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Autore: EleonorChamber    14/06/2020    0 recensioni
Buonsalve a tutti/e! Ormai era qualche anno che non pubblicavo; cominciai a scrivere questa ff anni fa, nel lontano 2011 o 2012, poco dopo aver terminato Skyrim per la seconda volta. Adesso l'ho ripresa in mano e la sto riscrivendo e sistemando sulla base della vecchia versione - era troppo piatta, troppo più simile al gioco, peccava di ben poca fantasia.
La trama è semplice, sperimentata in prima persona dal punto di vista del Sangue di Drago; riprende sostanzialmente le vicende del gioco, ma con l'aggiunta di una possibile love story con Ulfric Manto della Tempesta.
Non ho una grandissima immaginazione, però sto cercando di renderla più verosimile. Non sarà ancora abbastanza perfetta o forse all'altezza, ma spero che gradiate questa mia storia.
Genere: Avventura, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alduin, Dovahkiin, Ulfric Manto della Tempesta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2 - Prima della tempesta

 

Giungemmo a Riverwood quando le stelle cominciarono ad accendersi nel cielo, ancora tinto di varie tonalità di rosso e di arancio sempre più fredde. C’erano poche guardie di pattuglia e la vita nel villaggio sembrava poco movimentata, soprattutto silenziosa.

Stava imbrunendo, per cui gli abitanti si apprestavano a terminare le proprie attività per rincasare o dirigersi alla taverna; era un pittoresco paesino rurale Nord, antico chissà quanti secoli, che si sviluppava sulla strada principale sul margine del fiume e si estendeva con poche altre capanne verso la rigogliosa pineta che sembrava quasi inghiottirlo, al ridosso della montagna. Il posto sapeva di vecchio, e di sicuro i locali dovevano essere gente poco incline ad allontanarsi dalla propria casa, vivendo di legname, orto e bestiame.

Ralof mi spiegò che Riverwood, all’apparenza piccola e insignificante, era un’importante fonte economica all’interno del feudo, poiché la legna che veniva lavorata nella sua segheria serviva per rifornire Whiterun, la capitale.

<< La nostra famiglia si stabilì qui alcune generazioni fa >>, mi raccontava. << All’inizio i miei antenati erano boscaioli. Mia sorella e suo marito Hod adesso gestiscono la segheria. Poi abbiamo Alvor e sua moglie Sigrid, che si guadagnano il pane affilando asce e riparando la segheria… Mh, sembra che nessuno abbia visto il drago; probabilmente non è ancora passato di qui >> osservò poi, notando la monotonia degli abitanti. << Vieni, andiamo a vedere se Gerdur è ancora alla segheria. >>

Girammo sul pontile che si allungava sulla sinistra subito oltre la postazione di guardia e ci fermammo su un isolotto puntellato da qualche albero, dove la segheria si affacciava sulle correnti cristalline. I tronchi tagliati ma ancora da lavorare erano stati ammassati da una parte, c’erano anche un piccolo tavolo da lavoro e un ceppo per tagliare la legna.

Una donna alta dalla pelle abbronzata e sporca si girò verso di noi: << Gerdur! >>, esclamò Ralof allargando le braccia e andandole in contro.

<< Fratello! Mara è misericordiosa, come sono felice di vederti! Eravamo così in pensiero... Abbiamo saputo che Ulfric è stato catturato. Stai bene? >>, disse lei dandogli uno stretto abbraccio, e senza curarsi che le sue mani guantate e il suo grembiule da lavoro fossero ricoperti di terra e segatura. Anche se, a ripensarci bene, non potevo dire che in quel momento pure noi versavamo in uno stato più decoroso di lei.

Aveva la chioma di un biondo paglia identico a quello del fratello, con le ciocche davanti raccolte in una treccia poggiata su dei lunghissimi boccoli lasciati sciolti.

<< Adesso sì, puoi stare tranquilla >>, la rassicurò Ralof.

<< Sei ferito? Da dove arrivi? Che è successo...? Chi c’è con te? >>, esclamò freddamente Gerdur, appena si rese conto che ero lì.

<< Un’amica. Presto una compagna. Le devo la vita! >>, sorrise riconoscente Ralof, girandosi per guardarmi. Io gli sorrisi di rimando, poi lo vidi riportare gli occhi sulla sorella. << Gli Imperiali ci hanno deportati a Helgen, ma grazie agli Dei siamo riusciti a scampare alla forca appena in tempo. Mi ha aiutato a fuggire, e senza di lei sarei sicuramente morto >>

<< Qui siete al sicuro ora >>, mormorò Gerdur. << Ve la siete fatta a piedi da Helgen? Per Talos, con quello che avete passato sarete esausti e affamati! >>

<< Sorella, c’è un posto tranquillo in cui possiamo parlare? Non c’è modo di sapere quando gli Imperiali sapranno di quanto è accaduto a Helgen... >>, la interruppe Ralof abbassando la voce, nella speranza di non attirare l’attenzione della poca gente che ancora attraversava le vie del villaggio o delle guardie. Entrambi avevamo i vestiti ricoperti di cenere, polvere e sangue, mezzi stappati e i miei erano anche bruciacchiati su più punti.

<< Certo. Seguitemi, vi porto a casa mia. >>

Si guardò un attimo attorno e con più discrezione possibile ci facemmo condurre dall’altra parte del villaggio, senza proferire parola, se non da Gerdur per darci delle brevi indicazioni lungo il tragitto, per evitare di attirare l’attenzione e sperando che le persone in giro avrebbero scelto di ignorarci; la notte stava scendendo, per cui anche le ombre del tramonto avrebbero aiutato a mascherare le nostre pessime condizioni.

La notizia della cattura dello Jarl di Windhelm doveva aver già fatto il giro di tutta Skyrim, e probabilmente con più velocità si stava spargendo la notizia della venuta del drago, se qualcun altro era sopravvissuto alla carneficina o se quel mostro era stato avvistato altrove: se gli abitanti di Riverwood si fossero resi conto da dove provenivamo, saremmo stati sicuramente costellati di domande alle quali non avevamo voglia di rispondere, non in quel momento, e l’armonia pacifica del villaggio sarebbe caduta nel panico.

La casa di Gerdur si trovava a pochi passi dal confine orientale dell’insediamento, che da lì conduceva in salita verso la montagna.

Era una capanna di medie dimensioni fatta di pietre e paglia, con un cortile recintato che ospitava un minuscolo orto, qualche pollo a razzolare e una vacca, la più ispida e pelosa che avessi mai visto prima di allora, tanto che all’inizio non capii se stessi guardando un piccolo mammut parecchio bizzarro.

Gerdur ci invitò ad entrare, poi si assicurò che nessuno ci stesse guardando o seguendo e ci raggiunse, chiudendo a chiave la porta. Mi ritrovai in un ambiente fin troppo rustico rispetto a com’ero abituata ma decisamente ben riscaldato, con uno scoppiettante camino la cui vista fu un sollievo per le mie membra infreddolite e sul quale una pentola stava lentamente cuocendo, emanando un invitante profumo di zuppa di carne speziata.

Mi tolsi il mantello dalle spalle e lo restituii a Ralof, mentre Gerdur si sfilava i guanti da lavoro per infilarseli nella tasca del grembiule e avanzava verso la credenza per prendere un paio di ciotole, cucchiai e due boccali e disporli in due posti uno di fronte all’altro sul tavolo. << Accomodatevi pure, oramai la zuppa dovrebbe esser pronta >>, disse andando a chinarsi sulla pentola per controllare la brodaglia.

Io e Ralof eravamo esausti e avevamo entrambi lo stomaco che gorgogliava, per cui non ce lo facemmo dire due volte. Gerdur tornò pochi istanti dopo con la pentola fumante in mano, versò due o tre ramaiolate nelle nostre ciotole e finì di apparecchiarci la tavola con del pane, qualche fetta di formaggio e una bottiglia di vino.

Il mio primo assaggio della cucina casalinga locale, semplice ma accogliente. Per un po’ Gerdur lasciò che mangiassimo, senza alcuna fretta facendoci prendere il nostro tempo, lasciando che il nostro corpo si rifocillasse e che le nostre menti si rilassassero, riavendosi dalla disavventura appena trascorsa.

<< Allora, fratello, dimmi. Che è successo? Cos’è questa storia di Helgen? >>, cominciò poi a chiedere, una volta che la zuppa fu sparita dalle ciotole ed eravamo passati a mangiucchiare un po’ di pane e formaggio.

Il Nord rimase in silenzio per un attimo, per poi sussurrare lentamente e con tono vagamente pensieroso: << Non ricordo l’ultima volta che ho dormito. Da dove cominciare…? Dunque, le notizie che hai sentito su Ulfric erano vere. Gli Imperiali ci hanno teso un agguato verso il confine meridionale, al Passo dal Pale, era come se sapessero esattamente dove e come trovarci. È stato proprio ieri, dovevamo dirigerci con Ulfric verso Riften. Questa mattina ci siamo fermati a Helgen, dove pensavo che tutto fosse perduto... eravamo in fila davanti al boia che era pronto a decapitarci. Non hanno nemmeno osato dare ad Ulfric un giusto processo: tradimento per aver combattuto per la sua gente! >>, sbottò rabbioso, ma poi sospirò. << Tutta Skyrim avrebbe visto la verità. Forse ora non crederai alle mie parole, sorella, ma poi, dal nulla… l’attacco di un drago! >>

Udii chiaramente la donna trattenere il respiro da sopra lo scoppiettio del fuoco. La vidi guardare Ralof come a uno che doveva aver evidentemente esagerato con l’idromele. Buttò gli occhi verso di me e le feci un breve cenno di conferma.

<< Un drago? Ma intendi proprio… in carne ed ossa? >>, esalò infine, ancora chiaramente scettica.

<< Quasi non riesco a crederci neppure io. Ed ero lì! Quel drago è apparso nel cielo e ha distrutto tutto quanto. C’è stato il panico. Ma per quanto possa sembrare strano, saremmo tutti morti se non fosse stato per il suo arrivo. Beh, a dirla tutta, non mi sarei mai aspettato di farmi accudire dal boia in persona... >>, aggiunse Ralof ridendo. << Grazie alla confusione, siamo riusciti a fuggire. Ma… Gerdur, siamo davvero i primi ad essere giunti a Riverwood? >>

<< Per quanto ne so, nessun altro è arrivato dalla strada meridionale, oggi >>

<< Non so se ci sono altri superstiti. Io stesso non ce l’avrei fatta senza di lei – per un attimo guardarono entrambi nella mia direzione –, sarei morto tra le fiamme o nelle fauci di quel mostro. Forse possiamo riposarci qui per un po’, ma presto dovrò fare ritorno a Windhelm e avvisare tutti su quanto è accaduto. Anche se non vorrei mettere in pericolo la tua famiglia, Gerdur... >>

<< Ma non dire assurdità! Tu e la tua amica siete i benvenuti. >>

A quel punto la Nord si rivolse a me.

<< Gli amici di Ralof sono i miei amici. Ti farò avere una copia di riserva della chiave della mia casa, in caso tu ne dovessi avere bisogno. Se ti serve altro devi solo farmelo sapere... >>, nonostante le sue parole fuoriuscissero gentili dalle sue labbra, notai ancora un velo piuttosto diffidente nel suo tono, poi vidi che mi guardava meglio. << Non sembri molto in forma. Scommetto che anche tu non devi essertela passata bene mentre eri prigioniera >>

<< In realtà sono appena arrivata. C’è stato un equivoco proprio sul confine con… >>, bloccai la frase lì, buttando un’occhiata imbarazzata a Ralof.

Gerdur sembrò capire e assunse un’espressione più dispiaciuta, ma non sembrò ancora rilassarsi. Doveva essere chiaramente una persona a cui non piaceva fidarsi dei primi stranieri che incontrava.

<< Oh, mi dispiace molto, credimi. Quei cani maledetti!, condannare perfino un’innocente senza sentir ragioni, non hanno un briciolo di umanità. Ma per adesso non pensiamoci più, fermati pure tutto il tempo che vuoi; qui potrai risistemarti, se hai bisogno di monete posso dartene. Ma abbiamo anche una guerra da combattere, hai dei cari a cui tornare? >>

<< Ho la mia famiglia a Cyrodiil. Ma no, non ho intenzione di andarmene, se è quello che pensi. Sono venuta via per uno scopo e intendo perseguirlo >>

<< Mh, mi fa piacere sentirti ancora così determinata, molti non la penserebbero allo stesso modo, non dopo tutto quello che hai passato. Molti se ne stanno andando per via della guerra. Spero che tu comprenda la nostra causa >>, commentò Gerdur.

<< Naturalmente >>, risposi.

Si limitò a guardarmi, accennando un sorriso smorzato (che mi sembrò più incerto che altro), poi si alzò dalla sedia e tornò a rivolgersi ad entrambi.

<< Purtroppo qui per dormire staremo un po’ stretti, per cui vi suggerisco di cambiarvi e prendere alloggio alla locanda. Penserò io a parlare con Delphine >>

<< Grazie, sorella. Sapevo che potevamo contare su di te >>, esclamò riconoscente Ralof.

<< Delphine? >>, chiesi io, guardandolo.

Lui mi guardò e sorrise divertito. << La locandiera. È una Bretone col muso da triglia, impossibile non riconoscerla. È famosa per essere una personcina piuttosto sgradevole… >>

<< Adesso però devo tornare un attimo alla segheria a finire di sistemare alcune cose, ma a momenti dovrebbero rientrare anche Hod e Frodnar >>, disse Gerdur. Poi si girò un attimo verso il fratello, che stava ancora seduto al posto davanti al mio al tavolo. << Ma, Ralof? Credi che si sia salvato qualcun altro da Helgen? Ulfric...? >>

<< Non temere, sono certo che ce l’ha fatta. Dopotutto, è Ulfric Manto della Tempesta >>

<< Ho capito. Vai a riposarti, adesso. In quanto a te, ragazza, sarò lieta di aiutarti come vorrai, per qualunque cosa si tratti. >>

Sentii le guance scaldarsi. Tutte quelle attenzioni stavano cominciando a farmi sentire un po’ in imbarazzo. << Grazie, ma credo che andrò a riposarmi anch’io... >>

<< Ma certo. Ci sono degli indumenti nel guardaroba >> continuò, indicandomi un armadio poco distante, << In realtà sono un po’ vecchiotti, ma per il momento basteranno. Fa’ pure come se fossi a casa tua >>

<< Ehm, per ora credo che possa bastare. Grazie ancora >>, le mormorai riconoscente, e con un sorriso.

<< Come ho detto, sono felice di aiutare come posso. >>

Se non fosse stato per quello spiacevole spettacolo da parte dell’Impero, probabilmente avrei trovato una buona ospitalità a Skyrim. Non capivo però come mai Gerdur nutrisse ancora quella diffidenza nei miei confronti, ma dovevo anche riconoscere che in fondo la capivo: la straniera che la donna aveva davanti era un’Imperiale, rappresentavo qualcosa e qualcuno che in quel momento per i Nord era da considerarsi un nemico, nonostante non avessi niente a che vedere né con l’esercito né con la politica. Forse era anche a causa dell’influenza dei Thalmor a rendere l’Impero più rigido del solito. Eppure, quando ancora vivevo a Cyrodiil, le guardie e gli ufficiali Imperiali erano sempre stati gentili e disposti… mi facevano sentire al sicuro. Beh, fino a poco tempo prima.

Un secco bussare alla porta mi fece bruscamente tornare all’interno della casa. Vidi Gerdur affrettarsi ad andare ad aprire e immediatamente sbucò un bambino dai capelli lunghi e biondi, l’aria vivace e una mantella pesante avvolta sulle spalle. Era accompagnato da un grosso cane dal muso sorridente che a vederlo doveva essere parecchio vecchio.

<< Zio Ralof! >>, esclamò non appena vide il Nord e si precipitò ad abbraccialo. << Sei venuto a trovarci! >>

<< Ehi, giovanotto! >>, lo salutò Ralof scompigliandogli i capelli. << Ma guardati, oramai sei quasi un uomo adulto. Non passerà molto tempo prima che ti unirai a noi >>

<< Sì! Non vedo l’ora di unirmi ai Manto della Tempesta e combattere contro l’Impero! >>, rispose entusiasta il bambino – del resto, come tutti quelli della sua età.

<< Come un vero Nord >>, affermò Ralof tutto orgoglioso.

<< Posso vedere la tua ascia, zio? Quanti Imperiali hai ucciso? >>

<< A tavola a mangiare, Frodnar. Tuo zio ha da fare con la nostra ospite >>, ma lo richiamò Gerdur, da qualche parte alle sue spalle.

<< Uffa, mamma! Ma io voglio parlare con lo zio Ralof...! >>, sbuffò lui, andando a sedersi sulla sedia accanto al Nord.

<< Lo sai come bisogna comportarsi quando ci sono ospiti, Frodnar >>, lo rimproverò Gerdur.

<< Non preoccuparti. Tu torna pure alla segheria, a lui ci penso io >>, soggiunse Ralof.

<< Ne sei sicuro? Hai sempre avuto difficoltà anche ad allacciarti le scarpe da solo… >>

<< Dopo oggi sono perfettamente in grado di sopravvivere a qualunque cosa, puoi contarci >>, ridacchiò lui.

<< Va bene, allora. Sarò di ritorno tra poco. >>

Mentre Ralof si apprestava ad occuparsi di suo nipote, io mi diressi verso il guardaroba che mi aveva indicato Gerdur e ne tirai fuori dei vestiti di ricambio: finalmente abbandonai gli stracci da prigioniera e li sostituii con una camicia, delle brache e degli stivaletti decisamente più caldi.

Ad essere sincera in quel momento sentivo anche il bisogno di farmi un bagno per togliermi di dosso tutto lo sporco che avevo accumulato in quei giorni, ma ero troppo stanca per averne anche solo la forza, e inoltre non mi andava di disturbare o abusare troppo dell’ospitalità della famiglia di Gerdur, così tornai da Ralof a riferirgli che mi avviavo alla taverna. Presi una mantella di lana dal guardaroba, me la avvolsi sulla testa e sulle spalle e uscii di casa.

L’aria della notte era ovviamente gelida, ma almeno ero più coperta. Mancava poco all’autunno, era la fine della stagione estiva, ma molte delle terre meridionali di Skyrim al ridosso delle Montagne di Jerall rimanevano comunque fredde e umide.

La locanda del villaggio, Il Gigante Addormentato, si trovava in fondo alla strada principale, proprio vicino alla postazione di guardia settentrionale che conduceva fuori dall’insediamento. All’interno mi sembrò di essere in un forno da quanto caldo c’era, anche per lo sbalzo di temperatura, e vidi alcuni dei locali riuniti a bere e a conversare davanti al falò che occupava gran parte del centro della sala.

<< Sono la locandiera, e il mio lavoro è tenere d’occhio gli stranieri >>, si presentò una donna quando mi avvicinai al bancone.

Dai lineamenti riconobbi che era una Bretone. Sembrava andare verso la mezza età, aveva i capelli raccolti in una coda e indossava un vecchio abito azzurro con un corsetto marrone. Doveva essere quella Delphine di cui avevo sentito parlare a Ralof e Gerdur. << Che cosa posso fare per te? >>

<< Gerdur mi ha detto che avrebbe parlato con te riguardo a una stanza in affitto >>

<< Ah sì, sei tu… Che sciocca, avrei dovuto immaginarlo. Bene, seguimi. Da questa parte. >> Mi portò in una stanzetta sulla sinistra del bancone, talmente piccola che comprendeva il minimo indispensabile per un alloggio, ovvero un letto, un baule, un piccolo guardaroba, un tavolino e una sedia. << Ecco qua. Se hai bisogno di altro fammelo sapere. Al pagamento ci ha già pensato Gerdur. Fa’ come se fossi a casa tua >>, disse infine, per poi dileguarsi chiudendo anche la porta.

Avevo notato che il suo era un tono di voce particolarmente duro oltre che visivamente altezzoso, quasi si sforzasse ad essere gentile con i suoi clienti. Ma poco importava.

Ero totalmente esausta, e ormai a quell’ora non avrei potuto fare altro; così mi sdraiai sul letto a pancia sopra e chiusi gli occhi, senza pensare nemmeno di svestirmi o togliermi gli stivali e mettermi sotto a quelle morbide ed invitanti coperte di pelliccia. L’unico timore che ebbi fu il non riuscire a prendere sonno, malgrado la stanchezza, non dopo tutto quello che era successo e con la testa piena di preoccupazioni e pensieri, uno più confuso dell’altro, soprattutto al riguardo di quel drago.

Chissà dov’era in quel momento e cosa stava facendo. E se avesse deciso di attaccare il villaggio proprio quella notte? No, il drago era molto lontano da lì, ne ero sicura – e volevo esserlo.

Qualcuno bussò alla porta.

<< Avanti >>, risposi.

La porta si aprì a spiraglio e vidi fare capolino la chioma bionda di Ralof. << Scusa, stavi dormendo? >>

<< No, entra pure… >>, gli sorrisi.

<< Lo so che non è il momento migliore e che probabilmente vorresti essere lasciata in pace, ma volevo chiederti una cosa >>, chiuse piano la porta e venne a sedersi sulla sedia accanto al letto, massaggiandosi nervosamente il collo. Io ancora da stesa mi tirai su sui gomiti per guardarlo meglio.

<< Spara >>

<< Voglio partire il prima possibile per Windhelm. Perciò volevo sapere se ti andrebbe di accompagnarmi. >>

Lo guardai in silenzio per un attimo, e con un certa circospezione. << Perché dovrei venire con te? >>, mormorai.

<< Ricordi la proposta che ti ho fatto oggi? >>

<< Sì, non ho ancora deciso… >>

<< Non fa niente, capisco benissimo. Non è una decisione da prendere alla leggera. Lo capirò, quando e se sarai pronta. In tal caso, metterò una buona parola per te se riesco a tornare prima a Windhelm. … Lo sai? Vedo una bellissima stoffa combattiva in te, non saprei spiegartene il motivo, ma mi ispiri una grande forza di volontà e fiducia >>

<< Oh! >>, ridacchiai. << In realtà non sono mai stata coraggiosa, però ho un grande istinto di sopravvivenza, quello sì. Probabilmente è tutto ciò che mi serve per tirare avanti >>

<< Sarà anche come dici tu, ma io oggi ho visto molto di più a Helgen. >>

Non risposi, anche perché non sapevo esattamente cosa dirgli e mi sentivo un po’ a disagio. Così mi ristesi e lasciai calare il familiare e confortevole silenzio. Ognuno di noi era perso nei propri pensieri.

<< Come siete finiti ad essere prigionieri degli Imperiali? >>, chiesi dopo poco.

Udii Ralof sospirare amareggiato; mi girai a guardarlo e lui deviò leggermente lo sguardo.

<< Eravamo in missione con Ulfric, ma le guardie Imperiali ci hanno teso un’imboscata perfettamente organizzata. Ci stavano aspettando, in qualche modo. Eravamo d’inferiorità numerica rispetto a loro di almeno cinque uomini, Ulfric ci ha ordinato di smettere di combattere, immagino non volesse che perissimo tutti per niente. Pensavo ci avessero portati a sud di Cyrodiil, che ci avrebbero fatti sfilare davanti all’Imperatore... ma poi ci siamo fermati a Helgen, e il resto lo conosci >>, mi guardò con un mezzo sorriso.

<< Il Generale Tullius ha accusato Ulfric di aver ucciso il Re dei Re e averne usurpato il trono. La guerra è scoppiata per questo? >> domandai, ricordandomi l’attimo davanti al patibolo.

<< L’Impero dice che è stato assassinato, ma in realtà è stato un leale duello nel rispetto della tradizione Nord >>, affermò Ralof. << Ulfric lo ha affrontato accusandolo di aver tradito Skyrim e lo ha battuto singolarmente. Se Torygg non ne è uscito vincitore, allora significa che non meritava di essere lui il Re dei Re. E finché l’Assemblea non ne sceglierà uno nuovo, il trono di Skyrim rimarrà vuoto. E questo non avverrà fino a che ci sarà la guerra… non preoccuparti però, per noi è Ulfric il legittimo Re dei Re. Lui scaccerà l’Impero, e Skyrim avrà finalmente la pace >>

<< Perché allora l’Impero non ha riconosciuto che è stato un duello leale? >>

<< Perché l’Impero non si è mai curato né di noi né delle nostre tradizioni, intento com’è a gettare via il proprio onore >>, sputò Ralof. << A Skyrim non piace sentirsi dire quello che deve fare. E cercare di farci dimenticare il Culto di Talos… è come se ci avessero ordinato di mozzarci tutti le orecchie! >>

Mi limitai a fargli un cenno con la testa di aver capito e posai lo sguardo sul soffitto, fino a quando non sentii aggiungere un preoccupato << Mi sembri triste. Va tutto bene? >>, dopo qualche altro minuto di silenzio, evidentemente notando che ero un po’ persa. Si allungò verso il mio viso, fissandomi attentamente negli occhi nonostante lì per lì non lo ricambiai.

<< No, stavo solo pensando che avrei voluto aver incontrato persone come te anche da dove vengo >>, risposi.

<< Intendi belli da morire e affascinanti luogotenenti Manto della Tempesta? >>, scherzò facendo il finto vanitoso.

Io rialzai gli occhi e risi, picchiettandogli anche la mano sul braccio.

<< Sai, credo che potresti anche essere l’unica Imperiale favorevole alla libertà di Skyrim, sei un caso più unico che raro. Se solo molti fossero come te... >>

<< Non ci trovo nulla di strano nell’essere altruisti. Non per vantarmi, ma anch’io ho sempre pensato che molti dovrebbero essere come me: perché molte persone a Tamriel sono egoiste, pensano solo alla propria immagine e al proprio potere >>

<< E anche l’Impero, purtroppo, è così >>, annuì Ralof.

<< Se mai decidessi di unirmi a voi, come faccio per arruolarmi? >>

<< La capitale di Ulfric è Windhelm, a nord-est da qui. Devi parlare con Galmar Pugno Roccioso, il suo braccio destro, si occupa lui delle nuove reclute. Lo sai? Sono davvero felice che hai scelto di venire con me. So che l’idea della guerra ti spaventa, lo capirò se dovessi rifiutare, però sono anche sicuro che potremmo essere degli ottimi compagni d’armi, io e te. >>

Io e Ralof continuammo a parlare per almeno un’altra ora o più. Ci lasciammo alle spalle gli argomenti di guerra e ne approfittammo per conoscerci, poi lui mi raccontò com’era l’abitudinaria vita della gente del villaggio, mi illustrò le pochissime botteghe che c’erano, la locanda, la segheria e la forgia. Riverwood era un insediamento piccolo ma, allo stesso tempo, più grande e più organizzato rispetto a molti degli altri presenti nella provincia, protetto dalle catene montuose che lo circondavano dalle intemperie più violente, piuttosto isolato dal resto del feudo per via del grande fiume e della foresta che lo abbracciavano. Ma rimaneva pur sempre esposto ai pericoli del cielo, come appunto la minaccia di un drago. A parte questo, era un luogo grazioso e piacevole in cui poter trovare ristoro.

L’indomani trovai dei vestiti e delle scarpe dall’aspetto decisamente più presentabile sistemati con cura ai piedi del letto, e quando li indossai scoprii che erano sorprendentemente caldi e comodi.

Quando aprii la porta della mia stanza notai che nella taverna in quel momento non c’era nessuno: c’erano soltanto l’oste appostato dietro al bancone e la locandiera intenta a spazzare. E a giudicare dalla luce che filtrava dalle piccole finestre capii che il sole era molto alto, forse quasi ora di pranzo.

<< Buongiorno, dormito bene? >>, mi salutò Orgnar.

Delphine mi offrì una fetta di torta alle mele e del latte per colazione. Probabilmente dovevano essere inclusi nel conto che le aveva pagato Gerdur. << Sentito? Dicono che un drago ha attaccato Helgen. Hm! A me sembrano tutte sciocchezze >>, sentivo brontolare nel frattempo la Bretone, e ogni tanto rimbeccare anche suo marito per qualcosa.

Una volta che ebbi finito di mangiare e dopo aver ringraziato mi diressi verso la casa di Gerdur. Raggiunsi il cortile dell’abitazione, dove le mucche e le capre pascolavano e le galline razzolavano. Vidi Gerdur occupata a zappare la terra nell’orto al di là del recinto:

<< Buongiorno Gerdur >>, la salutai.

<< Salve. Hai trascorso una buona notte? >>, disse, alzando la testa ma senza interrompere il proprio lavoro.

<< Sì, grazie. Dov’è Ralof? >>

<< Da Alvor, alla forgia. Si è svegliato presto, stamani. Ha detto che vuole partire il prima possibile per Windhelm. >>

<< Oh, va bene… >>, abbassai lo sguardo. Presto avremmo preso ognuno la propria strada e mi chiesi quando e se lo avrei rivisto, se non fossi andata con lui.

<< Tu hai già pensato a cosa fare? >>

<< Non lo so ancora, devo continuare a pensare. Ma credo che per il momento mi fermerò qui, se a te non crea disturbo >>

<< Affatto >>, sorrise la Nord continuando a rastrellare il terreno.

<< Be’, intanto potrei anche dare una mano qui e guadagnarmi il necessario per poter partire… >>

<< Oh, a tal proposito: c’è una cosa che ho bisogno tu faccia per me. Noi, ne abbiamo bisogno. Saresti disposta a farlo? >>

<< Di cosa hai bisogno? >>, la guardai. Il tono con cui lo aveva detto mi aveva già fatto capire che si trattava di qualcosa di molto grave e importante allo stesso tempo.

<< Il nostro Jarl, Balgruuf, deve sapere che c’è un drago a piede libero nel feudo e Riverwood è priva di difese. Puoi dirigerti a Whiterun a portagli questo messaggio e chiedergli di inviare tutti i soldati che può? Se farai questo per me, ti sarò debitrice >>

<< Dove si trova Whiterun? >>

<< Non è molto lontana da qui. Di solito andavamo al mercato del posto circa una volta al mese, finché la guerra e il resto hanno reso pericolose le strade. Attraversa il fiume e poi dirigiti a settentrione, non ti puoi sbagliare. La vedrai, subito dopo le cascate. È la capitale di questo feudo, il più grande e migliore dei nove feudi di Skyrim, a parer mio... ma non devi credermi sulla parola >>, ridacchiò, << Quando deciderai di partire, ti mostrerò la via. Non temere, ci vuole poco per arrivarci, anche a piedi: è proprio dietro quella collina laggiù, oltre la foresta >>

<< Vedrò cosa posso fare quando sarò dallo Jarl. Puoi stare tranquilla, Gerdur. >>

Lei mi guardò e mi sorrise di nuovo. Per la prima volta da quando mi aveva incontrata, i suoi occhi e il suo sorriso erano sinceri.

Mi appoggiai con gli avambracci sullo steccato della recinzione e assunsi una posizione più rilassata. << Che tipo è lo Jarl? Sei sicura che mi ascolterà? >>, dissi.

<< Lo Jarl Balgruuf? >>, Gerdur smise di lavorare e si appoggiò sul manico della zappa. << Beh, non voglio mancargli di rispetto, dato che da molti anni governa sul feudo. Balgruuf il Grande. È un brav’uomo, ma ora sembra aver perso completamente il senno! Alcuni qui in paese lo ritengono un po’ troppo ossessionato dai complotti, ma del resto viviamo in un’epoca pericolosa. Finora è riuscito a rimanere estraneo alla guerra, ma non credo che possa riuscirci in eterno: prima o poi, dovrà scegliere da che parte stare, e temo che farà la scelta sbagliata… >>

<< Credi che sceglierà di schierarsi con l’Impero? >> le chiesi, mentre lei si sistemava meglio la stola intorno al collo e riprendeva a zappare.

<< Beh, non sembra che ami particolarmente né Ulfric né Elisif, lo Jarl di Solitude. Ma del resto, come biasimarlo? Balgruuf è un cittadino Nord, ma col tempo si è particolarmente attaccato all’Impero. Temo che alla fine si dimostrerà leale verso l’Imperatore, io però voglio anche continuare a pensare che difficilmente arriverebbe a scegliere Elisif piuttosto che Ulfric sul trono di Skyrim. Insomma, che non è un traditore. >>

Elisif la Bella. Anche se ero a Skyrim da poco avevo già sentito il suo nome, quando la notizia delle sue nozze con il Re dei Re Torygg aveva fatto il giro di Tamriel alcune settimane prima. Era una donna giovanissima, e poco tempo dopo il giorno del suo matrimonio si era già ritrovata vedova. Mai lo Jarl di Windhelm avrebbe permesso a Elisif di salire al trono di Skyrim come Regina delle Regine; non che lei non ne avesse avuto il diritto o colpa verso il suo popolo, ma i Nord ritenevano Re Torygg un traditore che non meritava la corona perché si era venduto all’Impero. Dopo la morte del Re, molti a Skyrim vedevano la povera Elisif ridotta come un burattino nelle mani del Regno degli Aldmeri e dell’Impero stesso.

<< Mh… >>, ormai stavo cominciando ad avere un quadro un po’ più completo della faccenda, anche se ascoltare pure il parere di qualcuno fra i Nord che era favorevole all’autorità Imperiale mi avrebbe aiutata un po’ di più a tirare le somme.

Neanche l’idea di dover perdere fiducia nell’Impero mi piaceva. Non ero sicura di voler appoggiare una delle due fazioni in guerra, Skyrim non era ancora la mia casa, e quindi non mi sentivo nemmeno in dovere di dover schierarmi e rimanere semplicemente neutrale. Ma per quel poco che ne sapevo all’epoca, provavo molta più compassione per i Nord, e la mia lealtà all’Impero era inevitabilmente sempre meno.

<< Per il resto, come stai Gerdur? >>, dissi infine, cambiando argomento.

Lei si interruppe di nuovo e tirò un sospiro stanco. << Spero solo che la guerra non arrivi a Riverwood. Ci sono abbastanza problemi al mondo senza che se ne creino altri. E adesso con questa storia del drago… Guarda, non voglio neanche pensarci >>, la vidi rimettersi a lavorare con più foga per distrarsi dalla situazione in cui Skyrim stava versando.

La guardai ancora per qualche attimo, fino a quando non presi una decisione. << Mi avvio verso Whiterun. Ralof, se può, deve aspettarmi >>

<< Sicura di non volerti riposare ancora? >>

<< Quel drago è più importante al momento >>

<< Hai ragione. Entra pure in casa e prendi ciò di cui hai bisogno per il viaggio. Dovrebbe esserci una bisaccia in giro da qualche parte. Tieni, questa è la copia della chiave. Ti aspetterò qui. >>

Mi soffermai ad osservare meglio l’interno rurale ma confortevole dell’abitazione. Le pareti erano di pietra e legno solido e portavano una forte sensazione di sicurezza, mentre il calore del falò e la luce delle candele mi facevano sentire come a casa.

Chiusi gli occhi e cercai di scacciare i ricordi della mia famiglia che avevo lasciato a Cyrodiil, accompagnandoci insieme anche un sospiro nostalgico; sapevo che in quel momento avevo ormai poche possibilità per tornare indietro. Mi avvicinai al fuoco del camino per cercare di recuperare un po’ di calore, quindi mi misi a frugare in cerca della bisaccia, racimolai dalla tavola qualche provvista e qualche moneta d’oro – nei limiti del buonsenso, naturalmente – e raggiunsi la donna in cortile.

<< Vieni, ti faccio vedere che strada devi prendere. >>

Attraversammo l’insediamento fino al cancello settentrionale accanto alla locanda, dalla parte opposta della strada rispetto a quella da dove ero entrata la prima volta con Ralof. << Questo è il ponte che porta fuori dal villaggio, limitati a seguire la strada. Raggiungi la Distilleria Honningbrew, svolta a sinistra e la strada ti condurrà alle porte della città. Quando arrivi a Whiterun, continua a salire. Una volta sulla cima della collina sarai a Dragonsreach, il palazzo dello Jarl. >>

Prima di partire, però, mi volle allungare ancora qualche moneta che teneva in tasca e il suo pugnale di ferro. Difficilmente bestie e briganti si appostavano lungo le strade principali quasi costantemente pattugliate, soprattutto di giorno, ma la sicurezza era sempre la benvenuta in luoghi come Skyrim: non lo sapevi mai quando un orso, una tigre o un lupo decideva di cacciare proprio mentre eri tu di passaggio.

<< Che Talos ti protegga >>, disse infine.

La salutai, assicurandole che avrei fatto presto ritorno e mi incamminai lungo la strada, accompagnata dal fragore delle cascate del fiume e dal canto degli uccelli, pensando nel frattempo se qualcun altro avesse avvistato il drago e già avvertito lo Jarl.

Era passata almeno mezz’ora quando giunsi a un incrocio una volta superata la collina ripida, accanto al quale trovai un palo con dei cartelli che indicavano le vie per raggiungere alcuni dei diversi insediamenti principali di Skyrim; quello su cui c’era scritto WHITERUN puntava proprio la strada che si allungava alla mia sinistra, proprio come mi aveva detto Gerdur.

Già da quando ero ancora immersa nella foresta in cima alla collina scorgevo fra gli alberi la città in lontananza con il castello stagliarsi, maestoso e fiero, sul monte in mezzo alla pianura. In quella prima volta che toccò le mie pupille, capii che Whiterun avrebbe conquistato un posto speciale nel mio cuore e mai me la sarei dimenticata.

Si ergeva proprio nel cuore della provincia, quasi ai piedi della Gola del Mondo, estendendosi per intero su un promontorio roccioso, in cima al quale era abbarbicato il palazzo del signore feudale. Era composta da tre grandi quartieri: il Distretto delle Pianure, che era il più vasto, con il mercato, la taverna, le varie botteghe e le case più semplici o più povere; il Distretto del Vento, l’area residenziale più modesta in cui si ubicavano anche la nobile Sala di Jorrvaskr, casa dei Compagni con la sua Forgia Celeste, antica quanto le montagne e le pianure stesse che la circondavano, il Tempio di Kynareth con il sacro Verdorato e la Sala dei Morti. Infine, il Distretto delle Nuvole era quello più in alto, riserbato alle segrete e a Dragonsreach, il palazzo che sovrastava gli altri due quartieri. Era visibile anche a diverse miglia di distanza nella tundra, quasi a voler arrivare a toccare il cielo.

Whiterun era una città movimentata, ma manteneva comunque una certa tranquillità: a prima vista appariva più come un grande villaggio composto da casupole di legno in puro antico stile Nordico, ma una volta che si giungeva alle piazze principali l’atmosfera non era poi lontanamente simile quella dei rioni commerciali della Città Imperiale. Mi trovai dinanzi ai cancelli della capitale, protetta da alte e solide mura di pietra, ma prima che potessi anche solo avvicinarmi ai battenti mi si posero davanti due guardie, avvolte in delle corazze in cotta di maglia con lunghi mantelli gialli. Sui loro scudi era inciso il muso di un cavallo, lo stemma della città.

<< Alt! La città al momento è chiusa a causa di avvistamenti di draghi nel feudo, sono ammessi solo coloro che hanno impegni ufficiali. >>

Come immaginavo, la notizia del drago era giunta prima di me. Appena mi dichiarai portavoce di quanto era successo a Helgen le guardie si affrettarono a farmi passare, per portare immediatamente il messaggio al sovrano.

In città la gente non faceva altro che vociferare sul ritorno dei draghi: alcuni erano preoccupati, altri scettici, ma a meno che non ci fosse stato un vero e proprio attacco, ognuno continuava a mandare avanti le proprie attività. Mi sarei aspettata di vedere anche chi faceva armi e bagagli per andarsene anziché aspettare che uno di quei mostri avesse raso al suolo la città – ma d’altronde a che sarebbe servito.

In cima alla lunga scalinata che conduceva al Distretto delle Nuvole ebbi modo di rimirare tutta la bellezza del paesaggio, con il palazzo talmente grande che tutto, io che stavo lì davanti alla soglia e pure i monti vicini, sembrava piccolo. E pure all’interno Dragonsreach era tanto maestoso quanto difficile da riscaldare, con ben pochi camini e focolai per salvaguardare le antiche strutture in legno, ma mai mi era capitato di vedere un edificio più bello. Forse la Torre di Oro Bianco nella Città Imperiale.

Salita un’altra rampa di scale venni avvicinata da una Dunmer a lama sguainata: << Cosa significa questa interruzione? Lo Jarl Balgruuf non riceve nessuno >>

<< Mi manda Gerdur, di Riverwood. Il villaggio è in pericolo >>

<< In qualità di Huscarlo, devo occuparmi dei pericoli che minacciano il mio sovrano e la sua gente. Hai la mia attenzione, ora dimmi ciò che hai da dire >>

<< Mi spiace, ma mi è stato detto di consegnare il messaggio allo Jarl >>

La vidi assumere una smorfia irritata. << Qualunque cosa tu debba dire allo Jarl, puoi riferirla a me >>, ribatté. << Sto iniziando a pensare che… >>

<< Ma io… >>

<< Va tutto bene, Irileth. Voglio sentire cos’ha da dire >>, una voce giunse da dietro le sue spalle.

Lei non rispose nulla; semplicemente ripose la spada e mi lasciò passare, rimanendo però sempre vigile contro di me. Mi avvicinai al trono dove lo Jarl sedeva, e sopra il quale notai un autentico teschio di drago con le fauci spalancate (una concreta prova per gli scettici che in passato i draghi erano realmente esistiti), ma le guardie appostate al suo fianco mi intimarono di mantenere una certa distanza. La sala pareva immensa, aperta, i soffitti erano così alti che quasi non riuscivo a vederne la fine, con file di matronei e i raggi dorati del sole che trapelavano dalle vetrate. In mezzo alla sala vi era un grosso focolare affiancato su entrambi i lati da lunghi tavoli addobbati da candelabri d’argento e svariate pietanze, e ai quali alcuni membri della Corte erano intenti a fare salotto o a banchettare.

<< Allora, cos’è questa storia che Riverwood è in pericolo? >>, incalzò lo Jarl.

<< Signore, Gerdur chiede dei soldati per proteggere il villaggio dai draghi >>

<< Gerdur? Possiede la segheria, se non sbaglio. Un pilastro della comunità. Non è incline a follie e sciocchezze… Mi sono giunte voci che un drago abbia distrutto Helgen. Abbiamo visto una coltre di fumo giungere da quelle parti, siamo sicuri che non si è trattata di qualche incursione dei Manto della Tempesta andata male? >>

<< È vero. Ero laggiù quando il drago ha attaccato. >>

Il brusio di sottofondo proveniente dai presenti si ammutolì quasi all’istante.

<< Dunque, eri a Helgen? >>, rimbombò nel silenzio la voce dello Jarl. << E dimmi, hai visto con i tuoi occhi questo drago? >>, domandò incuriosito, a metà tra lo scettico e l’accigliato.

<< Sì, ha bruciato completamente la città, e l’ultima volta che l’ho visto sembrava voler sorvolare queste terre >>

<< Per Ysmir, Irileth aveva ragione!... Cosa dici ora, Proventus? Dobbiamo continuare a fare affidamento sulla solidità delle nostre mura? Contro un drago? >>, si rivolse poi al suo Sovrintendente, lì in piedi a fianco a lui.

La Dunmer intervenne: << Mio signore, dobbiamo inviare subito delle truppe a Riverwood. È in grave pericolo, se quel drago si aggira tra le montagne… >>

<< Non so se potrebbe essere una buona idea >>, la interruppe il consigliere, << Lo Jarl di Falkreath potrebbe vederla come una provocazione e pensare che siamo dalla parte di Ulfric, e che ci stiamo preparando per attaccarlo >>

<< Quindi dovremmo lasciare che questo drago faccia fare a Riverwood la stessa fine di Helgen, secondo il tuo parere?... >>, sputò la donna incrociando contrariata le braccia sul petto corazzato.

<< Basta così! >>, li rimbeccò lo Jarl. << Io non me ne starò fermo mentre un drago brucia il mio feudo e massacra la mia gente! Irileth, invia immediatamente un distaccamento a Riverwood >>

<< Sì, mio Jarl >>

<< Chiedo scusa, ora dovrei tornare alle mie faccende… >>, il Sovrintendente fece un inchino per poi dileguarsi verso i piani superiori.

<< Sarebbe meglio… >>, borbottò Balgruuf con tono ironico.

Eravamo rimasti solo io e lui, oltre alle guardie, ai domestici che spazzavano e riordinavano la sala e ai pochi altri nobili ancora seduti ai tavoli. Così, l’attenzione del Nord tornò di nuovo su di me.

<< Ben fatto, fanciulla. Non dev’essere stato facile per te venire a cercarmi, adesso neppure i cieli sono sicuri. Hai reso un servigio a Whiterun, e non me ne dimenticherò. Come segno della mia gratitudine, voglio farti un dono; invierò una lettera ad Adrianne Avenicci, è la figlia del mio Sovrintendente. Chiedile di forgiarti qualunque arma tu desideri >>

<< Ne sono onorata, signore >>, risposi in imbarazzo.

<< Potresti fare anche un’altra cosa per me? >>, continuò lo Jarl. << Magari adatta a una persona dotata dei tuoi talenti… particolari >>

<< Se posso farlo, come desiderate >>

<< Molto bene, allora. Avanti, andiamo da Farengar, il mio Mago di Corte. So che stava indagando su una questione collegata a questi draghi e alle… voci sui draghi. Non saprei dirti il perché, ma è sempre stato ossessionato da queste storie, possiede diverse conoscenze in materia. Credo che una mano in più gli tornerà utile. E poi anche tu hai già avuto una certa esperienza a riguardo. In quanti a Helgen sono sopravvissuti? >>

<< Beh, io e un’altra persona... poi non saprei chi altri. Lo Jarl Ulfric e il Generale Tullius, immagino >>

<< Ulfric? >>

<< Sì, lo stavano giustiziando >>

<< Mh, avrei dovuto immaginare che Ulfric era coinvolto in tutto questo… Ma adesso non pensiamoci. Forza, andiamo da Farengar. >>

Seguii lo Jarl in una delle salette adiacenti alla Sala del Trono, dove cogliemmo il Mago di Corte immerso in alcuni libri seduto al suo tavolo. Quando alzò la testa, nascosta in gran parte da un cappuccio blu, mi scrutò dall’alto in basso con aria chiaramente infastidita.

<< Umpf. Per caso sei venuta a Dragonsreach per discutere delle ostilità in corso, come tutti gli altri “grandi guerrieri”? O forse sei una nuova domestica? >>

<< Lo Jarl ha detto che potresti avere bisogno di aiuto per un progetto a cui stai lavorando >>

<< Uhm? Cosa? Quale progetto?... Oh, probabilmente deve riferirsi alle mie ricerche sui draghi. E tu pensi davvero di potermi aiutare? Non credo proprio >>

<< Farengar, >> soggiunse Balgruuf, << credo proprio di aver trovato la persona giusta che possa aiutarti con il tuo progetto sui draghi >>

<< Oh, non credevo pensaste alle mie ricerche, Jarl. Ma cosa vi fa credere che sia la persona giusta? >>

<< Sono sopravvissuta all’attacco a Helgen >>, mi affrettai a rispondere. << Ho visto il drago. >>

Vidi Farengar impallidire da sotto il cappuccio, non so se per l’emozione o perché si trovava davanti alla prima persona che conosceva ad essere scampata alle grinfie di un drago. O entrambe le cose.

<< Oh, be’… questo potrebbe cambiare molte cose. Sì, caschi proprio a fagiolo. Potrebbe farmi giusto comodo qualcuno che prenda una cosa per conto mio >>

<< Forniscile tutti i dettagli >>, gli ordinò lo Jarl, fermo in piedi davanti alla scrivania con le braccia incrociate sul petto ornato dai ciondoli d’oro.

<< In realtà si tratta di addentrarsi in una pericolosa rovina, in cerca di una certa tavoletta di pietra che potrebbe anche non essere là >>

<< Cos’ha a che fare questa tavoletta con i draghi? >>

L’espressione del mago si illuminò di un finto stupore, poggiando anche le mani chiuse a pugno sui fianchi: << Ah, non abbiamo qui un rude mercenario, ma un pensatore… Una studiosa, magari? >>, ribatté con un tono chiaramente derisorio.

<< Farengar >>, lo rimproverò lo Jarl.

<< Va bene. Vedi, quando le storie sui draghi hanno iniziato a circolare, molti le hanno liquidate come fantasie, dicerie. Credevano fosse impossibile. Sai come si riconosce uno stolto? Considera impossibile tutto ciò che non rientra nella sua esperienza diretta di vita. Io però ho iniziato a cercare informazioni sui draghi: dov’erano andati, moltissimo tempo fa? E da dove provenivano? >>

<< Dove mi devo dirigere? >>

<< Come ti dicevo, ho sentito parlare di quest’antica tavoletta che potrebbe trovarsi al Tumulo delle Cascate Tristi. Si tratta di una “Pietra del Drago” che dovrebbe riportare una mappa dei siti di sepoltura dei draghi. Va’ al Tumulo delle Cascate Tristi, trova questa tavoletta, che sicuramente sarà sepolta nella cripta principale, e portamela. Semplice, no? >>

Il Tumulo delle Cascate Tristi. Era l’imponente rovina sulla montagna che affiancava Riverwood. << L’ho visto quel tumulo. Non sapevo che potessero esserci tombe così grandi, pare quasi una città. Cosa è, precisamente? >>

<< Oh, è solo una vecchia tomba realizzata dagli antichi Nord, forse risalente alla stessa Guerra dei Draghi >>

<< Guerra dei Draghi? >>, chiesi. Quelle storie stavano cominciando a incuriosirmi. << Di cosa si tratta? >>

Il basso grugnito che fuoriuscì dal mago mi fece capire che stava cominciando a seccarsi di tutte quelle domande.

<< Non mi sorprende che tu non ne abbia mai sentito parlare, anch’io credevo fosse solo un mito. Ora non più, però. La Guerra dei Draghi è stata un evento storico, anche se sappiamo pochissimo di quello che accadde. Ai tempi dell’Era Leggendaria, più di tre Ere fa, i draghi erano adorati come divinità a Skyrim. Molte delle monumentali rovine che punteggiano queste terre erano, in effetti, templi ad essi dedicati, oltre che ad altri svariati animali-totem. Molti dei dettagli di questa storia sono andati perduti, ma un giorno i Nord si sono ribellati, e dopo una lunga e terribile guerra hanno sconfitto i draghi, i loro signori >>

<< I draghi si estinsero durante la guerra? >>, continuai a chiedere.

<< Oh, no. Molti sono morti ovviamente, ma molti altri sono rimasti in vita nelle epoche seguenti. Questo stesso palazzo, per esempio, è stato edificato dagli antenati dello Jarl Balgruuf per tenervi prigioniero un drago. Da qui, il nome Dragonsreach >>

<< Ecco perché quel teschio nella Sala del Trono… >>, sussurrai tra me e me. Probabilmente era dello stesso drago che vi era stato imprigionato.

<< Comunque sia. Sono sicuro che i locali del villaggio vicino sapranno spiegarti come arrivare al tumulo >>, aggiunse poi Farengar.

<< Qualsiasi informazione utile per combattere i draghi ci serve in fretta, Farengar >>, concluse il sovrano.

<< Naturalmente, Jarl Balgruuf. A quanto pare mi avete trovato un’assistente niente male. Sono certo che vi sarà una preziosa risorsa >>

<< Se avrai successo – mi guardò lo Jarl – avrai una ricompensa ad aspettarti. Whiterun ti sarà debitrice. >>

Detto questo, Balgruuf si allontanò per riprendere ad occuparsi del governo cittadino. Farengar invece tornò a sedersi alla sua scrivania per immergersi nuovamente nelle sue letture.

<< Lo so che è una tomba piena di cose morte, ma… c’è qualcosa in particolare che dovrei sapere andando laggiù? >>, dissi al mago.

Lui tirò su la testa e mi fulminò con lo sguardo. << Sono un Mago di Corte, non uno storico. Va’ a chiederlo a chi se ne intende. Ora non perdere altro tempo e vai a recuperare questa pietra. >>

“Chi è questo qui per permettersi di darmi ordini, e per di più in questo modo così acido?” << Hai detto che non potrebbe nemmeno trovarsi là. Almeno potresti dirmi come fai a credere che questa tavoletta sia proprio là? >>

<< Bisogna pur sempre conservare qualche segreto professionale, no? Ho le mie fonti. Fonti affidabili. E poi cosa dovrebbe volerne saperne un mercenario di queste cose? >>

<< Io non ti ho mai detto che sono un mercenario. E tu che sei un Mago di Corte che non dovresti avere altri compiti piuttosto che studiare i draghi? >>

<< Guarda, te lo dirò con parole semplici, così capirai. Io assisto lo Jarl nelle questioni legate alla magia. Se il feudo deve fronteggiare minacce o misteri di natura magica, vengo chiamato in causa per spiegare cosa accade e suggerire come agire. Quindi sì, anche i draghi, in questo caso. Spero che questa risposta ti basti. E adesso non voglio più vederti a meno che non mi riporti quella tavoletta. Buona giornata. >>

 

  
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