Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: Yuphie_96    08/06/2020    2 recensioni
~ Seguito di 'Il Portiere ha Fatto Goal', che a sua volta è il seguito di 'Non Senti la Mancanza?' ~
In questa storia vediamo le vicende della famiglia Wakabayashi/Ozora.
Tsubasa e Genzo riusciranno a stare dietro al frutto del loro amore o sarà più facile, per loro, giocare una partita di calcio?
Essere genitori non è semplice, ma non lo è neanche essere l'erede di due calciatori famosi!
Riusciranno, tutti e tre, a sopravvivere a quella partita piena di sorprese che è la vita?
Genere: Comico, Omegaverse, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Genzo Wakabayashi/Benji, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC | Avvertimenti: Mpreg
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Angolino della Robh: Buonaseraaa ~♥.
Son tornata con l'aggiornamento sulla dolce famigliola :3 .
Io lo so che aspettate di leggere cosa succede tra Karlino dolce e Hime, lo so... e so anche che mi darete della stronza, perchè leggerete di loro tra una settimana ancora! xD Eh sì, in questo capitolo non abbiamo traccia del Kaiser, ma in compenso abbiamo una nuova comparsa... ancora... forse ho aggiunto troppi oc O.o, ma dettagli! u.u''''
Non ho altre avvertenze da aggiungere, stranamente, è un capitoletto leggero volendo, un po' di passaggio ^^.
Spero vi possa piacere, vi auguro, al solito, una buona lettura ~♥.


Ps: chi di voi mi ha già maledetta per l'assenza di Karl? xD



 

Casa.
Hime Wakabayashi aveva avuto, fin da piccola, tanti posti da chiamare in quel modo: era nata a Nankatsu, in Giappone, la casa dei suoi cari nonni e dei suoi tanti zii, aveva vissuto per un periodo della sua vita ad Amburgo, casa dei suoi primi anni di vita, si era trasferita a Barcellona, casa dove risiedevano i sogni della sua amata madre, ed aveva vissuto lì con lui per tanti anni.
Infine, era arrivata a Monaco.
La nuova casa di suo padre.
Ci aveva riflettuto parecchio, la ragazza, prima di trasferirsi lì con Genzo, da una parte – quella più grande – non si sentiva di lasciarlo solo, non quando doveva fare dei cambiamenti così importanti nella sua vita, dall’altra le dispiaceva lasciare il capoluogo della Catalogna e con essa tutto quello che aveva di caro – sua madre in primis, Rivaul e la sua famiglia, Artemisia, Pinto -.
Non ne parlò con i genitori, era una scelta che doveva fare da sola… e scelse il suo papà, voleva dargli quel sostegno di cui il portiere diceva di non aver bisogno, ma che cercava appena poteva nelle braccia di Tsubasa.
Quando comunicò a quest’ultimo la sua decisione di andare con il padre, l’omega le sorrise, non poteva dire che non se lo aspettava, ma gli fece comunque un po’ male vederla impacchettare tutte le sue cose e partire, sapeva, però, che la sua principessa stava facendo la cosa giusta, il portiere aveva bisogno di lei, anche se non lo voleva ammettere.
Prima di partire, Tsubasa le organizzò una festa d’addio dove Hime poté salutare tutti quanti: Rivaul la salutò accarezzandole la testa, come faceva sempre, mentre Raíssa l’abbracciò stretta, Artemisia la prese in giro e la ‘minacciò’ di farle presto visita, la loro amicizia non si sarebbe infranta per così poco, Pinto pianse di star perdendo una grande incitatrice del Barcellona – dovette saltare addosso a Ewell, Hime, per far sì che non mostrasse a tutti le varie foto di questi incitamenti -.
La ragazza li salutò con il sorriso – si permise di piangere un poco solo in aeroporto, quando dovette salutare la madre -, ma se con loro erano bastati i saluti e la promessa di tornare presto a fare visita, con altri erano sorti alcuni problemi.

“Uhm…”
Mormorò tra sé e sé la donna davanti a lei, osservando attentamente le foto che facevano parte del suo book fotografico, Hime stritolò l’orlo della gonna mentre aspettava in silenzio il suo giudizio.
Lasciando Barcellona, aveva dovuto lasciare anche l’agenzia che l’aveva scoperta due anni prima – aveva ringraziato tutti, prima di andarsene, dal primo all’ultimo -, ma non voleva abbandonare il suo lavoro da modella, le piaceva, si divertiva e – cosa non meno importante – l’aiutava ad essere indipendente dai suoi genitori anche economicamente, presto avrebbe incominciato l’università e avrebbe voluto pagarsela da sola, nonostante sia Genzo che Tsubasa continuassero a dirle di non farsi certi problemi.
All’inizio si era parecchio abbattuta visto che non conosceva nessuna agenzia a Monaco, ma era venuto in suo soccorso Jean, il fotografo che l’aveva convinta a presentarsi in agenzia per la prima volta, l’uomo aveva dei contatti nella capitale bavarese e le aveva dato il nome di un’agenzia per cui aveva lavorato un paio di volte, a cui Hime si presentò subito dopo aver finito di sistemare la nuova casa insieme al padre.
“Non male, si vede che sono state scattate da Jean”
Pronunciò, infine, la direttrice dell’agenzia, alzando lo sguardo verso la ragazza.
La piccola Wakabayashi sussultò leggermente, ma mantenne in viso un’espressione serena anche se seria, non doveva far trapelare la sua ansia, nessuno avrebbe dovuto sapere che il suo cuore batteva così velocemente, come poche volte credeva di averlo sentito.
“Ha scattato molte delle mie foto, gli sono molto grata”
La donna le annuì, continuando a fissarla con attenzione, Hime cercò di mantenere il contatto visivo il più a lungo possibile ma, dopo un po’, sentì le sue gote iniziare ad arrossarsi per l’imbarazzo.
Altro che mostrare il suo orgoglio da alpha, come le aveva suggerito Genzo quella mattina, era già tanto se riusciva a non far trapelare quasi niente!
Con sua sorpresa, però, la direttrice le sorrise.
“Hai molto potenziale e io ho dei fotografi bravi quanto Jean, mi piacerebbe molto prenderti con noi”
“Davvero?!”
Esclamò Hime piena di gioia, sporgendosi verso la scrivania.
“Davvero”
Confermò la donna.
“Grazie, grazie mille!”
“Non ringraziarmi adesso, ho delle aspettative molte alte che impongo a tutte le mie modelle”
“Non la deluderò!”
Promise la ragazza, osservando i suoi occhi smeraldo si poteva vedere quanto fosse seria a tal proposito e questo fece sorridere la direttrice che si alzò, facendole cenno di seguirla fuori dal suo ufficio.
“Hai già iniziato ad ambientarti qua a Monaco?”
“Ho qualche difficoltà con le strade, ma risolverò in fretta”
“Cerchiamo di accelerare i tempi allora… Anja!”
La direttrice chiamò una ragazza bionda, che smise di parlare con un’altra ragazza di fianco a lei per girarsi verso di loro.
“Ti presento Hime, da oggi lavorerà con noi ma è nuova di Monaco, ti dispiacerebbe aiutarla ad ambientarsi?”
Gli occhi gialli incontrarono quelli verdi, dopo essersi fissate per qualche istante, Anja sorrise.
“Con piacere”

“Allora, come ti sembra?”
Chiese Anja mentre entrambe osservavano da fuori l’università a cui Hime aveva intenzione di iscriversi.
“Da fuori sembra molto bella, spero di riuscire ad iscrivermi”
“Sai già quale facoltà scegliere?”
“Mi piacerebbe molto lingue e letteratura”
“Lingue, eh?”
Domandò la bionda, incamminandosi verso il bar poco lontano dall’università, lì avrebbero potuto parlare con più calma.
“Sì”
Rispose la giapponese, una volta che si misero sedute, con le loro ordinazioni, a un tavolino posto fuori.
“Ho molti parenti sparsi un po’ qua e là per il mondo, mi piace parlare con loro nella lingua del paese dove si trovano”
E si divertiva come una pazza a parlare in portoghese con Tsubasa e Rivaul facendo imbronciare Genzo che, non parlando la lingua, si sentiva escluso… ma questo decise che poteva, anche, ometterlo.
“Capisco, quindi hai una famiglia allargata”
Sorrise Anja.
Hime annuì, prendendo un sorso del suo thè freddo.
“Molto più di quanto tu possa immaginare”
Le due continuarono a parlare tranquillamente, scambiandosi quelle prime informazioni che servivano per iniziare una conoscenza, sembravano essere entrambe a loro agio una con l’altra e questo avrebbe aiutato anche sul lavoro.
“Senti Hime…”
Iniziò la bionda, attirando l’attenzione dell’altra, che tirò su la testa dalla cartina della città dove stava segnando i luoghi consigliati proprio da Anja.
“Credo che tu abbia capito che io sono un’omega anche se non te l’ho detto, non è vero?”
“Beh… sì”
Mormorò la piccola Wakabayashi, arrossendo leggermente, la tedesca emanava un profumo dolce che non aveva potuto ignorare all’inizio.
“Mentre tu sei un’alpha, non è così?”
“Sì, sono un’alpha… sei preoccupata? Ti giuro che non ti farei mai niente, mia madre ha un odore molto forte qui-“
“Vuoi essere la mia alpha?”
Le domandò la bionda, interrompendola.
“… Eh?”
Chiese Hime, sbattendo le palpebre confusa.
Era da un po’ che non parlava tedesco, magari aveva capito male qualche parola.
“Ti sto chiedendo, Hime Wakabayashi, se vuoi mordermi e diventare la mia alpha”
Ripeté Anja tranquilla, sorridendole.
La giapponese restò in silenzio, ferma, immobile e rigida sulla sedia, neanche le palpebre sbattevano più, dopo un paio di minuti passati in quel modo, la tedesca iniziò a preoccuparsi che si stesse sentendo male, allungò una mano per toccare la sua ancora sul tavolino e quando lo fece, il viso dell’altra assunse una colorazione sul bordeaux acceso.
Di scatto, Hime si alzò e corse via… per poi tornare e lasciare i soldi per il suo thè, poi scappò nuovamente… ritornando per prendere la cartina che aveva dimenticato, poi se ne andò definitivamente, correndo come una pazza e schivando i passanti che la guardavano scioccati.
Anja Gillessen scoppiò a ridere.

“Dovrei iniziare a preoccuparmi?”
“Per cinque minuti di ritardo? Cosa farai, allora, quando tarderà di un’ora o due?”
Genzo distolse lo sguardo dall’orologio sulla parete e tornò ad occuparsi della cena, con il compagno in vivavoce al telefono.
“Potrebbe davvero ritardare due ore?”
“Potrebbe capitare con il lavoro, sì”
“… Stupendo…”
Sibilò funereo il portiere, guardando di nuovo l’orologio.
Hime gli aveva mandato un messaggio dove lo avvisava del successo del colloquio con la nuova agenzia, dicendogli anche che avrebbe fatto più tardi del previsto perché sarebbe uscita con nuova collega di lavoro ma promettendo di arrivare in tempo per la cena.
La cena, però, era quasi pronta e della sua principessa non vi era ancora traccia, e lui stava iniziando a preoccuparsi.
Che si fosse persa per le strade di Monaco?
Perché non gli aveva mandato un altro messaggio?
“Forse dovrei uscire a cercarla…”
“Asp-… cos’è stato quel rumore?”
Chiese Tsubasa.
Mentre iniziava a dirgli di aspettare ancora un po’ prima di uscire – doveva darle fiducia, sapeva per esperienza che se la figlia fosse stata davvero nei guai l’avrebbe contattato -, un forte rumore era rimbombato in tutta la casa e aveva raggiunto perfino il vivavoce.
“Era la porta di casa che sbatteva”
Lo informò Genzo, confuso.
Il portiere spense i fornelli e, preso il telefono, andò verso l’entrata dell’appartamento dove trovò Hime… spalmata contro la porta, che ansimava come se avesse appena finito di correre una maratona, il viso che faceva concorrenza ai pomodori che aveva tagliato poco prima per l’insalata… aprì la bocca per chiederle cosa fosse successo per essere così sconvolta – aveva quasi gli occhi fuori dalle orbite! – ma quella scappò in camera sua, sbattendo anche quella porta dietro di sé.
“Perché tua figlia è appena scappata in camera sua?”
Domandò l’alpha al compagno.
“Perché appena c’è un problema diventa solo mia figlia?”
Chiese, di contro, l’omega.

“Sicura che nessun ragazzo ti ha molestata per strada, vero?”
“Per la quinta volta, papà, sì... non è successo niente”
“Non puoi dirmi che non è successo niente quando torni a casa in quel modo!”
Hime sbirciò un poco il padre alzando lo sguardo dal suo piatto, le gote ancora arrossate.
“Non credo di essere sicura di volerne parlare con te…”
“Non eri tu a dire che se una cosa ci preoccupa, dovremmo confidarci l’una con l’altro?”
La ragazza sussultò, presa in contropiede, e il portiere poté decretare l’uno a zero per lui, non poteva tirarsi indietro davanti alle sue stesse parole, era una cosa che le avevano insegnato fin da quando era ancora piccola.
Hime si ritrovò a tentennare, indecisa, lei voleva parlarne con Tsubasa perché – essendo omega come Anja – magari le avrebbe saputo spiegare cosa passava nella testa della bionda per fare una richiesta del genere… ma, forse, Genzo avrebbe potuto aiutarla in un altro modo.
“Cos’hai provato quando ti sei legato con mamma?”
Stavolta fu l’adulto a sussultare, preso in contropiede.
“Ma-“
“E’ legato a quello che mi è successo, sì”
Il portiere la fissò perplesso qualche istante ma alla fine le annuì.
“Quando ho morso tua madre eh... ero felice, sì, davvero molto felice, provavo il vero significato della parola felicità, forse il tutto era amplificato dal fatto che era il suo secondo giorno di calore ma… è stato bellissimo vedere sul suo collo la prova tangibile che, da quel giorno, sarebbe stato mio per sempre”
“Lo amavi tanto?”
“Lo amo ancora, se è per questo!”
Rise Genzo, andando a pungolarle la fronte con l’indice, facendole gonfiare le guance.
“Comunque sì, lo amavo davvero tanto”
“Quando ti sei accorto di amarlo?”
“Mi sono accorto di amarlo quando mostrò a tutti che ero ancora il portiere più forte… io ero a casa infortunato e stavo guardando la partita della Nankatsu in tv, è stato mister Mikami a farmi notare che Tsubasa segnò al portiere, che si vantava di essere il migliore in mia assenza, da fuori area”
“Cosa che, con te, non è mai riuscito a fare”
Specificò la ragazza sorridendo e il padre annuì.
“Dopo la partita lo chiamai e la sua voce… beh, mi fece un certo effetto”
Ridacchiò il portiere, ricordando come il suo allenatore gli fece notare di avere il viso tutto rosso mettendogli uno specchio davanti, si era quasi strozzato con la sua stessa saliva – Genzo – e Tsubasa gli aveva chiesto preoccupato cosa fosse successo.
La sua voce gli aveva fatto aumentare il batticuore che già aveva.
“Decisi di aspettare a confessarmi perché, infondo, eravamo ancora dei bambini ma poi ci separammo, io venni in Germania seguendo mister Mikami, lui rimase a Nankatsu, ricordo che in quei tre anni la mia seconda preoccupazione più grande fu che trovasse un alpha che prendesse il mio posto”
“Ma non eri ancora il suo alpha”
“Puoi ben immaginare com’ero messo, allora”
La piccola Wakabayashi scoppiò a ridere, immaginando il padre telefonare a tutti i suoi amici per sapere se qualcuno avesse puntato il centrocampista o meno… non che andò poi così lontano, Hime, Genzo lo aveva fatto davvero, ma solo con il suo quartetto preferito della Shutetsu.
“Cosa ti ha fermato dal morderlo appena lo hai rivisto ai mondiali?”
“Mi ha fermato il fatto che non ero a conoscenza dei suoi sentimenti, tua madre li sa nascondere molto bene quando vuole, e il fatto che non sembrava aver bisogno di un alpha… quando si pensa ad un omega, si pensa a qualcosa di fragile, che ha bisogno di essere protetto, Tsubasa non era così, era forte e lo dimostrò a tutti quanti, reagì addirittura al suo primo calore tornando in campo il quarto giorno con un sorriso, pronto per giocare come se non fosse successo niente… decisi semplicemente di vegliarlo da lontano, anche se fu un’arma a doppio taglio, ero convinto della mia decisione di lasciarlo libero ma d’altro canto il mio amore per lui cresceva di giorno di giorno, lo volevo mio, volevo dirgli quanto lo amassi e lo desiderassi e… alla fine, cedetti davanti al suo calore, come il più prevedibile degli alpha”
“Ma anche allora… non lo hai morso”
“No, è vero, non lo morsi subito, lo feci quando lui mi confermò di provare lo stesso per me, se questo non fosse successo, mi sarei accontentato di averlo avuto durante il calore e avrei ricominciato a guardarlo da lontano”
“L’amore, quindi, è fondamentale nel legame…”
Bisbigliò Hime, gli occhi fissi sul piatto non sembravano osservarlo veramente.
“Per me sì, creare un legame senza amore… magari può essere conveniente, per alcuni, ma dev’essere sicuramente molto triste, passare tutta la vita accanto a una persona sapendo che non è quella che ami e che non puoi, comunque, separarti da lui o lei che sia dev’essere come una condanna per entrambi”
Disse Genzo serio.
La ragazza alzò lo sguardo smeraldo verso di lui e sorrise piano, poi si alzò e gli andò vicino per lasciargli un bacio sulla guancia.
“Grazie papà, adesso so cosa fare”
Mormorò facendolo sorridere.
“Non so come io abbia fatto, ma visto che posso aiutarti esattamente come Tsubasa?”
“Non esattamente come lui”
“Come no?”
“Beh, mamma è mamma”
“… Non posso darti torto, in effetti…”

“Posso parlarti qualche minuto?”
Chiese Hime alla ragazza bionda, che si girò a guardarla sorpresa, non si aspettava di vederla in agenzia vista la reazione che aveva avuto solo il giorno prima.
“Certamente”
Sorrise Anja.
La tedesca portò la giapponese sul tetto, così da poter parlare senza avere orecchie indiscrete ad ascoltare il tutto.
“Allora, cosa vuoi dirmi? Riguarda la mia proposta?”
Domandò la bionda, sempre sorridendo, mentre si appoggiava al parapetto e dava la schiena a tutto il panorama.
Hime si perse un attimo ad osservare Monaco, poi si girò verso di lei e la guardò dritta negli occhi con i suoi verde smeraldo, seria in volto, mostrando tutto l’orgoglio che aveva ereditato dal padre.
Fu quell’espressione a far tentennare il sorriso sul volto di Anja, ma prima che potesse parlare, la piccola Wakabayashi fece un profondo inchino davanti a lei.
“Ti chiedo scusa Anja, ma non posso accettare di diventare la tua alpha, non posso condannare entrambe a una vita senza amore”
Esclamò, ritornando poi in posizione eretta per poterla osservare nuovamente negli occhi.
“Il legame è qualcosa di troppo serio e importante, non dovresti andare a proporlo a qualcuno che neanche conosci a fondo, dovresti aspettare la persona giusta per te”
Finì Hime, addolcendo lo sguardo.
Al contrario delle aspettative della giapponese, però, la tedesca tornò a sorridere, anzi il suo sorriso si allargò su tutto il viso.
“Lo so, infatti non ero seria”
“… Come scusa?”
“Non volevo davvero che tu diventassi la mia alpha”
Confessò Anja, scioccando l’altra che si ritrovò a boccheggiare sconvolta.
“Ma- ma allora perc-?!”
“Perché volevo capire che genere di alpha tu fossi per la mia incolumità”
“E ti pare questo il modo?! E se avessi accettato, invece, che avresti fatto?!”
“Ma non l’hai fatto”
Constatò la bionda, continuando a sorridere.
“Hai pensato a me come persona, non come ad un omega da poter possedere”
“Gli omega non vanno posseduti!”
Urlò la giapponese con gli occhi infiammati di determinazione, credeva davvero a quello che aveva appena urlato.
“Sei una brava ragazza Hime”
Le mormorò Anja, prima di allungare una mano verso di lei.
“Allora, mi perdoni? Possiamo essere amiche?”
“Uhm… suppongo di sì… ma non farlo più! E’ pericoloso, non sai chi hai davanti!”
La riprese Hime, stringendole la mano.
La tedesca ghignò maliziosamente e, prendendo l’altra di sorpresa, si gettò sul suo seno che abbracciò.
“Hai ragione, menomale che mi sei capitata tu!”
Esclamò entusiasta, strusciando la guancia sul petto coperto dell’ – ormai – amica.
… Dopo qualche istante si ritrovò ad abbracciare l’aria…
“Hime?”
Chiamò, riaprendo gli occhi che aveva chiuso quando si era gettata su di lei.
Trovò solo la porta che dava sul tetto del tutto spalancata.

“Non ti avevo detto di stare attenta ai ragazzi che ci provano per strada?!”
Urlò Genzo alla figlia, trovandola rossa, con il fiatone e spalmata contro la porta esattamente come il giorno prima.
“Mi hai detto di stare attenta ai ragazzi, non alle ragazze!”
Urlò Hime, di rimando.
“Mi sono perso qualcosa?”
Chiese Tsubasa, a quel punto, in vivavoce al telefono.
Forse era meglio se faceva visita ai suoi due alpha… forse, eh.



 

*
Il prestavolto di Anja non può che essere Mari Ohara, sempre di Love Live Sunshine, non potevo non completare il trio del terzo anno :3 ~♥.
Ah, per essere precisi, la partita di cui Genzo parla, quella dove scopre di essersi innamorato di Tsubasa, è quella contro Nakanishi, sono andata in brodo di giuggiole quando Mikami ha specificato a Gen che Tsu aveva difeso il suo primato, e quindi mi sono immaginata quel momento come 'inizio' di tutto per il portierone *-*.

   
 
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