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Autore: hirondelle_    16/08/2020    1 recensioni
[Mai/Zuko] [accenno alla Katara/Aang] [TEMATICHE DELICATE] [gravidanza, parto, tematica dell'aborto]
Sapeva di averla innervosita, perché nella sua espressione contrita si fece largo una smorfia di rabbia. “Già, il bambino…” mormorò Mai, “Che senso ha tutto questo, se poi sono costantemente costretta a scegliere tra lui e Zuko?”
Katara scosse la testa. “Non ti viene chiesto di scegliere.”
“Hai ragione. Non avrebbe senso, in ogni caso.” Il braccio di Mai scattò e il frusciare delle sue vesti sembrò nascondere per un momento il tremore nella sua voce. I suoi occhi gelidi si piantarono su quelli di Katara, quasi a sfidarla. “Sacrificherei qualunque cosa per Zuko, fosse anche questa vita.”
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aang, Katara, Mai, Zuko | Coppie: Mai/Zuko
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Trigger warning: ciò che descrivo in questo capitolo non ha nessun collegamento con il reale, ho lavorato quasi totalmente di fantasia e non mi sono risparmiata nell’andare in dettagli più macabri, ma le cose descritte non necessariamente si verificherebbero nella vita vera. Non credo di avere un tipo di scrittura troppo evocativo, ma se pensate di essere persone facilmente impressionabili saltate questo capitolo e proseguite <3
 
A TALE OF LOVE, BIRTH AND DEATH
Birth 2/2

“Non lo sento più.”
Katara per un momento pensò persino di averlo immaginato. Ma quando si voltò, il volto di Mai era inequivocabile, le labbra serrate e lo sguardo puntato sul pavimento. La vide accasciarsi contro la parete e rimanere in silenzio, le braccia avvolte attorno al ventre.
“Cosa?” esclamò allarmato Zuko, divincolandosi dalla presa della dominatrice. Fece quei pochi passi per raggiungerla e le si accasciò di fronte, prendendola per la spalla. La scosse leggermente, ma Mai non alzò lo sguardo. “Mai, che succede?”
La donna iniziò ad agitarsi, come se fosse stata presa da un attacco di convulsioni molto violento. Il suo viso era madido di sudore e pallidissimo. Farneticò qualcosa di incomprensibile. “Non ce la faccio,” disse infine, e svenne.
Katara ebbe la sensazione che fosse tutto finto.
Si costrinse quasi a muoversi e si maledì nel rendersi conto di non essere stata abbastanza pronta di riflessi; ma Zuko l’aveva già presa per le braccia e con le poche forze che aveva ancora in corpo la fece appoggiare delicatamente a terra, chiamandola con voce quasi tremante. La dominatrice fu subito al loro fianco, il cuore che le batteva all’impazzata. “Cosa ti ha detto?” chiese freneticamente, sfilando l’acqua dalla boccetta che teneva sempre al fianco, “Prima…”
“Le fa un male cane,” balbettò Zuko ad occhi sbarrati, “Ha detto che le fa un male cane e non lo sente più.”
Lo ha perso, le passò subito per la testa. Le mani iniziarono a tremarle mentre provava a passarle sul corpo di Mai. Non sentì niente.
“Dobbiamo portarla in infermeria!” esclamò, gli occhi già offuscati dalle lacrime, Non c’era tempo. Eppure non seppe con quale forza riuscì ad alzarsi in piedi, barcollante, e guardarsi attorno, alla ricerca di qualcosa che potesse aiutarla: aveva notato che a intervalli regolari nei corridoi del palazzo erano state disposte dei vasi con delle piante, anche se non era certa che vi fosse effettivamente dell’acqua. Con un gesto ampio delle braccia fece estrarre da una manciata di questi dei rivoli che, confluiti assieme, presero a formare una grossa bolla.
“Che hai intenzione di fare?” le chiese Zuko, allibito, sostenendo la moglie con il braccio sano e cercando di alzare entrambi da terra
“Sto usando una tecnica che mi ha insegnato Aang,” spiegò Katara, cercando di non pensare a tutta la situazione. “Creerò un letto d’acqua e trasporterò Mai fino all’infermeria, come farebbe un dominatore dell’aria.”
Zuko riuscì a sollevare la donna abbandonata tra le sue braccia e aiutò Katara a issarla su quella brandina improvvisata. L’acqua iniziò a colorarsi subito di rosso. “Che le succede?” quasi gridò, sconvolto.
“I-il suo utero sta cedendo,” spiegò frettolosamente la dominatrice, distogliendo lo sguardo. “Dobbiamo raggiungere l’infermeria, subito.
Con un gesto delle mani accompagnò Mai lungo il corridoio, lottando contro l’istinto che le stava imponendo di crollare a sua volta. Se con Zuko aveva pensato di avere qualche possibilità di salvarlo, per Mai non aveva certezze di nessun genere; e non si era mai ritrovata in una situazione simile. Aveva aiutato a partorire diverse donne al villaggio, e persino nel suo viaggio con Aang, ma nessuna che avesse rischiato la vita. Katara quasi si vantava di essere in grado di assisterle in un momento così delicato e poter vedere il sollievo e la gioia nei loro volti.
Mai non avrebbe avuto questa possibilità.
Il pensiero la colpì talmente forte che per un momento la presa su Mai si affievolì. Fu a quel punto che sentì la presa ferrea di Zuko sul suo polso: la stava seguendo al suo passo, supportandosi con l’appoggio del muro. Il suo sguardo era inequivocabile. Katara ripensò a come Mai le avesse rivolto un’occhiata simile soltanto qualche giorno prima: entrambi erano determinati a salvare l’altro, ad ogni costo. E contavano su di lei.
Un’ancella li avvistò ancora prima che raggiungessero l’infermeria. Quando li vide, sbarrò gli occhi attonita. “Abbiamo bisogno dell’Illustrissima!” gridò la dominatrice, accelerando il passo. La ragazza si precipitò dentro le stanze senza esitazione e in breve tempo vi uscì un gruppo di infermiere, attrezzate con delle lenzuola.
“Cos’è successo?!” le chiese sgomenta l’assistente dell’anziana.
“Ha perso il bambino, non c’è più tempo!” esclamò Katara spingendo il corpo di Mai oltre la porta.
Le donne sollevarono il corpo esamine della Signora del Fuoco e la disposero sul letto che precedentemente era stato occupato da Zuko. Le lenzuola si macchiarono immediatamente di sangue. “Toglietele i vestiti, è fradicia!” ordinò una di loro. L’uomo si sedette al fianco del letto e l’aiutò nell’azione, non riuscendo a nascondere il tremore nella mano già insanguinata.
L’Illustrissima si avvicinò al capezzale senza esitazioni e subito le altre le fecero spazio. A giudicare dal modo in cui si muovevano, concitate e nervose, nessuna di loro aveva davvero previsto una simile eventualità. Katara si avvicinò all’anziana senza perdere tempo. “Penso che il corpo stia espellendo il bambino. Non c’è tempo da perdere. Se vogliamo salvarla, dovremo accelerare il processo e chiudere le ferite prima che perda troppo sangue,” spiegò, risoluta.
La donna annuì e produsse un sibilo che la dominatrice interpretò come un ulteriore assenso. Katara quindi si rivolse alle infermiere che si stavano occupando di Mai: “Avrò bisogno di una bacinella d’acqua, la più pura che avete.”
“Nei giardini reali c’è una fonte d’acqua fresca, l’unica in tutta Caldera” disse Zuko.
Katara annuì, “Lo so, andrà bene,” disse. “Ho bisogno che qualcuno vada a chiamare Aang. Avrò bisogno anche di lui.”
Due ancelle si precipitarono subito fuori dalla stanza, le altre tre rimasero al cospetto della Signora, controllandole la temperatura attraverso il loro dominio e tamponando la perdita. All’improvviso, una di loro ebbe un singulto di sorpresa: “Si sta svegliando!”
Con un ansito, Mai riprese i sensi, e riprese a contorcersi. Le infermiere si affrettarono a coprirla con un lenzuolo, che non avrebbe tardato a riempirsi di sudore e sangue.
“Mai, stringi questo tra i denti, “la istruì Katara, porgendole una pezza. Il petto della donna si alzava e abbassava frettolosamente e dalle sue labbra fuoriuscirono i primi gemiti di dolore. La dominatrice pensò addirittura di sentirla mormorare una serie di “no” sconnessi. I suoi occhi vagavano per la stanza come se non la riconoscesse. Zuko le strinse forte la mano e provò a chiamare il suo nome: sembrava totalmente fuori di sé.
Katara decise che avrebbe fatto un tentativo.
Le infilò il panno tra le labbra perché non si potesse mordere la lingua e continuò a parlarle. “Ascolta Mai: il bambino sta uscendo, ma non sei dilatata. Devi spingere quando te lo diciamo noi, solo quando te lo diciamo noi, intesi?”
Mai voltò la testa verso di lei e per un istante le parve che l’avesse sentita. Bastò una fitta, forse più forte delle precedenti, perché la signora del fuoco fosse costretta a contorcersi per un altro attacco. Il panno attutì poco le sue grida.
“Mai!” la chiamò Zuko, chinandosi su di lei. Le prese il volto e iniziò a scrutarla freneticamente alla ricerca di un suo segnale. In breve tempo, la donna svenne di nuovo.
Nella stanza calò il silenzio, rotto solo dai singhiozzi di una giovane infermiera che istintivamente si era allontanata dal letto fino a toccare la parete opposta. Anche sullo sguardo vitreo dell’assistente si sarebbe potuto scorgere lo sconcerto e il dolore. Katara cercò invano di non scomporsi, ma le lacrime tornarono copiose a bagnarle il volto.
Zuko, d’altro canto, sembrava stravolto, e fu un bene, perché fu di nuovo lui a risvegliarle la coscienza. “Di questo passo non ce la farà, muoviamoci!” ordinò, pallido. Le sue parole sortirono un effetto sull’anziana, fra tutte, che iniziò a sua volta a blaterare qualcosa di comprensibile solo alla sua vice.
“Zenya, va’ a prendere il divaricatore. Gizu, l’anestetico. Deve essere pronto il prima possibile”, iniziò a comandare la donna. Si rivolse infine alla ragazza che si era allontanata. “Fuori di qui, Jili. Non sarai di nessun aiuto in queste condizioni,” tagliò corto, e si fece spazio accanto a Katara. La giovane infermiera scivolò fuori dalla porta con il volto rosso per il pianto e l’imbarazzo.
L’anziana si posizionò sul fondo del letto e si chinò su Mai, infilando la mano sotto il lenzuolo. Katara intuì subito cosa stesse per fare ancora prima che potesse fare effettivamente qualcosa: “Si fermi, le farà male così!” protestò, bloccandola per un polso. L’anziana le rivolse uno sguardo truce.
Fu l’assistente a rispondere per lei: “Vuole controllare che il bambino sia in posizione prima di intervenire,” le disse in modo secco. “Si dia il caso che l’Illustrissima abbia piena esperienza, anche in casi gravi come questi, ben prima che Lady Ursa partorisse il signore del fuoco. Non ha nessun diritto di interferire.”
Katara allentò subito la presa, ritirando la mano e portandosela al viso per asciugarsi le lacrime, imbarazzata. “Scusate, io…” mormorò umilmente, e per una volta l’anziana sembrò coglierlo, perché semplicemente annuì.
Dopo averle rivolto lo sguardo, tornò ad occuparsi di Mai. Fece un movimento fluido, che stupì Katara più di quanto non lo stesse facendo il suo flemma. Quando ritrasse il braccio, le sue dita erano sporche di sangue. L’anziana scoccò la lingua, scuotendo la testa.
“Cosa dice?” chiese Katara, apprensiva.
“Il bambino è girato. Non possiamo procedere in questo modo, rischieremmo di comprometterne il corpo,” spiegò l’interprete, scientifica. “Eseguiremo un taglio all’altezza del ventre e lo estrarremo da lì”.
“Non sarà pericoloso? Perderà ancora più sangue,” osservò Zuko, sulle spine.
L’assistente scosse la testa. “Non se agiremo in fretta. Il dominio di Maestra Katara sarà fondamentale, servirà ad arginare la ferita.”
“Senza la mia acqua non posso fare nulla ancora,” sospirò la dominatrice, sentendosi impotente.
La donna liquidò la questione con un gesto della mano: “Arriverà fra poco, e così l’Avatar”.
 
Erano bastati pochi minuti perché il palazzo cadesse nel caos. Non tanto per il via vai di persone che aveva iniziato a farsi più nervoso e frenetico del solito, quanto per i discorsi che passavano di bocca in bocca. Al punto che Aang e Toph furono avvertiti dell’accaduto ancora prima che l’infermiera li raggiungesse: la incontrarono a metà strada, pallida e affannata, scortata da una serie di servitori allarmati che aspettavano solo aprisse bocca. Ma a quel punto la donna era quasi senza fiato e non riusciva a far altro che indicare un punto alle sue spalle.
L’avatar le passò una mano sul braccio in segno di riverenza, mentre proseguiva la sua corsa. Toph, al suo fianco, si stava servendo del suo dominio per stargli dietro: non aveva ancora parlato da quando avevano sentito il trambusto che si era levato da tutte le parti.
Quando arrivarono davanti all’infermeria, l’entrata era ostruita da quanti nel palazzo erano accorsi per capire cosa stesse succedendo. Appena video Aang, tuttavia, si scostarono senza farselo dire. Al ragazzo non sfuggì come le guardie poste alla porta stentassero a mantenere la calma, allontanando quanti si avvicinassero troppo. Appena si presentò davanti, sul loro volto si dipinse un’espressione sollevata.
Aang non poteva dire di provare lo stesso.
Volse lo sguardo alle persone che attendevano apprensive e a loro rivolse un gesto plateale. “Per favore, liberate il passaggio. Vi faremo sapere quanto prima le condizioni di Lady Mai.” Fece per voltarsi verso la porta ma appena si rese conto che Toph lo stava seguendo la fermò toccandole la spalla: “Toph, ho bisogno che tu resti qui. I ribelli potrebbero approfittare della confusione per sferrare un attacco, mi sentirei più sicuro ad averti qui fuori”.
Toph arretrò senza replicare, quindi Aang la osservò meglio e vide che stava piangendo. Vedere le lacrime sul suo viso era un’occasione così rara che il suo cuore sussultò. Istintivamente si chinò su di lei e la strinse in un abbraccio. “Andrà tutto bene,” le disse piano.
Toph annuì contro il suo petto, prima di distaccarsi con un grugnito. Le porte dietro di lui si spalancarono e Aang fu spinto dentro la stanza prima che se ne potesse rendere conto.
 
L’acqua arrivò appena dopo il suo arrivo, ma Aang a quel punto non avrebbe saputo quantificare il tempo che stava passando, come se quella stanza fosse stata inghiottita da una voragine in cui le leggi della realtà fisica non avevano il minimo valore.
Si mise al fianco di Katara e le prese una mano, tendendo l’altra sul corpo pallido di Mai, e insieme iniziarono a far vorticare l’acqua sulla sua superficie. Zuko li guardava dall’altra parte, la mano di Mai stretta nella sua, incantato inevitabilmente dai loro movimenti che sembrarono distrarlo per un attimo dalla tensione che stava provando. “Il battito è molto debole,” avvertì, “Dobbiamo fare in fretta”.
Furono le ultime parole che vennero scambiate in quella stanza. Aang tenne fermamente gli occhi sul volto di Mai, preferendo distogliere lo sguardo dai gesti meticolosi delle infermiere che si stavano adoperando per estrarre il corpo dal ventre di Mai. Appena la ferita venne aperta, chiuse gli occhi per concentrare meglio tutta la sua attenzione sul dominio: poteva sentire i gesti delicati ma fermi di Katara al suo fianco, e gli parve persino di sentirla mentre rimarginavano ogni tessuto e lacerazione che potessero incontrare nel loro passaggio. Aang sapeva che il dominio non poteva entrare troppo in profondità, ma ci provò comunque, stringendo la mano di Katara quasi a voler chiedere la sua forza.
Per quanto si sforzassero, Mai continuava a sanguinare.
“Ci siamo,” affermò l’assistente, affondando le mani nel corpo di Mai.
Aang non osò ancora aprire gli occhi. Sentì solo la presa di Katara farsi sempre più dolorosa, fin quasi a stritolarlo, e il sospiro affranto di Zuko non appena la donna ritrasse le mani dalle carni e sollevò le braccia. Il silenzio era assordante, rotto solo da uno schiocco di lingua. “Coprilo e portalo di là,” sentì mormorare.
Si costrinse a riaprire gli occhi solo quando sentì dei passi allontanarsi e il suo sguardo si posò prima su quello straziato di Zuko, poi su quello di Katara quando fu lei a richiamare la sua attenzione: “Aang, ti voglio con me”.
Aang annuì, prendendo un sospiro profondo e continuando a sondare il corpo di Mai alla meticolosa ricerca di qualsiasi tipo di strappo o ferita che si fosse formato. Non sapeva bene nemmeno lui cosa stesse facendo, o che cosa stesse effettivamente rimarginando: il suo dominio non era di certo potente quanto quello di Katara, ma era abbastanza certo che nemmeno lei sarebbe riuscita da sola a curare quelle ferite.
Mai a quel punto stava perdendo talmente tanto sangue che persino la visione delle infermiere più anziane si annebbiò per l’orrore. Alcune di loro presero a tamponare la ferita, altre si ritirarono con il corpo dell’erede, forse intimorite che potessero essere d’intralcio.
All’improvviso, il corpo di Mai ebbe un altro spasmo, stavolta più violento dei precedenti.
“Si sta svegliando di nuovo!” si allarmò Zuko, chinandosi sul volto della donna, che iniziava a scuotersi e a far fuoriuscire i primi lamenti.
“Tenetela ferma,” ordinò Katara, e le infermiere si affrettarono a ubbidire, intimorite. Anche Aang si voltò preoccupato verso di lei e vide il suo volto sudato contrarsi per la concentrazione. Istintivamente le lasciò la mano per permetterle di agire con entrambe.
Il primo grido di Mai fu agghiacciante.
Aang non era sicuro di aver mai sentito nulla di simile ed era quasi sicuro che avrebbe perso il controllo sul dominio, se solo le infermiere non fossero venute in suo soccorso. Aang vide con un brivido che stavano immobilizzando Mai con dei lacci ancorati al letto; in un’altra occasione, le avrebbe fermate. Ma il corpo della donna sembrava assolutamente fuori controllo: scalciava, gridava e stringeva i denti, così forte che avrebbero potuto spaccarsi se non fosse stato per il panno che stringeva tra le labbra. La presa sul polso di Zuko si fece ferrea, al punto che anche lui iniziò a farsi sfuggire qualche gemito di dolore.
Poi, come era arrivata, l’ondata passò e Mai sembrò perdere di nuovo i sensi. Il suo corpo si afflosciò contro le lenzuola e lì rimase, nello sbigottimento generale.
Ansimando, Zuko si chinò sul suo collo e premette due dita all’altezza della giugulare. Il sospiro di sollievo anticipò le sue parole: “La sento appena, ma sta bene”.
“Dobbiamo fermare questo dannato sangue,” sussurrò roca Katara, e Aang annuì. Impose le mani con insistenza, pronto a entrare nello stato dell’Avatar se necessario, quando avvertì qualcosa di strano respingerlo. Improvvisamente, non sentiva più l’azione del dominio di Katara. I suoi movimenti, prima coordinati, gli apparvero ora più veloci e impazienti.
“Che stai facendo?” le chiese allarmato, voltandosi verso di lei. La ragazza non si mosse, se non per un movimento impercettibile delle dita.
Lentamente, l’avatar ritrasse le mani e si limitò a guardarla impietrito mentre Katara usava il suo dominio del sangue.
Zuko si sporse verso di lei, intuendo subito cosa stesse accadendo. “Katara, no…” mormorò a fior di labbra.
“Voglio e posso”.
Katara fletté i polsi e le ferite di Mai iniziarono a ritrarsi come cancellate da una gomma invisibile, mentre gli ultimi rivoli di sangue si arenavano sul letto sfatto e umido.
Nella stanza calò un silenzio cupo, mentre anche gli ultimi bagliori del giorno si rispecchiavano nei loro occhi gonfi di pianto, prima che Katara si accasciasse stremata accanto al corpo di Mai.
Aang lasciò andare un sospiro che non si era accorto di trattenere.

 

   
 
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