Serie TV > Un passo dal cielo
Segui la storia  |       
Autore: crazyfred    31/08/2020    3 recensioni
{FRANCESCO & EMMA} "La neve aveva assunto l'odore dei suoi baci sotto i portici, del cioccolato, della cannella e delle arance che aromatizzavano i bicchieri bollenti di vin brûlé"
Prosieguo ideale della storia d'amore di Emma e Francesco, dove li abbiamo lasciati alla fine della quinta stagione. La voglia di ricominciare da zero, ma anche di non cancellare quello che è stato, il ricordo indelebile di errori da non commettere più. E chissà, magari coronare il loro amore con un nuovo arrivo...
Ma anche la storia di quella banda di matti che li circonda: Vincenzo, Valeria, ma anche Isabella, Klaus e naturalmente Huber.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Commissario Nappi, Emma, Francesco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 13 - Sesto mese o ti amo da vivere
 





"Antonio … Rosa … vi presento mia moglie, Emma" Emma, che conosceva perfettamente suo marito, riconosceva distintamente l'esitazione nella voce di Francesco, intimorito nel pronunciare una formula così di rito davanti a quelle persone. I due la salutarono con una stretta di mano, formale ma gentile ed Emma rimase composta e distante come le circostanze imponevano. "Molto piacere" si limitò a rispondere.
Ad un primo sguardo le sembravano due persone per bene, con una certa classe e dignità di chi ha una vita agiata in città. Emma ne aveva conosciute tante di persone così nella sua vita.
Rosa ed Antonio, dal canto loro, non avevano un'idea precisa della giovane donna che si erano trovati di fronte. Antonio non era tipo da fidarsi della prima impressione, al contrario di sua moglie che dovette mangiarsi la lingua sul commento poco gentile sulla bellezza della nuova moglie di Francesco. Le sembrava una ragazza a modo, solare e disponibile, ma il marito le aveva raccomandato di non fidarsi troppo di quei modi, come previsto, gentili: di sicuro, secondo lui, avrebbero preteso qualcosa.
"Francesco … non ci avevi detto che c'è un cicogna in viaggio" sottolineò Rosa, notando il pancino sporgente dal camicione premaman che indossava. C'era curiosità sincera nelle sue parole, non recriminazione; tuttavia, seppur inevitabile, sapere che se ne fosse accorta mise Francesco ed Emma a disagio. "Non c'era stata occasione" era stata la risposta stentata del forestale, che tra le righe si sarebbe potuta leggere più come un non mi sembrava il caso di tirare fuori l'argomento davanti alla tomba di vostra figlia. Seppellire le sue ceneri accanto a Marco, il loro bambino, era stata la scelta più naturale ma spesso, ora, lo inibiva: voleva coinvolgere Emma anche in quella parte, seppur dolorosa, del suo passato, ma il pudore lo frenava a portarla con sé davanti alla lapide della sua prima moglie. Ricordava ancora quando, d'istinto, corse davanti alla tomba del figlio per dirgli - inconsciamente anche ringraziarlo - per il bambino che era in arrivo e come, una volta lì di fronte, la "presenza" di Livia, avesse spezzato la magia del momento.
"Manca ancora molto?" domandò la donna, incuriosita. "Ancora circa quattro mesi, a Settembre" quando la conversazione verteva sul bambino o sulla gravidanza, generalmente le mani di Emma correvano sempre ad accarezzarsi la pancia; questa volta no, il timore di fare la cosa sbagliata aveva preso il sopravvento. "Beata lei, io i miei figli li ho partoriti entrambi d'estate, non lo auguro a nessuno"
Emma non voleva essere scortese e proseguì la conversazione rispondendo alle domande che le venivano poste, ma tutta quella situazione era surreale: una conversazione di convenevoli e pettegolezzi con i genitori di quella che era stata la sua "rivale" e a cui ora voleva "togliere" il nipote, che era l'unica traccia che era rimasta della loro figlia sulla Terra; ebbe solo il coraggio di chiedere che le dessero del tu. Antonio, senza neanche nascondersi troppo, alzò gli occhi al cielo. Emma notò come l'uomo, a cavallo tra i sessanta e i settanta, si aiutasse con un bastone. "La prego" lo invitò, apprensiva, indicando il tavolo e le panche del terrazzo dove avrebbero pranzato "non stia ancora in piedi, si accomodi pure"
"Oh … si riferisce a questo?" domandò l'uomo, facendo dondolare il bastone, accennando ad un sorriso "è solo un appoggio temporaneo …  un piccolo incidente domestico, me ne libererò presto"
Emma ricambio quel sorriso con uno altrettanto sincero. Francesco osservò attentamente suo suocero, insospettito da quel comportamento freddo e distaccato che lasciava intravedere solo a tratti l'uomo affabile di un tempo. Francesco riconosceva, in quel comportamento, l'incapacità di lasciarsi il passato alle spalle che anche lui aveva vissuto. Forse Emma lo aveva colpito, ma non poteva smettere di vedere Francesco al suo fianco e pensare a quella vita che sua figlia non stava vivendo.
"E così … è qui che vivete …" constatò Antonio, affacciandosi al parapetto della terrazza. La sua reazione, un misto di dubbio e meraviglia, l'avevano vista mille volte su quelli che visitavano la palafitta ed ammiravano il paesaggio da quella posizione privilegiata per la prima volta. L'uomo però, facendosi strada da solo, senza permesso, entrò anche all'interno della palafitta. Emma e Francesco si scambiarono uno sguardo perplesso. Forse l'uomo era spinto dalla curiosità di vedere per la prima volta il posto dove Livia aveva vissuto negli ultimi giorni della sua vita: Francesco, infatti, aveva tenuto la famiglia di Livia a debita distanza dalla casa sul lago. Non era certo il caso, in quei giorni di lutto, di mostrare loro la palafitta nello stato in cui versava dopo la loro ultima lite, con una finestra rotta e altri cocci sul pavimento. Antonio non poteva sapere, però, quanto quel posto fosse cambiato, quanto il nome di Emma e di Francesco fosse inciso con il fuoco anche sul più piccolo listello.
"Non mi pare esattamente un posto dove crescere un bambino" commentò, fermo sull'uscio della porta finestra, un tono di disapprovazione percepibile dalle orecchie di chi avesse voluto intendere. Emma distolse lo sguardo dall'uomo per un istante: le sembrò di rivedere Livia, nonostante la somiglianza quasi inquietante con la madre; quel suo fare altezzoso di chi è una spanna sopra agli altri, invece, era tutto del padre. All'apparenza il suo voleva essere un riferimento al bebè che Emma portava in grembo, ma tutti sapevano, evidentemente, che non era così; era una guerra fredda e i coniugi Neri dovevano essere pronti a rispondere colpo su colpo.
"Non staremo qui ancora per molto" replicò Francesco, stringendo istintivamente la mano di Emma "abbiamo acquistato un maso dall'altra parte del paese, è in ristrutturazione". I lavori procedevano bene, e Francesco si augurava che avrebbero potuto trasferirsi anche prima del parto, nonostante sua moglie facesse continuamente scongiuri per accumulare ritardi e restare in palafitta.
Emma si staccò dalla presa, intimorita da quella presenza altezzosa e severa che sembrava aver messo piede in casa loro al solo scopo di giudicarli. A Francesco sembrò di essere tornato indietro di venti anni, a quel terzo grado che ricevette la prima volta che andò a prendere Livia per uscire e fu presentato ai suoi genitori. Ma era una persona diversa, non solo ora era un uomo ma non si sentiva più vincolato dalla necessità di fare bella figura.  Unico freno la paura di perdere Leo, ma per quello, a quanto pareva, c'era bisogno di lottare.
"Vogliamo metterci a tavola?" tagliò corto Emma, cercando di sviare la conversazione per un po', notando i primi segni di insofferenza nel marito. Il pranzo fu un successo. Tutti gradirono la cucina di Emma e Francesco non solo non si lasciò andare a battutine che di sicuro i signori Sonzogni non avrebbero capito, ma riempì Emma di lodi sincere e meritate.
L'argomento per cui tutti erano lì non poteva né doveva essere dimenticato. Il pranzo era passato indenne, grazie alla conversazione spicciola retta dalla madre di Livia che voleva sapere tutto dei lavori dei due coniugi, della gravidanza, del matrimonio. Il padre di Livia rimase in silenzio, accennando a qualche risposta telegrafica e subendo il chiacchiericcio di sua moglie su argomenti che non solo non lo interessavano, ma che addirittura lo infastidivano. Non aveva nulla contro Emma, fosse stata una perfetta sconosciuta sarebbe stato felice per lei, ma sapere che aveva preso il posto di sua figlia, non la rendeva di certo la persona preferita agli occhi di Antonio. Se non altro, pensò l'uomo, Rosa aveva avuto il buon senso di evitare  domande su come si erano conosciuti e innamorati quei due.
"E così avete deciso di rimanere stabilmente qui" domandò Rosa. "Non vedo perché non dovremmo" rispose Francesco, mentre aiutava Emma a portare la frutta in tavola "entrambi abbiamo un lavoro qui, presto anche una bella casa e tutta la nostra famiglia è qui con noi"
"Famiglia?" domandò Antonio, incuriosito da quella strana risposta. "Beh sì, noi la chiamiamo famiglia" chiarì Emma "ma sono più che altro amici e colleghi. Passiamo talmente tanto tempo insieme che siamo diventati una grande famiglia"
"E non pensate che vivere in una grande città possa dare maggiori possibilità e prospettive a dei bambini?"
Eccola, la domanda che stavano aspettando. La conversazione virò di nuovo sull'argomento del giorno. Era chiaro come il sole che non gli interessasse la loro opinione di futuri genitori, piuttosto in quanto papabili all'affidamento di Leonardo.
"Ci sono ottime scuole anche qui" spiegò Emma, che aveva a che fare ormai quotidianamente con gli insegnanti delle scuole locali. Il progetto procedeva a gonfie vele e stavano organizzando una versione estiva per poter intrattenere in maniera istruttiva i bimbi che durante le vacanze non sarebbero partiti per le località di mare. "E poi" aggiunse "il contatto con la natura fin da piccoli è altrettanto importante, sia per lo sviluppo fisico che per quello mentale"
Francesco era estasiato dalla capacità di Emma di rimanere concentrata e sicura quando era nel suo elemento. Non sembrava che, in quel momento, si stesse decidendo parte del futuro della loro famiglia.
"Mi chiedo solo cosa ci sia di benefico nel vivere isolati, magari nei lunghi inverni pieni di neve quando a malapena si riesce ad uscire da casa"
Francesco avrebbe voluto rispondere in maniera piccata a suo suocero, spiegandogli che vivevano nel ventunesimo secolo e la tecnologia era venuta in aiuto alle popolazioni montane che vivevano nei masi lontani dal centro cittadino. Ma risolse che non fosse il caso di infierire ed offendere la sua intelligenza.
"Antonio, non prendiamoci in giro" intervenne Francesco "è chiaro che qui si sta parlando di Leonardo"
"E di chi altri?!" esclamò l'uomo, staccando una stilettata verso Emma e Francesco, sottolineando così quanto poco gli interessasse di loro.
"Noi vogliamo solo il bene di Leonardo" chiarì Emma.
"Anche noi" rispose Antonio, con la stessa energia che aveva usato la giovane donna. Era suo nipote, il figlio di una figlia che non c'era più, che non aveva potuto o saputo aiutare quando avrebbe avuto bisogno di avere qualcuno vicino e sentiva che questa poteva essere la chance di poter provare a sé stesso di non essere stato un fallimento totale come genitore.
"Ed è proprio per questo bene che vi chiediamo di collaborare con noi" chiarì Francesco, schietto "il giudice potrebbe non decidere a nostro favore, ma neanche a favore vostro. E se venisse affidato ad un'altra famiglia rischiate di non vederlo mai più. Noi invece vogliamo che davvero che possa avere accanto i suoi nonni, i suoi veri nonni"
"E chi ci garantisce che con voi sarà diverso?" domandò Antonio, il quale continuava imperterrito a nutrire dubbi su Francesco.
"L'amore per Leonardo è l'unica garanzia che abbiamo da offrirvi" rispose Emma, con tutta l'onestà che poteva mettere in quelle parole "forse non è molto, ma dovete farvela bastare."
A quel punto, non interessava più fare bella figura, nessuno dei due sentiva di dover dimostrare più nulla: bisognava strappare una collaborazione tra pari, tra persone che avevano sofferto in egual maniera e in Leonardo avevano trovato, allo stesso modo, un'ancora di salvezza da quel passato che, altrimenti, non avrebbe smesso di tormentarli. "Potevamo scegliere di non prenderci cura di lui, cos'è per noi in fondo? Con un bambino in arrivo ora, diciamocelo, chi ce lo faceva fare?" le parole del forestale erano franche e forse crude, ma erano la pura verità. Chiunque si sarebbe tirato indietro; non loro, e non solo per il legame con il passato. "Eppure siamo ancora qua …" Si erano innamorati di quel bambino e lui di loro, erano una famiglia, ed iniziavano a cogliere, a quasi un anno di distanza, quei primi segni di affinità e somiglianze acquisite. Non si sentivano i salvatori di un bambino solo e abbandonato, erano loro per primi ad essere bisognosi di completarsi nell'affetto per Leonardo.
Emma corse con la mano verso il braccio che Francesco aveva sul tavolo, la mano di lui stringeva il bicchiere per convogliare e rilasciare le energie negative. Si voltò verso la moglie, che lo cercava con lo sguardo.
"Il giorno che ho scoperto di essere incinta ero da sola in ospedale" iniziò lei, ricordando quella lunga giornata; aveva deciso di affrontare da sola quell'ultima visita medica perché quei sintomi le fecero sperare in una bella notizia, ma al contempo le fecero temere che il suo peggior incubo era tornato. In entrambi i casi aveva voluto tenere lontano Francesco, almeno per un po', da una delusione. "Sulla strada del ritorno" continuò "invece che correre da Francesco per dargli la notizia mi sono ritrovata davanti alla casa famiglia. Non so spiegare bene perché ma sentivo che dovevo essere lì, era come se la mia testa e il mio cuore mi avessero detto non scordarti di Leo"
Sentì il braccio del marito scorrere sotto il palmo della sua mano, finché le dita nodose non incontrarono le sue, intrecciandosi. Anche gli sguardi si incrociarono. "Non me lo avevi mai detto" sussurrò Francesco; lei lo guardò soltanto, le parole fermate da un nodo in gola, gli occhi inumiditi.
Emma tornò a rivolgere l'attenzione verso i genitori di Livia e si accorse che qualcosa, forse, era cambiato. In Rosa, in particolar modo, le sembrò di scorgere una luce, un piccolo spiraglio a cui potersi rivolgere. Lei non poteva saperlo, ma dietro quella luce c'era una profonda ammirazione. Francesco era sempre stato un po' il favorito di Rosa, forse per pura vanità femminile, poter esibire un fiore di ragazzo come lui, soldato per i corpi speciali, suo genero, alle amiche di bridge, era stato per anni motivo di vanto. Al di là di tutto gli voleva bene, per la pazienza dimostrata con sua figlia e persino con suo marito, che per la sua primogenita pretendeva sempre la luna, ed infine per il dolore che avevano condiviso.
Ripresasi, Emma fissò Rosa e Antonio dritta negli occhi "Questo per dirvi che noi sentiamo Leo parte della famiglia, né più né meno di quanto non lo sia che questo piccolino che deve nascere. Ma questo non esclude assolutamente che Leo sia parte anche della vostra famiglia. Anzi, potremmo diventare un'unica famiglia, se ce lo permettete. Noi siamo esperti di famiglie allargate e incasinate"
Sia Francesco che Emma si aprirono ad un sorriso, imbarazzato ma al contempo divertito, perché in quelle poche parole Emma aveva perfettamente delineato quella pazza tribù che era diventata la loro famiglia; non li avrebbero sostituiti con nessun legame di sangue al mondo. Anche Rosa sorrise assieme a loro. Aveva bisogno anche lei di qualcuno così nella sua vita.
"Che bella storiella" si oppose Antonio, disincantato "peccato che stiamo parlando di vita vera e non delle favole della buonanotte. Non basta solo l'amore per stare al mondo" Francesco rimarcò come il denaro non fosse un problema per loro ma che, al contempo, non basta solo il denaro per crescere un figlio. "Certo che no" confermò Antonio "ci servono anche il tempo e la dedizione che con Marco non hai mai avuto. Sempre lontano, sempre distante, sempre concentrato sulla tua carriera … se tua moglie è contenta di crescere vostro figlio da sola, fatti suoi, ma non permetterò che possa ripetersi la stessa cosa con un altro mio nipote"
"Non le permetto di parlare così di mio marito" Emma sapeva che Francesco non era un uomo perfetto, aveva i suoi difetti e lei stessa li aveva provati sulla sua pelle, ma le loro giornate con Leonardo, l'affetto e la malinconia con cui le parlava di Marco e la devozione che aveva per il bambino che stava portando in grembo le restituiva l'immagine di un padre affettuoso. "Carissima Emma" disse, in tono quasi canzonatorio, "non ce l'ho con lei, è una brava ragazza e forse vi volete anche bene, ma vorrei ricordarle che se fosse stato più responsabile ora non sareste certo qua."
Forse vi volete anche bene. Forse. Queste parole più di tutte riecheggiarono ovattate e lontane nella testa di Francesco, ma allo stesso tempo fastidiose come una goccia cinese. Se c'era una certezza nella sua vita, era proprio l'amore che provava per Emma e che, per qualche miracolo, sentiva ricambiato. Un sentimento totalizzante che con Livia non c'era mai stato. Si erano voluti bene, apprezzati e rispettati per un certo tempo, ma erano sempre rimasti due entità separate. Avrebbe voluto urlare, avrebbe voluto difendere quella pace dell'anima che, soprattutto grazie ad Emma, era riuscito a riconquistare dopo anni di buio. Ma era proprio per la donna che aveva al suo fianco, che già aveva affilato i suoi artigli da leonessa, che rimase calmo: la vedeva massaggiare energicamente la pancia e immaginò che anche il piccoletto lì dentro fosse indignato quanto loro due.
"Mi creda" continuò Emma "io di genitori assenti ne so qualcosa…e anche se non ho conosciuto Francesco quando c'era Marco, so per certo che amava suo figlio"
"Ma cosa vuole sapere lei…" "Basta Antonio!" Rosa sbattè i palmi delle mani sul tavolo, dal nulla, accigliata, facendo scattare anche il forestale e sua moglie.
"La morte di Marco non è stata colpa di nessuno e devi smetterla di attribuire a Francesco colpe che non ha!" "Come puoi parlare così? Oltre a Marco è stato anche la rovina di Livia" "Livia si è rovinata con le sue mani … non biasimare Francesco per aver provato ad andare avanti"
Rosa era dell'opinione che se il matrimonio, come sembrava, non soddisfaceva sua figlia, era suo dovere interrompere quella farsa e trovare nuovi modi per esprimersi ed essere pienamente realizzata. Ma un marito distante e con un lauto stipendio mensile le facevano così comodo che aveva persino messo da parte le sue passioni e la sua carriera. Non riconosceva più la ragazza sognatrice seppur sofisticata che aveva cresciuto, trasformata in una signora snob e viziata, né aveva mai approvato il suo comportamento quando, dopo la morte di Marco, aveva cercato attivamente di danneggiare Francesco, per punirlo e addossargli la colpa di quello che restava un incidente in tutto e per tutto.
"E poi, sinceramente … Francesco ha ragione, quale giudice sano di mente ci affiderebbe Leonardo?" "Siamo i genitori di sua madre, Rosa" "Sì, ma di una madre che di fatto non lo aveva mai riconosciuto come suo … noi per Leonardo non esistiamo" "è solo una questione di tempo … ed imparerà a volerci bene" "è solo una questione di tempo … e noi non ci saremo più. E poi, chi si prenderà cura di lui? Massimo? Che è sempre in giro per il mondo e vede i suoi figli ogni due weekend? O magari una nuova famiglia, scelta a caso dagli assistenti sociali. No, Antonio … scusami ma preferisco che sia oggi con qualcuno di cui mi fido e sono sicura che gli vorrà tutto il bene che gli vogliamo noi. Francesco ed Emma hanno promesso che si prenderanno cura di lui, lo stanno facendo già ed io mi fido di loro"
"E a noi cosa rimane?" "Non abbiamo più l'età per fare i genitori, tesoro mio, né le forze" disse teneramente sua moglie, accarezzandogli il volto grinzoso "accontentiamoci di fare i nonni"
Antonio si alzò, scoordinato, afferrando in fretta e furia il bastone e correndo malamente verso l'uscita. Francesco fece per raggiungerlo, ma Rosa lo bloccò con un segno della mano e scuotendo il capo "Ci devo parlare io. Non è cattivo, ma non riesce ancora a darsi pace per nostra figlia…non vi preoccupate"
Con un sorriso rassicurante e un lieve bacio sulla guancia, salutò i due coniugi che rimasero soli, sconcertati dal modo rapido in cui gli eventi erano precipitati. Francesco aprì le braccia ed Emma ci si tuffò, affondando il volto nell'incavo del collo, aggrappandosi a lui più forte che poteva.
"Andrà tutto bene" le ripeteva, accarezzandole la schiena e baciandole le tempie. Ma non ne era certo nemmeno lui a questo punto. "Non pensare neanche minimamente che quello che ti ha detto quell'uomo sia vero, Francesco, mi hai sentito?!" disse Emma, accogliendo il volto dell'uomo tra le sue mani, accarezzandolo come faceva lei, come sapeva che lo calmava e calmava sé stessa, d'altronde, "quello che è successo non è stata colpa tua, non te lo dimenticare mai. Sei e sarai un padre straordinario e i nostri figli saranno orgogliosi di te"
Lo baciò e lui rispose disperatamente, avevano fame e sete dell'altro: si erano frenati in nome di un'immagine inamidata di rispettabilità borghese, che non gli apparteneva e nulla aveva a che fare con loro e con i valori che per loro erano più importanti. La mano di Francesco, dal collo le corse su per la nuca ad infilarsi tra i capelli setosi e profumati di Emma. Lei dischiuse le labbra, per lasciarlo entrare e sentirlo quanto più vicino possibile. Sentivano la necessità di ricordarsi che erano una cosa sola, che niente li avrebbe mai divisi.
 
Spegnendo il computer dell'ufficio, Vincenzo si preparava a concludere la giornata lavorativa. Non c'era un granché da fare in quei giorni, ma organizzare il trasferimento del commissariato gli toglieva tutte le energie mentali. Non vedeva l'ora di farsi una doccia, prendere la sua bambina in braccio e stendersi sul divano per un'oretta a vedere insieme una puntata di Masha e Orso. Non c'era niente di più bello e rilassante delle faccine buffe e delle risate di Mela.
Fuori dal suo ufficio, Valeria era ancora seduta alla sua scrivania curva su dei grossi faldoni, una matita tra le labbra carnose. Vincenzo provò a distogliere lo sguardo, avvisandola distrattamente che stava salendo in foresteria. A metà scalinata, tra sé e sé commentò "Certo ca si proprie nu strunz…" e scese di nuovo.
"Dimenticato qualcosa?" domandò la forestale, vedendolo tornare indietro. "No" rispose il commissario, appoggiandosi alla scrivania della giovane "ma sono stato un buzzurro, non ti ho neanche chiesto come è stata questa prima giornata da comandante de facto"
Valeria sorrise sommessamente. Questo Vincenzo imbranato, ma finalmente più deciso, le piaceva da morire. Ma non glielo avrebbe mai detto apertamente:  non voleva mettergli addosso né ansia da prestazione, né dargli troppa importanza; tirare la corda, senza spezzarla, era il gioco più difficile ma anche più eccitante.
"Ho già sostituito Francesco in altre occasioni" Vincenzo lo sapeva bene, ma sapevano entrambi altrettanto bene che questa conversazione era solo un modo per attaccare bottone "ma non venire da me se c'è qualche omicidio, non mi piace giocare a fare Sherlock Holmes e John Watson, non sono capace come il mio capo"
In quel momento, suonò il telefono ad entrambi. Sul gruppo whatsapp Quella Banda di Pazzi Emma aveva appena mandato un selfie di lei e Francesco con Positano sullo sfondo, con Arrivati a destinazione come didascalia. Francesco sorrideva ed Emma faceva una linguaccia, tipico.
Sorrisero entrambi, mentre rispondevano. Erano sinceramente felici per i loro amici, se lo meritavano dopo tutto quello che avevano passato. L'ultima tegola erano stati i nonni di Leonardo, che li avevano lasciati in sospeso: né un sì, né un no assoluto. Ma Francesco aveva detto a Vincenzo che era determinato a non farsi rovinare quella settimana che da tanto voleva trascorrere con Emma. Oltrepassato il cartello di benvenuto della città, si era ripromesso, avrebbe obbligato sé stesso e sua moglie, a buttarsi tutto alle spalle per qualche giorno.
"Che matti!" commentò Valeria, mettendo via il telefono. "Lo siamo un po' tutti, non ti pare?!" giudicò Vincenzo "altrimenti non saremmo diventati amici". Valeria annuì. Certo, sperava che, proprio come i loro amici, anche per loro presto si sarebbe parlato di qualcosa di più che una splendida ma semplice amicizia.
"Ascolta…" attaccò l'uomo, giocherellando con un ferma carte della scrivania, lo sguardo ben lontano dai grandi occhi nocciola della sua coinquilina. Valeria, notato il suo disagio, interruppe il suo lavoro, sporgendosi verso Vincenzo a braccia conserte sulla scrivania, tanto per provocarlo ulteriormente. Lei si divertiva e a lui, in fondo stava bene così: era come giocare al gatto e al topo. "... ehm...venerdì sera della prossima settimana…non prendere impegni…ci prendiamo quella famosa serata libera e andiamo a cena fuori…"
Vincenzo non ce la faceva ad usare parole che richiamassero un appuntamento o un'uscita romantica a due, perché non era da loro. Anche usare questa sorta di plurale nei suoi pensieri suonava strano. Bello, senz'altro, ma strano.
"E con Mela? Come si fa?" Valeria fece esattamente come lui e non rispose direttamente "Isabella incomincia a lavorare da questo weekend"
A volte sembravano una coppia già navigata, con le stesse dinamiche di chi vive insieme da tempo. La convivenza, seppur in stanze separate, aveva abbattuto l'incertezza che si ha costruendo da zero una propria quotidianità e un ritmo a due.
"Ho trovato una baby sitter" dichiarò Vincenzo, soddisfatto e orgoglioso del suo atto di eroismo. Valeria lo guardò, titubante; non ci avrebbe mai creduto. "Emma" confessò, ammiccante "lo sai, si era offerta e ho accettato. Allora, che mi dici?!" "Mmm … non lo so … e dov'è che mi porti?" "Al Sexta Hora"
Valeria sentì le sue guance avvamparsi, così come il resto del corpo. Si era immaginata quell'appuntamento diverse volte, ma nei suoi sogni più rosei si trattava di wurstel e crauti in una Birreria o al massimo di qualche buschenschanck, con il contadino di turno che offre il suo vino, il suo speck e una zuppa d'orzo; di certo non in un ristorante gourmet all'interno di un hotel 4 stelle Superior. Vestiti eleganti, lume di candela, sommelier…era troppo anche per la sua fervida immaginazione.
Si alzò, portandosi di fronte a Vincenzo. Gli posò le braccia sulle spalle. L'uomo, conscio dei colleghi che gli stavano intorno e li avrebbero di sicuro visti, sembrò irrigidirsi in un primo momento, eppure le sue mani corsero meccanicamente alla vita di lei. Erano così vicini che lei sentì avvolgersi dalle note intense e mediterranee del dopobarba che Vincenzo usava. Erano così vicini che lui poteva scorgere quel neo impercettibile sotto il labbro inferiore che il fondotinta copriva.
"Vedrò di fare uno sforzo e liberarmi…ho un'agenda così piena…" disse, sarcastica. Distratto dall'ironia che adorava, Vincenzo era così impegnato a ridere che a malapena si accorse che Valeria aveva eliminato la già esigua distanza tra loro. Si ritrovò le labbra di lei sulle sue, morbide, carnose, leggermente inumidite per l'abitudine di Valeria di passarci sopra la lingua quando si preparava a qualche battuta delle sue.
Così d'istinto l'aveva baciato, che altrettanto velocemente si ritirò. A Vincenzo non rimase che trattenere il sapore di quelle labbra sulle sue. Si guardò intorno, timorosamente, e per la prima volta sembrò che in quel commissariato nessuno fosse interessato a sapere della tresca tra il Commissario e la Sovrintendente Capo della Forestale; la loro fortuna, forse, era che Huber non fosse di turno quel pomeriggio.
"Vado a memoria … ma mi pare di ricordare che ci si baciasse dopo un appuntamento, non prima" "Disse colui che vive già con la donna a cui ha chiesto di uscire ..."
Valeria tornò a sedere alla scrivania e allo studio degli alberi monumentali della zona, come se non fosse successo nulla. Era fatta così e a lui questa nonchalance, quella misurata follia, faceva impazzire. La lasciò lavorare, tornandosene in foresteria da sua figlia. Ma la sua testa, quella sì, era rimasta al piano di sotto e a quel bacio.
 
"Prego signori, questa è la vostra stanza, la 224"
Emma si fece strada tra le valigie che il facchino stava portando in stanza e suo marito, che si preparava a liquidarlo con la mancia di rito. Le faceva strano vederlo a suo agio in un ambiente di lusso come quello, ma aveva il sentore che c'entrassero gli usi e i costumi di Livia, molto comodi e poco essenziali.
L'avrebbero sentita, Valeria e Vincenzo, nonappena si fosse ripresa dal viaggio e dal lungo sonno ristoratore che già si stava prefigurando nel grande letto che troneggiava al centro della stanza. Una junior suite, roba da pazzi, ma quanto avevano speso?!
La stanza, enorme, era di un bianco immacolato con qualche inserto blu e dorato nello schienale del letto e nelle poltroncine dell'angolo soggiorno, passando per il runner del letto e i cuscini d'arredo. Il pavimento, in cotto e maioliche, illuminava la stanza con i motivi e i colori esplosivi della costiera amalfitana.
Emma posò il beauty case sul tavolino con specchiera appoggiato al muro, spegnendo l'aria condizionata che avevano acceso prima del loro arrivo. La temperatura esterna era gradevole e con la finestra aperta di sarebbe stati bene comunque. Quello che Emma si trovò davanti, una volta scostate le tende, fu al di fuori di ogni aspettativa. Il paradiso in terra, pensò Emma, uscendo sul piccolo terrazzo a loro disposizione. Un pergolato avvolto da bouganville rosa acceso si affacciava sulla spiaggia di Positano e sulle case colorate e vivaci del borgo. A completare quel quadro idilliaco, un tavolino in ferro per la colazione e due lettini prendisole.
"Che meraviglia!" esclamò Francesco, uscendo anche lui sul terrazzo, porgendole il cocktail analcolico di benvenuto che avevano trovato ad accoglierli in stanza. "Già….immagina la colazione seduti a questo tavolino o un aperitivo al tramonto."
"Giorgi, stai forse tradendo le nostre montagne con un resort di lusso?"
Emma si lasciò andare ad una risata, appoggiandosi di schiena alla ringhiera, la testa all'indietro e la chioma libera, leggermente scossa dal vento. Era bella la sua Emma, come non mai. Non era solamente il sole della costiera o i riflessi cristallini dei raggi sul mare, la gravidanza le aveva donato una sicurezza di sé e del suo corpo che non aveva mai avuto fino a quel momento. La sua luce interiore, che ha sempre illuminato la vita di chi le stava attorno, era diventata accecante.
"Naaah...ma una scappatella ogni tanto è ammessa. Poi con un mare così…"
"Perché… hai davvero intenzione di lasciare la stanza?" domandò Francesco, scurendo di proposito la sua voce, mentre le scioglieva la cinta ed apriva i primi due bottoni dell'abito a camicia che aveva indossato per il viaggio, lentamente "Io avevo tutt'altro in programma"
"Ho comprato 3 costumi nuovi, comandante Neri, gradirei usarli…""Ah beh, allora a maggior ragione…"
Emma prese il bicchiere dalle mani del marito e lo posò, assieme al suo sul tavolino di fianco a loro. Con le sue dita lunghe affusolate, gli sbottonò la camicia di lino fino a far scivolare le mani dalle spalle lungo la schiena, carezzandola quasi impercettibilmente "non credere di essere l'unico geloso qui, lo vedo come ti guardano le altre…"
"Ti amo…da morire" mormorò Francesco, mentre la baciava. Emma era andata all-in quando aveva deciso di operarsi, di rischiare il tutto per tutto sul tavolo operatorio, ma era esattamente per momenti come quello che ne era valsa la pena. Avrebbe potuto perdere, ne era consapevole, ma senza quel rischio non ci sarebbero stati mai lunghi viaggi per raggiungere il mare, passeggiate ad alta quota dove l'aria è rarefatta, notti quando anche fare l'amore ti toglie il respiro, la lunga e trepidante attesa di un figlio.
"Ti amo" replicò Emma, attardandosi anche lei sulle labbra del marito "ti amo da vivere".


 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Un passo dal cielo / Vai alla pagina dell'autore: crazyfred