Fumetti/Cartoni americani > Transformers
Segui la storia  |       
Autore: vermissen_stern    20/06/2020    1 recensioni
Il paesaggio offerto dal pianeta Messatine era lo stesso ovunque si posasse lo sguardo. Dune di ghiaccio fino a perdita d’occhio; ampi crepacci nascosti dalle sferzate di vento improvvise e catene montuose sconfinate.
Attraverso i sensori ottici scarlatti di Tarn quello spettacolo desolato gli forniva l’unico momento di pace da una moltitudine di pensieri e atti che non riusciva a riconoscere come suoi. Eppure, seduto su quella neve morbida, un po’ per volta stava cominciando a fare il punto della situazione.
[storia ispirata principalmente ai fumetti IDW]
Genere: Dark, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Decepticon, DJD/Decepticon Justice Division, Nuovo personaggio, Shockwave
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Generation I
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Quella notte la ricarica di Tarn fu scossa da incubi infiniti e striscianti. Oscillanti tra il grottesco e il tremendamente vero.

Nei suoi sogni il leader della DJD si trovava ancora a varcare la soglia di quell’ospedale maledetto, a scappare dai balordi che lo avevano insidiato e non per ultimo la trappola mortale all’interno di quel dannato ascensore. Sentì nel sonno il dolore lancinante che quella belva senz’anima gli aveva provocato al braccio destro, forse dovuto al post operazione per riattaccarglielo, vedendo ancora il suo sguardo allucinato moltiplicarsi in tanti segmenti da riempire tutta la cabina putrescente.

Facce senza occhi dilaniate dai suoi colpi di cannone a fusione; viscere come tentacoli uncinati che cercavano di coglierlo alla gola per strappargli via la scintilla dal petto; un caos strisciante e mortifero che gli percorse tutti i circuiti cerebrali non dandogli praticamente tregua neppure quando si svegliò di soprassalto.

Il suo sguardo di fuoco si stagliò nel buio opprimente della camera privata che usava solitamente per dormire come gli occhi di un demone inferocito, sentendo l’intero corpo percorso ancora da tremori istintivi per quello che il suo processore neurale gli aveva fatto vedere durante quei sogni nefasti e tutt’altro che reali.

La sua missione nella stazione medica Relay non era stata una passeggiata, sia a livello fisico che psicologico. E questo ultimo dettaglio era per lui qualcosa di oltremodo frustrante… perché significava che una parte del suo “io” attuale era ancora irrimediabilmente legata al passato.

Come Damus aveva speso buona parte della propria giovinezza a vivere nella paura di essere scoperto come un outlier sconosciuto al consiglio del senato – il cui potere all’epoca poteva permettere solo di fermare macchine non senzienti a discapito di immenso stress psicofisico, in quanto non possedeva ancora un fisico adatto a padroneggiare un simile dono –ma come Tarn credeva ormai di aver lasciato alle spalle una paura che si ostinava, nonostante tutto, a provare in modo istintivo.

A fatica si alzò dalla proprio cuccetta, preda ancora dell’effetto di medicine pesanti ma necessarie, strisciando i piedi nel buio della propria stanza fino a raggiungere quello che era il suo bagno di servizio personale. Necessitava di darsi una occhiata allo specchio per sincerarsi in che condizioni fosse, ma forse non fu una delle idee più brillanti per quella sera.

Seppur accese la luce dentro quell’ambiente piccolo ciò che lo investì fu un colore grigio e spento provenire dalle lampade sopra la sua testa, lasciando che le ombre avanzassero verso di lui come fiamme oscure. Perdendo tempo nel mentre che cercava di mantenersi in equilibrio con solo i suoi occhi rossi a rappresentare l’unico cenno di colore in quel mondo monocrome.

Ma fu solo nel raggiungere il tanto agognato specchio che qualcosa andò irrimediabilmente a puttane quando osservò attentamente il proprio riflesso con occhi stanchi e appannati. Ciò che vedeva tra quelle fiamme nere e grigie non era più il suo volto – contraddistinto da una cicatrice non curata sul lato sinistro – che si toccò ripetutamente con la mano sinistra non credendo a ciò che vedeva… ma quello di un lord Megatron redivivo e sorpreso quando lui di osservare ciò che non era veramente.

Tarn stava vacillando. Sia di corpo che di spirito, e con tutta probabilità c’entrava sia lo stress accumulato da dopo quella tediosa missione – in aggiunta al tradimento di Megatron stesso – sia il quantitativo di medicine che Nickel gli aveva iniettato per tenerlo buono. Ed ora il risultato di tutto quell’ammontare di disavventure si stava materializzando di fronte a lui separato solo dal lavandino incassato nel muro metallico.

Il picco di assurdità si toccò quando quel Megatron fittizio prese una propria coscienza e cambiò la propria espressione facciale in una più consona a quella che Tarn meglio conosceva. Uno sguardo truce e torvo come quello di chi si apprestava a mietere la propria falce su chi aveva avuto l’ardire di disobbedirgli.

Il leader della DJD aveva già visto altre volte quello sguardo assassino sul volto del suo ormai ex signore, e ogni volta che appariva per il povero sciagurato che aveva davanti significava avere una sua grande mano attorno al collo che iniziava a stringere forte. Proprio come stava accadendo a lui in quel momento preciso.

L’inquisitore registrò appena lo scatto meccanico e totalmente alieno con la quale Megatron avanzò un suo braccio al di là dello specchio per agguantare il collo del suo sottoposto insoddisfacente, trovando che quella presa fosse dannatamente vera e dolorosa per essere solo una allucinazione.

Poi la voce del suo signore gracchiò con suono metallico, come se giungesse dall’afterspark o dagli abissi dell’inferno, iniziando a parlare nell’esatto momento in cui il suo volto iniziò a sciogliersi mostrando sempre di più l’endoscheletro sottostante.

Una tortura a cui Tarn non poté sottrarsi, sentendosi la scatola vocale stretta da quella ferrea presa e lo sguardo colmo di primordiale e silenziosa paura.

“lei è morta… hai fallito! Te l’avevo promesso che sarei tornato a prenderti… tutto ciò che hai fatto… la tua miserabile vita… l’hai vissuta per niente!”

 

Voleva gridare ma non gli era concesso farlo. Voleva smettere di avere paura ma stava letteralmente andando in iperventilazione portando le ventole interne a surriscaldarsi da tanta che era la loro attività. Non voleva svenire, ma fu ciò che fece quando la sua psiche non resse più a quelle immagini che si fecero sempre più frammentarie e disturbate. Rovinate come quelle di un computer che faticava a ricevere dati.

Si riprese poco dopo, con le ginocchia affossate nel pavimento metallico del bagno, sentendo un gran fischio ronzargli nella scatola cranica e avvertendo ancora dolore fisico causato da… se stesso.

Le mani che gli avevano cinto il collo fino a quel momento non appartenevano a Megatron, ma erano le sue medesime appendici che avevano cominciato a stringersi attorno ai cavi della parte superiore del suo corpo preda di allucinazioni inesistenti. Ed ora che era inginocchiato davanti al suo specchio poteva ben vedere a che punto era il livello di presunta pazzia che stava toccando.

Con un ringhio carico di rabbia repressa si alzò finalmente in piedi, abbandonando una espressione facciale sconvolta per una più simile al Tarn che era ora, e non al Damus che era stato un tempo. Lasciò che la rabbia seguisse i suoi lineamenti facciali nel mentre che insisteva nel suo riflesso ambrato sullo specchio del bagno – le luci erano tornate al consueto colore giallo/arancione una volta che quella brutta allucinazione era finita – concludendo quella visione tutt’altro che rilassante con un pugno che infranse quella lucida superficie in tanti segmenti ognuno dei quali raffiguranti il volto deturpato dell’inquisitore. Tasselli di un mosaico che si sciolse a terra solo quando Tarn si decise a ritirare il proprio pugno per riportarlo lungo il fianco destro – constatando, tra l’altro, che la riparazione era andata a buon fine visto il perfetto funzionamento del braccio – e decretando che, promessa o meno, era arrivato il momento di affrontare la fonte di tutti i suoi problemi.

 

C’era un silenzio surreale all’interno della Paceful Tyranny. Se dall’esterno non giungeva nessun suono di meteoriti che andavano a schiantarsi contro lo scudo dello scafo – lasciando che il vuoto siderale cullasse il viaggio di una nave diretta verso Messatine, una sosta obbligata per leccarsi le ferite e fare rifornimento – per i corridoi bui della nave decepticon era unicamente possibile udire due cose. Il ronzio delle poche lampade di servizio che illuminavano la strada che Tarn stava percorrendo lentamente, e i lenti passi dell’inquisitore capo dal volto ora coperto dalla sua consueta maschera. I suoi occhi vermigli brillavano nel buio opprimente di quei corridoi deserti come quelli di una falena attirata dalla luce delle fiaccole circostanti, solo che la fiaccola di Tarn era piuttosto distante dai suoi appartamenti privati.

Sotto la copertura di quell’artefatto metallico che portava spesso in volto, raccolto dal tavolino accanto alla sua cuccetta, era finalmente riuscito a riacquisire la compostezza e sicurezza che gli spettavano di diritto – sentendosi nuovamente padrone di se stesso e della rabbia che stava nutrendo in petto – per quanto i suoi propositi per quella notte fossero tutt’altro che nobili.

Nel silenzio di una nave dormiente – comandata unicamente dal pilota automatico impostato – i suoi unici passi suonavano glaciali così come i suoi intenti una volta che raggiunse l’infermeria del suo incrociatore. Ed una volta raggiunto un luogo anche quello illuminato da ben poche lampade ambrate non dovette cercare a lungo prima di riuscire a trovare Natah nella zona delle degenze.

La ragazza era ancora sotto gli effetti dei sedativi, immersa in una quiete artificiale e illuminata unicamente da una tenue lampada posta sopra la sua testa. Ignara dell’ombra inquietante che calò su di lei indugiando, nello sguardo di fuoco, su quelle mani conserte al ventre e a ciò che nascondevano.

Una scelta questa dettata sia per tenerla buona – e dunque di riposarsi meglio prima di dover affrontare una dura realtà – sia per questioni mediche per tenere sotto controllo la situazione sua e dello sparkling che portava in corpo.

Il lato sinistro della branda occupata dalla donna era impegnato da vari macchinari che servivano per monitorare la sua attuale condizione fisica e quella del figlio non ancora nato – un’altra prova di come la pignoleria di Nickel fosse seconda solo a quella del suo signore – mentre il lato destro era unicamente impegnato dall’anziana levatrice di Shockwave intenta a dormire su una sedia metallica. A quanto pare l’anziana femme non aveva voluto abbandonare il capezzale della loro nuova ospite forse anche a causa di quella gestazione che nessuno si aspettava, rimanendole accanto per assisterla in caso di necessità.

Un nobile pensiero da parte sua, in netto contrasto all’attuale pensiero di Tarn che, con sguardo praticamente allucinato, nel silenzio opprimente di quella stanza – interrotto solo dai lievi “bip” delle strumentazioni mediche – allungò con tutta calma una mano verso il collo della sua ignara vittima una volta che fu abbastanza vicino per farlo.

Ciò significò essere praticamente a pochi centimetri da una anziana donna apparentemente affossata in una ricarica senza sogni, e forse fu questo l’errore principale nel far fallire fin dal principio un piano folle e autolesionista. Natah aveva sulle sue spalle un mare di colpe che la sola lista personale del leader degli inquisitori decepticons non sarebbe bastata per elencarle tutte – non per ultimo averle mostrato che sotto quella maschera si celava un comune mortale anziché un leader temuto e rispettato – e poco gli importava ormai se gli ordini che gli erano stati dettati parlavano di ben altro. Ma nel mentre che indugiava a stringere ulteriormente le proprie dita artigliate attorno a quel collo delicato non si aspettò di sentire il rumore di una sicura che scattava e la ben più inquietante presenza di una canna contro il suo costato sinistro.

La vecchia si era svegliata, oppure aveva fatto finta fin dal principio di riposare, non curandosi affatto che quello a cui aveva puntato la canna del proprio blaster – nascosto in precedenza chissà dove – era nientemeno che il leader della Decepticon Justice Division. E se con la mano destra continuava a tenere sotto tiro un inquisitore dallo sguardo di fuoco, con l’altra teneva ben stretta tra le dita quello che sembrava essere un sintetizzatore vocale portatile. Un oggetto di norma usato da chi aveva seri danni alla scatola vocale – così come erano soliti fare i tabagisti incalliti dalle corde vocali ormai corrose dai fumi tossici – e che lesta usò contro i cavi della propria gola producendo una voce metallica e gracchiante pantomima di qualsiasi essere vivente generato dal creato.

“Tzk… immaginavo che l’avresti fatto. Voi uomini siete un libro aperto quando si tratta di emozioni, a discapito di quel che volete far credere a tutti”

C’era una nota di ironia in quella vocina gracchiante e anonima, frutto di un processore vocale che sintetizzava i gorgoglii insensati di una anziana femme ormai impossibilitata a parlare, qualcosa che decisamente l’inquisitore non poteva sopportare di sentire o tollerare.

“Vecchia… attenta a chi punti quell’affare” fece gelido lui, continuando a guardarla di sottecchi e tenendo ben salda la sua presa su una donna ignara “evita di intrometterti in faccende che non ti riguardano!”

Lo disse quasi ringhiando – pur mantenendo la voce bassa come se avesse timore di svegliare Natah – ma ciò che ottenne fu solo la canna della pistola premuta con più decisione contro la sua armatura. Come se si trattasse di un ultimo avvertimento.

“non credo che Megatron volesse questo dalla sua compagna… men che meno da te”

“Megatron ci ha traditi per lei! Per una autobot!” la voce di Tarn si fece per un momento incerta, distrutta da un sentimento che non riusciva a nascondere come voleva, deciso a non voler dar ragione a quella vecchia impudente “con che coraggio ora vuole che faccia da cane da guardia anche alla sua donna?!”

“perché si tratta di un suo ordine, ecco perché. E prima ancora che tu me lo chieda rispondo: se Megatron ha deciso di sciogliere i decepticon avrà avuto le sue buone ragioni… due di queste sono proprio accanto a te; l’altra è l’esistenza della tua divisione di boia legalizzati… E io non discuto certo i suoi ordini”

Calò un silenzio carico di tensione all’interno della stanza semibuia, e ciò successe ancor prima che l’anziana ciclope avesse concluso la sua tediosa ramanzina, lasciando l’imponente mech solo con i propri infausti pensieri.

Per Tarn era difficile dare ragione a quella dannata megera, tanto criptica quanto sincera nel porgergli una verità scomoda in modo schietto e diretto, eppure non poteva fare a meno di rimuginare su quelle parole per stemperare la foschia di terrore che ammorbava i suoi pensieri.

Che cos’era ormai diventato l’esercito decepticons se non un ammasso di criminali di ogni genere a cui lui e il suo gruppo dava la caccia a tempo pieno? Quando era stata l’ultima volta che la lista si era dimezzata anziché prolungata? Una vita fa a pensarci bene… e con il tempo, forse disgustato dal suo stesso creato, persino l’ormai defunto Megatron doveva aver preso coscienza della lordura di cui si era circondato nei secoli decidendo di tagliare i ponti e uscirsene in grande stile con le mani il più possibile pulite. Lui sarebbe stato ricordato come un redento alla fine della storia, nonostante le sue mani fossero sporche dell’energon dei loro simili e del sangue di altre specie viventi che avevano avuto l’ardire di sfidare la sua autorità, mentre per Tarn il futuro restava incerto all’ombra di un signore che aveva iniziato a odiare nell’esatto modo in cui un figlio odia il proprio padre fedifrago. Un tradimento che un vero fedele viveva come una ferita che continuava a sanguinare copiosamente, immerso in un vortice di emozioni contraddittorie di chi vedeva nella speranza una fossa piena di disperazione.

E anche se avesse comunque deciso di uccidere chi gli aveva portato via il proprio signore, che garanzie c’erano che tutto sarebbe tornato come prima? Forse non avrebbe fatto altro che peggiorare ulteriormente la sua condizione psicofisica, portandolo definitivamente nella parte del torto.

 

Un gemito inconscio si palesò sulle labbra di una femme ancora sedata, segno che il suo corpo stava registrando quella presa forte e potenzialmente assassina, decretando come la fine di quel breve momento di silenzio interrotto unicamente dalle strumentazioni mediche ancora attive. La presa di Tarn si fece quindi più leggera, quasi come una carezza, prima di sciogliersi del tutto riportando quella mano a stendersi lungo il suo fianco destro. Al gesto anche la vecchia lo seguì a ruota, prendendo senza rammarico la sua saggia decisione di abbassare l’arma facendola sparire all’interno del proprio braccio.

“nonna… che cosa devo fare?”

Più che una domanda rivolta all’anziana decepticon era un quesito rivolto più a se stesso e alla sua volubile figura – perché mai se fosse stato sano di mente avrebbe chiesto consiglio ad una megera come quella – ma la donna, che pur aveva intuito la cosa, preferì rispondergli con un’altra domanda.

“prima che io possa darti consiglio, tu come ti senti?”

Se in passato qualcuno gli avesse fatto il terzo grado a quel modo – e quel qualcuno non era lord Megatron – molto probabilmente l’inquisitore della DJD avrebbe assottigliato così tanto la propria voce da uccidere con un solo sospiro pronunciato. Ma la situazione attuale lo metteva in una situazione di fragilità tale che neppure lui riusciva a nascondere la cosa come avrebbe voluto, limitandosi ad assecondare la vecchia megera.

“mi sento come… non lo so, forse come se fossi ai piedi di uno strapiombo e dietro di me mancasse completamente la strada che mi riporti indietro. Odio questa donna perché mi ha portato via ciò in cui credevo, ma allo stesso tempo vedo in suo figlio una speranza che pensavo di non possedere più…”

In poche parole il leader degli esecutori decepticons era riuscito a descrivere bene lo stato d’animo in cui era sprofondato in quegli ultimi giorni – credendo forse di poter gestire quel vuoto emotivo che lo stava divorando dall’interno, finendo invece con l’essere divorato giorno per giorno fino a raggiungere il picco di esasperazione quella sera – ma l’anziana femme non parve particolarmente colpita da quel suo gesto di apertura nei suoi confronti, volendo rincarare la dose con voce gracchiante e meccanica.

“parli proprio come un innamorato che ha ricevuto il due di picche da un amore non corrisposto…”

“ho cambiato idea sulla ragazza, ma sono ancora in tempo per sfogare su di te la mia frustrazione!”

“…ma vorrei farti notare che Megatron era innamorato di questa ragazza, non di te. Il tuo unico grande amore è e resterà il credo a cui ti sei aggrappato in un particolare momento della tua vita… hai già punito questa giovane portandole via il suo uomo, ora rivendica ciò che deve essere tuo di diritto”

Tarn sapeva bene a cosa l’anziana levatrice di Shockwave si riferiva, ma onestamente fino a quella sera non aveva preso seriamente in considerazione qualcosa che veniva accuratamente descritto persino Towards Peace per mano dello stesso Megatron. E se lo aveva fatto si era presto dato mentalmente dello stupido. Tutto questo semplicemente per un motivo: non ne aveva la stoffa.

Quando due signori della guerra decepticons finivano con l’affrontare un contenzioso in duello era noto che il vincitore potesse appropriarsi di tutti i beni dello sconfitto reclamandoli come il giusto compenso per un duello all’ultimo sangue. Il diritto di rivendicazione non guardava in faccia a consorti o eredi, anche loro parte del bottino, in quanto il vincitore poteva chiedere tutto o una parte – nel caso non fosse stato così avido – dei possedimenti e averi appartenuti un tempo al decepticon sconfitto.

Ma Tarn…? Poteva davvero permettersi una cosa del genere? Sapeva amministrare perfettamente il suo gruppo di esecutori e a farsi rispettare da loro, ma guidare un intero esercito…? Non credeva affatto di possedere un simile carisma da poter controllare intere legioni di soldati sotto la sua scure, men che meno la conoscenza necessaria per amministrare tutti i possedimenti materiali appartenuti un tempo al suo estinto leader. Conosceva a menadito il codice decepticon, ma proprio per questo non era amato dal suo stesso popolo reietto, e lo stesso ragionamento aveva più o men avuto modo di farlo anche in presenza di Slipstream ore prima. Su quella dannata stazione medica.

Sapeva fin troppo bene che il suo nome era sulla bocca di tutti e non con fare lusinghiero, in molti lo temevano per il suo potere a dir poco letale più che ammirarlo per il lavoro che svolgeva, pertanto se si fosse messo al comando di un intero popolo avrebbe sicuramente scatenato malumori così accesi da poter scatenare una possibile ribellione interna. E questa era l’ultima cosa di cui aveva bisogno in effetti… ma era pur vero che era lui che aveva sconfitto Megatron in combattimento, e forse questo particolare non era sfuggito agli altri soldati decepticons dispersi nella galassia.

In quella settimana o più dalla morte dell’ex leader di un intero esercito nessuno aveva detto o fatto alcunché. Forse alcuni avevano seguito alla lettera l’invito dell’ex gladiatore a sciogliere i ranghi decepticon; forse altri erano troppo lontani per aver ricevuto la notizia della sua morte; oppure in molti attendevano ancora il proclamo di vittoria di un inquisitore che tardava sempre più ad arrivare.

“io… ci ho pensato, è vero, ma non penso di essere la persona più adatta”

“mica devi essere per forza il leader perpetuo… puoi sempre cercarti un degno successore, sai benissimo che il codice lo permette”

Verissimo anche questo, peccato che il legittimo erede di quel succoso regno doveva ancora nascere, e Tarn non era interessato a sobbarcarsi un compito tanto importante quanto non adatto a lui. Ma tuttavia… una vocina malsana dentro di lui gli stava dicendo che glielo doveva quel favore a Megatron.

Per quanto assurdo fosse, e per quanto astio ancora portasse per il suo defunto signore per ciò che aveva fatto, se non era per lui a quest’ora Tarn era sicuramente un perfetto signor nessuno denigrato da tutti e con l’autostima che rasentava il livello di uno zerbino sporco di scorie radioattive. Gli doveva a malincuore molto, tutto, ed occuparsi dei suoi beni – inclusa quella femme dormiente – era un gesto dovuto che necessitava tuttavia di un briciolo di astuzia in più che andasse oltre la sua natura volubile e contraddittoria.

La lista della DJD racchiudeva tutto il marcio esistente nelle file decepticons, gente che mai si sarebbe dovuta occupare di guidare un esercito di uomini e il suo popolo, ma forse scartando quei nomi alla fine qualcosa di buono restava… e il primo nome che gli veniva in mente era quello di un vecchio rivale di Megatron per il controllo totale dell’esercito decepticons. Forse l’unico ad avere abbastanza onore da aver accettato quella sconfitta senza troppi rammarichi.

Deathsaurus era un nome antico che continuava a incutere timore in molti soldati che avevano avuto a che fare con lui, echeggiando nel cervello di Tarn quasi come un campanello di allarme, ma ormai da tempo si era ritirato nell’ombra dopo aver perso dolorosamente contro un leader ben più carismatico. Aveva perso solo quello, in quanto l’ex minatore aveva pensato solo a rivendicare il suo diritto a ferirgli l’orgoglio, ma dove ora soggiornasse rimaneva un mistero. E ciononostante, aveva accettato quella sconfitta non rinnegando mai il codice decepticon a cui aveva aderito… contrariamente a quanto avevano fatto certi suoi uomini, attirandosi gli occhi malevoli dei perfidi inquisitori.

Si mormorava si fosse ritirato a vita privata su una qualche colonia lontana fondata da egli stesso, ma tali informazioni non erano in possesso al leader della DJD.

Ma forse Shockwave poteva sapere che fine avesse fatto il signore dei predacons – una sotto-razza di transformers dalle caratteristiche ferali – e quasi sicuramente quello scienziato lunatico non avrebbe avuto problemi ad aprirsi come un fiore in primavera a Tarn. Non con il suo nome in bella vista nella loro lista di teste da tagliare per perpetuata eresia.

Forse si trattava di una mossa rischiosa, perché Deathsaurus pareva essere l’ultima spiaggia per una impresa alquanto disperata – l’incognita di non volergli dare udienza in quanto capo di un manipolo di macellai o di fare da semplice padrino al figlio del suo rivale rimaneva alta, senza contare il naturale astio che provava per chi aveva torturato i suoi uomini – ma attualmente era l’unica che veniva in mente allo stanco mech che urgeva di elaborare il prima possibile un piano degno di nota che non fosse una qualche macchinazione volubile dettata dal suo processore stanco e in sovraccarico.

“allora, hai deciso cosa fare lord inquisitore?”

“io… credo di si, ma ci vorrà della diplomazia…”

“per quella non ti devi preoccupare, i miei nipoti ne possiedono a sufficienza”

In tutta onestà non capì esattamente a cosa si riferisse quella vecchia megera – se avesse anche lei raggiunto la stessa conclusione dell’esecutore decepticon e dunque gli stava palesemente consigliando di chiedere aiuto al suo folle nipote – ma ciò che sapeva era che quella notte non sarebbe riuscito a chiudere occhio. E non a causa degli incubi che ancora gli scuotevano la scintilla tenendolo nella loro ragnatela di insicurezza che tanto odiava.

 

[…]

 

Il senatore Attilus aveva molto per essere amareggiato da se stesso.

Non per ultimo, la totale scomparsa da Caminos della sua unica figlia femmina. Natah era stata fino a quel momento il fulcro di tutta la sua vita, di tutte le sue speranze, e con una nota di rammarico non poteva fare a meno di pensare che l’epilogo di tutta quella storia non l’avesse scritta lui di suo pugno. Perché anche se sua figlia alla fine aveva agito di testa sua, erano state le sue azioni da genitore irresponsabile a condurla verso un capolinea indesiderato.

Da quando era venuta a mancare sua madre non aveva fatto altro che impartirle regole su regole fin dalla sua più tenera età – così come si è comunque soliti fare nell’ambiente nobiliare, in modo da tirare su rampolli istruiti ad arte e con la proverbiale scopa su per il culo – ma ciò che aveva raccolto era stato solo astio da una bambina che desiderava solo potersi divertire come i figli dei loro servitori. Costretta ogni volta a guardarli dalle grandi finestre di camera sua nel mentre che quelle discole protoforme giocavano nel parco di casa, sognando di potersi sporcare anche lei l’armatura di fango anziché ricevere bacchettate sulla mani dal proprio precettore.

Sospirando stancamente l’imponente meh dall’armatura bianca e blu, i cui raffinati dettagli erano di color argento, si alzò dal proprio trono metallico per recarsi in quello che era il piano bar presente nel suo studio privato. Aprendo uno sportello da sotto il ripiano in pietra dura volle concedersi un sorso di energon extra forte più potente che aveva in riserva, riempiendosi il bicchiere di vetro fino all’orlo e bevendo avidamente nonostante avvertì la gola bruciargli per quell’azzardo dettato dalla disperazione.

Da anni era diventato lo zimbello della nobiltà caminoana a causa della sua insistenza nel voler mettere pace ad una guerra che neppure apparteneva al suo popolo, una guerra civile tra autobots e decepticons che stava letteralmente macellando la loro casa di origine, ma sembrava che ai suoi simili poco importava del futuro dei loro stessi figli che rischiavano di essere coinvolti a loro volta in un genocidio senza fine.

 

Fin da quando era appena stato nominato senatore Attilus sapeva che era solo questione di tempo prima che una delle due fazioni rivali andasse a bussare alle porte del loro pianeta in cerca di supporto bellico o – molto probabilmente nei caso dei decepticons – cercare di conquistarlo e renderlo una loro colonia sottomessa… possibile che i suoi compaesani per tutti quei secoli non ci avessero minimamente pensato?! Desideravano vedere loro e i loro stessi figli in catene?!

A quel pensiero un moto di rabbia lo travolse con una ondata repentina e impulsiva, montata ad arte dall’altra gradazione alcolica del suo drink, portandolo a deformare il volto dai tratti nobili e severi in una espressione furiosa così come i suoi gesti successivi. Con un ringhio frustrato lanciò il bicchiere contro la parete più vicina, colpendo una mensola con dei datapad impilati uno accanto all’altro, portandolo a frantumarsi in un centinaio di schegge che andarono a sparpagliarsi un po’ ovunque.

Era colpa sua. Solo colpa sua… e ora non aveva più modo di rimediare al danno.

Aveva tenuto Natah incatenata in casa per anni, per colmare un senso di iper-protezione sorto alla morte della moglie, sommersa da talmente tante regole e ordini che alla fine aveva rischiato di trovarsi per casa una furia isterica che spaccava ogni giocattolo che le veniva dato od ogni piatto di cibo che le veniva offerto. Quello fu il periodo in cui decise di lasciarle i suoi meritati spazi, di non assillarla oltre con regole che non avrebbero fatto altro che rovinare definitivamente il rapporto di parentela, permettendole di accedere alla biblioteca di palazzo ogni qual volta lo desiderava non appena i precettori avevano notato in lei un forte fascino per la letteratura.

Ed era stata proprio la letteratura a far si che lord Megatron iniziasse a nutrire interesse per la sua Natah, complice anche la lettura di Towards Peace che sua figlia trovava tanto interessante quanto criticabile, rammaricandosi di non essere intervenuto per tempo anziché lasciarli parlare ogni qual volta il signore dei decepticons giungeva nella loro dimora per le impossibili trattative di pace.

Il sospetto nel tempo era nato nella scintilla del senatore – impossibile che non sorgesse vedendo i loro sguardi e le loro parole ridursi sempre più ad un sussurro ogni qual volta avevano modo di incontrarsi – e stupidamente aveva desistito pensando che quello strano interesse che il signore della guerra provava per sua figlia poteva essere un incentivo alla conclusione di una lotta ormai lunga e sfiancante. Ma quando aveva capito che le cose potevano farsi pericolose – era pur sempre di Megatron che si parlava, l’ultimo uomo a cui un padre normale avrebbe lasciato la propria figlia – Attilus aveva convinto la sua bambina ad accettare il simbolico arruolamento nelle file autobot.

Un modo forse tardivo di cercare di proteggere la sua primogenita, sfruttando il suo già spiccato interesse per la fazione autobot nato dalla lettura delle loro cronache, ma insufficiente per spegnere una scintilla che non si estinse nonostante gli ovvi attriti iniziali di un decepticon tutt’altro che contento della scelta fatta. Una situazione potenzialmente esplosiva, palpabile e sfrigolante come l’antimateria, in quanto lord Megatron non parve digerire l’ingerenza di Atilius nella vita della sua attuale compagna. Perché era logico pensare che nessuno, quando si parlava di Megatron, sarebbe stato in grado di proteggere dal suo sguardo l’oggetto – o la persona – del suo smodato interesse. Che fossero stati gli autobots o gli ancor più incapaci senatori con cui aveva a che fare ogni qual volta che si recava su Caminos anche per questioni non legate più a trattative di pace, l’ex gladiatore avrebbe continuato a fare quello che gli riusciva meglio da una vita. incontrando il benestare di una ragazza ormai incapace di seguire la voce della ragione – rappresentata da un padre insistente ed incapace di accettare una simile relazione – ma solo quella del cuore.

Quello era stato il passo finale, l’ultima disperata spiaggia, prima che sua figlia non sopportasse più le sue assillanti attenzioni e decidesse di fare di testa sua andando ad abitare in centro città. Lontano dal palazzo in cui era cresciuta e dal benessere di una vita agiata, preferendone una modesta ma… libera.

Una decisione che la rese effettivamente indipendente dall’ala paterna – le voci che gli erano arrivate durante quel lungo periodo lontano da lui la volevano che avesse preso impiego nella biblioteca pubblica come archivista. Lei, una nobile – ma anche più vulnerabile alle influenze di un decepticon che non si vergognava affatto di continuare a frequentare una ragazza che doveva essere ufficialmente sua nemica.

Alla fin fine però non aveva ottenuto la tanto agognata tregua che desiderava da una vita? Megatron non era forse ufficialmente capitolato sciogliendo il suo esercito e convertendosi di fatto alla causa opposta?!

Si poteva dire che era anche grazie a Natah se finalmente la guerra si era ufficialmente conclusa, nonostante fosse valso sacrificarla sull’altare delle buone intenzioni, eppure un simile lieto fine suonava come una beffa alle orecchie del senatore. Era stato tutto troppo idilliaco e veloce per sperare che finisse effettivamente con un lieto fine, e la notizia della morte dell’ex gladiatore di Kaon per mano dei suoi stessi esecutori sanguinari non venne accolta di buon grado da praticamente nessuno… men che meno dallo stesso Attilus.

Se la DJD era arrivata a punire il loro ex leader – apostata per amore di una donna – allora potevano benissimo arrivare a colpire sua figlia nei peggiori dei modi, e questo lo portò a rabbrividire a tal punto da sentire le pulsazioni della sua scintilla farsi più fievoli per un attimo. Si portò una mano alle tempie sospirando sconfortato, e nella sua disperazione poteva solo contare nella previdenza di sua figlia che tanto stupida non era.

La sua prima preoccupazione in tutta quella brutta storia fu di rintracciare sua figlia il prima possibile, sincerarsi delle sue condizioni e darle il prima possibile protezione in caso quei mostri avessero voluto prendersela anche con lei… la relazione era sempre stata tenuta segreta dai due amanti clandestini, neppure Attilus ne aveva parlato con qualcuno, ma quando si parlava di quei macellai psicopatici – la vera vergogna dell’ormai ex lord Megatron – non si poteva mai sapere fin dove potevano arrivare le fonti delle loro informazioni.

Ma ciò che aveva trovato una volta fatta irruzione nel suo appartamento fu solo un desolante silenzio e un unico appunto lasciato sul tavolo della sala principale. Quel singolo pezzettino di carta era destinato a lui, scritto di fretta dalla sua Natah, recante poche righe tutte quante dritte alla sua scintilla.

“Padre, non cercarmi. Mi farò viva io non appena possibile. Ti prego di perdonarmi… ma non posso rischiare”

La delicata calligrafia di sua figlia continuava a scorrere sotto i suoi sensori ottici azzurri ogni qual volta li faceva cadere su quel foglietto spiegazzato, e nessun alcoolico al mondo avrebbe potuto in qualche modo allievare quella colpa che riusciva solo a dare a se stesso. Per quanto non fosse totalmente vero, dato che la giovane femme aveva sempre agito in autonomia nel volersi avvicinare a Megatron, non poteva fare a meno di considerarsi un idiota continuando a rileggere quelle poche righe sentendo gli occhi bruciargli terribilmente.

Ritornando verso il proprio trono, e rimettendo in uno scomparto del petto la lettera che sua figlia gli aveva lasciato, Attilus Atilius constatò per l’ennesima volta come il fato aveva voluto giocargli un epilogo beffardo alla sua smisurata ambizione.

Aveva preteso troppo, perdendo tutto. E come l’eroe di una tragedia teatrale ciò che gli rimaneva da fare era di struggersi nel proprio rammarico, seduto ad un trono senza più sudditi, contemplando il ritorno di una figlia che probabilmente non ci sarebbe mai stato.

 

[…]

 

Come aveva ben pronosticato quella sera non avrebbe chiuso occhio, ma quantomeno avrebbe affrontato quella notte insonne in un modo che avrebbe ammazzato ogni sua voglia di chiudere occhio nei prossimi giorni.

Una volta che Tarn ebbe finito di discutere con la vecchia megera, loro ospite ancora per molto suo malgrado, decise di ritirarsi nei propri appartamenti e di dar vita al consiglio che gli aveva dato. Non aveva preparato chissà quale discorso da tramettere alle linee decepticon che conosceva – ossia proprio tutte – ma sapeva che avrebbe speso bene il suo tempo alla console di controllo della sua scrivania. Perché sarebbe stato ben chiaro per tutti quelli che si sarebbero sintonizzati.

Si sedette alla propria postazione personale contemplando i pannelli dai colori vivaci, un silenzio meditabondo che durò circa un minuto, prima di cominciare a digitare tutte le coordinate che conosceva e che arrivassero fino alle viscere più recondite della galassia. Tutti dovevano ascoltare la sua voce, anche i canali di comunicazione di decepticons ormai off-line da tempo, e tutti dovevano tremare di fronte a quello che il loro nuovo leader aveva da dire.

“a tutti i decepticons in ascolto: qui è il lord inquisitore Tarn, della Decepticon Justice Division, che vi parla. Ascoltate bene la mia voce, e ascoltate ancor meglio ciò che ho da dirvi… Come ben saprete Megatron, vostro ex leader divenuto apostata, è morto per mano nostra. O per meglio dire: per mano mia”

Si fermò un attimo, come in contemplazione delle proprie parole, sapendo che doveva ben regolare le proprie emozioni e la propria voce. Assottigliandola quel tanto da incutere il timore e il rispetto che si meritava.

“per tale motivo rivendico tutti i possedimenti, gli averi, e gli uomini appartenuti un tempo a Megatron come miei di diritto… Così come da legge scritta di suo pugno e ancora perfettamente valida in quanto legata al credo di noi tutti. Continuate quindi a serrare i ranghi, a seguire le regole e ad omaggiare il vostro nuovo leader. Perché ricordate: le vostre vite ora mi appartengono”

Chiuse di scatto la registrazione settandola ad una ripetizione di tre minuti a messaggio terminato, sentendosi comunque a disagio per ciò che aveva appena detto. Con quelle parole avrebbe fatto tremare di terrore il più pusillanime dei suoi uomini e intimorito il più coraggioso tra le file del suo nuovo esercito, ben sapendo in realtà che con quel monte di responsabilità in più poteva significare solo una cosa…

“e ora vorranno la mia, di vita…”

Era molto probabile che i malumori sarebbero serpeggiati in modo alquanto veloce tra le file dei suoi nuovi uomini, e ancor più tediosa sarebbe stata la faccenda dei signori della guerra che avrebbero avuto da ridire sulla sua presa di posizione, ma se mollava ora tanto valeva che non avesse alzato un dito neppure contro lord Megatron.

Non per ultimo Deathsaurus, per quanto il suo canale di comunicazione gli rimaneva perfettamente sconosciuto, auspicando comunque che la notizia gli arrivasse. Aveva in effetti bisogno di attirare il più possibile l’attenzione, e tenere comunque unito un popolo che rischiava di estinguersi.

Aveva in pugno il mondo intero appartenuto ad uno dei mech più potenti in assoluto – non per ultimo la sua stessa donna – e se voleva giocarsi bene tutte le carte che aveva scoperto doveva per forza di cose “elemosinare” l’auto di qualcuno un po’ più competente di lui. E Shockwave avrebbe fatto sicuramente al suo caso.

 

 

Aggiorno con un mare di ritardo, ma purtroppo tra problemi di insonnia e dolori vari faccio un po’ fatica a mettermi a scrivere. Spero possiate scusarmi se magari questo capitolo non è perfetto.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Transformers / Vai alla pagina dell'autore: vermissen_stern