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Autore: ilovebooks3    12/06/2020    0 recensioni
Quattro capitoli incentrati sui pensieri di Lisbon e di Jane durante l’episodio 2x03, quello in cui assistiamo alla famosa scena dell’ipnosi. Buona lettura!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon | Coppie: Jane/Lisbon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Interessante” (P. Jane)
 
 
Non è stato facile farla rilassare, era davvero troppo tesa, ma forse ci sono riuscito. Dopotutto, sono il migliore sulla piazza.
Sta per cadere in trance, lo intuisco dal modo in cui mi sta guardando, come se non capisse più chi sono io e chi è lei. Mi fissa le labbra, mentre anche io mi sorprendo a fissare le sue. Non mi ero mai accorto che fossero così belle. Ma andiamo avanti. Non devo perdere il contatto visivo. Devo passare alla seconda fase dell’ipnosi.
Finalmente, cullata dai numeri e dalle mie parole, Lisbon chiude gli occhi, pronta ad addormentarsi.
Mi avvicino e la accolgo tra le mie braccia per sorreggerla. È così piccola e fragile, così diversa dalla dura poliziotta che sul campo incute rispetto e timore, così diversa dal manesco capo troppo spesso desideroso di mollarmi un pugno sul naso per punire i miei trucchetti ai limiti della legalità, così diversa dalla donna forte sempre pronta a proteggermi, nonostante tutto.
Non la conosco questa inedita Lisbon, ma devo ammettere che i capelli scuri che sto accarezzando sono morbidi e profumano di buono, e che è piacevole sentire il suo respiro caldo contro la mia pelle. Abbandona la testa sulla mia spalla, ormai in mio potere, completamente indifesa. Come sempre si fida di me. Spero di essere all’altezza.
È bello, per un breve istante, stringerla a me.
Ma questo è un pensiero che non posso permettermi. D’altronde, il lavoro chiama.
La faccio sedere sulla poltrona, mentre io mi accomodo di fronte a lei.
Comincio a chiederle, con il mio solito ipnotico tono di voce, di riferirmi tutto ciò che ha fatto martedì.
Ma prima non riesco a rinunciare a un innocente giochetto: “ Prima ascolti un cd delle Spice Girls e balli, vero?”. Tanto non ricorderà nulla di tutto questo, ergo non potrà uccidermi. Lei, sempre ad occhi chiusi, annuisce e accenna qualche movimento a suon di musica, obbediente. È davvero in pieno stato di trance. Sorrido, compiaciuto. Lisbon non è solo la severa agente in tailleur grigio con cui lavoro ogni giorno. È molto di più. Sa anche essere sensuale in un modo tutto suo, a quanto vedo da quelle belle labbra imbronciate e dischiuse, sebbene io non lo ammetterei mai, neanche sotto tortura.
È l’ora di concentrarsi sulla giornata di martedì. Le ordino di elencare tutto quello che ha fatto, può andare veloce o zoomare le scene che preferisce, come se si trattasse di un film registrato.
Lei comincia a descrivere le sue azioni nei minimi dettagli, prima le scartoffie su cui era concentrata, poi la fame e il ragazzo delle consegne che era sexy, e no, questo non me l’aspettavo e preferisco non soffermarmici. “Andiamo avanti”, le suggerisco, un po’ turbato. Ammettilo Patrick, pensavi che dicesse qualcosa del genere riguardo il suo biondo consulente, vero? E invece no. Meglio così.
Ed ecco che arriviamo alla fatidica sera. Lisbon comincia a sudare, a balbettare e ad agitarsi.
“Dove vai, Lisbon?”, le chiedo.
“A casa mia?”, ma è più una domanda che una risposta.
Mi avvicino. È ancora in trance, ma non è più rilassata, anzi l’ansia sta ricominciando a tormentarla, e in queste condizioni l’ipnosi è controindicata.
“Tutto andrà bene, ora”, la rassicuro, nell’estremo tentativo di scoprire la verità.
“Non posso”.
“Cosa vedi? Dove vai?”, insisto.
“Io…non mi ricordo…è tutto buio…”
“Va tutto bene, va tutto bene”, la rassicuro, mentre allontano la mia mano che stringeva istintivamente la sua. Tutto inutile.
“Io non so dove sono andata, il buio più completo, io non so dove sono andata”.
Sta male, e tutta questa sofferenza non porterà a nient’altro, bisogna finirla qui. Non si ricorda davvero.
“Va tutto bene”, le sussurro, mentre le tocco la testa per risvegliarla.
Ora è vigile, ma si alza subito per allontanarsi da me, in preda alla vergogna.
Lo so che le è costato perdere volontariamente il controllo e farsi guidare, abbattendo tutte le se barricate. Il bello è che non è servito a niente.
Anzi, a qualcosa è servito. Non è normale che non ricordi nulla, neanche sotto ipnosi.
Fa una battuta sarcastica, come per dare una parvenza di normalità a tutto questo e per fingersi la solita Lisbon perfettamente padrona di se’.
Io sorrido, ma sto pensando ad altro.
È strano, è tutto molto strano.
Si allontana ancora, e mi chiede, con il terrore negli occhi, perché non ricorda nulla.
Tutto quello che so dirle è che è interessante.
Lo è davvero, ma non nel modo in cui crede lei. Per me Lisbon non è un caso da manuale o un rompicapo. Qui in gioco c’è molto di più.
È interessante, perché forse ho capito tutto. Quella sera è stata drogata. Solo sotto gli effetti di un farmaco ipnotico, una persona non riesce a ricordare un evento perfino sotto ipnosi. Ma, per il momento, decido di non dirle ancora nulla. È troppo presto.
Si nasconde in un angolo della stanza, so che vorrebbe sparire, o che vorrebbe lo facessi io.
Appare così indifesa che, pur odiando i contatti umani, ora desidererei solo abbracciarla.
Mi chiede di non dire nulla di quanto accaduto ai ragazzi della squadra, è ovvio che non lo farò, ed è proprio ora che crolla. Un singhiozzo le sfugge, e pure una lacrima.
Mi avvicino, la conforto toccandole goffamente un braccio, vorrei fare di più, ma non sono mai stato bravo in queste cose, e Lisbon sembra un riccio pieno zeppo di aculei che non deve essere toccato né compatito.
Desidera che la lasci sola.
E io obbedisco, anche se è l’ultima cosa che vorrei fare.
Le prometto che scoprirò la verità, e so che ci sono quasi arrivato. Devo solo verificare qualche cosetta.
Me ne vado, lasciandola qui, piegata su se stessa come un animale che deve leccarsi le ferite da sola.
Lisbon è forte, e domani mattina lo sarà più che mai, lo so.
Me ne vado perché è giusto così.
Anche se una piccolissima parte di me vorrebbe soltanto che lei si stringesse a me e appoggiasse la sua testa sulla mia spalla, ancora una volta.
Però non glielo dico.
  
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