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Autore: dispatia    19/07/2020    0 recensioni
[Idolshipping (Ryo Marufuji x Fubuki Tenjoin)]
4 oneshot, una per ogni lettera della loro ship.
Non voleva fare amicizia con nessuno. Non esistevano amicizie nel mondo dei duelli.
E invece, in quegli anni, Fubuki Tenjoin – anzi, 10join, come gli piaceva firmarsi per qualche stupido motivo – era diventato il suo unico punto fisso nel caos di una vita sempre in movimento. [...] Come se fosse una parte di sé così imprescindibile da non potersene separare, né potendo, né volendo.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atticus Rhodes/Fubuki Tenjouin, Zane Truesdale/Ryo Marufuji
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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D COME DUELLO


 


 

Il primo ricordo di Edo veniva dal campionato d'Asia, il primo a cui avesse mai preso parte. Ai tempi aveva qualcosa come quindici anni, era fresco del primo – altalentante – anno di Accademia, e stava ancora imparando come socializzare correttamente con altri esseri umani che non fossero Fubuki o i professori.

Non si era stupito di vedere qualcuno di così piccolo come ultimo rivale, tutt'altro; lo rispettava, e ne era incuriosito, perché da quanto ne sapeva Fubuki stesso lo aveva affrontato qualche tempo addietro. Per quanto quest'ultimo avesse vinto, era stato uno scontro all'ultimo sangue, tanto da far lamentare il novello campione per settimane (è stancante duellare con lui Ryo, è come duellare con te, ti guarda in quel modo cattivissimo e BAM! Negato! Contrattacco! Alle strette fino all'ultimo!), cosa vagamente comica, considerando che l'intera idea dietro un campionato era di scontrarsi con persone ad un tuo stesso livello di abilità.

Almeno, per le persone con meno pigrizia di Fubuki.

In ogni caso, la prima impressione che ne aveva avuto aveva confermato le parole del suo accidioso compagno di stanza: quegli occhi d'acciaio, che stonavano su un viso così infantile, se li era marchiati nella memoria. E quel loro duello era stato brutale a dir poco, tanto che quasi si era dimenticato fosse solo un gioco di carte e non una battaglia per la sopravvivenza di due gladiatori in un'arena.

Lo aveva adorato.

Era diverso da qualsiasi cosa avesse mai giocato prima. Era strafottente, ma ne aveva tutto il diritto, e persino quando aveva perso Ryo un po' non ci credeva. Era rimasto qualche secondo di troppo con le carte fra le dita, ancora bloccato al suo ultimo attacco, come se si aspettasse una risposta che non era arrivata.

Come ci si sente ad essere campione d'Asia così giovane?

Kaiser, un'intervista!

Ha in programma di scontrarsi con Fubuki Tenjoin?

Una dichiarazione!

L'unica cosa a cui riusciva a pensare erano quegli occhi furibondi, mentre i suoi genitori lo portavano via.


 

I duelli erano nettare e ambrosia per persone come loro.

Ryo, in particolare, ci era cresciuto in mezzo, e forse nel momento esatto della propria nascita era stato segnato il suo destino nella complessa tela della scena competitiva. Suo padre era stato inflessibile nella sua educazione, sua madre, al meglio, assente, come un ciarliero fantasma che amava apparire e scomparire per regalargli scatole edizione limitata che non c'entravano nulla coi suoi deck prima di sparire. L'unico con cui avrebbe potuto legare era suo fratello minore, eppure, cresciuto così distante e distaccato, aveva finito per vederlo costantemente avvolto fra fumo e specchi.

Era stato un fratello esemplare, questo andava detto. L'aveva protetto, forse un po' troppo, dalle idee del padre, e avvicinato quasi con la forza a sua madre; gli aveva insegnato le basi, e l'aveva guardato arrancare, staccandogli le rotelline con l'unico amore che conosceva – duro e rigido –, solo per passargli il disinfettante ad ogni caduta.

Che se ne dicesse, Ryo amava suo fratello. Era solo negato nel dimostrarlo.

Specialmente se si trattava di duelli.

Non era mai riuscito a perdonargli nessun'errore, neanche all'inizio. Forse era anche perché prima di crescere e maturare mentalmente era più simile ad un lupo affamato che ad un essere umano; l'avevano gettato in una gabbia di squali con solo il talento e il denaro come armi, e gli avevano detto nuota da solo. Per questo ogni volta che sbagliava si ritrovava a sbranarlo, anche solo per puro istinto, per poi scappare di fronte alla confusione che gli causava il sapore dei brandelli di una carne che non aveva mai voluto assaggiare fra i denti e la lingua.

Per questo Shō era cresciuto con una visione ambivalente e un po' mistica di suo fratello; da una parte, la figura protettiva che si era naturalmente sostituita a quelle impalpabili genitoriali, dall'altra, un tiranno terrificante che lo distruggeva volta dopo volta. E la chiave di tutto, come sempre, era quel gioco, che in fondo era la sua stessa vita.

Si poteva dire che quell'atteggiamento bipolare fosse una realtà formata di Ryo, anche se forse, ad un avversario qualunque, non risaltava così tanto, la differenza fra il ragazzino silenzioso e l'infallibile macchina da guerra. In ogni caso, nessuno aveva il coraggio di farglielo notare, preferendo il silenzio al rischio di rivedere quegli occhi assetati di sangue.

Il primo a dirglielo era stato Fubuki.

— Si può sapere che ti prende? Perché ti comporti così?

Non ricordava neanche quanti anni avessero, ma era estate, e il tramonto si stava riversando ovunque intorno ai pallidi ologrammi che iniziavano a disperdersi. Fubuki era per terra, il viso distorto in un'espressione di indignazione confusa, e Ryo in piedi, che non capiva quale fosse il problema. Lo aveva già visto duellare, eppure sembrava ferito personalmente dalla sua tattica, come fosse un affronto.

— Di che stai parlando?

— Lo sai di che sto parlando! Sembravi sul punto di uccidermi, come se fossi- se fossi- ah, non lo so, qualcuno che odi con tutto te stesso! Cos'é, non ti piace come duello?

Aveva esitato, mentre l'altro si alzava in piedi, spazzolandosi i vestiti. Si sentiva stranamente mortificato, anche se non capiva il motivo, e per la prima volta si era reso conto di che impressione dovesse dare, dall'altra parte del tavolo.

— Faccio paura?

— Sei terrificante. Se fai così non ci duello più con te.

Era una frase così infantile, eppure aveva fatto così male, l'idea di perdere il suo unico amico, tanto da spezzare quell'espressione impassibile in una smorfia storta, come se volesse piangere, ma si fosse scordato le lacrime.

Ryo non piangeva mai.

— Fai pure. Buona fortuna ai distrettuali.

Aveva detto. Non era quello che pensava. Eppure era quello che aveva detto. E si era voltato, ricomponendo la sua regale indifferenza.

Era proprio un piccolo imperatore.

E Fubuki aveva deciso che l'avrebbe costretto fuori da quella gabbia di ghiaccio che si era costruito intorno.


 

— Pensavo non volessi più vedermi.

— Sei l'unico invitato al mio compleanno super-duper-brillantemente-spettacolare-iper-splendido. Si dice "grazie". Prego, Ryo, anch'io ti adoro.

Ryo ci aveva messo un pezzo ad elaborare tutte quelle parole, messe di fila con la velocità di una mitraglia, e non ci aveva comunque cavato nulla. Non capiva quell'improvviso cambio di marcia, da "non voglio più duellare con te" a "andiamo insieme a prendere la torta, e poi passiamo in sala giochi", e si era fatto trascinare senza aprire bocca, cercando senza successo di capire cosa pensasse quel cervellino effervescente di tanto e di niente.

— Quindi. Il mio regalo?

Sgranò gli occhi, guardando Fubuki con l'espressione più persa gli avesse mai visto.

— Non sapevo volessi un regalo.

— Certo che lo voglio, è il mio compleanno, scemo.

— Non ho niente.

— Certo che ce l'hai. Hai il tuo deck dietro?

Era bello come gli brillavano gli occhi, di una convinzione cieca e assoluta in quello che stava facendo. Ryo poteva solo stargli dietro in qualche modo, inciampando sui suoi passi e capitombolando in sfumature di significato oscure.

— Sì ce l'ho ma-

— E allora duelliamo! Ma ad una condizione.

Non si era dimenticato lo sguardo che gli aveva rivolto, mai più per il resto della sua vita.

— Devi godertelo.


 

— E per festeggiare il primo giorno di Accademia vogliamo proporvi un duello che molti stavano sperando di vedere: Fubuki Tenjoin e Ryo Marufuj!

Come li avevano incastrati in quella storia?

Il primo giorno di Fubuki era stato più stancante del previsto. Era stato circondato all'ingresso, sotterrato di gridolini all'esame, si era addormentato in classe prendendosi un urlaccio, e poi Ryo non gli aveva dato la giusta attenzione, neanche dopo circa dieci palline di carta piene di scarabocchi caricaturali del professore, di loro, dei suoi mostri e, alla fine, di quello che stavano studiando. Palline che aveva dovuto raccattare tutte, per punizione, e far vedere all'insegnante, che non sembrava aver apprezzato particolarmente il paragone fra lui ed un Ojama.

E non era ancora riuscito a trovare una ragazza degna del suo interesse, senza considerare che era persino stato costretto a duellare, ciliegina sulla torta, con un uomo, quando aveva chiarito più di una volta che gli interessava solo ed unicamente il gentil sesso.

Certo, se si trattava di Ryo non si lamentava. Era l'unico che avrebbe accettato come compagno di stanza, e l'unico di fianco al quale si sedeva a lezione, e l'unico che aveva il permesso di non trovare divertenti i suoi commenti sottovoce. Insomma, era l'unico uomo della sua vita.

Figurativamente parlando.

Detto questo, avrebbe preferito duellare con quella ragazza coi capelli scuri che continuava a fissarlo a cena. O, beh, qualsiasi altra. Ma se doveva essere Ryo, per una volta, l'avrebbe perdonato.

Intorno a loro, c'erano una quantità di studenti, specialmente i nuovi arrivati, che li fissavano come delle divinità. Non gli dispiaceva quel tipo di attenzione; non l'avevano soprannominato re per nulla, e se la giocava benissimo, fra sorrisi smaglianti e cenni delicatamente diretti ad un'unica parte del pubblico – quella munita di una gonna e un sorriso sufficientemente adorante.

Ryo, di contro, era totalmente indifferente. Per un attimo gli aveva quasi ricordato il Kaiser di anni prima, almeno finché non gli aveva stretto la mano prima di iniziare ed aveva accennato, seppur tirandolo e forzandolo, un sorrisino.

— Pronto a rovinare la tua impeccabile reputazione già il primo giorno, Kaiser?

— Solo se tu sei pronto a deludere tutte le tue fan, Fubu-king.

E sotto le prime timide stelle, si erano affrontati nell'ennesima amichevole della loro vita, senza nessuna considerazione per il pubblico acclamante.


 

— Mi dispiace averti fatto cadere in mare.

— Dillo con più convinzione.

— Mi dispiace moltissimo averti fatto cadere in mare.

— L'avevo appena lavata questa divisa.

— Oh andiamo, ho detto scusa, perché farmela pesare? Ero solo molto emozionato del mio attacco.

— ... Emozionato? Sei serio?

Fubuki dovette sforzarsi di non scoppiare a ridere di fronte all'espressione furibonda di Ryo, cercando di mantenere intatta la sua facciata da cane bastonato.

Intorno a loro risuonava il timido sfrigolìo delle cicale, risvegliate dai primi caldi estivi; il sole spargeva mille frammenti aranciati fra le onde, sospinte quietamente dal venticello serale che gli arruffava i capelli ed accarezzava il viso. Tra l'Accademia che risplendeva come un gioiello, e l'allegro chiasso proveniente dai dormitori degli Osiris poco lontano, sembrava tutto perfetto per l'ultimo duello dell'anno prima degli esami finali.

Invece, era riuscito a diventare uno scenario funesto di occhiate che avrebbero ucciso un assassino dalla paura, capelli appiccicati al viso e una divisa nuovamente da buttare in lavatrice.

Era diventato un regalo per lo stupido senso dell'umorismo del maggiore dei Tenjoin, insomma, che faceva davvero pena a dimostrarsi dispiaciuto. Ryo sapeva che voleva solo scansarsi lo strangolamento, e non stava funzionando per nulla. Al contrario.

— Fubuki Tenjoin-

— Non chiamarmi così, sono sensibile.

Si morse la lingua, di fronte all'ennesimo fulmine nell'espressione dell'altro, e si strinse nelle spalle, con aria plastificatamente innocente.

— Insomma hai fatto una combo eccezionale, e mi sono sentito così emotivamente toccato da-

— Da dovermi spingere in acqua?

— Volevo abbracciarti Ryo, per tutte le divinità egizie! Sei pessimo. E sai cosa? Hai perso un'occasione. Non capita spesso io voglia toccare un ragazzo. — esitò, e fece un passo indietro, rendendosi conto che forse parlargli di opportunità perse non era l'ideale. — In ogni caso, c'è vento, fa freddo, tra poco è notte, ti riaccompagno ad Obelisk. Anzi sai un'altra cosa? Ti asciugo io i capelli. E ti lavo i vestiti. Sono bravissimo con i capelli, Asuka me lo dice sempre.

Ci sarebbero state mille cose da ribattere – cominciando dall'improvviso braccetto iniziato da Fubuki e non finendo più –, ma qualcosa gli fece morire le parole in gola.

Gli piaceva l'idea che facesse tutto lui. Era stanco, no, esausto dopo tutti quei mesi in Accademia uniti ai campionati, alle vittorie e sopratutto alle sconfitte che portavano così tanto acido e rancore da fargli un buco allo stomaco; aveva bisogno di calore umano – non pensava l'avrebbe mai detto –, sopratutto per mano del suo unico vero amico.

Non l'avrebbe ammesso, certo. Non mentre si faceva la doccia, non mentre teneva il broncio di fronte a Fubuki riscopertosi parrucchiere, non mentre, nel cuore della notte, si infilava una felpa e usciva a guardare le stelle, trovandosi incapace ad addormentarsi.

Non l'avrebbe ammesso, non ancora, ed era bello così. Erano innocenti, spassionati, colorati della stessa luce; non avevano bisogno di parlarsi per capirsi.

E nonostante questo, si capivano così poco, che se Ryo quella sera avesse potuto fare un giro nella testa dell'altro, che si fingeva addormentato nel letto sotto al suo, avrebbe trovato così tanto amore che non ne avrebbe tirato fuori niente di comprensibile.

E se, di contro, Fubuki avesse potuto vedere l'espressione malinconica, seppur ancora incosciente, con cui guardava le costellazioni cercando una risposta, non avrebbe più trovato il coraggio di chiedergli per l'ennesima volta il giorno dopo, con il solito tono spensierato:

La vuoi una rivincita?




 

Note

 

E con questo si conclude anche questo capitolo, di cui, ancora una volta, vado stranamente fiera!

Non ho niente in particolare da dire, se non tre punti;

1. Edo è stato inserito all'inizio perché ho intenzione di parlarne più tardi, probabilmente nella prossima one-shot, e sopratutto volevo parlare un po' di lui perché come... come non potrei. Il fatto che si siano incontrati prima che Ryo e Fubuki arrivassero in America non è canon credo? Non ne sono proprio sicura, ma in fondo questa ff non è altro che una raccolta di headcanon che mi piacciono legati con una stringa.

2. Anche se questa è una raccolta di one-shot, quindi non una long vera e propria, la storyline è tutta collegata fra sé; ogni cosa viene detta è vera in ogni one-shot (tipo, l'accenno alla prima volta che Fubuki gli ha asciugato i capelli che viene ripreso qui, e altre cose che verranno riprese più tardi). Ci tengo a specificarlo per non causare confusione ;-;

3. Non chiedetemi perché Fubuki abbia apparentemente una fissa per far finire Ryo in acqua, ma sono fermamente convinta sia canon perché Fubuki sembra quel tipo di persona + sono ingiustamente addolcita all'idea di Ryo che si lascia asciugare i capelli e credo sia perché a. vicinanza e b. calore e conforto.

Scusate se questa oneshot è MOLTO più corta dell'altra ma mi sembrava giusto finisse così. E spero non sembri troppo "fuori strada"; volevo approfondire un po' di più su loro due prima dell'Accademia ecco.

   
 
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