Serie TV > Un passo dal cielo
Segui la storia  |       
Autore: crazyfred    09/06/2020    4 recensioni
{FRANCESCO & EMMA} "La neve aveva assunto l'odore dei suoi baci sotto i portici, del cioccolato, della cannella e delle arance che aromatizzavano i bicchieri bollenti di vin brûlé"
Prosieguo ideale della storia d'amore di Emma e Francesco, dove li abbiamo lasciati alla fine della quinta stagione. La voglia di ricominciare da zero, ma anche di non cancellare quello che è stato, il ricordo indelebile di errori da non commettere più. E chissà, magari coronare il loro amore con un nuovo arrivo...
Ma anche la storia di quella banda di matti che li circonda: Vincenzo, Valeria, ma anche Isabella, Klaus e naturalmente Huber.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Commissario Nappi, Emma, Francesco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 6 - Le disgrazie non vengono mai da sole
 
 




È solo una festa di compleanno. È solo. Una festa. Di compleanno.
Valeria ripeteva queste parole nella sua testa come un mantra, mentre sistemava la collanina d'argento da cui non si separava mai. Era stato il regalo di sua sorella per i suoi diciotto anni, era la cosa più preziosa che aveva. Magari non aveva un grande valore materiale, ma certamente affettivo.
Un'ultima occhiata davanti allo specchio ai capelli e al vestiario - l'abitino rosso a pois che aveva scelto era sufficientemente sbarazzino per i suoi gusti e abbastanza lungo da soddisfare le esigenze di morigeratezza della mamma di Vincenzo, venuta appositamente da Napoli per il compleanno della nipotina.
Magra consolazione: la signora Maria Carmela non aveva la minima idea che tra lei e suo figlio ci fosse del tenero, e comunque tutte le sue attenzioni di mamma chioccia partenopea sarebbero state rivolte ad Eva, alla quale non aveva di certo perdonato di aver lasciato Vincenzo da solo con una bambina di pochi giorni.
Che Eva fosse al centro dell'attenzione più della festeggiata era ormai un dato di fatto. Ogni volta che metteva piede a San Candido, si mobilitava una tale folla che in confronto l'arrivo del presidente degli Stati Uniti in visita di stato è una gita fuori porta.
Eva Fernandez era la star del paese, anche se il suo cognome spagnolo non lasciava intuire delle origini per metà altoatesine. Sua madre, nata a San Candido, aveva sempre sentito troppo strette per lei le quattro mura del paesino di montagna e aveva trasmesso la stessa claustrofobia a sua figlia. Fintanto che non doveva rendere conto a nessuno non rappresentava un problema ma adesso, con una figlia, la sua repulsione per la provincia e la sua vita lenta e semplice, aveva delle conseguenze ben più gravi.
Eva e Valeria erano due poli opposti: non si attraevano, ma neppure si scontravano; erano perfettamente in grado di ignorarsi beatamente. Condividere gli spazi, e le attenzioni di Mela e Vincenzo, però, era tutta un'altra storia.
"Zia, Klaus è arrivato, possiamo andare…" la informò Isabella, entrando in camera per prendere il cappotto. "Andate pure, io vengo al ristorante con Vincenzo". "Ehm no Valeria …" spiegò il ragazzo "l'ho incrociato qui fuori, stava andando via … cose di lavoro … ha detto di portare anche te, lui ci raggiunge lì"
Valeria sbraitò, contrariata. Già avrebbe dovuto trascorrere un pranzo assieme a tutta la famiglia Nappi e ad Eva - poteva scorgere già le occhiatine e sentire i commenti; fare il suo ingresso senza Vincenzo al suo fianco, se pure in veste di coinquilino, la metteva ancora di più in agitazione. Sperava quanto meno che Emma e Francesco sarebbero arrivati puntuali.
 
"È già pronto, gli abbiamo messo i vestiti nuovi che avete portato la scorsa settimana" disse l'operatrice che aveva accolto Emma e Francesco e li stava accompagnando nel salone dei giochi "mi raccomando, Comandante, è uno strappo alla regola che facciamo per lei, non ce ne faccia pentire"
"Non si preoccupi … non facciamo tardi e ci prendiamo ogni responsabilità … come sempre"
In casa-famiglia erano abituati ormai ad avere Emma e Francesco come presenza fissa; formalmente erano volontari, ma in pratica, ad ogni visita, dedicavano il loro tempo quasi esclusivamente a Leonardo, che era diventato per loro una specie di protetto. Con l'acquisto della casa e visti i tempi lunghi della burocrazia, Francesco ed Emma si erano finalmente decisi ad inoltrare la richiesta di affido del bambino. Sapevano che sarebbe stato un processo lungo e difficile, perché sebbene Francesco fosse la cosa più simile ad un parente che il bambino aveva nelle vicinanze, per la legge lui ed Emma erano degli estranei; li attendeva una lunga trafila di colloqui, incontri e corsi di formazione, prima di poter essere dichiarati idonei. Francesco la trovava una cosa ridicola … dura lex, sed lex, gli ricordava Emma: dovevano stringere i denti e andare avanti, sperando il loro obiettivo che andasse in porto.
"Leo!" lo chiamò la donna "sono arrivati Emma e Francesco!"
"Ma guarda il mio ometto com'è bello questa mattina" Emma si chinò ad abbracciarlo, per poi sistemargli il colletto della camicia che era rimasto nascosto sotto al maglioncino blu. "Sarai un cavaliere perfetto per la festeggiata" commentò Francesco; era la prima volta che riuscivano ad avere il permesso di portarlo via dalla comunità per più di un'oretta. Di solito, fare una passeggiata al lago o un giro in bicicletta nelle vicinanze della struttura era il massimo che riuscivano ad ottenere da educatori e assistenti sociali, che chiudevano un occhio sulla prassi. La presenza, al compleanno della piccola Mela, sia del capo della Forestale che del Commissario di Polizia del paese aveva convinto gli addetti ai lavori a chiudere anche l'altro occhio. Erano emozionati: per loro, infatti, era una sorta di debutto come famiglia.
"Prima di andare, però" esordì Emma "c'è una cosa che ti dobbiamo far vedere"
Francesco prese il piccoletto in braccio, ed insieme andarono a sedere ad uno dei tavolini da disegno; le sedioline erano troppo piccole per loro due, cosicché furono costretti a sedere direttamente sul piano da lavoro. "Che c'è?" domandò Leo, seduto sulle gambe di Francesco, mentre Emma estraeva dalla borsa una foto dell'ecografia che la ginecologa aveva stampato un paio di settimane prima. Emma era stata a lungo indecisa sul da farsi: era un argomento così delicato e non sapeva quale fossero i tempi e i modi giusti per dare la notizia al piccoletto, così avevano finito con l'aspettare fino all'ultimo momento utile. Di sicuro l'argomento sarebbe venuto fuori alla festa e non era giusto che lo sapesse da altri.
"Sai cos'è questa foto?" domandò Emma. Il bambino, ovviamente, fece un cenno negativo con il capo. "Si chiama ecografia" gli spiegò "è una foto speciale che si fa ai bimbi prima di nascere"
"Sono io?" domandò il piccolo, curioso. Francesco ed Emma sorrisero, imbarazzati e divertiti. Entrambi conoscevano le pratiche alternative che Deva, la comunità dove Leonardo era nato, proponeva ai suoi adepti … chissà se i suoi genitori avevano vissuto la loro stessa emozione nell'attesa del suo arrivo; entrambi ne dubitavano fortemente.
"No, amore, non sei tu" disse, pizzicandogli leggermente la guancia "è un altro bimbo "
"E chi è?" Emma rivolse uno sguardo di aiuto verso Francesco, non riusciva a trovare le parole giuste. Suo marito annuì, alleggerendola da quel peso. "È un bambino che deve ancora nascere… è ancora nella pancia della sua mamma " gli disse e dalla sua voce traspariva una forte emozione "Emma ed io siamo la sua mamma e il suo papà"
Forse era colpa degli ormoni della gravidanza, forse perché la voce di Francesco le creava spesso qualche problema, ma ad Emma venne un'irrefrenabile voglia di piangere a sentire quelle parole: tante volte dall'inizio della gravidanza aveva detto sono incinta oppure aspettiamo un bambino, ma per la prima volta vedeva il lieto evento sotto una luce diversa. Non erano i soli a ricevere un dono: loro stessi erano un dono, per quella creatura che sarebbe nata. Non solo i suoi genitori. La sua mamma e il suo papà, qualcosa di più. Dare il proprio corredo genetico è cosa da niente, donare sé stessi è un privilegio a cui si è chiamati e che pochi comprendono veramente.
Leonardo, confuso dalla notizia, allungò una mano verso la pancia di Emma. Non capiva come potesse esserci spazio per un bambino in una pancia completamente piatta. "Adesso è ancora piccolo piccolo" gli spiegò la giovane "più o meno come una prugna … ma piano piano crescerà fino a quando sarà abbastanza grande per uscire".
Francesco era alquanto perplesso dalla piega che la spiegazione di Emma aveva preso. Sperava che a Leo sarebbero bastati i fatti e non avrebbe fatto ulteriori domande sulle modalità di nascita dei bambini. "A settembre, se tutto va bene, te lo faremo conoscere" si affrettò a concludere "sei contento?" "NO!".
Testa bassa, gli occhietti nascosti dai lunghi capelli castani, Leonardo si divincolò energicamente dalla stretta sicura di Francesco, che non cercò in alcun modo di opporgli resistenza, ma preferì piuttosto corrergli dietro. Leo andò a rifugiarsi nella cameretta, che condivideva con altri due bambini, e iniziò a scaraventare a terra, silenziosamente, tutti i giocattoli dalla cesta con il suo nome. Alcuni di questi arrivarono dritti addosso a Francesco. Il forestale, con un cenno della mano, invitò la moglie a restare in disparte, sull'uscio, preoccupato che qualche gioco più pesante potesse colpirla. Emma sapeva che sarebbe stato difficile spiegargli quello che stava succedendo, ma si sentiva in colpa per non aver saputo anticipare la reazione del piccolo.
Chinatosi di fronte al bambino, Francesco aspettò che finisse di sfogarsi. "Che c'è?" domandò, risoluto ma affettuoso. "Io non voglio che voi avete un bambino!" spiegò, mentre tirava calci ad un pallone contro il muro, mantenendo lo sguardo lontano da quello di Francesco. "Perché?"
La risposta, però, non arrivava, e Francesco fu costretto a ripetere la domanda altre due volte "Mi dici perché Leo?" "Perché poi voi non ci pensate più a me!" gridò, raccogliendo il pallone e buttandoglielo addosso. Nonostante il bambino provasse con dei calci a liberarsi, Francesco lo tenne fermo per le braccia e gli impose di guardarlo. "Non è vero, Leo … non lo pensare nemmeno per scherzo, hai capito?! Ascoltami bene: quando qui arriva qualche nuovo bimbo cosa succede, gli danno le tue cose?" Leonardo fece no con la testa, stropicciando gli occhi arrossati dal pianto che aveva frenato a tutti i costi. "Certo che no! Tutto quello che gli serve lo prendono nuovo e ci scrivono sopra il suo nome. E sarà così anche quando arriverà questo bambino … non ti toglierà il bene che ti vogliamo. Anzi, sono sicuro che ti vorrà bene come te ne vogliamo noi. Hai capito?" "Sicuro?" domandò il piccolo, dopo qualche attimo di incertezza "Te lo prometto! E adesso basta piangere perché poi altrimenti le foto alla festa vengono brutte, ok? Com'è che diciamo noi … dopo il temporale…" "… arriva il sole" concluse il piccolo. Sì, il sole arriva sempre, basta crederci un po'. Quando Marco era piccolo, Francesco sorrideva amaramente a quelle parole che aveva letto in un libricino per bambini e che erano diventate un contentino strategico per calmare i suoi capricci: prima terribilmente disincantato, poi la vita gli aveva tolto troppo perché potesse essere vero. Da quando aveva iniziato a crederci, però, il sole era arrivato anche per Francesco.
"Sei stato bravo" si complimentò Emma, sollevata, mentre camminavano sottobraccio, raggiungendo l'auto, Leo che li precedeva "l'hai calmato immediatamente"
"Non è finita … Leo ha sofferto tanto, dobbiamo stare molto attenti"
Emma fece spallucce "Ormai … non ci fa paura più niente, se siamo insieme"
 
Alla fine Vincenzo era riuscito ad arrivare giusto in tempo per la torta. "Ma vedi tu se un padre si deve perdere la festa di compleanno della figlia" commentò la madre, vedendolo finalmente arrivare. "Eh mammà, tieni ragione. Sai che faccio la prossima volta? Chiamo a casa dei ladri e gli dico - Scusate, se non vi è di troppo incomodo vengo domani ad arrestarvi … che oggi tengo la festa di mia figlia. Vabbuone accussì?" "Oddi' Vince' quanto sei indisponente"
Con un gesto di stizza il commissario lasciò perdere sua madre e le sue prediche e si concentrò su sua figlia, che come al solito era finita tra le braccia di Valeria. Vicino a loro, anche Leonardo, impegnato a dimostrare alla piccola il funzionamento di un nuovo giocattolo, ma Mela sembrava invece più divertita dalla possibilità di farlo cadere.  "Finalmente…hai visto Mela, ce l'ha fatta ad arrivare quel mascalzone del tuo papà…" "Ue' Vale' non ti ci mettere pure tu …" le disse, prendendo la piccola Carmela in braccio "vieni piccire', tu sei l'unica che capisce a papone tuo. È vero?! È vero?!" La piccola Mela, tutta presa dal suo nuovo compagno di giochi, fece sentire il proprio disappunto, provando con tutte le sue forze a tuffarsi con il corpo verso Leonardo. Vincenzo, frustrato, fu costretto a lasciarla andare. "Ma che rè oggi…nu complotte contr'e me!" "Vincenzo tu proprio non puoi parlare …" lo rimprover Valeria, agitata "lo vedi il vestitino di Mela?" "Eh ... è proprio bello" "Ti sembra quello che le ho comprato io?" Vincenzo guardò la figlia con più attenzione, perplesso dalle parole dell'amica. Effettivamente, invece del vestitino azzurro a fiorellini che Valeria aveva scelto, Mela indossava un abitino rosa antico a tutù. "Eva dice che è dello stesso stilista che veste le figlie del re di Spagna" spiegò, risentita. Vincenzo si sedette nel posto vuoto accanto a lei, mettendole un braccio attorno alla spalla "Che altro?" domandò, immaginando che Eva avesse scompigliato i preparativi di Valeria ben oltre un vestitino. "La torta … e le decorazioni, quando sono arrivata aveva già fatto mandare indietro tutto e non ho voluto dirle niente davanti a tua madre"
"Stai tranquilla" le disse "ci parlo io" "No, lascia perdere … è sua madre, è giusto che faccia qualcosa per lei. Ma poteva avvertirci prima"
Vincenzo ammirava come Valeria fosse in grado di gestire quella situazione molto meglio di quanto lui stesso non fosse in grado di fare. Era riuscita ad accettare il suo posto, così precario e liminare, in maniera matura e aperta, non facendo clamori né protestando quando era il momento di fare un passo indietro. "Grazie" le disse, lasciandole un bacio sulla fronte, incurante dello sguardo di sua madre che sentiva di avere addosso.
 
"Di sicuro mio zio è stato felice di sapere la bella notizia" "Sì" rispose Emma, entusiasta "non ha mai risposto così velocemente ad una mia email prima d'ora. E questo nonostante sia in Nepal. Ma ha messo in chiaro che non vuole farsi chiamare nonno"
Quando Emma e Francesco sostenevano di essere stati fortunati ad aver trovato una famiglia a San Candido, non avevano idea di quanto letterale il significato di questa frase potesse essere. E non solo perché loro si erano innamorati ed avevano deciso di mettere su famiglia insieme. Pietro Thiene, colui che aveva preceduto Francesco come capo della Forestale, aveva negli anni intessuto una fitta rete di affetti che, in alcuni casi, erano andati oltre la semplice amicizia. Così come senza di lui, seppure a migliaia di chilometri di distanza, loro due probabilmente non si sarebbero mai incontrati, anche per Giorgio e Manuela galeotte furono le acque di quel lago che tanta fortuna sembrava portare a chi ci passeggia intorno. Manuela Nappi, sorellina di Vincenzo, aveva conosciuto in un soggiorno temporaneo nel paese di montagna Giorgio Gualtieri, nipote di Pietro, quello che - ormai era più questione di quando che di se - sarebbe diventato suo marito. Insieme si erano trasferiti a Napoli, per permettere alla ragazza di completare i suoi studi in Giurisprudenza.
"Sono sicura che il vostro bebè sarà pieno di zii e zie …" commentò Manuela, mentre erano in attesa di scattare le foto di rito con la piccola Mela vicino alla torta "a vedere quanto tutti siete affettuosi con Mela non ho dubbi a riguardo. Anzi, quasi quasi sono gelosa. Io sono la zia vera e la vedo solo in videochiamata"
"Non sentirti in colpa" la consolò Emma "abbiamo tutti vite piene ed impegnate che è normale vedersi poco quando si è così distanti. Almeno avete internet…"
"E poi se non si fa problemi la madre a vederla solo con il telefono" sopraggiunse la mamma di Vincenzo, senza neanche fare attenzione ad abbassare il tono della sua voce "perché dovresti fartene tu. Scusate eh, se mi sono intromessa…"
"Mamma ancora con questa storia!!!" la rimproverò sua figlia "Eva e Vincenzo sono adulti e vaccinati, si prendono le loro responsabilità e mi pareva che tu avessi promesso di non mettere più bocca sui loro affari … due anni fa"
"Mettere bocca è una cosa, ma potrà una madre ancora esprimere la propria opinione .. o no? Giorgio, tu che dici?"
Manuela alzò gli occhi al cielo, trascinando via il povero Giorgio che la ringraziò sottovoce del pericolo scampato, invitati dal cognato a fare la foto con la nipotina.
"Voi che dite?!" continuò la donna, tentando di attaccare bottone con Emma e Francesco "Ho ragione o torto?"
Emma mise le mani avanti "Signora la prego non ci metta in mezzo, conosciamo la mamma di Mela veramente poco" "Prima ci siamo presentate molto di fretta … voi siete Emma, la moglie del comandante della forestale, giusto? … un gran bell'uomo, complimenti! Siete una donna davvero molto fortunata" La signora Carmela era quel tipo di donna che fingeva di non sapere mai niente quando non le conveniva, ma diventava pane al pane, vino al vino se c'era da fare conversazione; in quel caso, poco le interessava che Francesco fosse lì con loro "Signora, mi creda… tra i due sono io quello fortunato" le disse lui, stringendo a sé la moglie, provando ad allontanarla dalla madre del collega. La donna però, teneva Emma per un braccio. "E dite dite, chella creatura che prima stev pazziann con mia nipote è vostra?" Emma risolse che rispondere affermativamente, senza scendere nei dettagli, fosse la soluzione più semplice ed indolore per tutti. "Bravi … sposati, na bella creatura e un uccellino m'ha detto che ce n'è pure n'altra in arrivo, o mi sbaglio?!" Francesco era sicuro che quell'uccellino avesse il piumaggio rosso e rispondesse al nome di Huber. "No, non sbaglia" rispose Emma, accarezzandosi la pancia. "Vi faccio i miei migliori auguri … ah, come vorrei che quello sfortunato figlio mio si trovasse na bella guagliona comme a voi. Povera nipote mia, le è capitata una mamma proprio disamorata …" "Signora non dica così..." Emma, in profondo imbarazzo, provò a minimizzare "tutti possiamo sbagliare, l'importante è non perseverare". Da lontano, Valeria le lanciò uno sguardo misto di compassione e scherno, visto che a lei, a cui era capitato di averla proprio di fronte a tavola, era toccato sorbirsela per tutto il pranzo, anche a causa del ritardo del commissario.
"Perseverare, signora Emma? Quello mio figlio c'ha una lista di sfortune in amore che solo Santa Rita ci può mettere una mano … mica comme a voi due!" la giovane etologa e il comandante della Forestale si rivolsero uno sguardo complice. Se solo la signora avesse conosciuto i dettagli della loro storia, difficilmente li avrebbe presi a modello "A proposito, ma di quella collega di vostro marito che mi dite, Valeria Ferrante mi pare si chiami…"
"Francesco! Emma! Tocca a voi!" Vincenzo li chiamò e Francesco, come Giorgio prima di lui, ringraziò il cielo che fosse arrivato il loro turno per la foto a salvarli dalla madre del commissario. "Vincenzo" gli disse, tentando di dare un'aria presentabile a Leonardo, che si era messo a scorrazzare nella sala che era stata riservata solo per loro ed era tutto scompigliato e sudato "metti una museruola a tua madre prima che faccia danno" "Ma come faccio, France'?!" si sfogò il commissario "Mammà tiene ancora il dente avvelenato, lo sai" "E allora tieni mammà lontana da Eva, è dall'inizio del pranzo che spara a zero contro di lei".
Emma invece aveva preso in braccio la piccola Mela. Mentre stavano in posa, Klaus ed Isabella che si sbracciavano per attirare l'attenzione dei bimbi durante lo scatto, si accorse che Eva se ne stava in disparte, silenziosa, pur fingendo un sorriso di circostanza. Rimasti gli ultimi a dover assolvere al rito della foto, Emma pensò bene di portare la bambina dalla madre. "Grazie" le disse Eva, riconoscente di quella attenzione, forse la prima della giornata. La bambina non era molto a suo agio tra le braccia della donna, si vedeva chiaramente, ma distraendola un po' con giochetti e canzoncine erano riuscite a non farla reclamare troppo. "Ci sai fare con i bambini … sarai di sicuro una brava mamma … scusa, ho sentito Manuela complimentarsi prima …" "Tranquilla, non fa niente." "Congratulazioni! Di quante settimane sei?" "Grazie! Tredici settimane. Ancora un paio di giorni ed entro nel secondo trimestre" "Wow … goditi i prossimi mesi, allora. Sono i migliori, niente nausee e avrai ancora un aspetto umano" Emma per educazione rispose con un sorriso piuttosto tirato. Capiva il suo punto di vista, ma non lo condivideva; non le interessava delle caviglie gonfie o delle smagliature, non vedeva l'ora che la pancia non le permettesse di vedersi più i piedi o di iniziare a camminare a papera: ogni segno che la gravidanza avrebbe lasciato su di lei, sarebbe stata una cicatrice da portare con orgoglio, il ricordo indelebile della più grande avventura della sua vita.
"Ti invidio sai" disse Eva, a bruciapelo. Emma rimase attonita, non si aspettava una tale confidenza da parte sua "hai una bella famiglia, un uomo che ti ama …" "Eva non parlare così, non siamo tutti uguali e non ambiamo tutti alle stesse cose nella vita. Tu non sei tagliata per una tranquilla vita di provincia, io non potrei mai tenere i ritmi della tua, sempre sotto i riflettori. E va benissimo così." Nel frattempo, i camerieri avevano iniziato a servire la torta al tavolo ed Eva invitò Emma a sedere per un momento al suo fianco "Io ce l'avevo, sai, una vita come la tua … è solo che non sono stata capace di tenermela stretta" "Evidentemente non faceva per te, non te ne fare una colpa" "Forse…" si fermò un attimo per rimuginare, accanendosi con la forchettina sul pan di spagna della torta, che chiaramente non era intenzionata a mangiare; in quel momento, con quella malinconia addosso, Eva avrebbe preferito vomitare piuttosto. Come se non bastasse, aveva notato che sua figlia sembrava più interessata alle faccine che Emma le faceva che a giocare con i ciondoli del suo bracciale "… ma non mi è rimasto niente. Ho perso mia madre ...  non ho un amica vera … persino mia figlia sembra più legata a degli estranei che a me" "Ma questo perché Mela non …" "Non mi conosce"
Emma avrebbe voluto mordersi la lingua, ma Eva le disse di non preoccuparsi, che era la verità e non c'era da nascondersela. Il nodo della questione stava tutto lì: Eva Fernandez, modella conosciuta in tutto il mondo, era un'estranea per sua figlia. La vedeva tutti i giorni in videochiamata, ma non sapeva quale fosse il suo giocattolo preferito, le sue canzoncine non la facevano addormentare e quando finalmente erano insieme, da sole, per i primi 10 minuti non faceva altro che piangere, proprio come con una babysitter qualunque. Prima di lei venivano Valeria, Huber, Emma, Francesco … persino Isabella a 16 anni aveva più feeling con sua figlia rispetto a lei. Ma c'era un problema ancora più grande che Eva non aveva mai veramente affrontato "Non mi sono mai sentita una madre. Non ero convinta quando sono rimasta incinta e non sono riuscita a legare con lei quando è nata. Tutti mi dicevano … vedrai quando la terrai in braccio, sarà tutto diverso … ma io non ho sentito niente"
"Non ti offendere ma … posso chiedere perché lo stai dicendo a me? Magari un professionista potrebbe aiutarti …" Emma non era un'esperta ma quello che Francesco e Valeria le avevano raccontato di Eva e quello che stava leggendo in quelle settimane le dicevano che forse nessuno aveva mai provato a capire se potesse soffrire di depressione post-partum. "Guardati Emma" le disse, quando Mela riuscì ad imporsi e a raggiungere le braccia della zia putativa "tu sei una madre … io a malapena posso andare bene come una zia che le porta i vestiti carini"
"Eva io non lo so perché ti senti così" le disse e lei che aveva tanto combattuto per raggiungere quello aveva in quel momento faceva fatica a non immaginarsi qualcosa di più bello di un sorriso del proprio bambino o delle sue manine calde attaccate al proprio corpo "però posso dirti una cosa: nella mia vita ho apprezzato molto di più l'amore sincero di mia zia che i regali che i miei genitori non mi hanno mai fatto mancare"
Emma avrebbe difficilmente dimenticato la lezione che la sua infanzia le aveva impartito: riconoscere gli affetti e tenerseli stretti, dimostrando l'amore con la propria presenza invece che comprarlo con i regali "se questo è quanto puoi dare a Mela non fa niente, va benissimo, nessun manuale dice come si deve voler bene ad un bambino ... e credimi di questi di tempi ne sto leggendo tanti. Ma sii presente  … non compensare, perché quelle assenze poi le pagherete tutte, sia tu che lei, quando sarà grande. Io ci sono passata."
"Emma?!" Francesco richiamò la sua attenzione a bassa voce, mettendole una mano sulla spalla. Leonardo era letteralmente crollato tra le due braccia "È meglio se andiamo".
 
"Di cosa stavate parlando tu ed Eva?... ieri sera ho dimenticato di chiedertelo" domandò Francesco, all'uscita dal supermercato, sistemando le borse della spesa nel bagagliaio dell'auto. "Mah … di un po' di tutto … di lei, di Mela … poverina mi fa una pena"
"Perché?" "Perché non è la persona che pensavo che fosse … superficiale e insensibile ... in realtà è molto fragile" "Già … e in più anche molto sola" senza più i suoi genitori, Vincenzo non l'aveva capita e non aveva saputo starle vicino quando più le sarebbe stato necessario, così avevano finito per allontanarsi. Francesco si ricordava ancora la loro litigata quando, pieno dei suoi io, con Emma stava facendo gli stessi errori e Vincenzo glielo aveva fatto notare.
"Le ho detto che se vuole parlare io ci sono, ma non sono sicura di essere la persona giusta …" "Tu sei troppo buona, amore mio"
Mentre si mettevano in auto, il cellulare di Emma iniziò a squillare. Emma fissò lo schermo per qualche secondo impietrita, indecisa se rispondere o meno. "Che c'è Emma?" domandò Francesco, preoccupato; poche volte l'aveva vista così "Chi è?"
Emma si passò una mano tra i capelli, chiuse gli occhi e, preso un gran respiro, si decise a rispondere: "Pronto … mamma?!"
 
 

Angolo dell'autrice

Ciao a tutte! La volta scorsa non ho scritto niente perché ero un po' di fretta e volevo a tutti i costi pubblicare il capitolo. 
Oggi faccio solo una piccola spiegazione. Questo capitolo è una ideale seconda parte del capitolo precedente, cioè del III mese di gravidanza, ma per ragioni di lunghezza e ritmo narrativo ho preferito dividerlo in due. Dal prossimo capitolo (non so quando sarà, devo ancora iniziarlo e credo che mi ci vorrà un po') torneremo alla narrazione mese per mese. 
Spero la storia vi stia piacendo e che prima o poi vi decidiate a lasciarmi un commento (grazie a chi lo ha già fatto o vorrà farlo, anche in privato).
A presto!


 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Un passo dal cielo / Vai alla pagina dell'autore: crazyfred