Bentrovati
intrepidi lettori!
Questo è un
capitolo un po’ particolare, anticipo subito che la narrazione potrà sembrare
più lenta rispetto ai precedenti, la lunghezza parla già da sé ma per esigenze
di trama ci sono scene svolte contemporaneamente…e non posso aggiungere altro
altrimenti ora sarebbe spoiler! >.<
Prima di
lasciarvi alla lettura volevo cogliere l’occasione per ringraziare nuovamente
tutti coloro che seppur silenziosi continuano a seguire la storia e Beatris Hiwatari, Pin e A_PTX4869 (spero tu riesca a recuperare i dati d’accesso
al sito) per aver
espresso le loro considerazioni sulla storia.
Sempre Beatris Hiwatari per averla inserita tra le seguite e le
ricordate, Lilyyy_92 e Simorko per averla inserita tra le preferite. ❤
Ve lo assicuro, sapere che state apprezzando la storia mi rende immensamente
felice! ❤
E le stelle
stanno a guardare
~ Danziamo sotto le stelle~
Yuri lasciò
scivolare le dita sul mobiletto in mogano al suo passaggio.
Le due
bottiglie d’acqua ingerite nell’ultima mezz’ora per riacquistare i liquidi
corporei evaporati nella fornace a cielo aperto avevano fatto effetto, lo
avevano reso idratato ma gli avevano anche consigliato l’uso impellente di un
bagno. La vista delle imponenti rampe di scale era però bastata a farlo
desistere da utilizzare quello in stanza, optando per quello di servizio.
Oltrepassata la
scultura femminile nell’incrocio di corridoi aveva seguito la direzione del
braccio marmoreo proteso come gli aveva consigliato Kei, fino alla porta situata
sulla destra da cui proveniva un leggero brusio.
Due colpi
delicati sulla chiara superfice in noce accostata ed essa si aprì alla leggera
pressione.
Yuri restò
bloccato sulla soglia, uno scatto istintivo all’insù del sopracciglio alla
vista di Boris a torso nudo spaparanzato su una cesta rettangolare di vimini,
la camicia spiegazzata appesa all’estremità di due manici di scopa anch’essi
issati sulla cesta, in linea sotto il getto del condizionatore. Come se la sua
vista non fosse sufficiente, Ivan accompagnava il quadretto in mutande disteso
sulle piastrelle esattamente di fronte all’altro con accanto il mucchietto dei
suoi vestiti.
«Esattamente,
cosa state facendo?» chiese dubbioso dopo alcuni attimi di silenzio in cui
erano rimasti ad osservarsi a vicenda.
«Ci
rinfreschiamo Mustafa, tu continua a vivere pure nei paesi arabi ma noi
restiamo qui. Sai, Kei non ha una cella frigorifera e ci siamo dovuti
arrangiare così»
Boris sollevò
una delle palpebre calate indicandogli l’aggeggio chiassoso sulla sua testa,
lasciandosi andare ad un lento, lungo e sospirato sospiro di piacere. Tra le
quattro pareti del bagno adibito per gli ospiti aveva trovato il suo angolo di
paradiso, la stanza vantava ormai un microclima a sé rispetto al Giappone.
«Ci sono!
Sostituiamo quella pianta lì con un albero di Natale, giusto per accompagnare
l’atmosfera!» la voce squillante di Ivan si unì al chiasso dell’apparecchio
refrigerante, dopo la breva permanenza il russo più giovane sentiva di nuovo la
vita scorrergli nelle vene.
«Sono le
diciotto e trenta passate e il sole è ormai tramontato. Se foste voluti
sfuggire al caldo avreste dovuto usare il condizionatore minimo due ore fa,
come ha fatto il sottoscritto mentre quei tre cantavano» Yuri afferrò la
maniglia roteando l’altra mano nell’aria, in un alquanto ironico ed elegante
invito ad uscire «Comunque, io devo usare il bagno. Sloggiate»
Boris aprì
entrambi gli occhi scuotendo la testa, per nulla al mondo avrebbe abbandonato
la stanza della salvezza.
«Non ci penso
neanche, cambia stanza tu»
«Il
condizionatore lo puoi trovare anche nel soggiorno, io il water ce l’ho qui»
«Io sono
arrivato prima di te»
«Ve lo giuro,
siete insopportabili quando iniziate» soffiò tra i denti Ivan voltandosi a
pancia in giù, la faccia affondata nel mucchio di vestiti nel misero tentativo
di soffocarsi da solo pur di non ascoltarli. La tregua stipulata all’arrivo
alla villa non aveva retto nemmeno le prime ventiquattro ore.
«Bene, puoi non
ascoltarci uscendo tu per primo»
«Yu ma qual è
il problema? Usa il cesso tranquillamente, non ci scandalizziamo a vedere
cos’hai tra le gambe» Boris si rizzò con la schiena all’occhiataccia di
ghiaccio constatando che forse pure il suo istinto di sopravvivenza era ormai
congelato, un sorriso malizioso sempre più grande accompagnò il tono
provocatorio delle sue ultime e alquanto probabili parole di vita «Oppure…
il balletto della spagnola ti ha fatto venire qualche particolare fantasia e
ora la devi sfogare qui solo soletto?»
Yuri – in
quella che a Boris parve un’eternità – lentamente assottigliò gli occhi in due
lame taglianti cerulee, unico segno di reazione lasciato trasparire sul volto
altresì impassibile. Lo avrebbe ucciso mettendo in pratica anni di torture
conosciute sulla sua pelle.
«No» un monosillabo
che sembrava trasportasse il vento siberiano.
«Mmh,
effettivamente ora che ci penso Julia non è niente male» Ivan inconsapevole
della guerra silenziosa innescata a due passi da lui, ripensando alla danza di
poco prima aveva sollevato la testa poggiandola sul palmo, parlando più a sé
stesso che agli altri «Ha un bel fisico, con tutti gli allenamenti che fa e
l’elasticità che si ritrova deve essere un portento tra le lenzuola»
Boris impedì
con la forza alla sua risata di fuoriuscire alla vista dello scatto fatto da
Yuri, la testa voltata in quel millisecondo verso Ivan che continuava le sue
elucubrazioni sul corpo della madrilena con lo sguardo perso dinanzi a sé.
«Ha un sedere
da urlo, con il vestito non si notava ma il body striminzito…wow, ha
lasciato aperto un mondo. Capisco perché si esibisca con Raul che è il
fratello, dove lo trova un altro che quando si piega per raccogliere i cerchi
non dia inizio a uno spettacolo a luci rosse»
Yuri fissò Ivan
nel suo stato scanzonato non vedendolo realmente, la mente dispersa in un’altra
dimensione pervasa dall’irritazione.
Non era uno
stinco di santo, quei pensieri li aveva fatti anche lui in altre occasioni su
diverse ragazze ma ora si parlava di Julia, ed ogni qual volta lei entrava in
gioco, la sua oggettività vacillava.
«Ehi
piccoletto, non è che ti devo prestare la scatolina magica dei palloncini
stanotte?» domandò Boris con una punta di sarcasmo nella voce, non perdendo di
vista nemmeno per un secondo il suo amico dai capelli rossi che non batteva
ciglio.
«Quanta generosità,
deluso di averla portata ed essere rimasto a secco?»
«Nessuna mi
soddisfa fino a questi livelli, però vedevo te interessato»
«Sì, ma non
avrebbe senso. Julia non mi sembra il tipo da serata passeggera»
Yuri nonostante
l’acqua ingerita si sentì la gola secca, provò a deglutire ma nemmeno la
salivazione collaborava.
«Credo proprio
di no, ma questo può dircelo solo chi è finito a letto con lei»
Boris aveva
pronunciato la frase scadendo volutamente ogni parola carica di sarcasmo, al
pari di un cacciatore che dopo ore di attesa mimetizzato tra le foglie scocca
finalmente il suo colpo alla preda ingenua. Nelle sue intenzioni però non c’era
alcun barlume di cattiveria, voleva soltanto assicurarsi di non aver frainteso
la fonte dell’irritazione manifestatasi poco prima.
A malincuore
ammise a sé stesso di aver fatto centro.
La preda
braccata era morta, Yuri con lei.
Per Boris
nessuno sussulta e perde colore quando alludi ad un episodio che per anni hai
sentito classificato come “insignificante”.
La leggera suoneria
folkloristica russa interruppe il discorso, Ivan senza troppi problemi rispose
alla breve chiamata di Nataliya non cogliendo la piega nascosta nel discorso e
le conseguenze derivate.
«Comunque Yuri… » Boris schioccò le dita un paio di volte per risvegliare
l’attenzione del russo che come un automa aveva sollevato il volto cereo «Ti
sarai pure salvato dal caldo ma il tuo aspetto non è migliore del nostro,
dovresti guardarti allo specchio»
Yuri seguì
reticente il suggerimento, Boris si stava divertendo a rigirare il coltello
nella piaga?
Solo quando si
ritrovò faccia a faccia con il suo riflesso capì di aver frainteso, il suo
amico non alludeva al suo stato emotivo.
La camicia
spiegazzata, privata della giacca ore prima, era arrotolata sulle braccia, mezza
sfilata dai pantaloni con molta probabilità da quando in preda ad un raptus
isterico per il caldo se l’era quasi strappata di dosso facendone saltare il
primo bottone. Il gel non teneva più fermo nulla se non alcune ciocche che
combattevano la loro resistenza e la punta del naso così come le guance erano
leggermente scottate dal sole.
In sintesi,
sembrava essere appena uscito da una guerra.
D’impeto si
sciacquò la faccia, bagnando volutamente i capelli per togliere alla ben meglio
la sostanza appiccicosa e legarli in un piccolo codino sulla nuca, ricordandosi
al contatto gelido con l’acqua il vero motivo per cui si era recato lì.
«Finalmente vi
ho trovato! Ivan ho portato la crema per le scottature che mi hai chie-»
Yuri evitò per
un soffio la porta aperta da Nataliya che come lui era rimasta inizialmente
sconcertata all’ingresso.
«Cielo
benedetto, ci saranno meno di dieci gradi qui dentro!» esterrefatta corse
vicino allo spaventapasseri improvvisato con la camicia per lanciarla dopo
un’attenta occhiata addosso a Boris «Come hai fatto a ridurla in questo stato?!
L’avevo accuratamente stirata ieri…rimettila. Rischi di congelare sudato come
sei qua sotto!»
Boris si scostò
il capo d’abbigliamento dal viso osservando perplesso la donna strappargli il
telecomando di mano e spegnere il condizionatore, diretta immediatamente verso
l’amico per terra.
«Ivan che ci
fai completamente svestito!? Alzati! Rischi di prendere un malanno!» chinata su
di lui prese la camicia completamente abbottonata lì per terra, chiedendosi per
un attimo come il ragazzo fosse riuscita a togliersela, infilandogliela sulla
testa a mo’ di maglioncino «Ci credo che mi hai chiesto la crema, hai il collo
praticamente ustionato!»
La rimostranza
di Ivan passò inascoltata mentre cercava di far sbucare le braccia oltre le
maniche, Nataliya spostatasi alle sue spalle gli stava applicando la crema
lenitiva sul collo ringraziando mentalmente gli anni addietro in cui il ragazzo
aveva deciso di tagliar corti i capelli.
«Nataliya ma
sei impazzita? Ridammi il telecomando!» tuonò Boris alzandosi dalla cesta su
cui aveva gettato l’indumento.
«Non ci penso
minimamente! Vi fa male troppa aria condizionata!»
«Senti
zuccherino o mi dai quel telecomando con le buone o me
lo riprendo con la forza» sibilò minaccioso ma non scalfì minimamente la donna,
anzi, lei si rialzò da terra fronteggiandolo con aria di sfida.
«Accomodati»
Un’unica parola
accattivante, un unico gesto.
Boris si fermò
stringendo i pugni, era in quelle occasioni che capiva come avesse fatto a
integrarsi così bene con loro. La vena subdola ce l’aveva nel sangue. Il
telecomando nascosto nell’unico posto in cui non avrebbe mai potuto mettere le
mani se ci teneva ancora alla vita e alla sua amicizia con Sergej, nello scollo
del vestito.
Nataliya
soddisfatta del risultato si esibì in un ultimo sorrisino prima di concentrare
l’attenzione sull’ultimo russo non ancora tediato dal ruolo di mammina
apprensiva.
«Yuri pure tu
santo cielo, in che stato vai in giro?!» la donna senza attendere risposta si
avvicinò cogliendolo di sorpresa, abilmente gli sistemò la camicia nei
pantaloni ignorando il “no” pronunciato quando era ormai troppo tardi
«Guarda la tua faccia! Come avete fatto a scottarvi sotto il gazebo?»
Yuri ancora
intento a chiedersi se il contatto appena avvenuto rientrasse nella cosiddetta
categoria “off-limits” di Sergey non bloccò le mani della donna che si
posarono sul suo viso spalmando la lozione doposole per bambini.
«Nataliya dammi
quel barattolo!» la frase interrotta dalla faccia smossa su e giù, il tanfo
della crema sempre più pungente «Non sono Dimitrij, posso farlo da solo!»
«Non fare
storie tanto ormai ho fatto» la donna chiuse il tappo del flacone e Yuri
sospirò sollevato, una smorfia schifata nel tastare la faccia oleosa prima del
nuovo attacco «Ma aspetta…se sposti i capelli così ti si vede il livido! Guarda
come è diventato scuro! Boris sei da rinchiudere per averglielo lasciato»
«Dagli il
bacino, così la bua passa»
Boris fu
fulminato contemporaneamente da due paia d’occhi e malincuore provò un pizzico
di delusione nel non ricevere il barattolo in testa come d’aspettativa.
Nataliya
stizzita si lavò le mani facendo scattare un richiamo della natura messo da
parte fino a quel momento.
«Yuri, potrei
aver-» la frase non fu portata a termine, la russa si trovò delicatamente
sospinta verso la porta.
«Nataliya ti
ringrazio, dopo mi dici tutto quello che vuoi ma ora per favore esci»
«Non stai
eliminando l’unica testimone per uccidere Boris, vero? In quel caso tranquillo,
deporrei a tuo favore»
«No» Yuri
sorrise leggermente all’espressione indignata dell’altro russo, arrivando
finalmente oltre la porta che chiuse con una certa fretta «Ho solo bisogno del
bagno»
Julia sfilò
l’ennesimo fermaglio lasciando la chioma libera di ricaderle sulle spalle, dopo
i volteggi la sua acconciatura aveva assunto una certa somiglianza con i
cespugli del giardino.
Sorrise felice
al suo riflesso ricordando il termine dello spettacolo, Yuri le aveva fatto un
complimento donandole uno dei suoi migliori sorrisi e seppur a distanza, di
certo non l’aveva immaginato.
Canticchiò
allegramente il motivetto della canzone ballata, le gambe ancora incrociate sul
pavimento e la spazzola tra i capelli ingarbugliati quando bussarono alla
porta.
«Avanti!»
«Capisco perché
Raul abbia parlato di testa fra le nuvole, sei ancora in alto
mare eppure un vestito devi mettere»
Reclinò la
testa alla voce divertita di Mao, individuando nella sua visione sottosopra
anche Hilary e Mariam. Quest’ultima, piatto alla mano scrutava accigliata il
tavolo pieno di cianfrusaglie per gli spettacoli e abiti di scena alla ricerca
di uno spiraglio libero.
«Mio fratello
esagera sempre, non può capire i dilemmi di una donna con i suoi capelli»
«Però…due
giorni e questa stanza non è più così tanto anonima» Hilary non nascose il suo
stupore guardandosi intorno, quando erano state preparate per gli ospiti le
aveva definite “tristi”, tutte così uguali e ferme a venti anni addietro
nell’arredamento; ora tra gadget, vestiti, fili colorati e fogli appesi in giro
era tutt’altro discorso.
«Più che
anonima, la definirei caotica» sussurrò Mao coprendo la distanza con la
ragazza, sedendosi sulla poltrona accanto allo specchio dove un tubetto a
pressione spara coriandoli esplose al contatto col peso bloccandole il battito «Appunto…una
discarica»
Julia scoppiò a
ridere ondeggiando le mani per scostare i pezzettini di carta colorata che le
erano piovuti addosso, compatendo la povera cameriera che avrebbe dovuto
sistemare quel caos «Hilary ora sicuro non ti dimenticherai di me! Per quanto
uno pulisca a fondo tra qualche mese, anche anni, un coriandolo spunterà
fuori!»
«Sembra la
minaccia di un ex fidanzato schizzato» affermò sarcastica Mariam sedendosi
accanto alla spagnola a tempesta di carta conclusa, la seconda portata presa
dal tavolo ancora fra le mani «Ho capito, qui è una zona minata. Questo lo
mantengo io finché non finisci di vestirti ma dopo lo mangi!»
Julia guardò
confusa il piatto ed Hilary spostandosi vicino alla bruna le chiarì ogni dubbio
«È il piatto del tuo secondo, Mariam lo ha visto sul tavolo e ha insistito per
portartelo…effettivamente stava lì da più di mezz’ora»
La spagnola
sorrise riconoscente andando a poggiarlo in un angolino del tavolo.
«A proposito
della tua teoria dei coriandoli che non fanno dimenticare…questo vale anche per
le persone?»
Julia lasciò il
tovagliolo con le posate accanto al piatto, un’occhiata di sottecchi a Mao che
guardava le sue unghie simulando un disinteresse che non le apparteneva
associato alla domanda.
«Mh, può essere…Però è difficile per una persona nascondersi
in casa come i coriandoli e apparire dopo anni» rispose infine mantenendo un
tono tranquillo mentre si dirigeva verso il letto dove nella fretta precedente
aveva gettato il suo vestito.
«Beh,
indirettamente un invito per il matrimonio è pur sempre carta…magari quello può
farla comparire improvvisamente»
Mao smise di
osservare le sue dita concentrandosi su Julia che a sua volta ricambiava lo
sguardo stringendo con forza l’abito tra le mani.
«Mao…» l’ammonì
prontamente Hilary in un misto di rassegnazione e rimprovero per aver
chiaramente ignorato la sua richiesta di non toccare l’argomento.
«Sono l’unica a
non aver capito l’oggetto della conversazione?» chiese circospetta Mariam dopo
aver squadrato e alternato lo sguardo su tutte loro, e i suoi sospetti vennero
confermati dall’occhiata furente di Hilary diretta a Mao che ora sembrava
sentirsi in colpa e che a sua volta aveva guardato Julia rimasta ferma sul
posto.
Sospirò
pesantemente, non le piaceva impacciarsi così dei fatti altrui «Se volete
parlare liberamente vado via»
«No, Mariam
tranquilla» Julia bloccò sul nascere il tentativo di alzarsi della ragazza, ai
tempi non la conosceva bene per fidarsi di lei ma ora le cose erano nettamente
diverse «Puoi restare, non c’è problema»
«Io volevo
soltanto capire se ci fossi ricascata» proferì stancamente Mao lasciandosi
andare contro lo schienale «E non per impicciarmi ma per assicurarmi tu non ti
faccia male di nuovo»
«Mao apprezzo
il pensiero ma no, non sto ricascando in nulla»
Julia lasciò
scivolare via il body, sfilando una gamba, poi l’altra, pur di tenersi occupata
e non stare lì a sentirsi una criminale nella stanza degli interrogatori.
«Quello che Mao
voleva dire è che abbiamo notato a chi fosse rivolta la tua attenzione a fine
spettacolo» si inserì pacatamente Hilary, lanciando una strana palla colorata
presa lì intorno verso la cinese per intimarle di far silenzio «Ci ha ricordato
molto la stessa felicità che avevi nei suoi confronti anni fa e… ci ha
inevitabilmente ricordato anche i successivi mesi dopo la fine del quarto
campionato in cui Raul non sapendo più cosa fare o pensare chiamava noi per
chiedere spiegazioni sul tuo strano comportamento»
Mariam incrociò
le braccia preferendo non dar voce alla sua osservazione, era stata invitata a
restare ma comunque non le era stato chiarito l’argomento di discussione.
Julia rimasta
in biancheria intima, infilò il suo vestito contorcendosi per allacciarlo e il
ricordo di come ci fosse riuscita al mattino portò ancor più incessantemente il
russo nei suoi pensieri. Non biasimava le ragazze, avevano mantenuto il segreto
con suo fratello accaparrando le scuse più strampalate, cercando di farle
compagnia nonostante fossero dall’altra parte del mondo ed era loro
infinitamente grata.
Mao era perfino
venuta a trovarla per qualche tempo partendo alle spalle di Lai che per tutta
la durata della sua permanenza l’aveva chiamata incessantemente calato nel
perfetto ruolo di fratello apprensivo.
«Lo so…e
davvero, vi ringrazio di cuore per essermi state vicine. Ma, non preoccupatevi
più del dovuto, ok?»
Hilary sospirò
sconfitta andando in aiuto della madrilena, aveva provato dolore al suo posto
nel vedere la posizione innaturale assunta dalle braccia per chiudere la
cerniera.
Mao aveva
battuto ripetutamente la francesina sulla moquette in un chiaro sintomo di
nervosismo crescente, usato come metodo alternativo per tenersi occupata
durante le belle parole dell’amica che finalmente aveva esaurito il suo
compito.
Arrestò il
picchiettio sbottando all’improvviso «Io davvero non capisco! Te lo concedo, è
un bel ragazzo ci mancherebbe altro e te ne eri innamorata perdutamente, ma
caratterialmente ed eticamente il mondo è pieno di persone migliori! Come
Andrés, il tuo ultimo fidanzato! Quel ragazzo sarebbe andato sulla luna per te
ma lo hai lasciato dicendo che non era il tuo tipo ideale…non era abbastanza
glaciale?»
«Mao, cosa ti
avevo detto prima di salire?» sibilò fra i denti Hilary mentre alzava la zip
dell’abito.
«Non ci riesco!
L’idea di vederla di nuovo così triste fa stare male me al suo posto! Tu non
l’hai vista di persona in Spagna, strapparle un sorriso era un’impresa…ed è di
Julia che parliamo!»
«Urlare e
sbraitare come fai tu non mi sembra il modo corretto per farle capire il tuo
punto di vista!»
«Pensavo
l’avesse capito dieci anni fa quanto può essere insensibile Yuri!» Mao sbatté
irritata le mani sulle gambe, Julia nonostante fosse la diretta interessata si
era tirata fuori dalla discussione guardando un punto imprecisato nel buio
oltre la finestra e questo la mandava in bestia. Lei si era preoccupata da
morire a quel tempo «Se l’è portata a letto per poi sparire senza un misero
messaggio, la storiella del “il primo amore non si scorda mai” non credo
possa reggere con un tipo del genere!»
Mariam schiuse
le labbra in un’enorme “o” capendo finalmente l’infervoramento generale,
l’innominabile era il blader russo senza cuore.
«Ci siamo
baciati stamattina»
Julia si
torturò le labbra riportando l’attenzione nella camera dove un pesante silenzio
era piombato. Hilary e Mao l’osservarono confuse, gli occhi lontani, quasi
stessero cercando di metabolizzare, giungere a una conclusione logica.
Quasi per
aiutare quel “Cosa?” appena sussurrato da Mao, o forse più per
convincere sé stessa che fosse avvenuto davvero lo ripeté con maggiore
convinzione aprendosi in un sorrisetto agrodolce.
«Fammi capire,
prima ci dici di non preoccuparci e poi te ne esci così?!» Mao fu la prima a
far scoppiare la bolla di pace. Piegata sulle ginocchia si massaggiò le tempie
sperando di aver sentito male «E sentiamo, stavolta almeno ti ha dato una
spiegazione?»
Boccheggiò a
vuoto nel silenzio della non risposta, la sua amica non poteva essere davvero
così autolesionista.
Hilary si
accovacciò davanti il letto per guardare negli occhi Julia, la madrilena in un
impeto nervoso si era chinata ad indossare i tacchi il cui gancetto proprio non
voleva saperne di entrare «Hai parlato al plurale, quindi è partito da
entrambi…mettendo da parte lui, tu perché l’hai fatto? Provi ancora qualcosa
per Yuri?»
Julia con uno
strattone lasciò perdere il suo intento iniziale sospirando sonoramente «Non lo
so Hilary…pensavo di averlo chiuso quel capitolo della mia vita. Stamane, lui
ha preso l’iniziativa ma io non mi sono tirata indietro ed è stato
maledettamente bello. Forse è stato un incidente, forse no, io sono confusa ma
credo lui non sia da meno» le dita giocherellarono nervosamente con il sottile
braccialetto attorno al polso «Quando l’ho rincontrato ieri sera in cucina una
parte di me ha avuto il sospetto di non essere stata tanto insignificante,
probabilmente è solo una mia stupida illusione o una stramba coincidenza
ma…aveva conservato qualcosa che non mi sarei mai aspettata di rivedere.
Infondo è di Yuri che parliamo, anche se l’aura gelida che lo circondava mi è
apparsa meno vistosa non ho avuto modo di passarci chissà quanto tempo insieme
per dire se fosse cambiato o meno… ma in quel bacio scambiato oggi sembrava che
questi dieci anni non fossero mai passati»
«Ma sono
passati» rimbeccò Mao sconsolata alzandosi «Ripeterti le stesse cose credo non
abbia senso, non l’hai sentite allora, non le ascolterai ora perché sei una
maledetta testarda. Con te non si parla di sbattere la testa, tu non capisci
qualcosa finché non te la rompi… L’unica cosa che ti chiedo è di stare attenta,
sei grande e vaccinata per le tue scelte ma non farti nuovamente male
affezionandoti a qualcuno che ti ha abbandonato una volta e potrebbe
tranquillamente farlo una seconda…va bene?»
Julia annuì
sorridendo dolcemente alla preoccupazione genuina, le voleva bene proprio per
l’essere così schietta e diretta e nonostante cercasse di mantenere un cipiglio
severo in quel rimprovero, dopo uno sbuffo Mao corse da lei ad abbracciarla.
«Tesoro ci
conto, eh! Al primo problema dimmelo che ci penso io a far fuori Ivanov una
volta per tutte!» chinata sulla ragazza le adagiò un bacio sulla fronte
dirigendosi alla porta «Ora, scusami ma devo controllare quella piccola peste,
ero salita per accompagnare Hilary nel suo terzo, e spero ultimo, cambio vestito
trattenendomi più del previsto. Questa giornata sembra non finire mai!»
Julia notò solo
dopo quelle parole il vestito rosso fuoco della brunetta, lungo fino ai piedi e
adornato da ghirigori dorati su un lato della gonna che ora riversava in parte
sul pavimento. Notò anche un’altra cosa, gli improvvisi occhi sbarrati di
Hilary precipitarsi sulla sveglia.
«KEI! Mi sta
aspettando da dieci minuti per tornare tra gli invitati!»
«Sposata da
nemmeno mezza giornata e già dimentichi tuo marito» commentò sarcasticamente la
cinese trascinando di peso l’amica che si stava ancora attardando a fare
ulteriori raccomandazioni.
A porta chiusa
Mariam tossicchiò leggermente per ricordare la sua presenza indicando il piatto
non ancora toccato. La scoperta era stata sicuramente sorprendente, ma la sua
curiosità era più spinta rispetto a quella delle altre due ragazze.
«Allora…mentre
mangi, perché non mi racconti come se la cava Ivanov tra le lenzuola?»
«Très bon Raul!»
«Raul
complimenti!»
Lo spagnolo si
grattò la nuca imbarazzato, da quando era uscito dalla stanza aveva ricevuto
decine e decine di elogi, primi fra tutti quella della signora Kazuko. Restava un caso disperato in quel campo, proprio
non riusciva a mettersi al centro dell’attenzione come la sorella. Infatti, solitamente
era Julia a ringraziare per entrambi ma quel giorno sembrava andare a passo di
lumaca in ogni cosa immersa in un mondo tutto suo.
Rick lo prese
in giro per quella modestia insensata assestandogli una poderosa pacca sulla
spalla da togliere il fiato, bellamente seduto sulla sedia di Mystel.
In realtà
dall’entrata degli sposi nel loro nuovo abito, con Ming Ming
a briglia sciolta sul palchetto insieme alla band e con l’uscita delle portate
bloccata, nessuno era più al proprio posto.
Il suo tavolo –
il più vicino al manto erboso in cui si era esibito poco prima – era diventato
un punto di approdo e ritrovo altalenante. I blader che passavano di lì prima o
poi si fermavano a scambiare quattro chiacchiere proprio per l’ampia vista
circostante garantita, ed eccezionalmente, ora più che meta occasionale
sembrava essere divenuta la base segreta russa.
Boris seduto al
contrario su una delle sedie osservava i primi avventurosi sul prato
commentando nella sua lingua natia, Yuri di tanto in tanto svogliatamente
annuiva poggiato al palo del gazebo provvisorio lì accanto mentre Nataliya era
seduta sulle gambe di Sergej.
«Come mai si
sono spostati qui?» Raul lo chiese in un sussurro a Brooklyn, l’unico reduce
della formazione Bega ancora presente.
«Boris vuole
godersi il panorama, Yuri tiene d’occhio i bambini, Nataliya sta
evitando la vicinanza con Andrew…Sergej è pronto a uccidere Andrew» il ragazzo
finì di arrotolare il filtro della sua sigaretta passando la lingua sulla
cartina «Oh, se te lo stessi chiedendo Ivan manca all’appello perché Charlotte
voleva ballare e il russo le stava simpatico»
Raul non poté
chiedere un riassunto migliore. Il suo confabulare alle spalle non era generato
dalla cattiveria ma dall’inquietudine che provava vicino a quei ragazzi nonostante
gli anni.
Brooklyn si
passò una mano tra i capelli alzandosi svogliatamente.
«A più tardi
Raul, se mi cerchi sai dove trovarmi» ondeggiò la sigaretta tra le mani
braccato immediatamente da Eddie e Claude che colsero l’occasione per
scroccargliene una e andargli a fare compagnia.
«Rick tu non ti
unisci alle danze?»
«Non ci penso
nemmeno»
Raul ridacchiò
all’espressione orripilata dell’americano, era difficile capire tutta quella
avversione quando fin da bambino ti insegnavano a volteggiare e danzare in
vista degli spettacoli.
Il suo era
stato un misero tentativo di far conversazione, a parte Rick dubitava di poter
intavolare una discussione con il resto del gruppetto al tavolo ma come se
fosse stato letto nel pensiero, la donna russa si era aperta in un grande
sorriso girandosi completamente nella sua direzione, elargendogli gli ennesimi
complementi della serata e sottolineando l’apprezzamento dei suoi figli.
«Che sbadata,
non ci siamo ancora presentati! Piacere, Nataliya!»
Raul ricambiò
titubante la stretta di mano presentandosi a sua volta, l’occhiata in tralice
di Sergej l’aveva gelato.
«Oh non far
caso al mio maritino geloso, non ce l’ha con te» la donna rise divertita
punzecchiando la guancia del biondo che la osservò scettico «Julia non è ancora
tornata?»
«No, mia
sorella si è persa davanti lo specchio»
«Tua sorella
soffre di manie di grandezza, te lo ripeterò sempre» proruppe Rick distendendo
una gamba su una delle sedie libere.
«Chissà chi mi
ricorda» mormorò annoiato Boris spostando il piede in tempo per non farselo
calpestare, il suo ex capitano doveva avergli messo qualche microfono addosso
per sentire i bisbigli con la musica assordante «Dì un po’, hai imparato a
leggere il labiale a mia insaputa?»
«Ti conosco, so
a cosa hai pensato» la risposta giunta senza nemmeno voltarsi.
«Questo non è
conoscere ma avere la coda di paglia»
Nataliya
continuò la propria indagine chiacchierando con i due ragazzi, non le capitava
tutti i giorni di attorniarsi di persone così loquaci e dovette ammettere che
quello sport per lei a lungo sconosciuto aveva fatto convogliare le personalità
più disparate.
«Cosa ridi
Raul, lo sai benissimo da anni che mi sono laureato in economia!» Rick sbraitò
offeso verso lo spagnolo, ogni volta che ne parlava era la solita storia nonostante
lo sapesse già da due anni.
«Scusa Rick, ma
non riesco proprio a vederti in giacca e cravatta rinchiuso in un’azienda come
Kei»
«Ti sembra che
ora indossi una camicia hawaiana e bermuda?! Pure questo è un completo
elegante!»
«Lo so, lo so»
Rick rinunciò a
far ragionare Raul, quelle poche cose che aveva in comune con la sorella erano
le più fastidiose. Julia era scoppiata a ridere nello stesso identico modo
quando li aveva invitati alla sua laurea, quasi si era sorpreso di non sentirla
sghignazzare durante il suo discorso.
«Mao, ma le
vuoi far fare la sauna?»
Yuri si coprì
l’orecchio all’urlo di Boris, la piccola Lin poco
distante era stata infagottata in un cardigan beige e per il russo etichettato
come termosifone vivente quello era un affronto oltraggioso.
«Si è fatta
sera, la temperatura è scesa! Quando avrai figli puoi farli morire di freddo se
preferisci»
«È scesa a un
livello vivibile non ai livelli del polo artico» bofonchiò sottovoce pregando
per la sopravvivenza della bambina.
«Io mi chiederei
quando si scarichino le pile di questi marmocchi, corrono da stamattina»
Rick mormorò la
frase alzandosi con l’intento di fare una passeggiata, l’espressione piuttosto
scettica riservata allo spagnolo rizzatosi in piedi repentinamente con lui.
Raul non aveva
la minima intenzione di restare lì da solo.
«Dai Kei, è il
vostro matrimonio!»
Emily sbuffò al
ventesimo rifiuto, da buoni dieci minuti stava cercando di convincerlo ad
andare a danzare con Hilary senza risultati. Il “no” categorico era
stata l’unica risposta fino a quel momento pronunciata portandola a riflettere
sul numero di parole di cui si componeva il dizionario “Hiwatari e il
sociale”. Hilary le aveva consigliato di lasciar perdere ma se c’era una
cosa che le riusciva bene, quella era perseverare.
«Ehi Emily, che
succede? Ti si sente sbraitare oltre la musica»
Un segno
divino, ecco cos’era Julia.
Emily abbracciò
la madrilena d’impeto definendola un angelo, Julia stralunata ebbe solo il
tempo di guardare confusamente Hilary prima di finire trascinata tra i cespugli
a cospirare in perfetto stile gangster.
La ragazza dai
capelli arancioni in pendant con il tubino turchese freneticamente riassunse la
situazione: lei, Mathilda e Gianni avevano tentato di convincere Kei a ballare
con sua moglie senza averla vinta, Rei per un breve momento aveva abbracciato
la causa per poi darsi alla fuga a causa di una poco velata minaccia ed anche
tutti gli altri avevano ben presto rinunciato lasciandola sola.
Julia ascoltò
attentamente gettando un’occhiata veloce alla pista da ballo semi vuota dove
gli unici erranti e coraggiosi ballerini figuravano tra le file dei musoni
dell’azienda Hiwatari.
Un indice
alzato di scatto per zittire Emily, un sorriso sinistro all’accensione della
lampadina nella testa.
Lasciò la sua
borsetta alla ragazza dirigendosi da Ming Ming, la
cantante appoggiò divertita il piano improvvisato sedendosi sul bordo del palco
con la scusa di fare una pausa. Drink alla mano annuì al dj dando inizio alle
danze, la canzone pop sostituita da una melodia latino-americana.
Julia trascinò
Emily in pista ancheggiando, le braccia alzate e abbassate per invitare i
gruppi reticenti ad unirsi in quel ballo sensuale. Iniziativa appoggiata da
pochissime persone: Max e Mariam, Michelle e Mathilda ed Olivier con una delle
cameriere della festa che il caposala cercava invano di recuperare.
Soddisfatta,
terminò il suo avvitamento seducente voltandosi con istinto predatorio in
direzione del tavolo degli sposi, la distanza coperta in poche falcate. Kei
impegnato a sistemare i polsini della giacca grigia fiutò il pericolo in
ritardo, Julia materializzatasi dal nulla gli aveva afferrato la mano e la
socia complottista sul palchetto non aveva perso l’attimo centrandoli con la
luce di un faretto rosso.
«Hiwatari,
scapperai pubblicamente ora?» il sussurro provocatorio nell’orecchio trovò base
fertile.
Kei sperò con
tutto il cuore di poter uccidere una persona semplicemente guardandola.
Stritolò
volontariamente la mano alzandosi sotto l’attenzione di tutti, la spagnola non
fece una piega camuffando il dolore con un sorrisetto all’urlo vittorioso di
Emily nell’applauso generale.
«Oh, ora
iniziamo a ragionare!» pochi passi convogliati al centro delle danze, la mano
stretta in quella di Kei sollevata a mezz’aria, l’altra scesa su un fianco del
ragazzo nei corpi pericolosamente vicini «Ma non restare come una statua di
sale!»
«Julia, farò in
modo che tu patisca una morte lenta e dolorosa entro stanotte» graduali e ben
cadenzate parole affinché le sentisse solo lei nei primi e alquanto scoordinati
passi. Fatica sprecata a detta di Julia, gli occhi infuocati parlavano da soli.
«Questo è il
giusto espíritu caliente!»
urlò divertita al di sopra della musica, una leggera piroetta per constatare
nell’area circostante quanto suo fratello la capisse al volo. Con la medesima
tattica aveva invitato una più che disponibile Hilary a ballare con lui «E
adesso ghiacciolino mio, segui bene i passi! Il
leader è l’uomo in questi balli non farmi fare brutta figura!»
«I tuoi
genitori ti drogavano per tenerti ferma? Se sì, dammi il loro numero che chiedo
come ti abbiano sopportata finora» una leggera smorfia alla fine della frase
sputata con acidità, le unghie di Julia gli si erano conficcate nella carne.
Quella pazza nemmeno fingeva di ascoltarlo.
«Non restare
mai fermo, segui un percorso a circonferenza se ti riesce meglio» la mano risalì
il corpo dell’ex blader fino a centro schiena, il tono da maestrina intriso di
divertimento «Il ritmo è sempre lo stesso: piede indietro, piede avanti con
balzo come se stessi calpestando un oggetto. Su, forza! Un, due, avanti e
indietro… e NO! Non guardare in basso, tutto il tuo orgoglio dov’è finito?
Occhi alti verso di me! Perfetto così, se ammazzerai i piedi di Hilary te ne
renderai conto subito!»
Kei ebbe solo
la possibilità di lanciarle un’occhiata accusatoria prima di ritrovarsi a
ruotare su sé stesso come una trottola. Il vorticare bloccato dallo scontro con
sua moglie a cui era stato riservato lo stesso trattamento.
Julia e Raul si
diedero il cinque saltellando all’applauso generale che accolse la coppia dei neo sposini, i due stretti l’un l’altro avevano finalmente
aperto le danze.
«Io al vostro
posto non sarei così felice» sussurrò la ragazza avvicinandosi con movenze
sinuose a Michael che capite le intenzioni non riuscì a scappare per tempo «Voi
fate da soli, vero?»
Rei sorrise
accondiscendente porgendo la mano in un galante invito a Mao, la donna poggiata
la borsa accettò ben volentieri.
Julia appagata
si dedicò al ribelle ballerino rapito che proprio non voleva saperne di muovere
il bacino, ben presto scaricato ad Emily rimasta a danzare da sola attorno agli
sposi.
Dimitrij
e Anja le passarono davanti abbracciati, maldestramente impegnati a imitare i
passi degli zii al centro delle coppiette danzanti ridendo come pazzi dei loro
stessi scarsi risultati, spesso accompagnati dai ruzzoloni di entrambi.
«Dovreste
prendere esempio da loro!» esclamò divertita indicando i bambini alla ricerca
della prossima preda.
Takao ondeggiò
le mani davanti a sé quando capì di essere il bersaglio designato.
«È una forza
della natura quella ragazza»
Nataliya commentò
allegramente la scenetta che si stava svolgendo sul prato, invidiando la
nonchalance con cui Julia andava da una parte all’altra sui tacchi senza
risentirne minimamente.
«Secondo me
stanotte farebbe bene a chiudere la porta, Kei è davvero capace di ucciderla»
Sergej era
seriamente preoccupato per la vita della ragazza, Hiwatari continuava a
fulminarla con gli occhi ogni qual volta gli passava accanto. Lui invece non
poteva negare di starsi divertendo. Dopo il povero Ivan che mandava ancora
richieste d’aiuto a causa della bambina accollata a lui, Kei trascinato di peso
era stato il miglior spettacolo della giornata.
Yuri tuttora
poggiato al palo a braccia incrociate stava bloccando la propria circolazione,
le dita strette spasmodicamente sugli avambracci. Julia era difficile da
perdere di vista, uno dei riflettori le era costantemente puntato addosso quasi
a farsi beffa dei malcapitati caduti nelle sue grinfie.
Malcapitati, quelli erano
punti di vista.
Dubitava
altamente che a qualcuno di quei ragazzi fosse dispiaciuta la breve compagnia,
ad eccezione di Kei, lo sposino nemmeno si era reso conto di quanto lo spacco
del vestito fosse scivolato sulla gamba abbronzata.
Julia dopo
averlo lasciato ad Hilary si era dedicata alla creazione di coppie casuali, Takao
e Dunga, Ralph alla nuova fiamma del mattino di
Boris, Mystel e Lai ed altri che non ricordava
minimamente, l’attenzione catalizzata esclusivamente su Julia.
Yuri storse gli
angoli della bocca, Takao nella sua fuga alla chetichella aveva per un attimo
oscurato la figura della donna, ed involontariamente si era ritrovato a seguire
le azioni del giapponese piuttosto che lei. Gli aveva ricordato moltissimo i
personaggi dei cartoni animati nei momenti di esplorazione silenziosa,
ginocchia piegate e piccoli passetti sulle mezze punte sempre più veloci. Fin
troppo veloci, senza riacquistare una postura corretta aveva iniziato a correre
inciampando nel terreno e cascando proprio davanti al loro tavolo.
«Per la fame
hai deciso di mangiare anche il prato?» Boris punzecchiò con un la punta del
piede lo sterno di Takao ricevendo un mugugno soffocato e un ammonimento di Nataliya sul
suo essere cinico.
Dopo alcuni colpi
di tosse il giapponese massaggiandosi il naso si rialzò sputacchiando terra e
fili d’erba.
«Nient’affatto,
stavo fuggendo da Julia e i suoi strampalati accoppiamenti!»
«My friend non
si abbandona così un compagno di ballo!»
Max cessato il
suo volteggiare, mano nella mano con Mariam tra una risata e l’altra si era
avvicinato a soccorrere l’amico, aiutandolo a spolverare la terra dai vestiti
una volta messo in piedi.
«Max vorrei
vedere te tra le braccia di Dunga!»
«Takao era
soltanto un ballo!»
«Per una volta
appoggio Takao, io quello scimmione ce l’avevo in squadra non mi sognerei mai
di ballare con lui»
«Ecco! La tua
ragazza almeno mi dà ragione!»
Boris sorrise
sarcasticamente nella sua posizione contraria sulla sedia invitando Yuri a
chinarsi a portata d’orecchio, un cenno verso Nataliya mentre bisbigliava
«Quanto ci scommetti che tra poco le sia attiva la modalità “super mamma in
azione”?» una piccola pausa in cui Yuri rimase in attesa divertito quanto
lui prima di riprendere al pari di una telecronaca «Eccola, ha preso la borsa.
Signori, frugare in quel marasma alla ricerca di un oggetto richiede grande
coraggio! Quanta audacia in quell’esile corpicino tutto curve…ehi Yu! Non pizzicare!...Dicevo cari spettatori, il kit di soccorso è
stato trovato! La scatolina delle meraviglie in grado di curarti anche nel
deserto…ma, Yu può davvero starci tutta quella roba in una borsa?»
Yuri non seppe
dare una risposta, da una borsa rettangolare larga all’incirca quindici
centimetri era uscito di tutto: salviettine, crema solare, doposole,
fazzoletti, biscottini per i bambini, cellulare, caricabatterie, chiavi – di
cosa? La stanza? – cerotti, spray di ghiaccio istantaneo e altri oggetti che
non aveva fatto in tempo a capire perché rimessi nella borsa.
La sua
perplessità crebbe quando sentendosi osservato alzò lo sguardo verso Mariam che
continuava a squadrarlo da capo a piedi con uno strano sorrisetto sulle labbra.
«Qualche
problema?»
La donna scosse
la testa non preoccupandosi nemmeno di essere stata colta in flagrante, il
racconto di Julia fra un boccone e l’altro era stato fin troppo
particolareggiato su alcuni aspetti «Nessuno. Scusami, stavo pensando ad un
dolce che volevo assaggiare»
Yuri lasciò
cadere il discorso considerando le donne fin troppo strane e diverse alle
volte. Lì se una pensava ai fatti propri l’altra era una crocerossina in
incognito. Nataliya fatto accomodare Takao gli aveva pulito il viso con un
fazzolettino imbevuto, disinfettato il taglio – pure il disinfettante aveva
portato? – e provveduto a spruzzare il ghiaccio sul naso.
«Takao aspetta!
Fatti sistemare il cerotto!»
Takao fu
costretto a risedersi ed aspettare l’applicazione del suddetto oggetto,
ringraziando di cuore la donna a medicazione ultimata, forse persino esagerata.
Interruppe i
suoi pensieri alla vibrazione del cellulare, fronte corrugata alla vista del
mittente sconosciuto sul display «Una chiamata…in Giappone il prefisso è +81,
perché questo numero inizia con +31?»
Sergej scrollò
le spalle incapiente, seguito dal restante gruppetto. Max incuriosito si era
sporto oltre la spalla del giapponese invitandolo a rispondere.
«È il prefisso
dei Paesi Bassi» esordì con sicurezza Boris.
Al di là del
destinatario che aveva appena premuto il tasto di risposta, tutti si erano
voltati verso il russo piuttosto straniti da quella sicurezza. Yuri poggiato di
nuovo al palo lo osservava dall’alto in basso sperando non centrasse qualche
stramberia di Irina in quella conoscenza.
«Che c’è? Mi
annoio in bagno» Boris sbuffò scocciato a quelle domande silenziose.
«E cerchi i
prefissi degli altri stati mentre sei lì?»
«Dimmi Sergej,
nel bagno di casa tua preferiresti trovarmi a cercare cavolate su internet o a
guardare un porno?»
«Non entrerei a
prescindere per evitare di soffocare»
«Shh…fate silenzio. Takao che sta succedendo?»
Nataliya
con un gesto della mano li zittì all’istante, concentrata apprensivamente su
Takao sempre più impacciato nel parlare in un misto di giapponese e inglese con
alcune parole probabilmente inventate da lui. Il ragazzo rise istericamente
frizionandosi i capelli, una mano repentinamente posata sul microfono del
ricevitore e due occhi terrorizzati.
«Svetlana è un
nome russo?» chiese concitatamente al gruppetto di tale nazione.
«Sì, perché?»
Boris non
ricevette risposta, Takao era tornato a sbiascicare parole sconnesse che con la
musica circostante non riusciva a comprendere. Max scosse la testa, nonostante
la vicinanza all’amico non riusciva a dare un senso compiuto a quanto veniva
detto.
«Scusate, nei
Passi Bassi non c’è Amsterdam? Siete stati lì nemmeno due giorni fa, magari ha
a che fare con questo» Mariam soppesò lo sguardo su ognuno dei ragazzi
presenti, fermandosi su Max con un cipiglio più scuro e tagliente, lei ancora
non aveva digerito quel viaggio nella capitale europea «Cosa è successo ad
Amsterdam?»
Max sorrise
nervosamente, i suoi ricordi dopo Kei stramazzato al suolo erano leggermente
confusi «Nulla di cui tu debba preoccuparti, abbiamo ballato, ci siamo
divertiti in qualche club…oh, ricordo di aver passato gran parte del fine
serata con Ivan!»
Il biondino
chiese un appoggio a Boris che in un impeto di clemenza confermò la sua
versione.
Yuri alla
domanda della ragazza istintivamente aveva cercato il professor Kappa nella
folla, il ricordo del balletto insieme al giapponese fin troppo vivido
nonostante tutto l’alcool ingerito. Era più forte di lui, quella scena aveva
ricompensato tutte le ore di aereo.
Si morse le
labbra voltandosi verso Sergej, due occhi improvvisamente vispi mentre cercava
con tutto sé stesso di pensare ad altro.
«Amore,
non hai niente da dirmi su Amsterdam?»
Sergej in un
altro contesto si sarebbe preoccupato della strana inflessione sul nomignolo
usato dalla moglie, ma quella conversazione l’avevano già avuta appena tornati
e lui non aveva fatto alcunché. Ricambiò risoluto lo sguardo di Yuri seguito
dalla perplessità di Boris alla sua frase «Yuri, no. Non iniziare di nuovo»
Mariam si
chiese distrattamente se fossero i rari momenti in cui Ivanov sembrava umano ad
aver conquistato la sua amica, il russo sorprendetemene sembrava vicino a uno
scoppio di risate. Ma soprattutto, si chiese cosa fosse accaduto di così
divertente da spingere persino lui a ridere.
«Ragazzi vi
prego aiutatemi!» Takao supplicò all’improvviso, l’apparecchio telefonico di
nuovo coperto per bloccare i suoni «C’è questa Svetlana che continua a dire di
essere mia moglie! Dice che ci siamo sposati all’interno del night club quella
sera di nostra spontanea volontà alla presenza di testimoni! Vuole venire a
vivere con me prendendo il primo aereo! Avere dei figli! Passare la vita
insieme!»
I ragazzi lo
fissarono completamenti ammutoliti per qualche secondo.
Boris scoppiò a
ridere affondando la faccia nelle braccia incrociate sullo schienale, Max
sbiancò iniziando seriamente a pensare che i vuoti di memoria fossero un
problema, Mariam non seppe se ridere o meno della faccia impaurita di Takao,
Sergej scambiò un’occhiata preoccupata con Yuri le cui guance avevano assunto
un colorito roseo per lo sforzo di trattenersi mentre Nataliya era scattata in
piedi preoccupata a livelli estremi.
«Takao calmati
un attimo, non puoi esserti sposato all’improvviso. Prima di tutto ci vogliono
dei testimo-»
«Dice che era
tutto regolare! Entrambi avevamo dei testimoni favorevoli all’unione!» il
giapponese la interruppe freneticamente, goccioline di sudore lungo la fronte
all’improvviso richiamo di suo nonno avvicinatosi a lui.
«Takao!
Finalmente ti ho trovato! Dovevamo finire il nostro discorso sull’espansione
della palestra»
«Nonno non
adesso!» Takao esplose adirato scansando per un pelo il bastone da passeggio
usato come arma bianca per punire il suo tono irrispettoso «Ok, ok! Scusami!
Ma, sono occupato in questioni più urgenti con tua nuora al telefono!»
«Nuora?»
l’anziano signore placò la sua ira ricomponendosi, un sospiro rassegnato dopo
aver elaborato e decifrato correttamente la frase del nipote, alle volte
faticava a capirlo «Takao, se hai trovato una fidanzata non è ancora nuora di
nessuno…Comunque, eventualmente lo sarebbe di tuo padre non di certo mia»
«Oh, ora non ha
importanza! La situazione è critica!»
«La prego di
scusarmi un attimo» Nataliya interruppe con un piccolo inchino la risposta del
signor Jey sul nascere, proseguendo con una certa urgenza verso il ragazzo
dalla carnagione olivastra «Takao chi diavolo ti ha fatto da testimone?»
«Che ne so!
Questa dice che era la brutta copia di Rambo!»
Il fracasso di
una sedia urtata contro il tavolo si sentì distintamente anche con la musica, i
bicchieri tintinnarono all’improvviso scossone attirando gli sguardi di tutti
alle loro spalle, dritti verso il palo lungo cui era scivolato Yuri. Il russo
rannicchiato per terra con le gambe attirate al petto scuoteva la testa ridendo
sommessamente, brevi frasi in russo mormorate che non capirono nemmeno i suoi
connazionali.
Se Boris rimase
perplesso, il resto del gruppo estraneo a quelle manifestazioni di gioia lo
fissava come se fosse un alieno.
Miriam
istintivamente si era voltata verso la pista da ballo ma Julia impegnata con
Andrew non si era accorta di nulla.
«Che gli prende
ora?» chiese incerto Max indicando il ragazzo il cui volto era nascosto
nell’incavo fra petto e ginocchia.
«Ha ricordato
la sua parte preferita del viaggio ad Amsterdam» Sergej sospirò ignorando il
suo ex capitano per parlare rivolto a Takao e alla sua pseudo sposa che stava
spendendo un capitale con quella chiamata internazionale «Il prof Kappa, è
stato lui il tuo testimone. Ad un certo punto della serata ha legato una
cravatta a mo’ di fascia sulla testa, ballando con te sul cubo, non ricordi?
Probabilmente quando vi abbiamo persi di vista è avvenuto il tuo matrimonio»
«Testimone?
Matrimonio? Takao di che state parlando?!» nonno Jey iniziò seriamente a
preoccuparsi dei guai in cui continuava a cacciarsi il nipote nonostante l’età.
«Io ricordo
solo l’uomo travestito da donna che chiamava “my kitty” Rei» mormorò tra sé Max procurandosi un’occhiata
scettica da Miriam, sempre più propensa a domandarsi cosa fosse effettivamente
successo in quei due giorni.
«Ah vero, gli avevo comprato pure le orecchie da gatto in
ricordo della serata ma non le ha accettate» Boris assunse un’espressione
desolata ripensando al cerchietto peloso lanciato dalla finestra dell’hotel
«Però, per dar retta alla rianimazione di Kei mi sono perso il balletto! Sapevo
di doverlo lasciare lì per terra, Yu almeno ne è valsa la pena?»
Il rosso annuì
di nuovo in piedi, tornato nei ranghi del suo autocontrollo.
«Kei ha avuto
bisogno di una rianimazione?!» Nataliya non seppe se scioccarsi di più per la
vicenda in sé o il menefreghismo con il quale Boris aveva pronunciato la frase,
se Kei avesse tirato le cuoia un briciolo di compassione l’avrebbe provata?
«No! Non è mio
il bambino!» Takao urlò al cellulare in preda alla disperazione, gesticolando
come se la sua interlocutrice potesse vederlo «Non puoi aver scoperto di essere
incinta in meno di due giorni!...Lo eri prima?
Appunto! Non sono io il padre del bambino!»
«Sembra di
stare in una telenovela»
«Boris please, non dirlo con quell’allegria»
«Io…credo di
non sentirmi molto bene»
Max e Yuri
accorsero immediatamente a sorreggere il povero vecchio le cui ginocchia
avevano ceduto all’improvviso, Sergej preso uno dei menù lo invitò a sedersi
sventolando il pezzo di carta.
Nataliya senza
troppe cerimonie strappò il cellulare dalla mano di Takao «Svetlana, giusto?
Ecco, sentimi bene cara, hai chiamato mio marito non il tuo. Qualunque cosa tu
abbia fatto dubito fosse legale e possa avere valore…oh stai zitta! Sto
parlando io!» marcò le ultime parole con irritazione distruggendo i timpani
dall’altro capo del telefono.
Mariam le si
accostò facendole un breve cenno con le dita, il vivavoce fu azionato e le due
iniziarono a parlare alternativamente nel piccolo apparecchio scambiandosi un
sorrisino sarcastico. Mariam emise un leggero colpo di tosse iniziando per
prima, la voce ridotta ad un sussurro inferocito dritto nel microfono.
«Ed io sono la
seconda moglie, una terza non ci serve! Te lo dirò una volta sola: richiama
questo numero e assolderò un sicario lì ad Amsterdam»
«Prova a venire
in Giappone ed io ti scuoierò viva»
«Accollagli il
bambino e lo ucciderò davanti i tuoi occhi»
«Infine, YA ub'yu tebya rukami1»
Ci fu una pausa
di qualche secondo, la russa allontanò il cellulare osservando il display
compiaciuta «Ha riattaccato»
Restituì il
cellulare al giapponese intontito che dopo qualche istante saltò addosso alle
due ringraziandole in lacrime.
Boris si diede
una pacca sulla spalla, complimentandosi con sé stesso. Sei anni prima Nataliya
non avrebbe mai minacciato qualcuno in quel modo, era sicuramente merito delle
ore trascorse con i suoi insegnamenti ad aver portato a galla quel lato
malvagio. In più, non era niente male nemmeno l’altra donna, come era finita
insieme a quel biondino innocente?
Max sorrise
leggermente preoccupato per come la frase detta in russo sembrasse davvero
l’ultimatum di un killer, Nataliya poteva non essere la giusta compagnia per la
sua fidanzata. Mariam già da sé aveva inclinazioni pericolose senza che nessuno
le incentivasse e quella sera sicuramente sarebbe tornata a far domande sul
viaggio ad Amsterdam. Nonostante ciò, la sua preoccupazione maggiore sul
momento fu un’altra: scollare il suo amico dalla russa prima che ci pensasse
Sergej.
«Io l’ammazzo»
Hilary roteò
gli occhi all’osservazione del marito.
Appena Julia
passava nel raggio d’azione la frase veniva ripetuta come un mantra. Quella
notte avrebbe dovuto segregarlo in camera per salvare la vita alla sua amica
che al contrario di Kei, lei continuava mentalmente a ringraziare per la sua
imprudenza. Solo una sconsiderata avrebbe osato andare contro di lui e Julia
era in cima alla sua lista di amici avventati.
«Ti fa così
schifo ballare con me?»
Kei si voltò
pesando bene la sua risposta, non gli piaceva come Hilary aveva posto la
domanda. Dal tono utilizzato sembrava dipendesse il destino della sua vita
coniugale, passata in camera da letto o su un divano.
«Sai benissimo
che non è così» ribatté piatto sollevando un braccio per farla volteggiare.
Conosceva
l’amore di Hilary per il ballo e avrebbe anche cercato di accontentarla prima
del fine serata. Il suo intento era invitarla in uno degli angoli remoti del
giardino lontano da quella massa di impiccioni, dal giudizio altrui ad ogni
singolo passo e dalle battutine sarcastiche che circolavano da una parte
all’altra.
Sarebbe stato
tutto estremamente riservato, invece no, la rompiscatole della Spagna aveva
dovuto mettersi in mezzo.
Tra suo nonno che lo fulminava con gli occhi, il padre di Hilary che sbuffava
ogni qual volta abbassava una mano di troppo, Gianni che continuava a passargli
vicino abbracciato alla fidanzata di Ralph suggerendogli le giuste posizioni da
mantenere e Daichi che se la rideva della grossa commentando con Hitoshi indicandoli, sentiva la sua misera pazienza
precipitare a bassissimi livelli di tolleranza.
Nemmeno al suo
matrimonio lo lasciavano in pace.
Hilary delineò le
labbra in un sorriso spostando le braccia attorno al collo di Kei, non era
certamente incline a quelle effusioni pubbliche sfrontate ma il leggero bacio a
fior di labbra le sembrò inserito nel contesto più adatto. Il suo amato stava
sacrificando sé stesso in quel momento, la rigidità della postura era
percepibilissima sotto la stoffa anche se lui non sembrava essersene accorto.
«Kei adesso
farete un bambino, vero?»
Il chiamato in
causa alla domanda squillante morse accidentalmente le labbra di sua moglie, un
moto d’ansia interiore al pensiero di un pargoletto urlante in giro per casa.
Si voltò lentamente verso la saltellante sorellina di Max accanto a loro, mano
stretta intorno a quella di uno sconsolato Ivan. La bambina doveva averlo
scambiato per un compagno di giochi per via della statura.
«Charlotte ci
siamo appena sposati, è ancora presto» Hilary ridacchiò leggermente allungando
una mano a scostare la frangetta dagli occhi della ragazzina «Potrebbe
succedere quando meno ce l’aspettiamo. Tra qualche mese, anche anni oppure
giorni, chi lo sa!»
«Io al tuo
posto toglierei la possibilità di qualche giorno e mi procurerei un
defibrillatore in casa» commentò sarcasticamente Ivan ondeggiando ancora
lentamente con Charlotte per star loro affiancati «Tuo marito sembra stia per
avere un attacco di cuore»
Hilary osservò
il pallore sul volto del suo uomo sospirando leggermente.
«Già stanchi?»
si inserì Rei nella conversazione avvicinandosi con Mao dall’altro lato della
coppia, un’occhiata più attenta e preoccupata verso il bicolore mentre
ballavano sulle note di un qualche motivetto spagnolo senza testo «Kei sicuro
di sentirti bene? Non hai una bella cera»
«Effettivamente,
hai mangiato qualcosa che ti ha fatto male?» continuò la donna dei capelli rosa
non nascondendo una certa preoccupazione.
«State
tranquilli, si parlava solo di futuri bambini»
Alle parole di
Ivan la testimone di nozze si fece improvvisamente attenta, gli occhi
sfavillanti rivolti alla migliore amica in un misto di eccitazione ed
impazienza «In nome del cielo, sei incinta e non mi hai detto niente?!»
«Ma che hai
capito! La ragazzina ha chiesto loro se avrebbero fatto un figlio» Ivan
sottolineò l’affermazione sollevando da terra con nonchalance la ragazzina,
sfortunatamente per lui ella trovò divertente il gesto affezionandosi ancora di
più.
Kei allentò la
presa su Hilary asciugandosi la fronte, stava sudando e non era da lui farlo
per una conversazione. Probabilmente aveva esagerato con il vino senza
rendersene conto e quello era il risultato, non doveva fasciarsi la testa per
delle stupide battutine.
Inspirò
profondamente assicurando a sé stesso l’assenza di pericoli.
«Oh, quindi non
sei incinta?»
Kei abbassò lo
sguardo su sua moglie, la domanda sconsolata di Mao sospesa nell’aria.
Hilary rimasta
in silenzio aveva scosso di scatto la testa voltandosi verso la sua amica
avviando una di quelle comunicazioni non verbali di cui spesso si era ritrovato
spettatore. Mao inclinato il capo aveva assunto una smorfia perplessa, Hilary
in risposta aveva battuto il piede a terra arrestando il ballo e rimarcando
qualcosa con un leggero movimento del capo. Senza ottenere il risultato sperato
sua moglie aveva rivolto il viso nuovamente verso di lui.
La linea
sottile delle labbra tremolante, un titubante sorrisetto di circostanza.
Kei restò a
fissarla chiedendosi se fosse soltanto una sua impressione l’improvviso
silenzio palpabile attorno a loro.
Mao lasciatasi
sfuggire improvvisamente un’esclamazione sorpresa aveva guardato Rei,
volatilizzandosi nel giro di un microsecondo insieme a lui seguiti pochi
istanti dopo da Ivan. Il russo accalappiata la bambina l’aveva trascinata con
sé lasciandogli una pacca sulla spalla.
Hilary era
ancora bloccata sul posto non accennando a muoversi, una leggera risatina
isterica.
Kei sperò di
aver capito male.
«Hilary…sei
incinta oppure no?» la voce salì di un’ottava, nuove goccioline gli imperlarono
il viso sentendole ricadere lungo le guance.
Kei batté le
palpebre ed Hilary scomparve insieme a tutta la festa e agli invitati.
L’ambiente
circostante sostituito dal suo studio personale all’interno della villa
circondato da quattro mini Hiwatari starnazzanti.
Doveva essere uno scherzo della sua mente, Hilary gli aveva appena accennato la
questione non potevano essere già nati. Un battito di ciglia ed era seduto alla
scrivania, un pargoletto in lacrime fra le braccia che proprio non voleva
saperne di bere il latte. Altri strepiti provenienti dal secondo bambino seduto
a terra circondato da cataste di pannolini sporchi che continuava a togliere
uno dopo l’altro aumentando la montagna nella stanza, invece il terzo scavata
la galleria in quel mucchio puzzolente gattonava allegro verso il balcone. Si
alzò di scatto per recuperare il figlioletto sucida bloccandosi a mezza strada,
il quarto era coperto di sangue per aver preso in mano Dranzer tagliandosi con
una delle lame.
Non poteva
essere vero, il suo dovere era portare avanti l’azienda appena eredita non
mettere su famiglia così precocemente.
«Kei…Kei! Mi
senti?»
L’uomo si
riscosse fuoriuscendo dalla proiezione ovattata della sua mente, il martellare
della musica era ritornato, lui era ancora in piedi nel prato abbracciato a sua
moglie che lo stava scrutando preoccupata. Annuì non del tutto convinto.
«Dimmi che non
sono quattro»
«Quattro cosa?»
«Bambini. Dimmi
che non ne aspetti quattro»
Hilary
strabuzzò gli occhi scoppiando a ridere dopo alcuni secondi, Kei non ci trovò
nulla di divertente.
«Kei ti prego
tranquillizzati, non aspetto nessun bambino. Volevo solo vedere una tua
reazione…dire che ne sei totalmente terrorizzato è riduttivo!»
Kei sentì il
suo respiro tornare regolare, era stato tutto uno stupido scherzo. Fulminò con
gli occhi sua moglie che continuava bellamente a prenderlo in giro mentre
riprendevano a ballare, ci era cascato in pieno.
«Non ne sono
terrorizzato» rispose piccato guardando verso un punto imprecisato alla sua
destra «Stavo soltanto riflettendo sull’eventuale ipotesi. Già ci tocca tenere
in casa quella palla al piede di mio nonno perché ce l’ha imposto l’avvocato, sai
benissimo dove vorrei che fosse in questo momento. Ho appena preso in mano
totalmente l’azienda a cui dovrò fare innumerevoli cambiamenti e…i bambini di
certo non erano nelle priorità a cui stavo pensando»
«Mh…Però in futuro, ti dispiacerebbero?» domandò a
bruciapelo la donna ruotando il volto del marito verso di lei.
Kei non rispose
immediatamente, anche se il “no” era balenato subito nella sua testa.
Accanto alla
negazione aveva fatto capolino il primo incontro con i due gemellini russi, si
era trovato a Mosca quando avevano già compiuto un paio di mesi e quasi aveva
stentato a credere che quei piccoli bambini potessero essere davvero i figli di
Sergej. Si era sentito strano quando Dimitrij gli aveva stretto il dito e Anja
aveva iniziato a ridacchiare guardandolo, non meno di quando aveva visto i suoi
ex compagni di squadra osservare i bambini con espressione ebete per svariati
minuti. In quell’occasione un pensiero su un futuro bambino con Hilary l’aveva avuto, così come il giorno della nascita di Lin.
Ricordava il
sorriso emozionato di Rei mentre nella sala dell’ospedale lo invitava a
prendere in braccio quell’esserino minuscolo raggrinzito. Di primo acchito era
rimasto quasi schifato da quella pelle rossastra e grinzosa ed era stato
immensamente grato ad Hilary di avergliela tolta dalle mani. Aveva temuto di
romperla, farla cadere, di far del male a quel tesorino così fragile.
«No, se
capitasse non mi dispiacerebbe» rispose infine ricevendo un’espressione
soddisfatta in cambio «Conoscendoti non mi sorprenderei se ora mi dicessi che
non era uno scherzo ma volevi tastare il terreno»
«No, puoi stare
tranquillo»
Hilary
ridacchiò poggiando la testa sulla spalla del suo uomo lasciandosi cullare da
quel ballo dondolato.
Yuri impedì ai
propri muscoli facciali di reagire.
Dopo la breve
parentesi con Takao, il tavolo era tornato ad essere unico punto di ritrovo per
la sua squadra.
Annoiato a
morte data l’assenza di altre alternative aveva deciso di concentrarsi
nuovamente sulla pista. Una punta di rimpianto per aver scelto quell’opzione.
Julia dopo
essersi separata da Andrew era stata invitata da Garland.
Lei ovviamente
non si era tirata indietro avvinghiandosi senza pudore per quel ballo indecente
che Nataliya aveva definito bachata e a giudicare dalle movenze eseguite
con sicurezza loro due sembravano gli unici a conoscerne i giusti movimenti.
Il sangue di
Yuri ribollì nelle vene, per quanto fossero esigenze di danza proprio non
riusciva a buttar giù quello scuotimento di bacini così vicini. Entrambi i corpi
si muovevano integralmente, l’ondeggiare dei fianchi di Julia più pronunciato
rispetto a Garland, ora attaccato difronte a lei, l’attimo dopo dietro di lei
quello successivo con la gamba posizionata al centro tra quelle di Julia che
rideva spensieratamente.
Yuri distolse
lo sguardo seccato sedendosi insieme agli altri, le spalle volutamente rivolte
alla pista.
Boris continuò
a guardare indisturbato verso la confusione sul prato, seduto sulla sedia
ruotata al contrario accanto al suo ex capitano. Il volto semi affondato nelle
braccia poggiate allo schienale.
«Qualche
problema?» la domanda fu posta flebilmente, a malapena udibile.
«No»
Per nulla
convinto Boris mosse lievemente la coda dell’occhio in un’occhiata fugace non
aggiungendo altro.
Yuri gliene fu
estremamente grato, si sentiva confuso. Da tutto.
Metà della sua
vita l’aveva passata privato da qualunque tipo di emozione, desiderando
inconsciamente di poter vivere normalmente come gli altri. L’altra metà la
stava vivendo finalmente libero ma desiderando la sparizione di tutti quei
sentimenti contrastanti.
Al centro di
quel percorso c’era stata Julia, lei aveva minato ogni certezza con la sua
irruenza, voglia di vivere, gioia, amore. Non avrebbe mai dimenticato lo
sguardo regalatole dalla ragazza in quella fatidica notte, lo aveva marchiato a
fuoco sulla pelle.
Lei aveva
donato tutta sé stessa, lui non era riuscito a fare altrettanto.
Julia non
immaginava neanche lontanamente quanto fosse stata importante, d’altronde non
leggeva nel pensiero e lui non lo aveva mai ammesso verbalmente. Era stata
l’ancora di salvezza a cui inconsciamente si era aggrappato per non precipitare
a fondo nel marasma oscuro fatto di odio, rancore e tutte tutti quei sentimenti
negativi che per anni il monaco gli aveva inculcato come passabili. Ma, aveva
capito quanto lei fosse fondamentale per lui quando era ormai troppo tardi per
rimediare e quella consapevolezza aveva fatto persino più male delle punizioni
di Vorkov, perché non era una ferita fisica che si sarebbe rimarginata ma una
cicatrice più profonda che non sarebbe riuscito a cancellare.
Dopo
quell’ultimo giorno insieme aveva rinchiuso tutto l’affetto provato per lei in
una scatola immaginaria, messa in un’altra scatola a sua volta racchiusa in
quel percorso infinito finendo per blindarla anche a sé stesso. Al pari di
quelle vecchie cose confinate in soffitta che si saprà sempre dove andare a
cercare in un impeto nostalgico, Yuri sapeva benissimo che sotto quegli strati
il ricordo di Julia imperterrito sarebbe sopravvissuto.
Quei
contenitori d’altro canto si erano logorati col tempo o più semplicemente era
stato lui a dargli letteralmente fuoco quella mattina lasciando tornare
prepotentemente al proprio posto tutto quello provato per lei.
Il come e il
quando avesse iniziato a guardare Julia non più come una semplice conoscenza ma
con gli occhi di quel sentimento indefinibile, Yuri non lo sapeva. Poteva
essere stato un passaggio graduale o repentino, innescato da un singolo gesto o
da tutte le attenzioni che lei gli aveva dato ma alla fine del tutto lei era
arrivata. Lei, quella consapevolezza che lo aveva lasciato disorientato.
Julia non era
più una conoscenza ma nemmeno un’amica, era diventata qualcosa che andava oltre.
Oltre, Yuri per giorni
si era tormentato sul significato di quella parolina rigirando il cellulare tra
le mani non riuscendo a fare quella maledetta chiamata. Al di là dello stadio
di amico per lui si apriva un mondo sconosciuto e un briciolo di comprensione
verso quel posto ignoto l’aveva avuta soltanto anni dopo l’esperienza con
Julia, quando Sergej aveva ammesso di essersi fidanzato con Nataliya.
Aveva ascoltato
i dubbi del suo amico facendoli propri, rigirando le domande a sé stesso aventi
per soggetto Julia ed era arrivato alla conclusione che lei fosse più
importante di quanto inizialmente aveva creduto e che per quanto non volesse
ammetterlo era diventata una presenza vitale per lui già dieci anni prima.
Ed era stato in
quell’occasione che aveva scrollato la rubrica fino a trovare il suo numero,
oscillando il dito sul nome senza mai premerlo.
Yuri se lo era
chiesto, cosa avrebbe dovuto dirle?
Ciao, sono
Yuri, il pezzo di merda di cui aspetti la chiamata da quattro anni.
Non gli era più
sembrato il caso, il giorno seguente era andato a compare un cellulare nuovo,
il vecchio era volato giù dal terzo piano.
Boris gli aveva
fatto notare che i telefoni cadono in linea retta se sfuggono di mano e non
vengono trovati a dieci metri dalla struttura della presunta caduta ma l’aveva
totalmente ignorato.
Con i se
e con i ma non avrebbe mai raggiunto alcuna soluzione, non l’aveva
trovata a tempo debito, non l’avrebbe trovata ad occasione perduta.
Yuri faticava
solo a pensarla la verità ma aveva ceduto. Si era arreso alle sue paure.
La felicità era
effimera e lui non l’avrebbe potuta raggiungere o mantenere, aveva mollato
prima ancora di provarci. La paura di restare ferito aveva prevalso.
Ingenuamente
aveva creduto che cessare di rimuginare sulla faccenda fosse la strada più
facile.
Il tempo aveva
guarito le cicatrici del monastero, avrebbe sistemato anche quell’insana
attrazione.
Insulso effetto
placebo.
Le sue
convinzioni si erano rivelate un precario castello di carte.
Julia aveva
riempito un vuoto, andandosene ne aveva lasciato uno più grande e quella
mancanza il tempo l’aveva preservata facendola tornare prepotentemente a galla
appena l’aveva rivista.
Yuri sospirò
amaramente, lo sguardo saettato ti tanto in tanto alle sue spalle sulla
coppietta in grado di fargli contorcere lo stomaco.
Doveva avere
una qualche inclinazione masochista.
Nataliya
sorrise teneramente al tamburellare agitato delle dita di Yuri che sovente, con
la scusa di rifarsi il codino, lanciava fugaci occhiate stizzite alle sue
spalle. Lui non doveva essersi accorto di essere osservato altrimenti non
avrebbe lasciato un’incrinatura tanto visibile.
L’aveva notata
la distrazione dell’amico a inizio pranzo ma non gli aveva dato peso, solo con
le acrobazie dei gemelli era giunta l’illuminazione.
La felicità
negli occhi di Anja era stata nulla se paragonata a quella di Yuri.
«Ho voglia di
ballare» decretò all’improvviso attirando su di sé le attenzioni del trio.
Sergej
impallidì vistosamente accaparrando ogni genere di scusa, dal tendine
infiammato al mal di stomaco, simulando il tutto con smorfie di dolore ben
studiate che fecero alzare gli occhi al cielo alla moglie.
«Va bene, ho
capito. Cercherò un altro cavaliere»
Gli altri due tirarono
un sospiro di sollievo quando la videro allontanarsi, lasciando Sergej a
corrodersi il fegato nell’ipotetico caso Andrew avesse provato ad avvicinarla.
Boris sorrise
compiaciuto quando Nataliya bloccò il volteggiare della fatidica coppia
appropriandosi di Garland come partner di ballo, sempre più convinto che la
donna fosse una strega con la sfera di cristallo per riuscire a capire tutti
loro così bene.
Julia non aveva
fatto alcuna storia per quella perdita ma l’ansia generale degli invitati di
essere trascinati sotto i riflettori era cresciuta a dismisura col diavolo
spagnolo di nuovo in libertà.
Boris si
dispiacque per il suo amico intento a leggere svogliatamente l’etichetta del
vino piuttosto che a godersi la scena. Un sorriso subdolo rivolto all’altro
componente del tavolo quando le mani di Garland scesero sui fianchi della
russa.
«Sergej non
fare quella faccia, almeno non è l’inglese!»
Il biondo lo
guardò in cagnesco trattenendo a stento il nervosismo «Chi se ne importa se
inglese, americano o persino turco! Sempre uomini sono!»
Yuri lasciò
andare la bottiglia sorpreso da quell’esternazione così esplicita, solitamente
Sergej evitava di mostrarsi apertamente geloso proprio per non sentire le
frecciatine di Boris.
«Accidenti,
Andrew ti ha proprio fatto infuriare»
«Boris, meglio
per te se taci»
«Però, non
credo ci sia un turco. In compenso puoi pensare all’italiano, al francese, al
tedesco, al giapponese, al cine-»
Boris si
interruppe scoppiando a ridere, Sergej aveva tentato di colpirlo con la borsa
della moglie finendo con il rovesciarne il contenuto sul tavolo. Yuri compatì
il suo povero amico aiutandolo a raccogliere le mille cianfrusaglie non capendo
in un primo momento i suoi occhi sbarrati.
«Sergej?»
«Yu…ti conviene
voltarti»
Al termine della
frase Yuri non ebbe il tempo di farlo volontariamente, afferrato per una mano
si era trovato voltato e tirato in piedi all’improvviso e non ebbe dubbi su chi
l’avesse alzato di peso. L’aroma alla pesca l’aveva preceduta, l’unica
probabilmente ad avere ancora un odore decente dopo quelle ore infernali.
Strizzò
leggermente gli occhi accecato dalla luce puntata su di loro, Julia se la
portava dietro da inizio danze così come l’odiosa vocina di Ming Ming che aveva pronunciato il suo nome fin troppo divertita.
Essere al centro dell’attenzione come blader era un conto, come preda un altro.
«Stare troppo
tempo seduto fa male» la mano intrecciata saldamente alla sua per impedirgli di
ritirarsi.
«Julia, non ci
provare» la minaccia ben poco velata detta a denti serrati.
La donna fece
finta di non ascoltarlo, l’intenzione di trascinarlo con lei ben evidente ma
nonostante gli allenamenti ginnici non riusciva a smuoverlo di un centimetro.
Il problema di Yuri fu l’aver dimenticato di avere un deficiente come amico, Vorkov
poteva aver avuto ragione nell’insistere sul non fidarsi di nessuno. Boris
l’aveva spintonato facendogli perdere l’equilibrio.
Yuri rivolse
un’occhiata omicida al suo indirizzo ricevendo in cambio un saluto d’addio con
tanto di fazzoletto di stoffa ondeggiato, melodramma contrastante con il
sorrisetto da schiaffi che aveva stampato sulla faccia. Altro, che schiaffi,
Yuri l’avrebbe preso a pugni.
Quella spinta
aveva dato piena libertà a Julia di trascinarlo in mezzo alla calca.
La musica
rallentò divenendo più tranquilla, segnale d’allarme per un ballo decisamente
più intimo e riservato.
Julia sorrise
seducente non scaricandolo ad alcuno come aveva fatto con le altre vittime
sacrificali. La mano poggiata sulla schiena, il corpo a stretto contatto con il
suo da bloccargli il respiro. Assecondò la spinta della spagnola, muovendosi
con lei pur di non restare imbambolato ad attirare più occhiate curiose del
necessario, riuscendo nell’intento di far scollare da loro quella
fastidiosissima luce.
«A che gioco stai
giocando?»
Julia si
distanziò volteggiando su sé stessa, tornando più vicina di prima con lo
slancio.
«Nessuno,
Gianni aveva proposto una scommessa: portare la persona più reticente in pista»
un sorrisino trionfante verso l’italiano intento a confabulare con altri blader
guardando nella loro direzione «Credo di aver appena vinto»
L’aveva
trascinato lì solo per una sfida, null’altro.
Yuri dovette
rallegrarsene, avrebbe evitato di darle una nuova delusione, questa volta
l’aveva ricevuta soltanto lui.
«Perfetto,
posso tornare a sedermi»
Julia ebbe
improvvisamente freddo, dopo anni udire quel tono glaciale privo di emozioni
faceva un certo effetto.
Istintivamente
aveva rafforzato la presa non permettendogli di andare via, non che potesse
davvero impedirglielo. Yuri si sarebbe potuto divincolare con facilità ma
nonostante le sue parole non lo stava facendo.
Si era
contraddetto.
«Allora fallo»
come lei del resto.
Un tuffo al
cuore alla mano improvvisamente libera, Yuri l’aveva fatto davvero. Non era più
una ragazzina ma fermare il groppo in gola era stata un’impresa titanica, cosa
si era aspettata del resto? Avevano innescato un rapporto contorto da quel
mattino senza giungere a capo.
Tutto vorticò,
la sensazione di caduta nel vuoto le attanagliò le viscere e un urletto le
sfuggì dalle labbra.
I capelli le
ricaddero ai lati del volto dopo il movimento repentino, schiena inarcata ed
espressione sorpresa riflessa nelle pozze azzurrine incredibilmente vicine, il
respiro caldo del russo sulla pelle.
La musica era
cessata.
Yuri l’aveva la
lasciata per afferrarla in vita in quel casquet
improvvisato, sorprendendola oltre ogni misura.
«Nataliya. Al
matrimonio di Sergej ha insistito di poter ballare con tutti noi»
No, la domanda
che premeva sulla lingua di Julia non era rivolta alle ragioni delle sue, fino
a quel momento sconosciute, doti da ballerino. Voleva chiedergli di chi fosse
il cuore a battere all’impazzata a quel contatto ravvicinato e se era l’unica a
mentire ancora a sé stessa.
Yuri si rizzò
aiutando la ragazza a tornare in posizione eretta, lo spacco della gonna aperto
sensualmente sulla gamba e il braccio ancora avvolto intorno alla sua vita. Non
era riuscito a staccarsi da lei.
Garland e
Nataliya erano passati alle spalle di Julia proprio quando lo aveva sfidato ad
andarsene, l’immagine della madrilena sostituita a quella della russa fra le
braccia del giovane era stato un pugno nello stomaco.
L’ incentivo a
restare nonostante fosse stato usato per vincere una sfida.
Lasciò
scivolare la presa bloccandosi a metà, Yuri non seppe dire chi dei due artigliò
per primo la mano dell’altro alle note iniziali di “Viva forever”.
Yuri non aveva
mai creduto nel caso, era fermamente convinto che la maggior parte degli
accadimenti e situazioni della vita derivassero dalle scelte individuali di
ognuno. Lui aveva accettato con Boris l’invito di quel monaco pazzo nelle
gelide strade di Mosca (*), lui si era autocondannato a quel
tempo senza volerlo. Le sue scelte l’avevano portato a rimettere in gioco la
sua vita, proprio quelle l’avevano mandato in coma ed infine, sempre quelle
l’avevano portato a perdere Julia. Nonostante ciò, la canzone appena cominciata
non poteva essere altro che frutto del caso, di un’ironica coincidenza.
Uno scherzo del
destino che voleva farsi beffa di lui.
Dieci anni
prima, una notte in albergo, la radio accesa per coprire qualunque altro
rumore, la prima canzone, l’unica che ricordasse ancora a distanza di tempo era
appena cominciata.
Il numero di
persone tutt’intorno subì un calo, c’era qualcosa di non detto nell’aria su
come e quanto ogni melodia potesse essere assimilata ad una relazione sociale.
C’era chi lo comprendeva e chi semplicemente mentiva a sé stesso.
Julia dal primo
assolo aveva piantato gli occhi in quelli di Yuri fissandolo senza batter
ciglio, paradossalmente consolandosi nel vederlo fare altrettanto.
Un passo in
avanti, l’insulsa scusa di non interrompere chi c’era attorno per muoversi
ancora insieme. Mentendo l’ennesima volta.
Do you still
remember how we used to be?
Feeling together, believing whatever
My love has said
to me
Both of us were
dreamers
Young love in the sun
Felt like my savior,
my spirit I gave you
We'd only just begun
Julia circondò
con le braccia il collo di Yuri senza interrompere quel contatto visivo
perdendosi fra passato e presente. La presa del russo sui fianchi così delicata
da sembrare inesistente, ma lei sentiva ugualmente la pelle bruciare oltre lo
strato del vestito laddove le dita esercitavano una maggior pressione.
Le sue amiche
potevano aver avuto ragione nel paragonare lei all’estate e lui all’inverno,
però quel leggero cambiamento in quegli occhi limpidi loro proprio non
riuscivano a coglierlo. Quando l’alone di ghiaccio spariva restava solo un
bellissimo cielo estivo baciato dal sole.
«Gianni
dovrebbe ormai darti certa la vittoria» il bisbiglio rauco, graffiante, quasi
come se la gola non vedesse acqua da giorni «Dovresti cercare qualcuno con cui
poterti divertire realmente»
Non era quello
l’obbiettivo, Yuri non avrebbe voluto pronunciare un’affermazione tanto meno su
quell’argomento ma le corde vocali l’avevano tradito viaggiando su una strada
parallela alla sua mente.
La domanda
sull’ incontro ravvicinato del mattino restò inespressa. La prima occasione
dall’inizio della giornata in cui poter parlare da soli era stata gettata via a
causa dell’orgoglio, nuovamente vincitore per quel primo passo troppo arduo da
compiere quando la fonte dei propri pensieri diventava illeggibile.
Julia era
sempre stata spiccatamente espressiva e più volte l’aveva presa in giro per
quelle smorfiette involontarie.
Nella gioia,
nella rabbia, nel dolore, in ogni sentimento diverse sfaccettature venivano a
galla anche senza che lei se ne rendesse conto, ed era proprio quello il fulcro
della sua confusione attuale. Julia si comportava con lui con una naturalezza
disarmante, come se gli anni non fossero passati, lui non l’avesse brutalmente
lasciata senza una spiegazione e fossero rimasti in contatto come buoni amici.
Yuri guardò di
sottecchi il gruppetto europeo borbottante, con molta probabilità era proprio
lui la fonte del loro sparlare.
Hasta mañana,
always be mine
«In realtà ho
già trovato chi cercavo»
Julia abbozzò
un sorriso sincero, un passo indietro per quella leggera distanza frapposta
mentre saldamente afferrava entrambe le mani del moscovita per farlo ruotare
con lei.
La risata
cristallina proruppe sull’ incedere del ritornello all’espressione seccata per
quel giro imprevisto.
Viva forever, I'll
be waiting
Everlasting, like the sun
Live forever, for the moment
Ever searching for the one
Julia poteva
abbandonare la sua commedia.
Fingersi
meramente una vecchia conoscenza non aveva funzionato, la sua recitazione aveva
fatto acqua da tutte le parti fin dal primo momento.
Yuri non era
stato la scappatella leggera adolescenziale a cui si era indotta a credere per
tutto quel tempo, nessuno dei ragazzi successivi era riuscito a farle provare
le stesse emozioni, il primato lui l’aveva riconquistato in mezza giornata.
Le mani
mascoline scesero lungo le braccia prima di tornare a posizionarsi sulla vita,
lasciandole quella fugace e stentata carezza.
La loro era una
di quelle storie da leggenda, al pari della luna innamorata del sole.
Il racconto di
quell’amore impossibile che tanto l’aveva affascinata durante l’infanzia. La
luna pronta a rincorrere l’altro astro per tutta la vita, in quell’alternarsi
di sere in cui purtroppo il sole andava via appena lei arrivava, lasciandola in
balia di quella tristezza solitaria. Due sovrani di altrettanti mondi distanti,
il giorno e la notte inscindibili e complementari che mai si sarebbero potuti
incontrare senza stravolgere la vita del mondo.
Costretti a
vivere un’esistenza separata sotto la testimonianza delle stelle, spettatrici
silenziose della tristezza della luna e del rammarico del sole.
Nonostante il
travaglio però, seppur per scarsissime volte all’anno in barba alla distanza,
la luna e il sole potevano coronare il loro sogno d’amore in splendide eclissi
mozzafiato. Anche se mancavano pochissime ore al termine della giornata, al
pari di quei due astri, lei voleva godersela appieno.
Alcune
occasioni capitavano una sola volta nella vita e lei era stanca di avere
rimpianti.
Seppur per
poco, avrebbe ingoiato il magone nostalgico per lasciarsi cullare da quel mare
di cristallo, più limpido e meno oppresso di quello che ricordava.
«Yu-chan mi sembri in difficoltà, mai ballato un lento?»
Il moscovita
sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena, odiava quel vezzeggiativo
affibbiatogli dal nonno di Takao al quarto campionato mondiale.
Yes, I still remember
every whispered word
The touch of your skin, giving life from within
Like a love song never heard
Slippin' through our
fingers, like the sands of time
Promises made, every memory saved
As reflections in my mind
«Mai ballato
improvvisando, non rientra nelle mie priorità»
Yuri non aveva
la minima idea di come si ballasse quel tipo di canzone, si era lasciato
guidare dall’istinto osservando le varie coppiette circostanti abbracciate in
modo simile al loro. Non sembrava un imbranato ma nemmeno era a suo perfetto
agio, l’improvviso magone in gola l’aveva gettato in una battaglia interiore
senza tempo. Si chiedeva davvero come si potesse essere felici e tristi al
contempo.
«Questo non va
bene, devi lasciarti trasportare dalla musica» Julia aveva chiuso gli occhi
assecondando le proprie parole, la testa lasciata ricadere sulla spalla
sinistra del russo in quell’aggiunta morbida mormorata «Rilassati, non ti
ritroverai più i muscoli se continui a stare così in tensione»
Yuri squadrò la
donna tra le braccia perdendosi ad osservare i suoi lineamenti, per nulla al
mondo avrebbe chiuso gli occhi in quel momento.
Si lasciò
sfuggire un sospiro allentando la tensione nelle spalle, i passi sempre più
lenti, quasi fermi sul posto mentre le sue dita salivano sul volto di lei per
scostarle alcune ciocche ribelli. Il flash della notte in cui aveva compiuto il
medesimo gesto si sovrappose al presente e quella risata soave lontana si unì
alla musica. Julia quella volta aveva riso ma non per l’azione, il ciondolo
penzolante della sua collana d’acciaio le aveva fatto il solletico sul petto
scoperto quando si era chinato. Le sistemò i lunghi capelli castani dietro
l’orecchio lasciandoli scivolare come sabbia tra le dita mentre il braccio
sinistro l’avvolgeva stretta per la vita.
«Aspetterò una
tua chiamata»
Accentuò la
presa adagiando sempre più i loro corpi al ricordo di quelle ultime parole, la
testa reclinata a sua volta su quella di lei. Quella era stata la promessa
tacitamente stipulata a cui non aveva saputo tener fede, la sua prova, il test
per dimostrarle quanto veramente ci tenesse facendosi sentire anche a distanza.
Lui l’aveva miseramente fallita. Le aveva dimostrato invece quanta poca fiducia
si potesse riporre in lui.
Hasta mañana,
always be mine
«Julia, dovremo
fermarci»
«A te la prima
mossa»
Viva forever, I'll
be waiting
Everlasting, like the sun
Live forever, for the moment
Ever searching for the one
Yuri serrò le
labbra contrariato, l’intenzione di separarsi era solo verbale, nessun’altra
parte del suo corpo sembrava voler assecondare quell’indicazione.
La volta
precedente l’aveva persa non facendo nulla, ora voleva davvero allontanarla
facendo la prima mossa?
No, non si
sarebbe accollato quell’ingrato compito.
«Mi chiedo come
faccia Raul a sopportarti» l’osservazione stanca fuoriuscì in un soffio,
recepita più per risonanza data dalla vicinanza che per il proposito di farla
giungere a destinazione. La guancia ancora poggiata sulla folta capigliatura,
in contemplazione di un punto indefinito nella massa alberata del giardino.
Julia sorrise
tra sé strofinando leggermente il viso sulla camicia, non importava quanti
gradi ci fossero quel calore l’avrebbe ricercato anche in mezzo al deserto.
Perché l’abbraccio può anche essere un gesto ripetitivo ma il momento era
quello unico e irripetibile.
«È costretto
dalla genetica»
«Allora, mi
chiedo come ti sopporti il tuo fidanzato»
Yuri sapeva
bene di essere bravo a mentire solo esteriormente, che quel tum
tum agitato avrebbe potuto tradirlo in un attimo
ma l’istinto di martoriare a sangue le proprie labbra per sua fortuna aveva
prevalso. Quella domanda schietta non sarebbe dovuta uscire, l’aveva detta
senza pensarci, non credendoci per davvero finché non aveva sentito la sua voce
pronunciarla.
Avrebbe dovuto
rispondersi da solo, per un brevissimo tempo c’era andato vicino nell’esserlo
anche se nessuno a parte Boris lo aveva saputo.
Le parole della
canzone cessarono lasciando solo la base strumentale della musica a riempire il
silenzio fra loro.
«Ah non saprei,
appena lo trovo puoi chiederglielo se vuoi»
Yuri sì sentì
leggero come una piuma a quell’ammissione.
La mano
fremette nella stretta attorno alla schiena, il muro invalicabile utilizzato
come scusante per non provare ad avvicinarsi ulteriormente a lei si era
sgretolato in tanti piccoli pezzettini.
Julia sorrise
tra sé approfittando di quegli assoli acustici per ballare senza seguire dei
passi specifici, un saltellante incrocio di gambe e di braccia in cui Yuri finì
per essere strattonato di qua e di là in giro per il prato. Il moscovita
inutilmente le chiese di non muoversi a casaccio, lei imperterrita continuava
con la scusa di lasciarsi trasportare e più che una danza finirono per far
sembrare il tutto una caccia tra il gatto e il topo.
Yuri suo
malgrado si ritrovò ad assecondarla, poco importava se di tanto in tanto
urtavano qualcuna delle coppiette circostanti che elargiva loro occhiatacce o
acidi commenti, il sorriso luminoso di Julia dissipava qualunque tipo di
oscurità.
Back where I belong
now, was it just a dream?
Feelings unfold, they will never
be sold
And the secret's safe with me
Hasta mañana, always
be mine
Difficile fu
decretare il vincitore di quella insolita caccia.
Yuri era
riuscito a ghermirle la vita attirandola in una posizione canonica ma forse fu
solo aiutato nell’impresa da Julia stessa che finì la sua piroetta con le
braccia allacciate attorno al suo collo. I loro volti fin troppo vicini
nonostante i tacchi non compensassero totalmente la differenza d’altezza.
Restò
incatenato a fissare i profondi occhi verdi, il respiro affannoso di entrambi
l’uno contro l’altro.
Affaticati per
il ballo? Fuori forma? In ansia per quello che sembrava sarebbe accaduto di lì
a poco?
Yuri avrebbe
scommesso tutto sull’ultima domanda, al pari di un risveglio quando si cerca di
appurare che quanto appena vissuto sia stato davvero un sogno, lui aveva
bisogno del suo contatto fisico con la realtà.
La forza
magnetica di quel mattino era tornata, così come i due poli di una calamita
entrambi venivano attirati l’uno verso l’altro mentre un leggero venticello
scostava il vestito di Julia.
«LIN!»
L’attrattività
si sciolse ma loro restarono avvinghiati. Più che da una brezza, l’aria era
stata spostata dalla bambina in volo schiantatasi contro le gambe di un
cameriere poco distante, alle spalle di Julia. L’uomo colto alla sprovvista
aveva perso l’equilibrio facendo cascare i diversi piatti addosso alla signora Kazuko.
Yuri
istintivamente si era voltato indietro guardando verso Dimitrij
che aveva urlato il nome della piccola. Il bambino rimasto fermo con solo il
cardigan di Lin tra le mani stava accaparrando
giustificazioni a Sergej e Nataliya su un girotondo troppo vorticoso
finito male.
Alcuni ospiti
si erano allontanati dinanzi all’ilarità della scena probabilmente per non dar
sfogo pubblicamente alle loro reazioni.
Mao e Rei
accorsi preoccupati sulla bambina avevano tirato un sospiro di sollievo nel
constatare che a parte qualche macchia sul vestito, Lin
ne era uscita pressoché indenne. Solo la povera donna, che a detta di Yuri
necessitava di una benedizione, era coperta interamente da molluschi di diverse
grandezze. Yuri ammirò silenziosamente la serietà con cui i due sposi cercavano
di toglierle da dosso il resto delle pietanze, la signora sembrava prossima ad
una crisi.
Di sottecchi
vide Julia a labbra serrate dare immediatamente le spalle alla scenetta
famigliare, la faccia affondata nel suo petto per evitare di farsi sentir
ridere apertamente. La musica era stata ridotta a un leggero sottofondo e loro
erano troppo vicini allo scenario di guerra.
«Julia, cerca
di contenerti» mormorò atono al suo orecchio arretrando di qualche passo, quasi
dovendola spostare di peso con lui.
La madrilena
scosse la testa stringendogli spasmodicamente il colletto della camicia sulla
nuca, fallendo miseramente nell’intento di tornare seria.
Il secondo
tentativo di placarla finì nel vuoto.
Boris scoppiato
a ridere senza ritegno era persino cascato dalla sedia, la signora indignata
alzatasi di scatto per urlargli contro di essere poco rispettoso aveva fatto
scivolare lentamente sul viso il polipo che fino a pochi istanti prima era
sulla testa.
Yuri scosso
dalle stesse convulsioni della ragazza nel tentativo di ridere il più
silenziosamente possibile si era morso la lingua nascondendo la faccia
nell’incavo tra la spalla e il collo di Julia.
Julia però la
risata genuina del ragazzo la sentì distintamente, il volto leggermente
sollevato verso il cielo stellato per riprender fiato fra un attacco di risa e
l’altro.
Yuri non la
stava aiutando per nulla con i suoi commenti sarcastici sbiasciati.
Note finali
1 YA ub'yu tebya rukami
-> Ti
ucciderò con le mie mani
(*) La
precisazione è rivolta al passato di Yuri e Boris, nel manga i due si
incontrano bambini nelle strade gelide di Mosca dandosi una mano a vicenda per
sopravvivere, rubacchiando e sostenendosi con mezzi di fortuna almeno finché
non incontrano Vorkov.
Anche se lì inizia un altro tipo di sopravvivenza ç.ç
Un’altra
precisazione che mi sento di aggiungere è rivolta al personaggio di Charlotte, la
sorellina di Max, lo scorso capitolo avevo dimenticato di precisarlo ma non è
inventato da me. Non so quanti di voi stiano seguendo il sequel del manga, Beyblade
Rising (che non ha niente a che vedere le serie
animate) ma lì Max ha proprio questa sorellina appena nata che io ho deciso di
inserire nella storia xD
Bene, passando al capitolo in sé…non so cosa
ne sia venuto fuori! >///<
Tutto ciò non era previsto, la suddivisione
della trama doveva seguire un’altra linea e da tre capitoli dedicati
inizialmente alla sola giornata del matrimonio ora me ne ritrovo quattro. Tra
l’altro, seguendo lo schema attuale la storia dovrebbe arrivare ad un massimo
di sette capitoli ma ormai non assicuro nulla, l’insonnia ha un brutto effetto
sulla mia immaginazione, fa arrivare troppe idee.
Pure l’arco finale dedicato al ballo tra Yuri
e Julia doveva essere solo accennato... poi ne è venuta fuori la musica, le
riflessioni reciproche, i miei occhi a cuoricino mentre fantasticavo su di loro
e non si è capito più nulla >.<
Di questo passo e considerando la lentezza
con cui aggiorno, mi ritroverò a Natale con questi poverini ancora a festeggiare
Ferragosto.
Al di là delle mie chiacchiere a ruota
libera, il capitolo come si è visto è dedicato in gran parte a Yuri e Julia ma
un piccolo occhio ai veri protagonisti del matrimonio non poteva comunque
mancare. Come ho detto in una qualche risposta alle recensioni, l’intento era
di creare una storia sentimentale ma a tratti anche comica e se questo capitolo
per certi versi può sembrare fin troppo serioso, nel prossimo avremo una
discreta inversione di rotta.
Ricordate l’implosione a cui avevo accennato
nel precedente capitolo?
Ecco, Kei e Hilary avranno il loro bel da
fare nel prossimo u.u
Ringrazio nuovamente tutti coloro giunti fin
qui, spero vivamente il capitolo non abbia deluso le aspettative di nessuno e
come sempre se volete lasciare un piccolo parere fatelo pure ❤
In più, anticipo che un occhio più attento ai
fatidici dieci anni prima riuscirete ad averlo.
Un grande bacio a tutti, e al prossimo
capitolo!
Aky
Questi personaggi non mi
appartengono, ma sono proprietà di Takao
Aoki, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.