce.” Rise. “Ora ricordo tutto. È anche per colpa vostra se sono finito a Krikor. Se foste morti come meritavate non sarebbe mai accaduto.”
“Oren, ma che aspetti? Uccidilo subito” esclamò Shani.
“Non posso” disse, la spada che sembrava più pesante. “È disarmato.”
“Disarmato?” fece Shani sorpresa. “Sta usando un colosso. Non è affatto disarmato.”
“Ma qui davanti a me lo è” fece Oren. “Non posso ucciderlo. Mi spiace. Dobbiamo trovare un altro modo.”
“Lo faccio io” disse Shani.
Il buio calò sopra di loro all’improvviso e Oren si ritrovò a fissare l’oscurità.
“È un incantesimo” gridò Shani.
“Uccideteli” urlò Privel. “Svelti.”
Oren allungò la mano per afferrare Privel, ma strinse l’aria. Attorno a lui udì i passi di Zelf e dei sodati che si muovevano a caso.
Rimase immobile come gli aveva insegnato maestro Wei.
Se non mi muovo non possono sentirmi, pensò.
Era una delle lezioni che Wei gli aveva impartito per prima, a Malinor, insieme alle tecniche per bloccare i muscoli e rallentare il respiro.
Sperò che anche Shani facesse lo stesso.
Il terreno vibrò come scosso da un terremoto e si ritrovò ad annaspare per mantenere l’equilibrio. Un altro tremito quasi lo gettò a terra e il terzo lo costrinse in ginocchio.
Una mano si posò sulla spalla e lo costrinse ad alzarsi.
“Togliamoci di qui” disse Shani.
“Ci sentiranno.”
“Non importa.”
Il terreno venne scossa da una profonda vibrazione e sopra di loro udì un ruggito assordante che gli fece piegare la testa in avanti, come se volesse proteggersi da qualcosa che stava per precipitargli addosso.
All’improvviso mise un piede nel vuoto, scivolò in avanti e cadde lungo il pendio della collina avvinghiato a Shani.
Un boato esplose sopra le loro teste, seguito da un calore che gli lambì la pelle. Gridò mentre cadeva e pesava di ardere in quel calore.
Quando arrivò a terra l’oscurità era scomparsa, sostituita da una lunga ombra che incombeva sopra di loro.
La sagoma del colosso, alta come cento uomini, era così vicina da poter vedere i particolari di quella creatura come la pelle che sembrava roccia, le minuscole crepe lungo di essa e le rune incise lungo la vita, come una cintura.
Ebbe la tentazione di urlare ma si trattenne. Sopra di loro il colosso stava inondando di fiamme la sommità della collina, spazzando tutto ciò che incontrava.
“Privel sta uccidendo anche i suoi” disse Oren.
Il colosso sollevò il braccio e raddrizzò la schiena. Girò sul bacino come a guardarsi attorno.
Sta cercando qualcosa? Si chiese Oren. O qualcuno?
Quel pensiero lo colpì. Immaginò Privel che li osservava da lontano, ma non troppo e guidava il colosso verso di loro.
“Trovalo” disse Shani. “Trova lo stregone e uccidilo stavolta.”
“Tu dove vai?”
“Lo distraggo” disse correndo via.
Oren voleva dirle di restare e non fare sciocchezze, ma lei era già lontana. La vide agitare le braccia e gridare qualcosa all’indirizzo del colosso, che la ignorò.
Il mostro mosse un passo di lato e poi abbassò la testa e lanciò un’occhiata a Shani. Alzò il braccio e lo puntò verso di lei.
Oren trattenne il fiato mentre le fiamme avvolgevano l’arto del colosso e poi si sprigionavano in tutta la loro violenza distruttiva.
Shani balzò di lato venendo sfiorata dalla pioggia infuocata, cadde sbattendo il fianco e si rialzò un attimo dopo.
Oren distolse gli occhi da lei e guardò verso l’alto. Si arrampicò di corsa sulla collina e ignorò i resti carbonizzati dei soldati e di Zelf. Lanciò una rapida occhiata in basso, sperando di trovare Privel, ma lo stregone non c’era.
“Dov’è andato?” si chiese.
Dalla parte opposta, il colosso si mosse facendo vibrare il terreno. Gli lanciò una rapida occhiata mentre sembrava stesse agitando il braccio nell’aria prima dell’attacco seguente. Distese l’arto verso il basso e le fiamme incenerirono tutto ciò che incontravano.
Vide la minuscola figura di Shani balzare lontana dalle fiamme e scivolare a terra prima di rialzarsi e correre nella stessa direzione.
Il colosso iniziò a ruotare sul bacino sollevando un piede per seguirla.
Poteva immaginarla usare il Kah per essere più veloce e agile, ma non sarebbe durata a lungo.
Per quanto potrà resistere? Si chiese. Prima o poi Shan si stancherà o farà un errore e per lei sarà la fine.
Oren guardò in basso.
La base della collina era solo una distesa di erba che correva fino all’orizzonte. Privel poteva trovarsi lì o a una decina di passi di distanza, per Oren non faceva molta differenza.
È invisibile, si disse. Come faccio a trovarlo? Deve essere qui per forza, se riesce a vedere Shani dalla posizione in cui si trova. Potrei cercarlo per ore senza trovarlo e a lui basterebbe muoversi per ingannarmi. Come lo trovo? Come?
Strinse la spada nella mano.
Calma, si disse. Rifletti. Concentrati. Usa il kah. Trova un posto tranquillo dove pensare. Un posto tranquillo.
Tranquillo.
Il laghetto della casa di Wei prese forma attorno a lui. Era da solo al centro, l’acqua immobile e nessun suono, a parte il suo respiro.
“Dove sei?” chiese ad alta voce. “Dove?”
Mosse un piede sollevandolo e generò tanti cerchi concentrici, onde che andarono a infrangersi contro i confini del laghetto e tornarono indietro, formando altre onde.
“Dove?” domandò guardandosi attorno.
Si mosse un passo alla volta volgendo la testa a destra e sinistra.
“Sei qui?” chiese senza avere risposta.
Quanto tempo è passato da quando sono qui? si chiese. Sto solo perdendo tempo.
Guardò le onde che formavano piccole increspature sulla superficie del lago. A ogni passo ne generava di nuove e aveva finito per rendere torbida l’acqua del laghetto.
Non tutta, si disse.
C’era una piccola zona, alla sua destra, dove l’acqua restava immota anche a dispetto delle onde che cercavano di attraversarla.
Invece di incresparsi, quelle acque sembravano non risentire di ciò che accadeva attorno a loro. Le onde che entravano vi sparivano, per poi riapparire dalla parte opposta, come se avessero continuato il loro movimento.
Non posso vedere le onde che entrano in quella zona, si disse. Come se non esistesse.
O fosse invisibile.
Si avvicinò alla zona dove le onde smettevano di esistere e sollevò la spada. Con un rapido gesto tirò un affondo come se volesse trafiggere l’aria al di sopra dell’acqua.
La spada incontrò un ostacolo e udì un grido.
Il laghetto sparì, sostituito dal prato che circondava la collina. Davanti a lui, la figura di Privel, le braccia ancora sollevate e la spada che gli aveva trapassato il petto all’altezza del cuore.
Oren tenne la spada dentro il corpo dello stregone, fissandolo negli occhi mentre abbassava le braccia e gli rivolgeva un’occhiata stupita.
“Perché tu lo sappia” disse con voce calma Oren. “Joyce non è né sciocca né patetica.”
Tirò via la spada con un movimento rapido. Dalla ferita al petto sgorgò un fiotto di sangue e Privel crollò al suolo.
Il colosso ruggì come se avesse subito lui la ferita.
Shani corse verso la base della collina e Oren la raggiunse.
“Come ci sei riuscito?” gli chiese.
“Sono andato nel posto tranquillo” disse con voce eccitata. “Le onde nel laghetto erano strane.” Guardò verso il colosso e rallentò.
Il mostro era in piedi e fissava il campo di battaglia con sguardo assente.
“Non è scomparso” disse.
“Sei sicuro che Privel sia morto?”
Oren le mostrò la spada. “Questo è il suo sangue.”
“Andiamo via” disse Shani. “Non possiamo fare altro.”
Il colosso si mosse diretto alla battaglia che si svolgeva a un miglio di distanza.
Oren cercò di opporsi ma Shani lo trascinò di forza verso il portale che pulsava ancora. “Vyncent e Roge ce l’avranno fatta?”
“Ora lo scopriremo” disse Shani entrando con lui nel portale.
Il mondo si colorò di un blu pulsante e scomparve.

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