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Autore: Willow99    06/06/2020    0 recensioni
«Pronto?» Risposi al cellulare.
«...» Silenzio dall'altro lato.
«Pronto?» Dissi di nuovo.
«...» Nulla ancora.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Epilogo                       
                                                                     
                          
Mi svegliai con molta “tranquillità”, aprii e chiusi gli occhi ripetutamente per riuscire a svegliarmi del tutto: ci voleva un bel caffè bollente. Okay, forse negli ultimi tempi ne stavo bevendo un pò troppo, ma il caffè era quello che era!


Voltai lo sguardo dietro di me, non c'era non letto, in quel momento sentii lo scarico del bagno: che sollievo, stava ancora da me! Mi sedetti sul bordo del letto sbadigliando, mi grattai la testa e misi ai piedi le pantofole. 


Mi alzai dal letto, mi avvicinai all'armadio aprendolo, guardando al suo interno prendendo degli indumenti a caso: una maglietta biancha e un legging turchese. Amavo alla follia i legging, sopratutto quelli che sembravano una seconda pelle.


Presi l'intimo, calzini e scarpe dai vari cassetti, poggiandoli per una secondo momento sul comodino. Rifeci il letto, aprii la finestra per far passare l'aria, presi tutta la roba portandola in bagno e poi mi diressi in cucina. 


«We.» Salutai Nathan.
«We pure a te!» Ricambiò il saluto.
«Che ore sono?» Domandai, prendendo una cialda per il caffè.
«Le quattro e trentacinque.» Mi rispose.
«Ora vado a lavarmi, ti accompagno dopo.» Dissi, mettendo lo zucchero nel caffè.
«Okay, glielo detto a mia madre: ha promesso di non farti nulla.» Mi informò.
«D'accordo... comunque credo ci metterò tempo per lavarmi.» Dissi, sorseggiando il caffè.
«Tranquilla, fa con comodo.» Mi disse lui.
«Tu sei hai fame apri... o vedi la TV.» Scrollai le spalle.
«Credo che farò entrambi.» Mi informò, divertito.
«Non avevo dubbi.» Dissi.
«Hahaha, ormai mi conosci.» Rise.
«Eh già, vabbé a dopo.» Dissi, avviandomi al bagno.
«Attenta alla saponetta!» Urlò.
«Vaffanculo!» Urlai di risposta.


Entrai nel bagno chiudendo la porta di essa, mi spogliai mettendo i vestiti sporchi nella lavatrice mettendola anche in moto. Ieri avevo steso la sua camicetta di Nathan, la macchia di rossetto era sparita del tutto. 


Aprii il rubinetto dell'acqua calda e fredda, entrai dentro chiudendo la tendina in plastica sottile per non bagnare il pavimento. Presi il bagnoschiuma, lo shampoo, una maschera per capelli e una maschera per il viso per dopo. 


Entrai in contatto con l'acqua caldo, il mio corpo sotto a quel calore tenue si rilassò piacevolmente, sospirai dal sollievo. Ci voleva proprio un bel bagno caldo rilassante, era piacevole sopratutto quando l'acqua calda scivolava sulla schiena. 


Presi ad insaponarmi tutte le zone del mio corpicino, per poi passare ai capelli facendo un bel pò di schiuma. Mi risciacquai tutta, dalla testa ai piedi mettendo poi la maschera per capelli e nel mentre usai il rasoio.


Dopo essermi depilata le gambe e le ascelle mi sciacquai ancora una volta i capelli per togliere la maschera in crema, li strizzai per bene chiusi i rubinetti dell'acqua, mettendo l'asciugamano e l'accappatoio. 


Uscii dalla doccia avvicinandomi allo specchio delle specchiera, mi lavai i denti e presi un tubetto di crema per il viso. Era una di quelle creme che si risciacquava con l'acqua, l'applicai era di colore nero e la tenni in posa per quindici minuti. 


Mi lavai il viso asciugandolo poi e presi il phon e la spazzola pregando ogni Santa in Paradiso. Asciugavo e spazzolavo, perché tendevo a fare molti nodi, di solito pettinavo i capelli selvaggiamente e mia sorella Annabelle rabbrividiva sempre a quella scena. 


Dopo averli asciugati li legai con un mollettone, forse dopo avrei usato anche la piastra... ma che dovevo andare ad una festa?! No, però avevo la voglia di sentirmi bella hahaha. Mi tolsi l'accappatoio e mi vestii. 


Alla fine avevo deciso di farmi quella benedettissima piastra, liscia ovviamente impiegandoci poco e niente. Dopo la piastra lasciai i capelli sciolti, avevo le doppie punte ma per non era un problema. Il problema era che avevo la ricrescita del capello naturale.


Mi guardai allo specchio... ci voleva un pò di make-up, e che make-up sia! Feci la base, eye-liner sottile, matita e mascara nero, facendo una seconda passata di mascara; amavo avere le ciglia belle folte... peccato che le mie fossero un pò sfigate. 


«Shiver?» Nathan bussò alla porta.
«Dimmi!» Risposi.
«Posso entrare a fare la pipì? E' urgente!» Disse.
«Certo, entra pure!» Esclamai. 
«Grazie!» Ed entrò in bagno.
«Se vuoi esco.» Gli dissi.
«No, tranquilla.» Mi tranquillizzò.
«Non hai vergogna?» Domandai, guardandomi allo specchio.
«Ma quale vergogna hahah.» Disse ridendo, facendo poi la pipì.
«Certo che voi maschi non avete il senso del pudore.» Notai.
«La parola pudore non esiste nel nostro vocabolario.» Confermò.
«Me ne sono accorta.» Scrollai le spalle.
«Vabbé, torno di là.» Dissi, tirando lo scarico e venendosi a lavare le mani.
«Va bene, tanto ho quasi finito.» Gli dissi.
«Tranquilla, non ho fretta.» E uscì dal bagno.


Nathan chiuse la porta del bagno, mi guardai allo specchio, indecisa se indossare o meno un paio di orecchini. Era da tanto che non indossavo uno, e molto probabilmente avrei fatto fatica ora ad indossarne uno. 


Ma sì dai! Così ne indossai un paio molto carino e semplice, erano piccoli e a pallino color oro. Indossai poi le scarpette, uscii dal bagno andando in camera mia a prendere una felpa leggera nera, nel caso che avessi freddo. 


Avvolsi la felpa attorno alla vita facendo un leggero nodo sul davanti, chiusi la finestra perché ormai l'aria era passata. Tutto sommato non si stava neanche male, non faceva così freddo ma neanche così caldo. 


Uscii dal dalla stanza lasciando la porta di essa aperta, andai in cucina preparando la borsa. Chiavi di casa, della macchina, portafoglio, cellulare, fazzoletti ed altro. Presi gli occhiali da vista sul bancone, le pulii e le indossai.


Mi preparai un altro caffè, sembravo CarmiMua (un Youtubers che tratta di Make-Up) che bevevo tutti quei caffè all'infinito. Quasi quasi avrei comprato anch'io la tazza grande che era solito usare nei suoi video.


Notai che sul tavolo c'era un pò di spazzatura varia, buste di patatine, lattine vuote di Coca-Cola, cartacce delle merendine, fazzoletti e briciole. Mi gustai il caffè pulendo poi il tavolo buttando quel casino nella pattumiera e mi accesi poi una sigaretta.


Andai in salotto, Nathan stava giocando spensieratamente con Dybala, Nathan lanciava una pallina e Dybala correva a riprenderla. Come far contento al mio cane? Coccole, cibo, giocattoli... e molte, ma molte attenzioni. 


Guardai l'ora erano le sei in punto, Nathan mi guardò, si sollevò da terra e prese la sua roba, compresa la camicia. Ritornò in salotto dopo due minuti, presi la borsa ed uscimmo di casa, chiudendola bene a chiave. 


Nathan chiamò l'ascensore, entrammo dentro e cliccai il tasto zero, Nathan si guardò nello specchio dell'ascensore, aggiustandosi i capelli. Lo presi in giro per questo, dicendogli che era un vanitoso, lui ovviamente negò. 


Arrivammo a piano terra, uscimmo dall'ascensore, ci dirigemmo fuori dal condominio avviandoci al parcheggio di esso. Salimmo in macchina, inserii le chiavi nel quadrante: dovevo anche mettere la benzina; sennò saremo rimasti a piedi.


«Cos'è questo suono?» Domandò Nathan.
«Devo mettere la benzina.» Risposi.
«Stai a secco?» Chiese, divertito.
«Ancora no, sto a riserva.» Dissi, iniziando a guidare.
«Riusciamo ad arrivare in tempo alla pompa di benzina?» Domandò Nathan, preoccupato.
«Sì, hahaha.» Risi.
«Non è che restiamo a piedi?» Chiese ancora.
«No, tranquillo!» Esclamai.
«Non è che-» Lo interruppi.
«Nathan, la pompa di benzina è dietro l'angolo.» Alzai gli occhi al cielo.
«Lo so...» Disse.
«E allora perché ti fai prendere dal panico?» Cambiai marcia.
«... mi piace quando sei arrabbiata.» Disse, in modo provocatorio.
«Zitto va!» Imposi.
«Te lo giuro!» Esclamò.


Lo guardai per una frazione di secondo, forse due al massimo per poi riportare lo sguardo fisso sulla strada non volevo mica causare un incidente. Quando guidavo infatti, non prestavo neanche attenzione al cellulare. 


Mi ricordo che quando era più piccolo, bè, quando era un adolescente aveva avuto un incidente stradale, aveva sbattuto la bocca sul marciapiede causandogli la caduta immediata dei due incisivi nell'arcata superiore. 


Sua madre aveva speso un bel pò per ricostruirglieli di nuovo. Comunque, arrivammo alla pompa di benzina in tempo, ma preferii non dire nulla a Nathan per non dargli nessuna motivazione. A lui piacevano le soddisfazioni. 


Misi venti euro di benzina, mi comprai anche le sigarette e un Kinder Cereali a Nathan che divorò subito. Ma dove metteva tutto quel cibo? Non si saziava mai? Mah, mi chiedevo come facesse a mangiare così tanto. 


Nathan aveva acceso lo stereo collegandolo al suo cellulare, stranamente non mise le canzoni di Nino D'Angelo e questo mi sorprese molto onestamente, ma misi una dell Hit dell'estate Mala (feat. Anuel Aa).  


Non era brutta come canzone, era anche abbastanza orecchiabile ma non era nelle mie corde. Era una di quelle canzoni che ascoltavo cinque o sei volte e poi stop, dritta dritta nel dimenticatoio... poi imprecavo se dimenticavo il titolo...


Arrivammo ad Afragola, poi nel palazzo dove abitava Nathan e la sua famiglia, parcheggiai l'auto e scendemmo. Come disse una volta Nathan dove abitava lui la gente faceva casino fino alle due e passa di notte. 


Comunque, non appena chiusi la portiera del auto, mi colpii in pieno una fitta dolorosa allo stomaco, serrai saldamente i denti e non riuscii a respirare. Mi passò dopo dieci secondi, Nathan intanto era lì che mi guardava confuso e preoccupato. 


«Tutto bene Shiver?» Mi chiese Nathan.
«Ora sì.» Risposi.
«Cosa è successo?» Domandò preoccupato.
«Fitta allo stomaco.» Risposi.
«Ora ti è passato?» Chiese ancora.
«Sì, tranquillo.» Risposi, controllando se avessi chiuso bene la macchina.
«Se vuoi puoi anche tornartene a casa.» Mi disse.
«Ma che sei pazzo? Voglio vedere Vincent!» Lo informai.
«Ah...» Restò a bocca aperta.
«Scusa, è la verità!» Ammisi.
«Sono scioccato.» Disse.
«Dai che lo sapevi.» Affermai, convinta.
«No!» Esclamai.
«Ah...» Questa volta rimasi io a bocca aperta.
«Ehh.» E poi rise. 


Lo guardai con amore, aveva una risata dolce e tenera... no, non era proprio così, però mi piaceva lo stesso. Era un tantino rumorosa “stonata” e potente, ma non avevo mai badato a certe cose, non ero quel tipo di persona che pensava solo all'estetica. 


Apprezzavo molto di più la bontà sincera del cuore, la gentilezza dei gesti, l'umiltà onesta e la mentalità aperta a tutto. Amavo i sorrisi sinceri, quelli che trasmettevano serenità al solo sguardo, quei sorrisi che ti scioglievano i cuori. 


Nathan non era stupido, ma non eccelleva neanche nell'intelligenza, però alcune volte sapeva ragionare. Certo, si faceva prendere dal panico, e alcune volte voleva solo mollare, ma in qualche modo riusciva sempre a sollevarsi. 


E poi era gentilissimo con il prossimo ed era molto dolce con i bambini, ma questo voi lo sapete già, ve lo avrò detto un miliardo e mezzo di volte. Ma era la verità, non mi sarei mai stancata di dirlo a chiunque incontrassi. 


Comunque, controllai di nuovo l'auto, poi ci dirigemmo al condominio, quando salii sul marciapiede mi venne in mente il ricordo di quando Alexandra mi aveva spinta. Distrattamente mi portai per un secondo la mano alla schiena.


Iniziammo a salire le scale, lui dopo neanche due rampe si fermò riprendendo fiato. Eppure dovevo essere stanca io visto che avevo i polmoni danneggiati per via del fumo, ma no! Lui aveva i polmoni sani ed era un fracido!


Arrivammo al suo pianerottolo, lui aveva l'affanno e la lingua in fuori mentre io no. Come al solito si era dimenticato le chiavi e dovette suonare il campanello di casa. Io lo avevo detto che non eccelleva nell'intelligenza.


Venne ad aprirci Lucy, non appena mi vide scansò in malo modo Nathan: sbattendolo letteralmente al muro e mi strinse forte nelle sua braccia. Ricambiai l'abbraccio e Nathan si lamentò dicendo che per poco non si faceva seriamente male. Ma lo ignorammo.


«Come stai?» Mi chiese Lucy.
«Bene, e tu?» Feci la stessa domanda.
«Bene...» Mi guardò attentamente.
«Qualcosa non va?» Domandai.
«Bè...» Nathan la interruppe.
«Ma vi sembra normale parlare sul pianerottolo?» Chiese Nathan.
«A te ti devo tirare le orecchie!» Lo rimproverò Lucy.
«Perché?» Spalancò gli occhi.
«Hai fatto spaventare tua madre.» Disse Lucy, ovvia.
«Eeeeh.» Nathan alzò gli occhi al cielo.
«E' così Nathan.» Lucy lo guardò.
«Entriamo dentro va.» Disse Nathan.
«E impara a portarti le chiavi!» Esclamò Lucy.
«Ma serio...» Mi ritrovai a dire.
«26 anni e non capisce nulla.» Mi disse Lucy. 


Mi scappò una leggera risatina, entrammo in casa e fu Nathan a chiudere la porta dicendo anche qualcosa sotto voce. Aveva quel brutto vizio di mormorare sempre qualcosa sotto voce, non era il tipo di dire le cose in faccia. 


Non riuscii a capire le parole esatte, ma credevo che si trattasse di sua madre che era una rottura di coglioni o che lui si era rotto i coglioni boh. Vabbè, arrivammo in cucina e BOOM! C'era anche Alexandra che fumava una sigaretta. 


«Buonasera!» La salutai.
«Ciao Shiver.» Ricambiò il saluto.
«Ciao mammina.» La salutò Nathan.
«Tu sei un uomo di merda!» Esclamò Alexandra, senza guardarlo.
«Grazie...» Nathan sbuffò e si sedette.
«We basta, ha sbagliato okay sono la prima che lo dice, ma cerchiamo di tenere la calma che ci sono i bambini.» Si intromise Lucy.
«Vincent non c'è?» Chiesi, cambiando discorso.
«Sta di la a vedere i cartoni animati.» Mi risposi Lucy, mentre mi sedevo.
«Spero che non diventi come Nathan.» Disse Alexandra.
«Uffààà!» Esclamò Nathan.
«Nathan, zitto e subisci.» Gli consigliò Lucy.
«Fino ad un certo punto però.» Nathan provò ad obbiettare.
«No, stai sbagliando.» Controbattette Lucy.
«Non sto sbagliando!» Esclamò Nathan.
«Se lo nega pure!» Quasi urlò Alexandra.


Puntai lo sguardo su Alexandra, mi vennero i brividi su tutto il corpo, e la pelle d'oca nel guardarla. Aveva le occhiaie, gli occhi gonfi, il viso pallido e l'espressione di una che voleva parlare. Sembrava me la scorsa notte.


Aveva i tremori nella mani, come se fosse agitata per qualcosa e batteva sempre le palpebre degli occhi, aveva anche l'aria di una che volesse piangere e sfogarsi un pò... possibile che entrambe stessimo avendo gli stessi problemi?


Mi guardò anche lei, i suoi occhi si riempirono di lacrime ma non pianse, chiuse gli occhi e guardò altrove ignorandomi. Spalancai di poco la bocca, scioccata di quello che avevo appena visto... non mi sembrava affatto vero. 


Si accese un'altra sigaretta tossendo leggermente, credo che stesse fumando un pò troppo; bè, lei aveva sempre fumato tanto. Si soffiò il naso con un fazzolettino, ma continuò a non guardare a nessuno, aveva lo sguardo perso nel vuoto.


Nathan si alzò dalla sedia, le andò vicino abbracciandola e iniziò a parlarne nell'orecchio a bassa voce sussurrandole qualcosa. Volevo sapere cosa le stesse dicendo... forse le stava chiedendo semplicemente scusa per quello che aveva fatto.


Alexandra spalancò gli occhi, scosse violentemente la stessa a mo di “no” e lo guardò profondamente male: come se volesse ammazzarlo in quel momento. Nathan le fece il segno di stare zitta e Alexandra gli voltò le spalle sospirò e fece un tiro di sigaretta. 


Lucy servì il caffè in tavola, la ringraziai e presi un bicchierino dal vassoio sorseggiando quel liquido marrone. Nathan intanto ritornò al suo posto come nulla fosse, si sedette accanto a me non prendendosi il caffè... lui non lo prendeva. 


Mi chiedevo con molta curiosità cosa le avesse detto, perché ovviamente non si era scusato per la sua “assenza” da casa. Perché non aveva poi senso il segno di starsene zitta, e per cosa poi? Cosa si nascondeva dietro al suo gesto al quanto strano?


«Allora Shiver, cosa mi racconti di nuovo?» Mi chiese Lucy.
«Le solite cose.» Risposi, accendendomi una sigaretta.
«Hai preso il vizio del fumo?» Mi chiese Alexandra.
«Sì...» Dissi, porgendole una sigaretta.
«Ti ringrazio.» Disse, prendendo la sigaretta.
«Non avete dormito?» Le domandai.
«No, ultimamente non riesco a dormire.» Mi rispose.
«Vi capisco, neanche io.» Le sorrisi.
«Neanche tu?» Mi domandò stupida.
«No, troppi pensieri.» Scrollai le spalle.
«I pensieri uccidono il cervello.» Mi disse lei.
«Hahaha ma quando mai hahaha.» Disse Nathan, mettendosi a ridere. 
«Ma cosa vuoi saperne tu?! Che non sai un cazzo della vita!» Alexandra lo guardò male.
«Uffà, sei ancora arrabbiata con me?!» Nathan alzò gli occhi al cielo.
«Sì!» Esclamò Alexandra.


Nathan sbuffò restandosene comunque in silenzio, qualcosa non andava, c'era qualcosa che mi sfuggiva. O veramente Nathan mi stava nascondendo qualcosa oppure Alexandra era una brava attrice.


Onestamente stavo dalla parte di Nathan, non aveva alcun motivo per mentirmi perché di me si fidava molto e lo stesso facevo anch'io. Perché poi avrebbe dovuto farlo? Non aveva nessun motivo appunto. 


«Litigate sempre!» Esclamò Lucy.
«Perché lui sbaglia ogni volta!» Disse Alexandra.
«Perché pensate questo?» Le domandai.
«Mi dispiace Shiver...» Mi disse, guardando altrove.
«... Per cosa?» Le domandai confusa.
«Per quello che ti ho fatto l'altra volta.» Rispose.
«Oh... non è successo niente, mettiamoci una pietra sopra.» Mi morsi le labbra.
«Ora possiamo cambiare discorso?» Domandò Nathan.
«Okay, sono d'accordo. Di cosa parliamo?» Chiese Lucy.
«Mhm... cosa si mangia stasera?» Chiese Nathan.
«Ma pensi sempre a mangiare?!» Quasi urlò Lucy.
«Solo questo sa fare.» Disse Alexandra.
«No, so anche bere e dormire.» La informò Nathan.
«E ti sembra meglio?» Chiedemmo all'unisono noi donne.
«... ssss...no.» Rispose Nathan.


Noi presenti avemmo diverse “opinioni” e “espressioni”, alla risposta vaga di Nathan. Lucy si misi a ridere di gusto, io lo guardai molto confuso e scioccato allo stesso tempo, e Alexandra alzò gli occhi al cielo sospirando. 


Nathan invece sembrava anche abbastanza soddisfatto e fiero della sua suddetta risposta, non si era reso neanche conto che in qualche modo si era offeso lui da solo. Cioè, si era dato del pigro con la sua stessa bocca.


Comunque Lucy alla fine rispose che avrebbe cucinato la pasta e piselli con dei cubetti di pancetta per cena. Guardai l'ora sull'orologio appeso alla parete: erano quasi le otto (mancavano giusto cinque minuti) e dunque a breve avremmo mangiato. 


Lucy iniziò ad armeggiare con pentole e compagnia bella, come al solito non volle farsi aiutare ne da me ne da Alexandra. Ma dato che eravamo delle donne testarde preparammo la tavola, anche se Lucy disse che non ce nera bisogno. 


Nathan restò con il culo incollato sulla sedia come nulla fosse, beccandosi anche un bel pò di rimproveri da parte nostra. Lui se ne uscì con questa frase: “E' il vostro compito, voi siete donne e dovete essere schiave degli uomini.” Lo disse con così tanta sincerità!


Gli lanciai in pieno viso uno straccio umido ordinandogli di far silenzio perché stava sparando solo cavolate con la bocca. Lucy e Alexandra mi applaudirono, le guardai imbarazzata... nessuno mi aveva mai applaudito.


In quel momento dalla porta d'ingresso entrò Andrew (era lo zio di Nathan, era sposato con Lucy ed era il fratello maggiore di Alexandra), che annunciava il suo arrivo dopo una lunga e stancante giornata lavorativa. 


Era un muratore, infatti era tutto sporco di polvere bianca (non cocaina eh), macchie varie di pittura ed altro. Entrò in cucina e non appena vide Nathan gli tirò uno schiaffo dietro alla testa dicendogli che era un cafone incosciente.


«Ma ce l'avete con me oggi!» Esclamò Nathan.
«Io alla tua età lavoravo, ero sposato ed avevo già un figlio: non facevo il mantenuto e i guai come te.» Lo informò Andrew.
«Non ti ci mettere anche tu.» Nathan si lamentò.
«Ti prenderei a pugni nello stomaco.» Disse Andrew.
«Giovane, guarda che sta la fila per questo.» Disse Alexandra, seria.
«Praticamente oggi vado all'ospedale per contusioni multiple.» Disse Nathan, e noi ridemmo.
«Papà, mi hai portato la cioccolata?» Chiese Vincent, venendo anche lui in cucina.
«Shiver!» Esclamò, e mi saltò addosso.
«Ciao patato.» Dissi, abbracciandolo.
«Ah, stai anche tu...» Si rivolse a Nathan.
«Non sei contento di vedermi?» Gli domandò Nathan.
«No.» Rispose Vincent, semplicemente.
«Bè, neanche io sono felice di vederti.» Disse Nathan.
«Non mi interessa.» Lo informò Vincent.
«Chissà se andranno mai d'accordo.» Disse Andrew.
«Ma penso proprio di no.» Rispose Alexandra.
«E che vuoi, la vita va avanti.» Disse Nathan.


Vincent scese dalle mie braccia dolcemente e si andò a sedere vicino a Nathan e prese a guardarlo con impertinenza come solo un bambino sa fare. Però caspita, era così piccolo ma già così intelligente.


Nel mentre Andrew frugò nelle sue tasche trovando quello che stava cercando e lo porte a Vincent. Era una barretta di cioccolato al latte, Vincent la prese e se la nascose per bene sotto alla sua maglietta... forse non voleva condividerla con suo fratello Albert.


Continuò comunque a guardare Nathan, Nathan a quel punto ricambiò lo sguardo incrociando anche le braccia. Certo che aveva proprio la testa dura quel ragazzo, forse non si ricordava che Vincent era “pericoloso”.


Vincent lo guardò confuso ma fece come Nathan: incrociò anche lui le braccia al suo piccolo petto. E si guardarono dunque. Non si rivolsero neanche la parola, si guardarono semplicemente: occhi contro occhi. 


Nathan fu il primo a distogliere lo sguardo sbuffando anche abbastanza pesantemente come se si sentisse sconfitto. Vincent sorrise vittorioso e soddisfatto, come se avesse ottenuto quello che tanto voleva.


Andrew poi si avvicinò a Nathan sussurrandogli qualcosa all'orecchio... ma era la giornata dei sussurri?! Comunque gli fece una domanda perché Nathan rispose ad alta voce: disse un “no!” Andrew lo guardò stranito e se ne uscì con un semplice “Mah!” E poi mi guardò.


«Shiver, lo sai che ti sei fatta proprio bella?!» Affermò Andrew.
«Grazie.» Sorrisi.
«Sì eh?» Domandò distrattamente Alexandra.
«Sì... e le tue sorelle che fine hanno fatto?» Chiese ancora Andrew.
«Annabelle si è sposata e ha avuto un bambino, Valery a breve andrà a convivere e sta per diventare anche lei mamma.» Risposi.
«Si è scoperto poi il sesso?» Domandò Nathan, curioso.
«E' una femminuccia.» Risposi, sorridendo.
«Ora tocca solo a te ahaha.» Disse Andrew, ridendo.
«Bè, arriverà quando giungerà il momento.» Dissi, convinta.
«Trovati un ragazzo... un ragazzo migliore.» Disse Alexandra, guardando Nathan in malo modo.
«Vero Shiver, sei una ragazza d'ora, ti meriti il meglio.» Concordò Lucy.
«Sì! Sei più bella della fidanzata Nathan.» Disse Vincent ed io spalancai gli occhi.
«STAI ZITTO!» Urlò Nathan, alzandosi.
«E' la verità!» Esclamò Vincent.
«TIENI LA BOCCA CHIUSA!» Urlò più forte Nathan.


Non... non capivo... Nathan non aveva nessuna fidanzata... non aveva nessuna relazione... non... non era vero... era impossibile... era una sporca bugia... avevo... avevo sentito male... avevo frainteso le parole... 


Non ci credevo... possibile che davvero avessi sentito male? C'era quella minuscola possibilità che me l'ero del tutto immaginato? Mi misi in ginocchio davanti a Vincent, lo guardai, gli presi le manine e gli sorrisi tristemente.


«Ascoltami tesoro, ti proteggo io da lui qual'ora volesse farti del male: ma ti prego, rispondi con sincerità.» Dissi a Vincent, tremando.
«D'accordo.» Disse lui.
«Nathan è fidanzato?» Gli domandai.
«Sì.» Rispose Vincent, ovvio.
«Sai con chi?» Chiesi, con il cuore distrutto.
«Con Eleonor.» Mi rispose.
«Eleonor...» Sussurrai, alzandomi.
«Ma perché? Non lo sapevi?» Mi chiese Andrew.
«No, l'ha solo presa in giro.» Rispose Alexandra, al posto mio.
«Voi mi avete avvisata.» Dissi ad Alexandra.
«In tutti i modi.» Sospirò lei.
«Avevate ragione... vi chiedo scusa.» Lei dissi, tremando con la voce.
«Non devi Shiver.» Le scappò una lacrima.
«Che stupida che sono.» E mi misi a ridere dalla collera.
«Shiver-» Disse Nathan, ma lo interruppi.
«TI ODIO!» Esclamai con rabbia.
«.....» Restò in silenzio.


Presi la borsa, salutai tutti con indifferenza assoluta, me ne andai da quella casa giurando a me stessa di non metterci mai più piedi. O almeno fin quando non avrei dimenticato tutto una volta per tutte e per sempre.


Non presi al momento la macchina, avevo bisogno di camminare un pò a piedi... per riflettere... iniziò anche a piovere e fu anche un bene perché iniziai a piangere... come tre anni prima alla stazione. 


Piansi perché ero stata una stupida nello sperare in un qualcosa che mai avuto inizio e non sarebbe mai esistito. Piansi per averci creduto realmente. Piansi perché ci speravo nel profondo che qualcosa cambiasse. 


Piansi perché non ero stata attenta, non avevo prestato attenzione. Piansi perché non ero riuscita a tenere il mio cuore al sicuro. Piansi perché mi ero fatta prendere in giro per la seconda volta nella mia vita dalla stessa persona.


Alexandra aveva avuto sempre ragione, ed ero stata una sciocca nel non crederle, Nathan era diventatato una persona malvagia e senza cuore. Era cambiato sì, ma non credevo che fosse cambiato in peggio. 


Alexandra mi aveva avvisata fino all'ultimo, in tutti i modi di allontanarmi da Nathan. Cazzo, avrei dovuto darle ascolto! Alexandra stava cercando di proteggermi, di mettermi in guardia, non voleva farmi del male come mi aveva fatto credere Nathan.


Che stupida!


Ma non lo sapevo! Non mi immaginavo che Nathan mi stesse prendendo di nuovo in giro e che mi stava usando per i suoi loschi scopi. Non lo avrei mai immaginato, io ero convinta che mi volesse bene. 


Non sapevo che si fosse fidanzato... con Eleonor. E che bell'acquisto che aveva fatto... Non sapevo che avessero riallacciato i rapporti, Nathan mi aveva detto che non la sentiva da tre anni! Da quando l'aveva bloccata davanti ai miei occhi sul pullman dopo esser tornati dal mare. 


Come aveva potuto farmi questo? Dove aveva trovato tutto quel coraggio malsano? Non provava vergogna per se stesso? Quando al mattino si svegliava, non si sentiva uno schifo per quello che stava combinando?!


Mi sentivo così male dentro, avevo il cuore bruciato da tutto quel dolore: mi aveva solo usato. Mi aveva baciata, abbracciata, mi aveva stato accanto, aveva fatto l'amore con me: e allo stesso tempo aveva giurato amore ad un'altra. 


Lo odiavo così tanto. Lo odiavo perché mi aveva preso in giro. Lo odiavo perché aveva calpestato i miei sentimenti. Lo odiavo per avermi riempita di bugie. Lo odiavo perché mi aveva distrutto il cuore. Lo odiavo meritava di essere odiato. 


Mi stava facendo sentire inutile, come se non valessi nulla, come se non esistessi, come se fossi solo di passaggio. Mi sentivo come una parentesi, lo ammetto, mi sentivo anche fossi stata una prostituta, mi aveva usata come essa. 


Ero stata la sua bambolina! Che schifo!


Ero stata anche un'amante... che vergogna per me stessa... non volevo esserlo... non volevo lo scarto di nessuno! Non volevo essere sempre una cavolo di seconda scelta, non volevo essere un opzione a seconda del momento. 


Era così brutto sentirsi così, sentirsi illusi dalla persona amata. Piansi ancora più forte e mi fermai sotto ad un lampione della luce. Pioveva ancora ed era molto buio, ero bagnata fradicia ma non mi importava.


Stavo male!


Di nuovo.


Mi ritoccava fare tutto daccapo.


«Shiver...» Mi voltai.
«Vattene Nathan.» Dissi, piangendo.
«Ti prego.» Mi implorò
«Ti prego cosa? Ma non ti basta quello che mi hai fatta passare in questi tre anni?!» Quasi urlai.
«Mi dispiace!» Esclamò.
«Vaffanculo, non ti credo!» Dissi, onesta.
«Shiver, per favore; parliamone!» Mi implorò ancora.
«Parlare di cosa? Non c'è più niente da dire!» Lo guardai con odio.
«...» Restò in silenzio e abbassò lo sguardo.
«Nathan.» Lo chiamai.
«Sì?» Alzò lo sguardo.
«Mi ami?» Domandai, mentre la pioggia ci bagnava entrambi.


Fine.
   
 
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