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Autore: Yuphie_96    18/05/2020    2 recensioni
~ Seguito di 'Il Portiere ha Fatto Goal', che a sua volta è il seguito di 'Non Senti la Mancanza?' ~
In questa storia vediamo le vicende della famiglia Wakabayashi/Ozora.
Tsubasa e Genzo riusciranno a stare dietro al frutto del loro amore o sarà più facile, per loro, giocare una partita di calcio?
Essere genitori non è semplice, ma non lo è neanche essere l'erede di due calciatori famosi!
Riusciranno, tutti e tre, a sopravvivere a quella partita piena di sorprese che è la vita?
Genere: Comico, Omegaverse, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Genzo Wakabayashi/Benji, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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Angolino della Robh: Buona sera a tutti e buon inizio settimana! ~♥
Eccomi con un nuovo capitolo a rompervi i palloni da calcio, dite la verità, state iniziando a volermi bene nonostante tutto u.u (xD).
Ordunque! Parliamo del capitolo tanto atteso (da nessuno)!
Allora, in questo capitolo c'è un nuovo salto temporale, ve lo dico subito, qui troviamo una Hime di 10 anni, pronta per... scoprirete questo leggendo, ohohoh u.u... giuro che adesso la smetto >>''', dicevamo, qui Hime ha 10 anni e va a scuola, ovviamente, in Spagna, non stupitevi se leggete le parole *sesta elementare*, non mi sono confusa con il sistema scolastico giapponese tranquilli, quando scrivevo sono andata a controllare per sicurezza (non so perchè ma ero convinta che fosse uguale a quello italiano O.o) e ho scoperto che il sistema scolastico spagnolo si divide in: 6 anni di elementari, 4 anni di medie e 2 anni (con l'aggiunta di uno facoltativo per prepararsi all'università) di superiori (sempre se non si sceglie la formazione professionale), cosa non si scopre quando si scrivono fiction u.u.
Altri avvisi o simili... no, non direi di averli, solo uno piccolissimo, ovvero che compariranno dei nuovi OC (due figli di due coppie che ho scoperto che mi piacciono assai ~♥), per il resto non ho altro da aggiungere... stranamente O.o... che mi stia venendo la febbre? o.O 
Spero che possa piacervi anche questo capitolo ~♥.
Buona lettura ♥


Ps: Santa Serè (♥) che mi aiuta con i titoli, come farei senza di lei ~♥


Voci che si abbassavano per bisbigliare su di lui.
Occhi che gli lanciavano occhiatine fugaci e meravigliate.
Notò anche qualche flash di alcuni cellulari, segno che qualcuno gli aveva fatto qualche foto di nascosto.
Tsubasa si sistemò il borsone degli allenamenti in spalla, tranquillo.
Si era abituato da cinque anni, a tutto quello.
Strano che nessun padre si fosse avvicinato per chiedergli un autografo, pensò, distogliendo lo sguardo dal portone di fronte a lui per osservare l’orario sul cellulare, sorrise nel constatare che, ormai, la campanella sarebbe suonata da lì a qualche secondo.
Fece giusto in tempo a mettere via il cellulare, che quella suonò, il portone si aprì e il fiume di bambini iniziò ad uscire dalla scuola elementare.
Tra tutti quei volti, notò subito quello che cercava lui.
Il sorriso si allargò sul suo volto quando i suoi occhi neri incrociarono quelli verde smeraldo, che si illuminarono per la sorpresa e la felicità, della figlia.
Hime lasciò la mano della ragazzina accanto a lei – che non se la prese, aveva notato anche lei Tsubasa – e corse da lui, superando e aggirando gli altri bambini come se fosse su un campo da calcio, alla fine gli si buttò tra le braccia, contenta.
“Mamma!”
“Ciao a te, principessa”
Rise il centrocampista, stringendola forte e lasciandole un bacio tra i capelli.
Non capitava spesso che riuscisse ad andare a prenderla a scuola – quelle poche volte succedevano o perché Hime tornava più tardi per via di una gita, o quando si sentiva male -, ma quel giorno gli allenamenti erano finiti prima, siccome erano gli ultimi per quella stagione, così aveva pensato di fare una sorpresa alla sua piccola.
A giudicare da come lo stava stringendo, la sorpresa era stata molto gradita.
“Ciao anche a te, Artemisia”
Salutò Tsubasa, mentre anche la ragazzina che teneva la mano alla figlia si avvicinava a loro per salutare l’amica.
“Salve, signor Ozora”
Rispose Artemisia, sorridendogli.

Lei e Hime erano diventate amiche in prima elementare.
Era stata Artemisia a fare il primo passo verso la sua principessa – troppo imbarazzata e impaurita da tutti gli altri che si avvicinavano solo per chiederle dei suoi genitori – il primo giorno di scuola, era andata da lei e le aveva detto semplicemente che le piacevano i delfini, Hime era rimasta interdetta, così Artemisia aveva indicato con un sorriso il suo astuccio azzurro con sopra dei pinguini e aveva ribadito la sua preferenza.
Era la prima bambina che non le parlava di calcio.
Era interessata a lei, Hime Wakabayashi, come persona e non come figlia di Tsubasa Ozora del Barcellona e di Genzo Wakabayashi dell’Amburgo.
Hime le aveva sorriso di rimando, felice, e aveva trascorso con lei tutto il resto dell’intervallo, parlando dei vari animali marini che conoscevano e che Artemisia aveva visto all’acquario, dove lavorava il padre.
Da quel giorno non si erano più lasciate.

Il centrocampista si accorse di essersi perso nei ricordi – gli sembrava che fosse solo ieri, il primo giorno di scuola della sua principessa, invece a settembre avrebbe iniziato la sesta elementare – solo quando un signore gli si avvicinò per chiedergli un autografo e una foto con suo figlio.
Succedeva sempre quando andava a prenderla – la prima volta Hime aveva dovuto abbassarsi e gattonare tra le gambe della gente per raggiungerlo, talmente era circondato -, Tsubasa da una parte era orgoglioso di avere così tanti fan che facevano il tifo per lui, dall’altra gli dispiaceva per la figlia… era andato lì per lei infondo… si rincuorò un poco vedendo che Hime non ci fece caso, troppo presa a parlare con Artemisia della verifica di matematica che le attendeva il giorno seguente, osservando la figlia e l’amica però, notò che quest’ultima aveva in mano un foglio e, improvvisamente, si ricordò di una cosa molto importante che era accaduto quel giorno.
“Com’è andata la visita per il secondo genere?”
Chiese a Hime una volta che presero la strada di casa, dopo aver salutato Artemisia e la madre.
Doveva molto, Tsubasa, ai signori Navarro, erano loro a prendere Hime a fine scuola – per questo sua figlia e l’amica si tenevano sempre per mano all’uscita, così da non perdersi nella calca dei bambini e poter raggiungere insieme la madre di Artemisia - ed ad ospitarla fino a quando non finiva gli allenamenti.
Come Artemisia con Hime, anche loro trattavano Ozora per quello che era, ovvero un genitore in difficoltà a cui potevano dare una mano volentieri, il centrocampista si rendeva conto di quanto facessero per lui e per la sua principessa, e cercava sempre di ripagarli in qualche maniera – ricordava ancora la faccia scioccata dell’uomo quando gli aveva regalato l’autografo di Natureza, suo giocatore preferito, al quale Tsubasa aveva chiesto un piccolo favore prima di una partita -.
“Non è andata”
Rispose Hime, prendendolo a braccetto.
La madre la guardò sgranando gli occhi.
“Cosa vuol dire che non è andata? E’ successo qualcosa?”
Domandò mentre sentiva la preoccupazione – amica che gli faceva spesso compagnia, da quando la sua principessa era nata – iniziare a farsi largo dentro di lui.
“E’ arrivata una chiamata d’emergenza e i medici sono corsi via, mancavo solo io quindi uno di loro prima di andarsene mi ha scritto gli orari per poter andare in ambulatorio a farlo, li ho scritti sul diario”
Spiegò la ragazzina, tranquilla.
“Oh… capisco…”
Mormorò l’omega, sorpreso.
La sorpresa, però, lasciò presto spazio alla curiosità… di che genere sarebbe stata sua figlia? Omega come lui? Ad osservarla, non sembrava... ma non lo era sembrato anche lui ai tempi, allora sarebbe stata un’alpha come Genzo? Non sembrava neppure quello, visto che non aveva mai avuto atteggiamenti dominanti… ma anche il suo compagno non li aveva spesso, che rientrasse nei beta, quindi? Era davvero una bella domanda…

“Non starci a pensare troppo, sarà quel che sarà”
Gli disse Genzo al telefono, mentre Tsubasa continuava a guardare la figlia, che in quel momento stava ripassando la tanto odiata matematica insieme a Rivaul.
Erano stati invitati all’ultimo da Raíssa e Hime aveva insistito per andare, sia per poter mangiare il cibo brasiliano che tanto le piaceva, sia per poter farsi aiutare dall’asso del Barcellona.
Ozora non era mai stato un genio con i problemi – se la cavava meglio con le lingue - e Wakabayashi quella sera aveva l’ultima partita contro il Bayern, quindi non poteva stare troppo tempo al telefono per poterle spiegare come faceva sempre.
Menomale che c’era Rivaul, altrimenti, l’insufficienza – per Hime – sarebbe stata assicurata.
“Lo so e non sono preoccupato, solo curioso”
Disse Tsubasa.
“Devi portare pazienza altre due settimane, credi di riuscirci?”
Dopo quelle due settimane sarebbero iniziate le vacanze estive anche per Hime e, come sempre, sarebbero partiti tutti e tre insieme per il Giappone, dove avrebbero trascorso un mese prima di andare al mare – quell’anno sarebbero andati a Nizza, in Francia, dove Taro avrebbe sicuramente fatto visita, quell’anno si era lamentato spesso con gli amici al telefono, l’artista del campo, perché non aveva avuto molte occasioni di vedere Hime, anche la piccola Wakabayashi sentiva la mancanza del suo zio preferito… almeno così diceva Misaki stesso… Tsubasa non sapeva esattamente di cosa la figlia sentisse la mancanza, tra lui e i macaron che le portava ogni volta -.
Parlando, avevano deciso di farle fare il test in madre patria, così da poter essere presenti entrambi e per poter condividere subito la notizia con i nonni, che Hime vedeva molto raramente.
“Sai che non sono molto paziente…”
Mormorò Ozora, osservando la loro principessa gioire per aver risolto un problema difficile da sola.
“Oh, lo so eccome, specialmente durante il calore… ti raggiungerò in tempo per quello, giusto?”
Gli sussurrò il portiere malizioso.
L’omega sentì dei brividi caldi su per la schiena, il compagno lo avrebbe raggiunto dopo due giorni mentre al suo calore ne mancavano ancora cinque, non vedeva l’ora di abbracciarlo… ma non era il momento – e il posto – giusto per pensarci.
“Vuoi davvero parlare del mio calore quando sono in casa di Rivaul?”

“Perché papà ha quell’espressione?”
Chiese Hime, una volta che furono davanti alla tv a vedere la partita dell’Amburgo, a casa loro.
“Chissà…”
Rispose Tsubasa, trattenendo le risate e osservando anche lui il broncio che indossava il suo amato portiere.

Le due settimane passarono molto lentamente, almeno a detta Hime  – ad un certo punto aveva iniziato a contare le ore che mancavano alle fine, facendo ridere Tsubasa -, per Genzo, invece, volarono.
Aveva raggiunto la sua famiglia dopo i due giorni previsti, aveva fatto in tempo a gioire con la figlia del suo voto – un bel 7, mica male visto come Hime odiava la matematica! – e a comprarle un meritato gelato come premio, poi dovette separarsi nuovamente da lei, come sempre accadeva quando Tsubasa entrava in calore.
Il giorno prima fu lui ad accompagnarla a casa di Rivaul, non fu propriamente contento di lasciarla dal brasiliano, ma era l’unico disponibile a tenere Hime per tre giorni e così dovette ingoiare il, cosiddetto, rospo… non che ebbe molto tempo per pensarci, dal giorno seguente in poi.
Il calore del suo omega lo assorbì completamente, in quei tre giorni recuperò il tempo passato lontano baciando, stringendo e amando il centrocampista con passione e con disperazione, lo tenne perennemente tra le sue braccia, aveva bisogno di sentirlo di nuovo suo dopo tanto che non si vedevano e lo stesso valeva per Tsubasa che, nonostante fosse perso nel calore, ricambiò tutte le strette del suo alpha, accogliendolo dentro di sé ogni volta che il bisogno diventava troppo.
Al quarto giorno, andarono a riprendere Hime insieme, tenendosi per mano – cosa che fece sorridere teneramente Rivaul e Raíssa -, e nello stesso modo la andarono a prendere a scuola nei giorni seguenti.
Grazie a quello, la principessa riuscì a sopportare meglio gli ultimi giorni di lezioni, trovare i genitori – entrambi – che l’attendevano fuori dall’istituto, la faceva sorridere e le dava la forza necessaria ad alzarsi la mattina, il giorno seguente, con lo stesso sorriso, nonostante dentro di sé stesse scalpitando esattamente come i suoi compagni di classe per le sue tanto agognate vacanze estive.
L’ultimo giorno tornarono a casa tenendosi tutti e tre per mano – Hime in mezzo a Tsubasa e Genzo -, da quel momento potevano, finalmente, stare tutti e tre insieme senza nessun impegno.

Partirono per il Giappone dopo un paio di giorni e ad attenderli, fuori dalla stazione dei treni, trovarono, come ormai tradizione, il capitano Ozora.
“Ti avevo detto che avremmo fatto da soli”
Lo rimproverò, bonariamente, il figlio.
“Oh, sciocchezze”
Borbottò Kodai, liquidando la cosa con un gesto della mano prima di essere assaltato dalla nipote, che gli saltò in braccio, contenta di vederlo dopo un intero anno.
“La verità è che vuoi vedere Hime prima di tutti, anche di mamma”
Lo prese in giro, Tsubasa, assottigliando lo sguardo divertito.
Il capitano fulminò sia lui che il portiere con un’occhiataccia, facendo ridere il figlio che si allontanò con la sua, di figlia – che era scesa dalle braccia del nonno dopo avergli dato un bacio sulla guancia per salutarlo -, per raggiungere la macchina, e sbiancare leggermente l’alpha più giovane.
“Io non ho detto niente!”
Precisò Genzo, alzando le mani in segno di resa.
“Ci mancherebbe altro!”
Precisò il capitano, guardandolo male… o meglio, facendo finta di guardarlo male, alla fine lasciò perdere la parte da burbero con una risata.
“Bentornati”
Gli disse, sorridendogli caloroso.
“Grazie”
Rispose Wakabayashi con lo stesso sorriso.

“Potrebbe essere benissimo una beta”
Disse Kodai, osservando la nipote addormentata sul divano.
“Tu dici?”
Gli chiese Tsubasa, guardando anche lui la sua principessa.
“Ne sono quasi sicuro visto che non mostra comportamenti né da alpha, né da omega”
“Eri sicuro che anche Tsubasa fosse un beta”
Ricordò Natsuko, andando vicino al marito dopo aver posato una coperta leggera sopra Hime, per non farle prendere freddo mentre dormiva, era crollata a causa del jetleg dopo averle fatto vedere tutte le foto che aveva fatto nell’anno in cui non si erano viste.
“Infatti stavolta ho detto quasi”
Specificò il marito.
“Con certezza lo sapremo solo la settimana prossima”
Disse Genzo, chiudendo la chiamata con l’ambulatorio e facendo sospirare il compagno.
“Ancora una settimana…”
“Sei preoccupato, tesoro?”
Gli chiese Natsuko, poggiandogli davanti una tazza di thè.
“No, solo curioso”
“Curioso?”
Domandò Kodai e Tsubasa annuì.
Per lui, scoprire il secondo genere era stato un avvenimento importante, anche se davanti a tutti i suoi compagni di squadra era rimasto tranquillo, quel giorno aveva scoperto una nuova parte – fino a quel momento nascosta - di sè stesso, che lo ha costretto a lottare, negli anni, con ancora più grinta e forza per raggiungere il suo sogno, e grazie alla quale ha ottenuto la gioia più grande della sua vita – che stava osservando dormire abbracciata a Mambo -, gli aveva fatto aprire gli occhi su Genzo, prima considerato solo un amico molto importante, e lo aveva unito a lui per tutto il resto delle loro vite.
Era curioso, quindi, il centrocampista, voleva scoprire se anche per la sua principessa sarebbe stato così importante… ma doveva aspettare, per forza, un’altra settimana.
Sospirò ancora, mentre il portiere lo attirava a sé, abbracciandogli le spalle, e gli lasciava un delicato bacio all’angolo delle labbra.
Forse avrebbe iniziato a contare le ore che mancavano, come aveva fatto Hime…

Non ne ebbe il tempo.
I primi giorni furono impegnati ad andare a trovare tutti i loro amici, tra risate, racconti e nuove conoscenze - Hime promise, eccitata, a Yoshiko e Hikaru che sarebbe andata presto da loro in Hokkaido, per poter tenere in braccio il piccolo Hajime, nato solamente pochi giorni prima -, a Tsubasa non venne più in mente il test per il secondo genere, e nei giorni seguenti ci pensò Genzo a trovare un modo per tenergli la mente occupata: di giorno, quando Hime non veniva ‘rapita’ dalla nonna che la portava con lei durante i suoi giri, la portavano al loro vecchio campetto da calcio, quello dove si erano sfidati la prima volta, e giocavano con lei, alla principessa piaceva quello sport – come poteva essere altrimenti? - e ci giocava volentieri, soprattutto con i suoi genitori, si divertiva moltissimo a fare goal a Genzo e ad esultare con Tsubasa, anche se sapeva benissimo che il padre glieli lasciava fare… quasi sempre, c’era una piccola percentuale di volte dove il portiere faceva fatica a parare i tiri della figlia, trovandoli sempre più simili ai tiri che faceva il centrocampista da bambino… con qualche allenamento, magari in futuro, ci sarebbe stata una Wakabayashi anche nel calcio femminile…
Di notte, invece, non gli lasciava via di fuga, solo tre giorni d’amore, anche se ininterrotti, non erano stati sufficienti per lui.
Tsubasa si ritrovò a ringraziare chi avesse costruito i muri della vecchia villa dei Wakabayashi – dove avrebbero abitato in quel mese, con buona pace di Kodai – belli spessi, altrimenti avrebbero dovuto far dormire Hime dai nonni.

Così, si ritrovarono al giorno prima del test.

“… E poi zia Yoshiko me l’ha lasciato tra le braccia, era così piccolo papà! Avevo paura che potesse cadermi, ho chiesto allo zio Hikaru cosa fare e lui mi ha detto di stringerlo forte, ma sembrava così fragile! Però l’ho stretto lo stesso, mi ha sorriso! Era così tenero! ~♥”
Finì di raccontare Hime, eccitata.
“Sono felice che ti sei divertita a casa degli zii”
Rise Genzo, osservando il volto sognante della figlia mentre camminavano verso il campetto.
“Voi non vi siete annoiati, senza di me?”
Chiese poi, la piccola Wakabayashi, ritornando in sé dal mondo dei sogni e prendendolo a braccetto.
Era andata a trovare i Matsuyama due giorni prima, come aveva promesso, rimanendo da loro a dormire la notte su insistenza del campione del nord, al ritorno erano stati i nonni ad andare a prenderla alla stazione dei treni ed era rimasta a dormire da loro, nella vecchia stanza di Tsubasa, lasciando i genitori completamente da soli.
“Tranquilla, anche papà e mamma si sono divertiti a modo loro”
Gongolò il portiere mentre il centrocampista gli lanciò un’occhiataccia, resa ancora più minacciosa dalle leggere occhiaie che gli segnavano il viso… e lui che sperava di riposarsi, in vacanza.
“Quindi… avrò presto un fratellino o una sorellina?”
Wakabayashi si fermò di colpo e quasi si strozzò con la sua stessa saliva, Hime ridacchiò lasciandolo andare e correndo al campetto, senza più aspettare i genitori.
“Ti sei dimenticato, di nuovo, che quest’anno ha studiato educazione sessuale, vero?”
Gli chiese Tsubasa, incrociando le braccia al petto e guardandolo divertito.
“La prossima volta ricordamelo prima che faccia allusioni”
“E perdermi nostra figlia che ti prende in giro? Che madre sarei?”
Il portiere ricambiò l’occhiataccia che l’altro gli aveva lanciato prima, facendolo ridere.
“Allegri come sempre, vedo”
L’interruppe una terza voce, conosciuta bene da entrambi.
“Yayoi!”
Sorrise Tsubasa, girandosi insieme al compagno e trovando la donna che li stava osservando, sorridendo dolcemente.
“Che ci fai qui?”
Le chiese, subito dopo.
“Io e Ai siamo venuti a fare visita a Hime, l’abbiamo incrociata poco fa e sono andati insieme al campetto più avanti”
Ai Misugi.
Il figlio di Jun e Yayoi.
Era più piccolo di Hime di soli due anni, e la ragazzina provava una sorta di adorazione per lui – così delicato e carino, la prima volta che lo aveva visto, appena nato, era andata in brodo di giuggiole esattamente come Taro faceva con lei  -, ricambiata da quest’ultimo che fremeva sempre per incontrarla, quando tornava in Giappone.
Erano inseparabili, quando erano insieme, e se da una parte Yayoi era felice di questo, dall’altra era preoccupata.
“Con gli altri bambini fa ancora fatica a legare?”
Le chiese Tsubasa piano, vedendo il suo sguardo scurirsi.
“Già… lo prendono spesso in giro e lo isolano… Jun dice di non preoccuparmi, che può riuscire a cavarsela da solo, che ha la forza per farlo ma-“
“Ma è difficile non preoccuparsi”
Finì per lei, il centrocampista, sorridendo leggermente.
Lui stesso faceva fatica a farlo, nonostante Hime gli desse prova di star iniziando a diventare sempre più indipendente giorno dopo giorno – Genzo aveva dovuto trattenerlo con un braccio intorno alla vita, per impedirgli di salire con lei sul treno per l’Hokkaido -.
“Già”
Mormorò mesta, Yayoi, abbassando lo sguardo.
“Ma perché se la prendono così con lui?”
Chiese il portiere, dopo qualche minuto di silenzio nel quale avevano raggiunto l’entrata del campetto.
“Perché lo vedono come un-“
“Omega!”
L’urlo richiamò l’attenzione dei tre adulti sui bambini che stavano al centro del campo verde, un gruppetto compatto e ridente stava di fronte a Hime, che nascondeva dietro la sua schiena un bambino più basso di lei, dai capelli castano chiaro e dai lineamenti delicati, Ai.
“Non lo vogliamo un omega con noi a giocare!”
“Non dovrebbero nemmeno avere il permesso di stare in campo!”
“Già, quindi vattene!”
“Non sono un omega!”
Urlò, a quel punto, il piccolo Misugi, sporgendosi da dietro la schiena dell’amica.
“Ah sì? Credi di essere un alpha con quel visetto?”
Lo prese in giro quello che doveva essere il capo del gruppetto.
“No io… non lo so! Mancano ancora due anni al mio test, fino ad allora non saprò il mio secondo genere, quindi non avete diritto di prendermi in giro così!”
“Ma sta zitto omega!”
Urlò a quel punto il capo, tirando un calcio alla palla davanti a lui, indirizzandola contro Misugi.
“Ai!”
Urlò Yayoi, sgranando gli occhi, mentre Genzo e Tsubasa scattarono dentro il campo.
Il bambino chiuse gli occhi color cioccolato, preparandosi all’impatto e al dolore che sarebbe seguito… ma non sentì niente, riaprì leggermente un occhio e vide davanti a lui i lunghi capelli neri della sua amica.
“Hime…”
Bisbigliò.
La ragazzina si girò verso di lui, il viso era leggermente segnato dalla botta che si era presa al posto suo, ma riuscì comunque a fargli un’ occhiolino, prima di rigirarsi verso il gruppetto davanti a loro.
“Cosa v’importa se Ai è un omega oppure no?”
Chiese loro con voce dura.
“Gli omega non possono giocare qui!”
“E chi lo ha deciso?”
“Io, problemi?!”
Disse il capo facendosi avanti.
“Dovresti fartene visto che hai preso una decisione talmente stupida che mi fa quasi ridere”
Anche Hime fece qualche passo in avanti, per fronteggiarlo.
“Gli omega hanno gli stessi diritti che hanno gli alpha e i beta, questo è una legge che è stata decisa parecchio tempo fa, dovresti averla già studiata a scuola, quindi Ai, omega o meno, ha lo stesso diritto di tutti voi di giocare in questo campetto”
Disse dura, ma con calma, era la più grande e doveva cercare di far capire loro che stessero sbagliando a dire quelle paro-.
“Gli omega sono buoni solo a letto!”
Urlò il bambino davanti a lei, ripetendo le parole che sentiva dire ogni giorno dal padre.

A quel punto Hime decise di fregarsene.
E gli andò addosso.

Non avrebbe permesso a nessuno di parlare così degli omega e di sua madre, nessuno, specialmente a un ragazzino che non conosceva.
“Ridillo se ne hai il coraggio, avanti, ridillo!”
Urlò infuriata, agitandosi tra le braccia del padre che riuscì a separarla dal bambino, questo tenuto da Tsubasa.
“Buona, avanti… calmati Hime!”
La ragazzina ignorò, per la prima volta in vita sua, la voce del padre – che dovette bloccare la figlia contro il proprio petto, così da non lasciare che andasse nuovamente contro il bambino – e continuò ad urlare come una pazza.
“Ma che ti frega a te?!”
Urlò il bambino, staccandosi malamente da Tsubasa per raggiungere i suoi amici, che si erano allontanati leggermente, spaventati da Hime.
“Mi frega visto che Ai è il mio omega! Se lui vuole giocare a calcio allora lo farete giocare a calcio senza discutere, se vengo a sapere che lo avete trattato nuovamente male vi verrò a cercare uno per uno, mi avete capita?! Uno per uno!”
Ringhiò la piccola Wakabayashi, guardandoli dritti negli occhi con i suoi oscurati dalla rabbia, facendoli scappare tutti via.
“E tanto per chiarirti le idee, mia madre è un omega e gioca a calcio a livello professionistico! Ricordatelo, quando pensi a quella idiozia, cretino!”
Urlò ancora Hime, dietro al capo ormai lontano, calmandosi infine.
Genzo mollò lentamente la presa su di lei, osservandola sconvolto insieme a Tsubasa.
Non l’avevano mai vista in quel modo, le avevano insegnato che c’era sempre un modo pacifico per risolvere la questione e Hime li aveva sempre ascoltati, praticando quell’insegnamento anche nei litigi più duri con i compagni a scuola, non era mai arrivata ad alzare le mani, ed erano stati convinti fino all’ultimo che anche quella volta sarebbe finita così, per questo si erano fermati vicino ad una porta quando l’avevano vista prendere le difese del piccolo Misugi… invece erano dovuti intervenire, e d’urgenza anche!
Il centrocampista cercò di avvicinarsi al compagno e alla figlia e aprì la bocca con l’intenzione di riprenderla – era nel giusto ma non avrebbe dovuto reagire così! -, ma una voce agitata lo precedette.
“Hime!”
Urlò Ai, mettendosi davanti all’amica ancora ansante a causa delle frasi urlate con rabbia e foga.
“Hime ti sei fatta male! Ti sta uscendo sangue!”
La ragazzina gli sorrise – ignorando le gocce rosse che perdeva dal graffio che il bambino le era riuscito a fare sulla guancia – tranquilla, e lo abbracciò stretto.
“Tranquillo, non mi sono fatta niente”
“Ma-!”
“Tranquillo”
Disse nuovamente lei, portandogli una mano tra i capelli e accarezzandoglieli con dolci tocchi.
“D’ora in poi ci penserò io a proteggerti, non ti daranno fastidio mai più”
Continuò, coccolandolo.
“Certo che avete in casa una piccola alpha bell’agguerrita”
Mormorò Yayoi – corsa anche lei in campo quando era scoppiata la rissa – all’amico.
Tsubasa e Genzo si guardarono con occhi sgranati.
Alpha?


Il test del giorno dopo confermò.
Hime Wakabayashi era un’alpha, esattamente come il padre.
“Dite che se Ai sarà davvero un omega, zio Jun me lo lascerà sposare? E’ così carino ~♥”





 

*
Come detto nel capitolo scorso, sono una schiappa a disegnare e quindi ho preso dei prestavolto anche per i nuovi OC :3
Artemisia Navarro: Kanan Matsuura di Love Live Sunshine, chi ha visto o comunque conosce l'anime, può capire il motivo per cui ho scelto lei xD.
Ai Misugi: per il piccolo Ai, ho scelto Guang Hong Ji di Yuri on Ice, amate con me questo orsacchiotto dolcioso ~♥
Hajime Matsuyama: ... eh niente, per lui non ho nessuno perchè è ancora piccolino >.>''''

   
 
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