Capitolo terzo
Quietly spoken forbidden words
Safe and sound, nothing hurts
Touching the lips with our fingertips
Luna my darling
Burning fire like there never was
Sighing words of the falling stars
Already crying when we saw the light
Luna my darling!
(“Luna my darling” – Amberian Dawn)
Senza sapere come ci
fosse arrivato o perché, Peter si ritrovò nello studio di Tony Stark… con Tony
in persona che stava in piedi davanti a lui e lo guardava fisso. Fury e
Coulson, che avevano compiuto la loro missione, avevano chiuso la porta e se
n’erano andati, sapendo bene che i due avevano un gran bisogno di parlarsi da
soli.
Nessuno dei due
parlava, però.
Peter, nei primi
tempi dopo la perdita di Stark, non aveva voluto credere che fosse morto
davvero, era convinto che Iron Man avrebbe sicuramente trovato un modo per
salvarsi e si era figurato mille scenari nei quali Tony tornava da lui. Aveva
immaginato quel momento milioni di volte e, adesso che stava succedendo
davvero, l’unica cosa che riusciva a fare era guardarsi l’orlo dei jeans,
cucitura dopo cucitura, e le punte delle scarpe.
Non sapeva cosa dire,
come dirlo e nemmeno che cosa avrebbe dovuto provare.
Possibile che non
provasse niente?
“Peter, non dovrei
dirlo ma… sei ridotto peggio di me” mormorò Stark, tentando di sdrammatizzare
quel momento così carico di tensione. “Mi dispiace, adesso cambierà tutto,
vedrai!”
In pochi passi fu
addosso a Peter, lo strinse forte tra le braccia e non riuscì a dire altro,
tanto si sentiva in colpa. Se quel povero ragazzo era in quello stato era solo
perché aveva sofferto per lui, perché lo aveva lasciato da solo. Lo abbracciò
stretto, non c’era bisogno di parole per dirgli che non lo avrebbe mai più
abbandonato.
Peter, però, rimase
immobile. Non si scostò dall’abbraccio, ma nemmeno lo ricambiò. E Tony,
ovviamente, se ne accorse. C’era qualcosa di strano, di diverso in Peter, e non
era solo l’aspetto fisico che lo faceva sembrare appena uscito da una malattia
gravissima. Il male che lo divorava era ancora dentro di lui… ma perché?
Perché, se Tony adesso era lì, sano e salvo?
L’uomo non riusciva a
capire, nemmeno lui si era immaginato così il suo primo incontro con Peter dopo
tutti quei mesi. Non appena aveva ripreso conoscenza ed era riuscito a parlare
aveva chiesto subito di Peter, aveva chiesto che glielo portassero, doveva
parlare con lui, doveva fargli sapere che era vivo. Fury, però, si era opposto:
gli aveva risposto che avrebbe visto Peter soltanto quando fosse stato davvero
meglio, che era inutile creare false speranze nel ragazzo per poi, magari,
distruggerle di nuovo. Tony era vivo, sì, ma non si poteva ancora sapere fino a
che punto sarebbe guarito. E se fosse rimasto paralizzato, o qualcosa del
genere? In quel caso Peter avrebbe dovuto essere preparato ad affrontare la
situazione.
Adesso, però, Tony
Stark si rendeva conto che il ragionamento di Fury era sbagliato: avrebbero
dovuto avvertire Peter e permettergli di stare al suo fianco, comunque fossero
andate le cose. Peter aveva bisogno di sapere che era vivo, aveva bisogno di
fargli compagnia, di sentirsi utile. Chi poteva dire quali conseguenze avrebbe
riportato il ragazzo dopo tutti quei mesi di angoscia e sofferenza?
Tuttavia, ormai era
andata così e Tony poteva solo cercare di sostenere e consolare quel Peter che
sembrava perduto in una dimensione di disperazione e cupa apatia.
Staccandosi a fatica
da lui, gli circondò le spalle con un braccio e lo portò verso il divano, dove
si sedettero entrambi.
“Peter, so che questi
mesi sono stati terribili per te e credimi, ho insistito in tutti i modi con
Fury perché ti facesse avere mie notizie, ti dicesse che mi avevano salvato e
che stavo lottando per riprendermi completamente” iniziò a dire, spezzando quel
silenzio spaventoso. “Sapevo che avevi bisogno di una speranza, ma Fury è stato
irremovibile. Comunque adesso sei qui, siamo qui tutti e due. Immagino che
avrai tante cose da chiedermi, no?”
Finalmente Peter alzò
lo sguardo su di lui, ma ciò che c’era nei suoi occhi non piacque affatto a
Tony.
“Lei che cosa sarebbe adesso, esattamente?”
chiese, laconico.
“Che cosa…? Pete,
sono sempre io, sono Tony Stark. Chi credi che sia? Cosa accidenti ti ha
raccontato Coulson?”
“L’hanno riportata in
vita usando del DNA alieno, quindi lei che
cosa è adesso?” ripeté Peter, fissando l’uomo con durezza. “Cos’è, un
clone? Un replicante? Una specie di ibrido?”
Tony si era aspettato
di tutto, ma non quella gelida ostilità, quelle domande a raffica. Cercò di
buttarla sullo scherzo mentre dentro di sé tremava.
“Già, come ho potuto
dimenticare? Hai visto troppi film e serie TV su alieni, cyborg e cloni. Magari
ti aspetti che adesso mi nasca Alien dallo
stomaco o che sviluppi dei tentacoli!” ribatté, con un sorriso sforzato che
finì per essere una smorfia. “Ti assicuro che sono perfettamente normale, anzi,
forse sono un po’ ringiovanito, ma questo è un effetto collaterale che non mi
dispiace affatto.”
Era vero. Il DNA Kree, con la sua capacità di rigenerare
i tessuti, aveva reso Tony Stark più forte, più resistente e anche visibilmente
più giovane. Adesso era molto più simile all’uomo che per la prima volta,
quattro anni prima, aveva messo piede in casa di Peter per fare la sua
conoscenza e arruolarlo per la
missione in Germania.
“Non è più un essere
umano, non del tutto. E, soprattutto, non è il signor Stark che conoscevo io”
dichiarò Peter, lapidario.
No,
ragazzi, aspettate un attimo, qui c’è qualcosa che non va. Peter si sarebbe
dovuto mostrare felice di rivedermi, questo sarebbe dovuto essere un momento di
grande gioia. Perché sta facendo così?
Tony cominciava a
sentirsi molto insicuro, le sue certezze stavano crollando e lui non ne capiva
nemmeno il motivo. Tuttavia non era da lui mostrarsi turbato e, quindi, ancora
una volta cercò una risposta ironica e scherzosa per sdrammatizzare. Diamine, proprio
questo suo modo di fare era così tipico di
Tony Stark che già da solo avrebbe dovuto convincere il ragazzo che non si
trovava di fronte all’ Invasione degli
ultracorpi!
“Tecnicamente
parlando, allora nemmeno tu sei del tutto un essere umano, visto che dentro di
te hai una parte di DNA di ragno, però la cosa non mi ha mai scandalizzato”
replicò Tony. A questo punto, normalmente, Peter si sarebbe messo a ridere, ma
non avvenne. Il ragazzo continuava a fissarlo con quei grandi occhi scuri come
se si fosse trattato di qualche strano esperimento scientifico.
“Io… mi sento a
disagio qui con lei” ammise Peter, tormentandosi le mani. “Ho conosciuto il
signor Stark quattro anni fa e… beh, ero felice perché il mio idolo di sempre
mi aveva finalmente notato, aveva bisogno di me per una missione. E poi siamo
diventati sempre più… ecco, amici,
direi. Mi ha insegnato tante cose e abbiamo affrontato insieme tante
difficoltà, però…”
“Maledizione,
ragazzo, tutto questo io lo so già!” esclamò Stark, spaventato dalla piega che
stava prendendo la conversazione. “Vuoi smetterla di parlare di me come se io
non ci fossi? Quel signor Stark di
cui stai parlando sono io e tutti i ricordi che hai di ciò che abbiamo
condiviso sono anche i miei, non hai bisogno di raccontarmeli!”
“Sì, beh, immagino
che questa sia la cosa più facile, anche un’Intelligenza Artificiale può
mantenere i ricordi di un essere umano” commentò Peter.
“Ma io non sono un
cavolo di Intelligenza Artificiale, né un clone né qualunque cosa tu stia
pensando! Sono Tony Stark, è possibile che per te sia così difficile
accettarlo?”
Lo sfogo dell’uomo
servì finalmente a sbloccare quella situazione di stallo. Lo sguardo di Peter,
che fino ad allora era stato freddo e distaccato, si riempì dei sentimenti e
delle emozioni che veramente si stavano agitando nel suo cuore: dolore,
angoscia e, soprattutto, un’incredibile dose di rabbia repressa, fuoco allo
stato puro.
“Perché il signor
Stark mi ha abbandonato!” esclamò, esasperato e disperato al contempo. “Perché
il signor Stark mi ha mentito, aveva detto che sarebbe andato tutto bene, che
non mi avrebbe mai lasciato e invece… e invece ha voluto fare l’eroe, ha
preferito fare il salvatore del mondo
senza pensare a cosa ne sarebbe stato di me! Il signor Stark è morto da eroe e mi ha lasciato nel vuoto più
totale! Quindi, se lei è il signor Stark o qualsiasi cosa abbiano trovato per
rimpiazzarlo, sappia che non la perdonerò mai per quello che mi ha fatto, mai!”
La rabbia disperata
di Peter era talmente violenta che pareva incendiare la stanza, Tony se la
sentì bruciare addosso e sentì anche che se l’era meritata tutta. Sì, Peter
aveva ragione, lui gli aveva mentito e poi lo aveva lasciato solo…
Il ragazzo si alzò di
scatto dal divano, con un’energia che non tirava fuori da mesi, e fece per
avviarsi verso la porta.
“Aspetta, Peter, dove
vuoi andare?”
“Il più lontano
possibile da qui” rispose il ragazzo, fulminandolo con un’occhiata. “A casa o
all’Inferno, non ha importanza, l’unica cosa che voglio è andarmene il più lontano possibile da qui!”
Tony si alzò e si
avvicinò lentamente a lui. Non doveva fare movimenti bruschi altrimenti Peter,
proprio come un animale ferito, avrebbe reagito in modo incontrollabile.
“Pete, ascoltami bene
adesso” gli disse, cercando di mantenere un tono di voce calmo e pacato, “lo so
quanto hai sofferto, so cosa hai passato. E ti assicuro che non era mia
intenzione mentirti. Non avrei mai voluto farti sentire abbandonato e
ingannato. Ma non avevo un’altra possibilità, lo capisci questo? Il Dottor
Strange lo sapeva, lo sapeva fin dal principio che sarebbe dovuta finire così.
In qualsiasi altro scenario possibile Thanos avrebbe vinto e avrebbe sterminato
l’umanità. Cos’altro potevo fare?”
“Lei non sa niente” sibilò Peter, “non ha la minima
idea di cosa io abbia passato in questi mesi. Cosa poteva fare? Dare le Gemme a
Carol, magari, lei non sarebbe stata danneggiata usando il Guanto. Ma no,
doveva essere lei l’eroe, no? Come ha detto a Thanos? Io sono Iron Man. Chissà che soddisfazione, vero, sentirsi il
salvatore del mondo, il cavaliere intrepido che si sacrifica per il bene di
tutti? E chi se ne frega di quelli che rimangono!”
Peter piangeva,
adesso, e le sue lacrime erano brucianti come la sua collera. Tony si sentì
devastato. Cosa aveva fatto a quel ragazzino?
“Non so che farmene
delle sue scuse e delle sue giustificazioni! Lei ha fatto la sua scelta e io
adesso faccio la mia. Voleva morire da eroe? Bene, per me lei è morto, qualsiasi schifezza le abbiano trapiantato per farla
tornare in vita!” gridò Peter, annaspando poi per trovare il modo di aprire la
porta, uscire e andarsene dal quartier generale degli Avengers. Avrebbe fatto
tutta la strada di corsa, se necessario, ma non avrebbe resistito in quel posto
per un minuto di più. Si sentiva soffocare, era come se le pareti della stanza
si stessero restringendo e gli crollassero addosso, schiacciandolo. Aveva la
nausea, sentiva le gambe tremare e non riusciva a trovare il modo di aprire la
porta. Il malessere che gli toglieva il respiro e gli faceva girare la testa
aumentava, aumentava sempre più…
Poi fu il buio.
Tony lo vide cadere a
terra come fulminato.
Si sentì gelare il
sangue e di slancio si buttò sul suo corpo inerte, lo strinse a sé e lo sollevò
da terra. Chiaramente non era stato niente di grave, Peter era debole, da mesi
si nutriva a malapena e si alzava raramente dal letto. Quel giorno aveva fatto
fin troppo, le emozioni avevano finito per vincerlo e, come se non bastasse,
quello scatto di rabbia aveva consumato le ultime scorte di energia che gli
restavano. Aveva perduto i sensi per la debolezza e Tony lo capiva benissimo,
ma mentre lo sollevava da terra e, tenendolo tra le braccia, lo riportava verso
il divano e ce lo stendeva, non riusciva a dimenticare una scena terribile
avvenuta più di due anni prima, sul pianeta Titano.
“Non
mi sento molto bene… non so che mi succede… non lo so…” Peter era spaventato,
vacillava, fece qualche passo incerto verso Stark, ma fu l’uomo a slanciarsi
verso di lui e a stringerlo forte tra le braccia, mentre il ragazzino si
aggrappava a lui come all’ultima possibile salvezza.
“No,
ragazzo, no, a te non succederà” gli disse Tony, con la voce spezzata, cercando
di tranquillizzarlo nonostante lui stesso fosse agghiacciato. “Andrà tutto
bene, andrà tutto bene, Pete…”
“Non
voglio morire, non voglio morire, signore, la prego” singhiozzò Peter,
avvinghiandosi disperatamente alla schiena di Stark, piangendo, tremando di
paura perché era pur sempre un ragazzino e non voleva andarsene, non voleva. Da
qualche parte, dentro di sé, era convinto che il signor Stark avrebbe trovato
il modo di trattenerlo, di salvarlo. “La prego, non voglio morire, non voglio
morire…”
“Non
ti lascerò andare, questa volta no, io non ti lascio, ragazzo, hai capito? Mi
senti?” adesso anche Stark piangeva, lacrime silenziose gli scendevano dagli
occhi mentre lui cercava in ogni modo di stringere più forte Peter, di non
lasciarlo svanire, di sentirlo contro di sé. “Non ti lascio andare!
“Signor
Stark… mi dispiace… io non volevo che…” mormorò Peter, mentre si dissolveva
lentamente.
Peter si era sbagliato dicendo a Tony che non
poteva capire cosa avesse provato nei mesi in cui aveva pianto la sua perdita.
Certo che lo sapeva, invece. Era la stessa terribile, gelida e opprimente
sensazione di vuoto che lui stesso aveva provato due anni prima sul pianeta
Titano, vedendo il ragazzino che si dissolveva tra le sue braccia. Per sua
fortuna era durato poco, il Dottor Strange aveva riportato indietro il tempo di
pochi minuti e gli Avengers scomparsi, tra cui Peter, erano tornati indietro…
ma Tony non avrebbe mai dimenticato quegli istanti di dolore e disperazione. *
E adesso, mentre chiamava Banner perché lo
aiutasse a far rinvenire Peter, riviveva quei momenti strazianti. Sì, poteva
capire benissimo quanto avesse sofferto il suo povero ragazzino in quei mesi…
Peter aveva perduto i sensi, ma ogni tanto
aveva un barlume di coscienza e aveva sentito Tony che lo stringeva a sé, che
lo sollevava da terra per deporlo sul divano, che lo abbracciava forte.
“Resta con me, Pete, resta con me. Andrà
tutto bene, non ti lascio questa volta” lo sentiva mormorare.
Tutto questo… non era accaduto più di due
anni prima, su Titano? Le stesse braccia, lo stesso calore, le stesse parole
rassicuranti che lo avevano fatto sentire bene nonostante la paura di svanire
chissà dove?
Era il signor Stark, ora come allora, a farlo
sentire al sicuro…
Fine capitolo terzo
* Questa
versione dei fatti in cui gli Avengers vengono riportati indietro da Strange è
la mia personale, che trovate nella long fic Yo contigo tu conmigo in cui ho riscritto gli avvenimenti di
Infinity War.