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Autore: DiamanteLightMoon    17/05/2020    1 recensioni
-FANFICTION INTERATTIVA- ISCRIZIONI CHIUSE-
Vi siete mai chiesti come sia possibile che un'intera civiltà scompaia da un giorno all'altro? Vi siete mai chiesti che fine hanno fatto i Cretesi? Vi siete mai chiesti che cosa li avesse travolti di così tanto violento da farli estinguere? Io sì ed era una di quelle domande a cui pensavo di non trovare mai risposta, almeno finché non ho scoperto questo.
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Hermia è figlia di Poseidone ed è la principessa di Atene. Enea è suo fratello, ma è figlio di Zeus. E il loro destino sarà deciso dalla volontà di un pazzo.
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Enea correva nei corridoi del Palazzo, i piedi scalzi e il petto ancora sudato dall'allenamento. Non riusciva a comprendere le parole del messaggero.
-Padre- urlò attraversando l'imponente porta aperta. Con passo veloce si avvicinò alle sorelle in piedi accanto al re e alla regina.
- Akakios non può fare una cosa del genere. È un suicidio per il suo popolo-
-No- disse il padre- Non se fa questo-
E gli mostrò la condanna a morte di due anime innocenti.
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Semidei Fanfiction Interattive, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XVI

 

Quindi.... ho appena scoperto che ho pubblicato questa storia a dicembre 2016... e ora a maggio 2020 non l'ho ancora finita... *piange istericamente* vediamo se riesco a finirla prima di arrivare a quattro anni. Comunque buona notiza è che ho in programma tre, massimo quattro se volete un epilogo, capitoli e poi ho finalmente finito. Come sempre non vi prometto niente su quando effettivamente pubblicherò questi suddetti tre capitoli, spero veramente prima di dicembre. Questo periodo è stato, ed è ancora, una mazzata. Mi sembra di star lavorando il doppio del solito e praticamente vivo alla mia scrivania. Non solo, come sapete ero in Cina a studiare. E bingo ovviamente un'epidemia è dovuta scoppiare, *sigh*. Fine gennaio-inizio febbraio è stato un incubo per me, ma lasciamo perdere quei giorni di pazzia totale che è meglio. Devo studiare sul serio per due esami ancora, più quelli si inglese che sono tre ma che non mi richiedono un impegno elevato per passare a pieni voti. Devo finire la seconda parte di un altro esame ma niente di estremamente complesso. Quindi dovrei essere libera per la maggior parte dell'estate. E sentitevi liberi di scrivermi messaggi privati epr ricordarmi che sì, Dia, devi finire di scrivere il capitolo.

Fun facts at the end.

Ho cercato di mantenere il più possibile i personaggi fedeli alla scheda, ma potrebbero esserci alcune incongruenze.

 

 

Arcadia – giorno 65, ore 7.00

 

Il nuovo nome era stato appena pronunciato. E il nuovo piano era appena iniziato. Avevano smesso di giocare a fare le vittime. Era tempo di reagire: non è mai saggio trasformare il lupo in una pecora, perchè rimane pur sempre un lupo anche se gli viene imposto il vello.

 

Ariadne avrebbe dovuto aspettarselo, dopotutto il suo stomaco non mentiva mai. Eppure l'aveva ignorato per una settimana intera dando la colpa a tutto tranne che alla sua innata capacità di sapere quando la sua vita avrebbe preso una volta inaspettata. E ora il non aver dato retta al suo stomaco era tornato indietro e le stava mordendo il sedere in maniera alquanto insistente. Non che ci fosse davvero qualcosa appeso al suo, a suo avviso, magnifico didietro, ma l'immagine rendeva l'idea. Fortunatamente nessuno sapeva cosa nascondeva la sua voce. Ma l'effetto sorpresa sarebbe andato perduto dopo il primo uso. E questo non poteva permetterselo, perciò doveva scegliere cautamente il momento giusto in cui usarla e calibrare l'energia che le sarebbe servita nei minimi dettagli. Non solo, odiava il fatto di non avere la certezza di riuscire a sopravvivere. A peggiorare aveva una parte nel piano ideato da Epeo ed Enea, lei, Ariadne, proprio lei. Probabilmente era ciò che le dava più fastidio, aveva sempre dovuto spianarsi la strada da sola combattendo per ciò che desiderava senza darsi limiti e senza il minimo aiuto da parte di coloro che le stavano attorno, quindi, perchè mai avrebbe dovuto fare parte del lavoro sporco e poi non essere lei a godere dei risultati? Ognuno doveva conquistarsi le proprie libertà. Per cui aveva qualcosa su cui rosicare per la durata della camminata fino al palazzo.

(Ariadne era totalmente offesa dal fatto che non le era stata fornita almeno una portantina, era la principessa di Tebe, per il sacro carro di Apollo, questo comportava il non dover camminare non sapeva quanto chilometri nel bel mezzo del nulla)

 

Ora, si poteva dire di tutto su di lei, ma non che fosse il tipo di persona che si rimangiava le parole. Ciò che prometteva veniva meticolosamente rispettato, non importava di che genere fosse la promessa. Lei più di tutti sapeva che le parole erano sacre, una parola ha più potere di mille navi militari. Una sola parola poteva scatenare una guerra oppure finirla, una sola parola bastava per farsi perdonare o per farsi uccidere. Ariadne aveva promesso che sarebbe tornata viva a Tebe, lo aveva giurato sullo Stige. Nessuno, vivo o morto che sia, infrange un giuramento sullo Stige, lei di certo non sarebbe stata la prima a farlo. Sarebbe uscita viva da lì, quella era l'unica certezza che aveva. Quanto ad aiutare gli altri a fare altrettanto, quello era da vedere, dopotutto lei non aveva espresso nessun giudizio quando le era stato comunicato il suo incarico; si era limitata ad annuire e a un lieve suono di presa in considerazione, una sorta di ummmm così basso che a malapena riuscì a sentirlo lei che l'aveva emanato. Eppure Enea non aveva avuto problemi a farlo dato che il suo sguardo si era acceso di pallida speranza. Avrebbe soddisfatto quella speranza? Questo era ancora tutto da vedere.

 

 

Palazzo reale di Creta, stanza di Ariadne – giorno 65, ore 13.23

 

Non aveva ancora incontrato il re. Ovviamente andava da sé che era furiosa come una vipera che viene disturbata dal suo sonno nel giorno più freddo dell'anno. Aveva mandato via la schiava che era già presente nella stanza al suo arrivo senza nemmeno ascoltare il suo nome. Le era stato portato il pranzo (solo anni di allenamento a mascherare le sue reazioni l'avevano salvata, perchè anche la persona più insensibile non può rimanere impassibile di fronte alle prelibatezze che le erano state servite. Non vedeva un pasto del genere da quando era stata mandata via da Tebe) poco tempo prima ma non aveva aperto bocca quando la stessa schiava di prima era entrata, accompagnata da un'altra ragazza dall'aspetto e l'età simile al suo, per poggiarlo sulla cassettiera. Fedele ai suoi insegnamenti di principessa aveva mangiato, o meglio continuava a magiare, con calma e grazia, lentamente, gustandosi ogni boccone dall'inizio alla fine. Fu mentre masticava un pezzo del miglior pollo che avesse mai assaggiato (no, non stava scherzando, aveva un retrogusto dolciastro che sottolineava il sapore della carne succosa e morbida) che le si accesero mille fiaccole nelle mente. Forse mangiare le rischiarava le idee, non ci aveva mai riflettuto a fondo prima, doveva sicuramente mettere alla prova quella teoria. Possibilmente con quel gustosissimo pollo a quello che presumeva fosse miele. O almeno sperava fosse miele dato il sapore dolce che aveva una volta assaporato. Le altre possibilità non erano altrettanto allettanti.

Per quanto riguardava le mille fiaccole le serviva la schiava che aveva cacciato per farle funzionare, quindi immaginò che avesse ancora un po' di tempo in solitudine per continuare a mangiare. E poi avrebbe fatto di tutto per sapere come uscire di lì. Viva.

 

Arcadia – giorno 65, ore 21.08

 

Enea camminava grandi passi nel bel mezzo della Grande Sala, gli occhi della sorella fissi su di lui. Hermia appariva più riposata di quanto lo fosse stata nelle ultime settimane. Non erano soli nella stanza, ma il silenzio che regnava sovrano lo faceva sembrare. Erano nei momenti come questi che si sentiva maggiormente la mancanza di Orion, il ragazzino non smetteva mai di parlare, anche se nessuno lo stava ascoltando. Nessuno di loro aveva mai fatto caso a come quel chiacchiericcio di sottofondo aiutasse l'atmosfera a non farsi così sobria e pesante. Era come se una grande nuvola grigia avesse avvolto tutti loro, una coperta di lana in piena estate era la sensazione che lasciava. Non di certo piacevole.

-Enea, se non smetti di girare da solo, lo faccio io per te- lo minacciò piano Cassiopea, non ne poteva più di vedere il figlio di Zeus girare in tondo, le stava facendo venire il mal di mare nonostante non ne avesse mai sofferto. Il principe si lasciò cadere su uno dei cuscini che addobbavano il pavimento. Gli altri capivano il perchè della sua ansia, ma il costante movimento li stava rendendo ancora più nervosi di quanto già non fossero.

-Spero che vada tutto bene- disse piano Agape.

Dopo che Ariadne era stata portata via, Enea ed Epeo avevano messo al corrente tutti gli altri semidei del loro piano per scappare, lasciando fuori i dettagli più minuziosi e i compiti specifici che ognuno coinvolto doveva fare. Nella riuscita del piano aveva una certa rilevanza la segretezza delle azione svolte.

-Come facciamo a sapere che Ariadne ha fatto quello che deve fare?- chiese genuinamente Kosmas dando voce alla domanda che tutti in realtà di stavano chiedendo.

-Perchè se tutto deve andare come deve andare, le porte dovrebbero aprirsi. Vi ricordate all'inizio quando abbiamo “esplorato” l'esterno?- Enea aspettò che tutti avesse annuito prima di continuare- Io e Hilarion abbiamo notate che dietro al trono della sala del trono è presente un meccanismo, ma c'è qualcosa di estremamente sbagliato al suo interno. Non siamo riusciti a capire cosa fosse o il perchè quel punto brillasse come se là fosse presente un'anima, ma ci siamo resi conto che quel meccanismo permette di aprire le porte da palazzo. Non so come, ma c'era un collegamento tra sotto a quel trono e l'ingesso di questo posto. Immagino che la magia della dea Ecate abbia a che fare con il funzionamento, ma di certo non mi sono fermato a chiedere informazioni-

-Il compito di Ariadne è quello di far scattare quel meccanismo. Non so ho la minima idea di come farà ma ha l'intelligenza e la forza di volontà di capire come fare. Ariadne non vuole morire, forse più di tutti noi messi insieme, troverà un modo, anche se fosse solo per se stessa- lo interruppe Epeo. Il figlio di Atena non dubitava della riuscita di Ariadne, quella ragazza era scaltra e aveva molti più assi della manica di quanti ne avesse mostrati, anche involontariamente. Erano poche le persone che Epeo non sapeva leggere e la sua analisi gli aveva detto che in Ariadne c'era molto di più di quello che si mostrava alla vista. Quando si era presentata Ariadne aveva specificato che sua madre era Petio, una dea minore. Era una semidea di discendenza diretta, anche se essere sacerdotessa di Era non le aveva fornito nessun potere essere figlia di una dea sicuramente lo aveva fatto. Non aveva mai specificato quale fosse questo potere, ma Epeo sapeva chi era Petio, poteva arrivarci da solo. E a quanto pare anche Enea aveva i suoi sospetti o non avrebbe acconsentito così in fretta quando Epeo aveva proposto Ariadne per quel determinato compito.

Per quanto sembrasse brutto, il fatto che Ariadne fosse stata scelta così presto andava a loro favore. Il loro piano sarebbe entrato in azione più in fretta del previsto, ma non per questo non erano pronti a fare le loro mosse. Anzi, lo erano ancora più di prima.

 

Palazzo reale di Creta – giorno 66, ore 1.21

 

Ariadne doveva ammetterlo: avrebbe di gran lunga preferito non vedere il re di Creta prima del necessario. Il giorno prima l'aveva fatta chiamare nella sala del trono, due ore dopo che le avevano portato via i vassoi del pranzo. L'incontro le aveva lasciato più amaro in bocca di quanto ne lasciasse mangiare un fico verde con la buccia.

 

Come previsto, qualche decina di minuti dopo la schiava che le aveva portato il cibo era tornata per portarselo via. Anche questa volta era accompagnata dalla seconda schiava. Ariadne aveva fermato quello che aveva trovato nella sua stanza al suo arrivo lasciando che la seconda portasse via i vassoi vuoti. Aveva sempre vissuto nel lusso, per lei era normale che gli altri facessero questo tipo di cose al posto suo. Si era mai vista una principessa che ritirava i propri piatti da tavola? Non le sembrava proprio.

Aveva lasciato passare un paio di minuti da quando le pesanti porte si erano chiuse dietro la seconda schiava a quando aveva aperto la bocca per chiedere ciò che voleva sapere alla schiava che era rimasta. Non era nel suo stile affidarsi alle parole di coloro che la servivano, dopotutto non dovevano mica fare una lezione; i loro compiti comprendevano prendersi cura del suo corpo non della sua mente. Ma per questo volta giudicò necessario fare un'eccezione. E fu anche un'eccezione fortunata. Quella sensazione di soddisfazione svanì come se non fosse mai esistita una volta di fronte alla faccia di re Akakios. Ariadne sapeva che non era ancora arrivato il suo momento, era troppo veloce, una persona come il re non avrebbe voluto affrettare le cose e poi, gli altri due erano morti il giorno successivo a quello in cui erano stati chiamati. Aveva ancora qualche ora per capire come fare a svolgere il suo compito senza morire. Ebbene sì aveva deciso che avrebbe aiutato gli altri ad aprire le porte della loro prigione. Il motivo preciso non lo sapeva nemmeno lei, ma era abbastanza intelligente da capire che forse, nel caso in cui sarebbero sopravvissuti avrebbe potuto avere quel favore in cambio. O forse sperava che undici semidei scappati da una fortezza inviolabile avrebbero causato abbastanza putiferio da permetterle di scappare inosservata, dopotutto lei era da sola e molto più vicina a possibili postazioni di fuga rispetto agli altri quindi aveva più probabilità di scappare viva. E non era di certo il tipo da farsi sfuggire un'occasione quando ce l'aveva tra le mani. Rimaneva il fatto che non aveva la minima idea di come fare a completare il suo compito. Non solo, doveva considerare che Akakios aveva rubato i poteri di due semidei. Non sapeva quanto erano stati potenti Ilektra e Orion in vita, ma la semidea era figlia di Ade quindi la sua essenza divina doveva essere relativamente forte. Almeno quella degli altri figli dei Tre Pezzi Grossi che conosceva lo era abbastanza da essere percepita quando loro lo permettevano. Sperava solo che Akakios non avesse ancora imparato ad usare ciò che aveva preso con la forza. Inoltre era l'istinto che più di tutti guidava un semidio e fortunatamente quello non si poteva acquistare da una fonte esterna.

Il re era la feccia peggiore che avesse mai camminato sulla terra, almeno secondo la sua umile (per finta ovviamente, ma doveva pur sempre rendersi più innocente agli occhi degli altri) opinione. Si considerava esperta di fecce come Akakios. Non aveva niente in contrario a spaccagli la faccia. Ecco magari che il lavoro sporco lo facesse qualcun'altro, non poteva di certo spaccarsi le nocche. L'udienza con il re non aveva portato nulla di nuovo, a parte tre dettagli molto, molto interessanti che doveva assolutamente analizzare con più calma. Si sentiva fiera di se stessa perchè non aveva aperto bocca durante tutto il discorso di Akakios, per quanto pieno di sciocchezze (ma forse era per la famosa sensazione di fico acerbo). Rifiutandosi di parlare sperava che il re si illudesse che lei non potesse proprio farlo, in modo da coglierlo di sorpresa una volta che l'uso della sua voce fosse stato necessario.

Tornata in camera chiese alla schiava che la stava aspettando, di cui non sapeva ancora il nome, l'occorrente per scrivere comodamente. Una volta con in mano il necessario, Ariadne iniziò il suo ragionamento e la sua analisi pronta ad annotare i dettagli più importanti in modo da non avere modo di dimenticarli.

 

Ariadne fissò le righe di inchiostro che aveva di fronte alla faccia. Era sdraiata a pancia in su sul letto, le braccia distese di fronte a sé. Fortunatamente il re si era lasciato sfuggire un dettaglio molto importante per il suo piano di fuga, gli altri li aveva ricavati dall'ambiente.

Il primo dettaglio era molto semplice, ma estremamente importante; Ariadne ringraziò ogni singolo dio del Pantheon per averle permesso di coglierlo nel discorso e la sua forza di volontà per non aver avuto nessun tipo di reazione esterna. Menomale, perchè altrimenti avrebbe fatto saltare la sua copertura.

 

“Il re ha un'altra sala del trono. E in quella sala del trono farà il rituale che ha anche ucciso gli altri due. Il che mi fornisce tre particolari: dovrò di nuovo uscire da questa stanza, il re dovrà andare nella sala in questione prima di me e qualcuno mi ci dovrà portare perchè non mi lasceranno mai andare da sola. Il che mi mette a disposizione persone, armi e una via di fuga o scudo, che è sempre meglio di niente.”

 

Doveva ancora stabilire le ultime parti, aveva memorizzato la strada per andare dalla sua stanza alla sala del trono alla quale era stata portata il giorno prima per cui la parte del piano in cui apriva il meccanismo era stata ultimata, almeno in teoria. Secondo i suoi calcoli doveva aspettare ancora qualche minuto prima di iniziare.

 

“Ma il fatto che non torni nello stesso posto mi complica le cose. Devo trovare un modo di aprire le porte di notte e di scappare praticamente mentre si stanno aprendo. Una volta che la mia parte dell'accordo sarà onorata nessuno mi potrà rivendicare nulla. La cosa positiva è che la magia in quella sala è facilmente percepibile, almeno per i sensi di un semidio che sta cercando qualcosa. Questo mi da forse un po' speranza che Akakios non abbia ancora imparato a usare i poteri che ha rubato, altrimenti non avrebbe lasciato così scoperto un tasto di questa importanza. La cosa strana è il fatto che nessun semidio di Creta gli abbia mai fatto notare quanto sia percepibile, ma forse lo hanno fatto e sono morti per questo. Comunque non sono affari miei e grazie per l'errore, mi rende le cose più facili. Anche se in effetti la facilità con cui ho individuato la fonte della magia mi preoccupa, di solito più è forte la fonte e più è potente chi la crea. Spero solo che chiunque ci sia dietro non sia troppo leale al re, sarebbe una seccatura dover fare tutta sta fatica per poi non ricavarne niente.”

 

Mentre rileggeva le sue stesse parole le tornò in mente un momento, qualcosa stonava nella sua ultima affermazione. Quando aveva individuato la fonte della magia quest'ultima non si era affievolita. Era come se volesse essere trovata. Un richiamo d'aiuto di qualcuno prigioniero quanto lo era lei. Se chi creava la magia era leale al re perchè tradirlo in quel modo. Ariadne non era stata timida nella sua ricerca, come lei aveva trovato la fonte, la fonte aveva visto lei. Era una ricerca a due vie, nel momento in cui la sua essenza aveva toccato quella della fonte entrambe si erano rese conto della presenza l'una dell'altra. Questo facilitava le cose, voleva dire che poteva far leva sul desiderio di libertà di chi era intrappolato sotto la roccia del trono.

 

Rotolò giù dal letto, le mani ancora occupate. I suoi piani erano difficilmente visibili alla luce della luna, seppure fosse alta nel cielo e quasi piena. Se non fosse stata dentro una situazione di vita o di morte, forse si sarebbe fermata un attimo a guardarla. La bellezza di Artemide non oscillava con le opinioni dei mortali, lei continuava a brillare, incurante di quanti occhi aveva puntati su du lei. Ma Ariadne aveva un compito da svolgere e una fuga da eseguire, non aveva tempo di ammirare il cielo. In un angolo della stanza la vasca era ancora piena d'acqua, ora fredda gelida. Senza pensarci due volte Ariadne ci infilò dentro ciò che teneva in mano. L'inchiostro iniziò a sciogliersi. Ariadne sorrise e con passo deciso si avviò verso il suo nuovo destino.

 

Arcadia – giorno 66, ore 3.22

 

Nessuno degli undici semidei rimasti nella fortezza riusciva a dormire. Comprensibile dato che aspettavano con ansia qualsiasi cambiamento. Di cui non avevano nemmeno una componente, poteva essere positivo e tutto filava secondo i piani oppure poteva andare tutto in malora e avrebbero avvertito di nuovo la sensazione che avevano provato quando Ilektra e Orion erano morti. Ma che avrebbe pesato il doppio nei loro cuori perchè significava dover abbandonare per sempre la speranza di essere liberi. Ariadne era la loro ultima possibilità. E non tutti si fidavano di quella loro ultima possibilità. Era chiaro a tutti quanto Ariadne disprezzasse la situazione e quanto non volesse collaborare, era visibile come fosse una persona cinica e che tendeva a pensare prima a se stessa e poi, forse, agli altri. Eppure nel loro cuore la speranza che Ariadne trovasse qualcosa che le poteva portare un guadagno all'interno del loro piano e che quindi portasse a termine il suo compito esisteva ancora. E sarebbe resistita fino ad un segno che indicare il contrario.

Erano ognuno nella propria stanza, a parte Hermia che era seduta sul letto del fratello. Non era decisamente il caso di dormire, ma dopo aver mangiato tutti insieme avevano deciso di tornare nei loro alloggi per cercare un modo di rilassarsi.

Melissa aveva la schiena contro il muro e le gambe incrociare mentre meditava come le aveva insegnato la sua maestra. Di solito si limitava a distendere i muscoli e a liberare la mente, ma questa volta cercò di seguire le parole dei gemelli come guida per trovare la sua anima dentro se stessa. E dopo quelli che sembrarono infiniti tentativi finalmente riuscì a giungere nel piccolo tempio sulla scogliera nella parte più profonda della sua mente; la sua anima era una fiammella di un pallido ocra che guizzava leggera e delicata nell'aria che sapeva di melissa e olive. La trovò bellissima.

Callimaco era stressato, estremamente stressato, come lo era stato solo nell'unica occasione in cui suo padre aveva accennato ad un possibile matrimonio per prendere le redini della famiglia, ma era stato anni prima, quando ancora la sua odiosa matrigna non era nemmeno stata incinta del suo primo fratellastro. La cosa che lo aveva stressato allora era il possibile matrimonio, quello che lo stava stressando in quel momento era una questione che Callimaco sapeva benissimo essere molto più importante di un semplice accordo tra famiglie. Non solo, Callimaco aveva un doppio obbiettivo e ancora non era giunto alla sua meta in nessuno dei due fini; in più per aggiungere danno alla beffa erano mesi, mesi, che non faceva sesso con qualcuno. Nemmeno con la mano! E questo causava un'enorme quantità di disagio sulla sua mente e sul suo corpo. Il principino che aveva adocchiato all'inizio, lo stesso che aveva espresso evidente interesse quando si erano ritrovati a fissarsi, era più inavvicinabile che mai con il fatto che non lasciava il fianco della sorella da settimane ormai. Non che Callimaco lo biasimasse così tanto, Hermia aveva un brutta cera già da prima che Orion fosse chiamato. Questo però non lo aiutava affatto a rilassarsi. Sospirò e si rassegnò all'astinenza che si era fatta strada nella sua vita.

Glykeria non era una persona volubile, aveva la calma e la pazienza di qualcuno abituato a stare fermo per ore aspettando il momento propizio per scoccare una freccia. Ma l'attesa di una preda svolta appollaiata ad un albero e l'attesa che ora era costretta a fare erano due cose ben diverse. Era l'unica tra i semidei a cui non avevano sottratto tutte le armi, semplicemente perchè in quanto Cacciatrice aveva qualche asso nella manica. Si accarezzò l'interno del polso. Il suo cuore batteva stabile e forte, era lo stesso battito che l'aveva accompagnata dal momento in cui si era unita ai ranghi di Artemide, lo stesso battito che l'avrebbe seguita nei secoli a venire. Se non fosse morta in quel luogo. Non per la prima volta si chiese se le sue compagne la stessero cercando. Sperò con tutto il cuore che la protezione della Dea bastasse a tenerle al sicuro. Non desiderava la morte di altre di loro, non dopo aver perso Danai e Isidora.

Cassiopea era sicura che arrivato il tempo di andarsene da lì il pavimento della sua stanza avrebbe avuto un solco ovale inciso nella pietra. Le mancavano gli allenamenti di Sparta, i duelli amichevoli, le corse a piedi scalzi sul terreno battuto, i corpo a corpo e i litigi per permetterle di parteciparvi. Dei immortali! Le mancavano pure le ragazze che ogni tanto si riunivano nell'ombra degli edifici che circondano il campo di allenamento per ammirare i corpi seminudi dei soldati e le loro risatine acute. Iniziò a girare con più vigore. Non le era stato permesso di portare la sua spada e il pugnale che era riuscita a nascondere le era stato sottratto una volta arrivati. Senza armi, la figlia di Ares si sentiva nuda, vulnerabile nonostante sapesse che il suo corpo poteva essere un'arma più che sufficiente se lo avesse desiderato.

Kosmas aveva un animo sensibile, veniva spesso paragonato ai fiori che crescevano abbondanti nel suo giardino. Ma il figlio di Demetra sapeva che molti di quei fiori erano più forti di quanto i mortali che li coltivavano pensassero. Aveva visto gli stessi fiori sbocciare nei buchi tra le pietre delle strade, sulle pareti di roccia erose dal vento e su terreni molto battuti. Sapeva che c'era una forza interiore nei fiori che li faceva resistere anche alla peggiore delle intemperie. Sperava che il paragone che spesso veniva fatto tra se stesso e i boccioli colorati valeva anche quando si trattava di resistenza e forza di volontà. Voleva tornare a casa, anche se a casa lo aspettava una vita in reclusione solitaria e una falsa identità. Non poteva perdere la speranza, il giuramento che aveva fatto sulla nave che lo aveva portato là glielo impediva, ma anche se avesse potuto non lo avrebbe fatto perchè avrebbe preferito una vita in solitudine piuttosto che l'incognita del suo destino dopo la morte. Dove sarebbe andato a finire senza la sua essenza divina?

Agape stava lentamente impazzendo. Le serviva luce, luce. Era figlia di Apollo, per il tridente di Poseidone, aveva bisogno del Sole. Ovviamente aveva ben poche possibilità di trovarlo là dentro. Anche nella Grande Sala l'unico momento in cui il sole entrava direttamente era durante il tramonto. A Rodi, quando i suoi servizi non erano richiesti anche di giorno, il che avveniva raramente per sua fortuna, le era permesso stare all'aperto per fare ciò che più preferiva. Non era abituata a stare chiusa così tanto, ma per lo meno la sensazione di avere le catene al collo non le era nuova. Sdraiata sul suo letto, torce accese, contava le venature nella pietra del soffitto mentre nella sue testa riverberava il rumore della musica in un giorno di festa.

Hilarion era un tipo semplice, senza troppe pretese. La fucina era più piccola e più calda di metà delle stanze presenti in quel palazzo, non erano gli spazi a infastidirlo. Era l'assenza dei suoni che lo avevano accompagnato da praticamente tutta la vita a renderlo teso e nervoso. E non era mai una buona cosa, la sua pazienza si accorciava e il suo sarcasmo si faceva più tagliente. Ma sapeva che non poteva permettersi scatti di rabbia, non lì dentro. Per un tipo asociale come lui stare a contatto con così tante persone così spesso era destabilizzante. Il suo atteggiamento normalmente freddo e distaccato aveva dovuto affievolirsi un po', la situazione in cui era finito dentro rendeva impossibile la totale impassibilità. E inoltre c'era qualcosa che lo incuriosiva nel giovane figlio di Demetra che mai lo aveva fatto prima. Stava bene con un martello in una mano e un ferro incandescente nell'altra, non faceva il tipo di vita che gli permetteva tanti contatti con giovani bellezze.

Thaddaios era, non sorprendentemente, spaventato a morte. Aveva avuto l'idea che Ariadne potesse essere qualcuno con cui allearsi per sopravvivere più a lungo possibile ma ora la principessa di Tebe era irraggiungibile. Non sopportava l'atteggiamento altruista dei gemelli di Atene o anche di Epeo, perchè salvarli tutti quanti quando potevano salvare loro stessi? Thaddaios non lo capiva proprio, ma se voleva rivedere casa sua e continuare la sua vita e dimostrare finalmente il suo valore allora doveva fingere di essere quello che non era mai stato ancora per un po'. Ma non avrebbe esitato a voltare le spalle a tutti quanti se questo gli avrebbe portato giovamento. Rinvigorito dalla possibilità di usare gli altri a suo vantaggio Thaddaios smise di tremare rannicchiato in una pallina.

Epeo aveva continuato ad allenarsi con il regime di Sparta, desideroso di non perdere la propria forza. Lo aveva consigliato qualche tempo prima agli altri, quando ancora Orion non era stato chiamato, ma non sapeva quanti avevano fatto uso del suo consiglio. Sperava che il piano andasse come doveva andare, ma era una persona pragmatica e preferiva basarsi sui fatti piuttosto che sulla fortuna quindi la sua mente era spezzata in due. Come spesso accadeva quando era solo nella sua stanza tornò a pensare ad Andromaca, la sua promessa sposa. Quando era partito da Sparta, i suoi sentimenti per lei erano ancora confusi. Era innamorato di lei o l'amava come si ama un'amica o una sorella? Ma ora, dopo mesi in cui aveva avuto modo di pensare a ciò che provava, si era reso conto che l'amore verso di lei era tutt'altro che amicizia; era innamorato di lei, lo era stato anche prima senza rendersene conto. Per questo, anche nella sua piena logicità da figlio di Atena, metà di lui sperava che il piano messo a punto con Enea e Hermia permettesse loro di scappare.

Enea era preoccupato. Tuttavia la maggior parte di quella preoccupazione era rivolta alla sorella e non al piano il cui esito stavano aspettando. La situazione aveva risvegliato in entrambi ricordi che avevano cercato in ogni modo di seppellire nella profondità più assoluta della loro mente. Rispetto a poche settimane prima Hermia aveva ripreso colorito e il peso che aveva perso. Era pronta ad affrontare gli inevitabili scontri una volta usciti di lì. Il figlio di Zeus era in equilibrio sulla gamba sinistra, il piede destro sulla coscia sinistra. Teneva le braccia lungo il busto e lo sguardo fisso su Hermia, seduta sul bordo del suo letto. Avevano appena finito di parlare sulle varie possibilità che li avrebbero potuti attendere nel caso in cui Ariadne fosse riuscita ad aprire le porte del loro. La questione non era ancora uscita, ma ne avrebbero sicuramente parlato durante la cena. Inoltre, come Hermia aveva fatto notare, non tutti sapevano combattere e nessuno di loro era in possesso di un'arma all'infuori dei loro poteri (che tuttavia non sempre erano adatti all'offesa e avrebbero retto poco in difesa). Sia Enea che Hermia erano dell'opinione che al di fuori del loro palazzo-prigione non ci fosse nessuna guardia, dopotutto loro non avevano nessuna possibilità di uscire e sprecare uomini per prigionieri senza via di fuga non solo era inutile ma anche stupido. E Akakios era tante cosa ma decisamente non stupido.

Quella sera avrebbero parlato e avrebbero discusso sul da farsi. Molti, se non tutti, avevano promesse da mantenere.

 

 

Palazzo reale di Creta, corridoio – giorno 66, ore 3.21

 

 

Ariadne era riuscita a uscire dalla stanza, quindi il primo ostacolo del suo piano era stato superato. Era stato più semplice del previsto: aveva soltanto dovuto fare in modo che la sua voce raggiungesse l'esterno, cosa relativamente facile dato le fessure presenti nelle porte, perchè le due guardie aprissero suddette porte il più silenziosamente possibile. Con altre poche, semplici parole aveva ordinato loro di chiudersi nella stanza e di uccidersi senza fare rumore. Ariadne decisamente adorava il suo potere. Con un doppio colpo di fortuna nel suo corridoio non si trovavano altre guardie oltre a quelle di cui si era appena occupata per cui era potuta stare tranquilla fino alla prima curva. Si affacciò lievemente per prendere nota della situazione. La fortuna era davvero dalla sua parte perchè non c'era nessuna guardia in vista su quel piano. Con passi silenziosi, sempre mantenendosi vicino al muro si avviò verso la rampa di scale. Sbirciando di sotto vide la punta di due lance e imprecò nella sua testa. Le guardie sul fondo dei gradini le davano le spalle, il che le consentì di scendere la rampa senza essere vista. Arrivata a metà rampa, Ariadne ordinò loro bisbigliando di addormentarsi. La loro testa dondolò in avanti, ma fu l'unica parte del loro corpo a muoversi. Leggera come un gatto la figlia di Petio arrivò in fondo al corridoio, prima di accucciarsi e sbirciare l'altro corridoio. Questo era una seccatura dato che andava sia nella direzione che le serviva sia in quella opposta, quindi doveva stare attenta a due uscite. Si voltò prima verso la parte che non le interessava notando con sorpresa che non era per niente sorvegliata, la sorpresa crebbe quando anche l'altra parte di corridoio risultò vuota di guardie. Quatta quatta, non una da chiedersi domande inutili, giunse all'ultima curva. Qui la sia fortuna ebbe fine perchè poteva sentire le voci di almeno tre uomini. Questo significava che la porta della sala del trono era pesantemente sorvegliata. “Quattro persone a guardia di una sala vuota? Non ha il minimo senso” pensò la principessa di Tebe. A meno che la sala non fosse vuota. Il che era esattamente ciò che Ariadne sospettava. Con voce carica di potere, alta abbastanza da essere udita solo dalle guardie della sala del trono Ariadne ordinò loro di stare dritti e sull'attenti e di ignorare la sua presenza e qualsiasi suono proveniente dalla sala del trono fino a un seguente ordine. Sì, decisamente adorava il suo potere.

Una volta dentro la sala si trovò di fronte all'altro grande ostacolo: come fare a trovare e azionare il meccanismo di cui avevano parlato i gemelli ed Epeo? Non aveva il minimo dettaglio su dove fosse a parte che si trovava nella zona sotto il trono del re. Non aveva idea di quale aspetto potesse avere ne che tipo di cosa ci fosse sepolta insieme.

A passi falsamente sicuri si avvicinò al trono. Si trovava sopra un piccolo palchetto a forma di mezzaluna dello stesso rosso scuro delle colonne. Accanto aveva due troni più piccoli e sobri per la regina e il principe ereditario. Quello di Akakios era una mostruosità di marmo e pietre preziose. Era ovvio come fosse un simbolo di potere, Akakios voleva tutti gli occhi puntati addosso, non c'era niente nella stanza più sfarzoso e scintillante di quel trono. Ariadne fece una smorfia. Nonostante il suo carattere sapeva benissimo che un re era la sua gente, non era il popolo a servire un sovrano ma il sovrano a fare un servizio ai suoi sudditi. In cambio di rispetto e fedeltà il re dava protezione e ordine. Un sovrano doveva essere giusto e imparziale, doveva essere il primo a rispettare le regole che imponeva ai propri sudditi. Akakios era un tiranno che dominava con il terrore. Ma proprio per questo doveva essere paranoico, consapevole delle possibili minacce nate dallo scontento delle persone. Non avrebbe lasciato niente al caso o alla fortuna, per questo Ariadne era sicura che il meccanismo era collegato a qualche tipo di allarme che avrebbe avvisato il re della sua attivazione. Voltò le spalle al palchetto e studiò la stanza. Sicuramente un indizio su come arrivare sotto il trono era nella sala e tutti i passi attentamente studiati del re erano un indicatore molto importante sul fatto che voleva avere tutto sotto il suo controllo. Per cui si trovava in posto visibile al re dal trono.

I gradini di marmo sembravano raffreddarsi man mano che li saliva. Si fermò esattamente di fronte al trono e il pavimento si fece di ghiaccio. Ignorando il freddo assoluto che sembrava penetrarle nelle ossa Ariadne fissò la parete di fronte a lei. Fu quando non riuscì a sentirsi più i piedi che la notò: una crepa. Cosa ci faceva una crepa in castello così sfarzoso e curato? Ariadne era determinata a scoprirlo. Seguì quella sottilissima linea nella parete, si snodava con un serpente lungo tutta la stanza per poi cadere a picco verso il pavimento dove riprendeva la sua andatura serpentina. Senza perdere di vista la crepa Ariadne scese dal palchetto e gli girò intorno. La fenditura in questione finiva esattamente sotto il trono di Akakios, ma era impossibile notarla se non si davano mai le spalle al palco.

 

C'era poco meno di un metro tra la parete e il palco di marmo, ma Ariadne era abbastanza piccola e snella da non avere problemi. E lì, nel bel mezzo del retro dello schienale del trono la crepa finiva. E nel punto in cui finiva brillava una pietra nera venata d'oro. Era di una bellezza straordinaria, che meritava di essere al collo di una regina o sulla corona di un re, non nel retro di un trono dimenticata da tutti. Cauta la figlia di Petio allungò una mano per sfiorarla. Quando non successe niente Ariadne riprovò a toccarla, questa volta lasciando che un poco della sua essenza fuoriuscisse dalla punta delle dita per riversarsi nella pietra. Il trucco sembrò funzionare perchè le venature d'oro presto ingoiarono il nero che prima le circondava. Quando la pietra fu soltanto di un colore, l'oro iniziò a colare nella venatura come l'acqua di un torrente dopo averlo liberato da una diga. Affascinata la ragazza uscì dalla strettoia per continuare a guardare l'avanzata di quel fiume dorato. Presto tutta la crepa venne invasa da quel fiume. E nel momento in cui successe qualcosa iniziò a brillare e presto una pietra identica a quella che aveva trovato sul retro del trono comparve sulla parete. La luce si propagò per tutta la fenditura fino a raggiungere la pietra gemella. Poi la luce sembrò solidificarsi di fronte ad Ariadne in una figura vagamente umana che pian piano cominciò ad avere una forma sempre più distinta. Quando la luce si affievolì Ariadne riuscì a vedere esattamente cosa, o meglio chi, avesse davanti. Di fronte a lei, i piedi sospesi sopra il pavimento di qualche centimetro, si trovava uno degli esseri più belli che avesse mai visto. Indossava un chitone, ma era fissato solo su una spalla rivelando l'assenza di seno. Il tessuto del chitone era dello stesso oro delle pietre così come gli occhi. I capelli, tenuti lunghi e in ordine da un laccio dorato, erano invece neri come ossidiana. La pelle emanava un chiaro bagliore che si rifletteva sui capelli e che faceva risaltare le iridi. Non era del tutto solido, come se si trovasse a metà strada tra un corpo umano e uno spettro. Ariadne rabbrividì senza volerlo quando gli occhi di quella creatura luminosa si posarono su di lei. Nessuno dei due si mosse, nei secondi di silenzio Ariadne capì che qualsiasi cosa fosse era il potere che Enea e Hilarion avevano detto di aver percepito all'interno della sala del trono.

-Non siete re Akakios- fu la prima cosa che disse l'essere di luce.

“Meno male” pensò Ariadne, quello che disse invece fu:

-No. Ma comunque mi trovo costretta a farvi una richiesta-

A quelle parole la creatura, davvero Ariadne ignorava cosa potesse essere, inclinò la testa da un lato. -Parlate degli undici semidei che si trovano rinchiusi nel mio palazzo-fortezza- non era una domanda, ma una semplice affermazione come se non avesse bisogno di chiedere per avere la risposta. Il “mio” fu quello che catturò l'attenzione di Ariadne.

-Vostro?-

-Sì, è stato costruito per mio desiderio. Anche se non ne approvo l'uso come prigione non ho molto potere a riguardo- fu la risposta, chiara e coincisa, ma che fece sorgere ancora più domande in Ariadne.

-Vi state chiedendo come io abbia fatto a sopravvivere- Ariadne si limitò a guardarlo.

-Non avete mai visto un'essenza divina, vero?-

A questa domanda Ariadne sgranò gli occhi. No, non aveva mai visto un'essenza divina, molto semplicemente perchè spariva con la morte del proprio proprietario.

-Avevo visto quindici inverni quando convinsi mio padre a costruire il palazzo. Chiesi aiuto agli dei per permetterci di scavare la montagna; mi venne concesso il loro aiuto, ma in cambio dovetti legare la mia essenza divina alla fortezza che avevo voluto e così alla mia morte la mia anima divenne una grande ossidiana venata d'oro che venne divisa, le due metà vennero incastonate esattamente dove si trovano oggi. Posso controllare il palazzo, manipolarlo a mio piacimento se sono in questa forma. Per anni, decenni, potevo andare e venire senza restrizioni. Ma un giorno, all'alba di una guerra, il re del tempo mi richiuse nelle pietre e ci pose un sigillo. Solo un semidio ha il potere di liberarmi e il tempo che ho fuori dall'ossidiana è proporzionato al potere di chi mi libera. Come hai scoperto di me, giovane semidea? La mia esistenza è un segreto custodito gelosamente dalla famiglia reale-

La spiegazione aveva senso, anche se Ariadne non aveva la minima idea che l'essenza di un semidio potesse vivere così a lungo dopo la morte del corpo che la ospitava. Immaginava fosse perchè era legata a qualcosa di solido come l'ossidiana o il castello stesso.

-Non sono stata io a scoprire che eravate qui- disse a denti stretti la figli di Petio, mantenendo il tono rispettoso che gli era stato inculcato nella mente da quando aveva iniziato a parlare- ma come ho scoperto della vostra esistenza non è importante adesso. Avete detto che potete controllare il palazzo-fortezza. Potete aprire le porte? Possibilmente senza attivare nessun allarme?- aveva aggiunto l'ultima richiesta non per amore altruista verso gli altri undici ma perchè così aveva più tempo per allontanarsi il più possibile dalla città.

-Con la mia energia corrente non mi è possibile, la minima essenza che avete usato per liberarmi non mi permette di fare altro che apparire in questa forma- Ariadne aggrottò le sopracciglia, non le piaceva il messaggio indiretto che le era stato rivolto. Senza di una parola, con lo sguardo meno torvo che riuscì a dare spinse altra della sua energia verso il palmo della mano destra. Lì la sua energia si condensò in una pallina di luce rosa scuro. Sempre in silenzio la mandò verso la sua unica possibilità di fuga (non sarebbe riuscita a scappare senza una distrazione, la città era pattugliata molto più pesantemente dell'ala del palazzo dove si trovava. E più ordini dava usando il suo potere più la sua energia diminuiva). Quando la pallina di luce toccò l'essere di essenza divina il suo colore passò da rosa scuro a un pallido giallo, come il sole appena sorto. Ariadne sperò che fosse sufficiente perchè non aveva assolutamente intenzione di darne di più. Una volta assorbita l'energia della figlia di Petio, l'essere alzò entrambe le braccia, i palmi uniti tra loro. Con un gesto secco, mantenendo le braccia distese, divise le mani.

 

Arcadia – giorno 66, ore 4.00

 

Un rumore secco e improvviso fece uscire tutti dalle loro stanza come fulmini. Guardandosi speranzosi si precipitarono verso l'ingesso. E lì, per loro immensa gioia trovarono le porte spalancate.

 

 

FUN FACT: la scrittura come affare privato inizia a diventare in uso ai tempi di Platone, con il filosofo come uno dei primi promotori. Quindi circa V-IV secolo a.C.. È completamente fuori tempo con l'effettiva scomparsa della civiltà minoica, che è praticamente ciò che ha stimolato l'inizio della storia, MA ce ne freghiamo altamente delle timeline storiche perchè lo dico io.

Alle donne veniva insegnato a leggere e scrivere se di alto rango o se erano sacerdotesse (la scrittura prima di Platone per lo più di natura sacra)

FUN FACT II: il nome del proprietario dell'essenza divina è Kerykos ed è un semidio figlio di Eos, la dea dell'alba. Questo è il prodotto finale, prima di arrivare a Kerykos sono passata tra diversi personaggi: 1. una ninfa della luce o simil, ma poi non avrebbe avuto senso e non ho trovato corrispondenti nella mitologia greca che mi soddisfacessero; 2. parte dell'essenza di Eos stessa, ma non avrebbe avuto senso perchè anche se minore rimane sempre una dea; (questo quando avevo legato il fatto che le porte si potevano aprire solo all'alba/tramonto) 3. il ricordo/spettro di una figura mitologia come una ninfa o una driade, ma mi serviva un morivo per cui era legata alla fortezza e niente mi sembrava abbastanza adatto; 4. il nostro ultimo concorrente Kerykos che prima era una donna, ma mi sembrava più sensato farlo uomo.

FUN FACT III: in natura è praticamente impossibile trovare un'ossidiana venata d'oro ergo il mio utilizzo qui. Non è una pietra naturale

FUN FACT IV: tutte le essenze divine brillano del colore dell'energia del proprio proprietario e hanno l'aspetto fisico di chi le ha possedute nel loro periodo migliore, quindi se muori che sei vecchio e raggrinzito e vuoi conservare la tua essenza questa prima si trasforma in una pietra preziosa, che spesso è del colore opposto a quello della tua energia, e dopo assume la forma migliore che può.

FUN FACT V: il pollo al miele non esiste, credo. Ma suonava bene e mentre lo scrivevo la mia mente traditrice era lì che diceva “secret sweet tooth!Ariadne”

  
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