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Autore: Star_Rover    18/09/2020    7 recensioni
Fronte Occidentale, 1917.
La guerra di logoramento ha consumato l’animo e lo spirito di molti ufficiali valorosi e coraggiosi.
Dopo anni di sacrifici e sofferenze anche il tenente Richard Green è ormai stanco e disilluso, ma nonostante tutto è ancora determinato a fare il suo dovere.
Inaspettatamente l’ufficiale ritrova speranza salvando la vita di un giovane soldato, con il quale instaura un profondo legame.
Al fronte però il conflitto prosegue inesorabilmente, trascinando chiunque nel suo vortice di morte e distruzione.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
Capitoli:
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XXX. Oltre il confine
 

Il dottor Jones aveva assistito a numerosi casi di avvelenamento da gas, ma ogni volta provava il medesimo senso di impotenza nel vedere quei soldati che soffrivano atrocemente, mentre il cloro corrodeva i loro polmoni, conducendoli inevitabilmente verso una morte per soffocamento lenta e dolorosa.
Più i giorni passavano e più aumentava il numero delle vittime.
Il medico raggiunse la branda su cui giaceva il giovane assistente del tenente Green. Quando quel ragazzo era stato portato in ospedale si trovava in condizioni critiche, era incosciente, il suo volto irritato dalle sostanze chimiche era arrossato, mentre le sue mani gelide in stato di cianosi avevano iniziato a prendere una colorazione bluastra.  
In quel momento aveva davvero creduto che non ci fosse più nulla da fare per lui, eppure una speranza era rimasta quando aveva avvertito un debole battito e un flebile respiro.
Il dottor Jones osservò il suo paziente, Finn era sveglio, sdraiato con la testa all’indietro. Ansimava, con un’espressione tesa e ansiosa sul viso, annaspava disperatamente in cerca di aria.
Il medico conosceva bene quella condizione simile all’asma, i muscoli respiratori ausiliari si contraevano in continuazione, il torace si estendeva in modo eccessivo durante l’ispirazione, ma i polmoni che non ricevevano abbastanza ossigeno non avevano la forza necessaria per svuotarsi, così la riduzione di volume durante l’espirazione diventava minima.
La temperatura del suo corpo era estremamente bassa, le pulsazioni restavano lente e regolari.
Il giovane era colto da frequenti attacchi di tosse, durante queste crisi estremamente dolorose si verificava l’espulsione di espettorato schiumoso. A volte sopraggiungeva il vomito, con liquido polmonare e sangue.
Jones aveva riconosciuto in lui tutti i sintomi classici del caso, inclusi forti emicranie e danni epigastrici causati dall’intenso sforzo della tosse.
Ogni tre ore il medico esponeva il giovane al trattamento con inalazioni di ammoniaca e carbonato di ammonio, ciò aiutava l’organismo ad espellere le sostanze tossiche. Oltre a ciò non poté far altro che assistere il malato durante la sua disperata lotta per la sopravvivenza.
L’intensa dispnea si attenuò gradualmente, dopo ore trascorse tra dolori e sofferenze Finn si addormentò, stremato e ormai privo di forze.
Il dottor Jones vegliò su di lui con apprensione, al termine della fase asfittica il paziente poteva mostrare segni di miglioramento, oppure non risvegliarsi più.
 
Fortunatamente in quel caso Finn riaprì gli occhi, tornando pian piano a riprendere contatto con la realtà. Era ancora debole, ma rispetto a poche ore prima appariva rinvigorito.
Il dottor Jones continuò a monitorare ad intervalli regolari le sue condizioni per assicurarsi che la sua ripresa stesse procedendo senza complicazioni.
 
Il medico aveva appena terminato una complicata operazione, aveva ancora le maniche macchiate di sangue quando un infermiere corse ad avvertirlo, le condizioni del soldato Coogan erano nuovamente peggiorate.
Jones affrontò la situazione con la sua solita razionalità, non si trovò impreparato di fronte a quella crisi. Già in altri pazienti aveva diagnosticato una bronchite sviluppata dopo l’esposizione al cloro.
Finn era un caso abbastanza grave, il tempo di quiescenza tra il suo risveglio e la comparsa dell’infiammazione era stato particolarmente breve.
Il ragazzo riprese ad ansimare e tossire, sputando grumi di sangue.
Il dottore afferrò il suo polso, il battito era rapido e accelerato, la sua pelle scottava, aveva la febbre alta.
Poco dopo il paziente iniziò a delirare, si rigirava tra le coperte, urlando e farneticando.
Jones tentò di trattenerlo, alla fine fu costretto a ricorrere alla morfina per calmarlo. 
 
Il giorno seguente il medico tornò a far visita a Finn, fu sollevato nel constatare che la situazione era migliorata. La sua condizione era tornata stabile, il malato non soffriva più a causa della febbre.
Le crisi si verificavano con meno frequenza, durante gli attacchi di dispnea il dottor Jones trattava il paziente con iniezioni di atropina, la terapia sembrava avere effetto.
 
Il sergente Redmond raggiunse l’ospedale in preda all’ansia e alla preoccupazione. Nemmeno le parole speranzose del dottor Jones riuscirono a rassicurarlo.
«Il soldato Coogan non è più in pericolo di vita, le sue condizioni sono stabili al momento»
«Posso fargli visita?»
Egli negò: «non adesso, sta dormendo»
«Per favore, voglio solo vederlo» insistette Redmond.
Jones sospirò: «d’accordo, ma faccia attenzione, qui i pazienti hanno bisogno di riposare»
Il sottufficiale si allontanò senza nemmeno ascoltare le sue raccomandazioni.
Redmond raggiunse una piccola stanza, quattro brande erano poggiate alla parete. L’ultima, quella più vicina alla finestra, ospitava il giovane attendente.
Finn era addormentato, il suo respiro era ancora irregolare. Erano evidenti i segni di astenia, ma pian piano il suo volto pallido stava riprendendo colore.
Il sergente ripensò ai recenti eventi dell’ultima battaglia. Nel momento in cui aveva visto il giovane soldato uscire dalle trincee aveva cercato di seguirlo, ma anch’egli era rimasto coinvolto nel feroce scontro con il nemico. Si era avventurato nella terra di nessuno per cercare di riportare il ragazzo al sicuro, ma era giunto troppo tardi. L’aveva trovato sul fondo di un cratere, privo di sensi in una nube di gas.
Il sergente era rimasto colpito dal suo gesto tanto coraggioso quanto sconsiderato, aveva intuito facilmente le ragioni che l’avevano spinto ad agire in quel modo. Finn soffriva profondamente per la mancanza del tenente. Egli era un buon soldato, ma ancora inesperto. Si era lasciato sopraffare dai sentimenti, e alla fine per reagire a quel dolore aveva commesso un atto impulsivo e irresponsabile.
Redmond non poté ritenerlo completamente colpevole, nonostante tutto era soltanto un ragazzo.
Il sottufficiale rimase accanto al ferito in attesa del suo risveglio. Quel giovane aveva bisogno di qualcuno in quel momento difficile, in fondo però sapeva che soltanto il tenente Green avrebbe potuto rassicurarlo.  
 
***

Il tenente Spengler era stato costretto a rinunciare al suo interrogatorio, dopo l’ennesimo fallimento il maggiore Meyer aveva stabilito che esistevano altre questioni più urgenti di cui occuparsi.
August aveva deciso di rispettare sia la decisione del suo comandante che l’invidiabile stoicismo dell’avversario.
Le truppe tedesche avevano iniziato la ritirata per rafforzare le linee di difesa lungo la linea Siegfried, il tenente Spengler ricevette l’ordine di abbandonare il suo avamposto.
L’ufficiale aveva meditato a lungo sulla questione, l’esercito tedesco aveva perso in breve tempo le terre conquistate dopo l’ultima offensiva.
A causa di queste nuove preoccupazioni Spengler provò un certo sollievo nel pensare che presto la sorte del prigioniero non sarebbe più stata una sua responsabilità.  
 
Richard uscì in strada accompagnato da due guardie che lo strattonarono con ben poca delicatezza. Il tenente Spengler camminava davanti a lui, aveva un’aria più cupa e ansiosa del solito. L’ufficiale britannico si guardò intorno, tra le rovine del villaggio notò alcuni soldati ammassati sul retro di un autocarro ed altri che invece marciavano in silenzio. Le truppe si stavano mobilitando per abbandonare la prima linea.
La stazione distava a circa venti minuti dal paese, un piccolo edificio in mattoni risaltava in quell’arido deserto. La locomotiva sbuffò liberando una nube di fumo e vapore.
Richard esitò, i soldati furono costretti a trascinarlo a forza all’interno del vagone.
L’ufficiale fu fatto sedere su una panca di legno, le guardie che avevano l’ordine di sorvegliarlo restarono in piedi accanto a lui. Tutti i soldati in quel vagone erano vigili e attenti, la presenza di un prigioniero aveva generato una certa irrequietezza.
Il tenente Spengler si posizionò davanti a lui: «le terrò compagnia finché non raggiungeremo le retrovie, poi lei si unirà ad un convoglio di altri prigionieri»
Richard rivolse lo sguardo al finestrino, in lontananza poteva scorgere il fronte, ogni sua salvezza ormai era svanita.
 
August osservò il tenente Green, nonostante tutto l’ufficiale britannico non aveva perso la sua compostezza e la propria risolutezza. Pur essendo consapevole del suo imminente destino era deciso ad affrontare la prigionia con dignità.
Spengler ammirava la sua determinazione, non era certo che nelle sue condizioni sarebbe riuscito a trovare la sua stessa forza d’animo. D’altra parte era nei momenti più difficili che si mostrava il vero animo di una persona.
«Probabilmente non le importa la mia opinione, ma credo che lei abbia agito in modo leale e corretto. Sicuramente ha reso orgogliosi i suoi uomini»
Green fu sorpreso da quelle parole.
Il tenente bavarese offrì una sigaretta al prigioniero, Richard accettò per gentilezza. 
Spengler ripose l’accendino nel taschino della giacca, il suo sguardo rimase fisso sull’avversario, con aria pensierosa espirò una nuvola di fumo.
Richard abbassò la guardia, non sentiva più il bisogno di mostrarsi così diffidente. Tra i due si era creato un rapporto di fiducia, nonostante tutto non provava rancore nei suoi confronti.
August distese le labbra in una sorta di sorriso e commentò con tono ironico.
«Se non fosse stato per la guerra avremmo potuto andare d’accordo, non crede?»
Green rimase in silenzio, per quanto assurdo, in quel momento una parte di sé avrebbe potuto concordare con quell’affermazione apparentemente irriverente.
 
Il viaggio si prospettava più lungo del previsto a causa delle numerose soste e dei frequenti problemi meccanici incontrati lungo il percorso.
Era da poco passata la mezzanotte quando Richard fu svegliato da un forte rombo che sempre più intensamente sovrastò il ritmico rumore del treno in corsa. Un bombardiere britannico sorvolò la vallata, superò la ferrovia, poi con una manovra tornò indietro. Il pilota aveva adocchiato il suo obiettivo, così scese di quota e sganciò la sua bomba sulle rotaie.
Il veicolo fu colpito dall’esplosione, la locomotiva fu sbalzata a lato dei binari, il treno si rigirò su un fianco, scivolando lungo la scarpata.
Il tenente Green si ritrovò disteso tra i rottami, il suo vagone si era staccato dal convoglio. Nell’oscurità vide la locomotiva in fiamme, poteva udire grida d’aiuto e i lamenti dei feriti.
Richard si riprese tra il fumo e la polvere, tentò di muoversi, ma qualcosa lo bloccò. La sua gamba era rimasta incastrata tra le lamiere. Con grande sforzo strinse i denti e sopportò il dolore, dopo alcuni tentativi riuscì ad estrarre l’arto da quella trappola di metallo, sotto al ginocchio i pantaloni della divisa erano macchiati di sangue. A fatica si rialzò in piedi, sorreggendosi sulla gamba sana.
Poco distante Spengler giaceva disteso sulla schiena con una profonda ferita nel fianco destro. Le sue condizioni erano gravi, ma l’uomo era ancora cosciente e lentamente stava tornando in sé.
Green pensò rapidamente, quella era la sua unica occasione di fuga.
Approfittando di quel momento di panico e confusione Richard si allontanò tra il fumo e le fiamme.
August riuscì a rialzarsi fino a sedersi, notò il fuggitivo ed istintivamente estrasse la pistola. Aveva ancora la vista offuscata, un rivolo di sangue scese dalla sua tempia, nonostante ciò il suo era un obiettivo semplice. L’inglese si muoveva lentamente, zoppicando e arrancando tra le rovine metalliche.
Spengler sfiorò il grilletto, rimase in quella posizione, il tempo sembrava essersi fermato. Continuò ad esitare, mantenendo la Mauser puntata senza sparare nemmeno un colpo.
Restò immobile mentre osservava il nemico sempre più distante.
Alla fine abbassò il braccio, il dolore al fianco lo costrinse ad accasciarsi nuovamente al suolo. L’ultima immagine che vide prima di perdere i sensi fu un’ombra inghiottita dalle tenebre.
 
***

Richard si guardò alle spalle, le rotaie erano scomparse dietro alla collina. Proseguì annaspando tra i campi incolti, la luce argentea della luna illuminava il suo cammino. La campagna era deserta, era circondato soltanto dal silenzio.
L’ufficiale tentò di allontanarsi il più possibile, ma avvertiva che le forze lo stavano abbandonando. Ormai stremato si aggrappò al tronco di un albero, accasciandosi a terra poco dopo. Aveva bisogno di fermarsi per riposare. Richard era certo che la sua situazione non potesse peggiorare. Era ferito e disarmato in territorio nemico, in ogni caso non aveva molte possibilità.
Il tenente socchiuse gli occhi, in quello stato di semi-coscienza udì il rumore di alcuni passi, ma pensò che fosse solo la sua immaginazione. Così ignorò la questione, cedendo definitivamente alla stanchezza.
 
Quando si risvegliò Richard si ritrovò in un luogo sconosciuto. A stento riuscì a distinguere le forme poiché la vista era ancora annebbiata. Soltanto dopo qualche istante si abituò alla luce, scoprendo di trovarsi all’interno di un capanno di legno. Era disteso su un discreto giaciglio di paglia, qualcuno aveva provveduto a prendersi cura di lui e delle sue ferite.
All’improvviso avvertì una voce femminile.
«Signore…riesce a sentirmi?»
Egli voltò leggermente la testa, al suo fianco si trovava una graziosa ragazza con una lunga treccia castana e grandi occhi nocciola. Indossava un semplice abito da contadina, le maniche erano arrotolate sui gomiti, la gonna scura e spiegazzata era coperta da un vecchio grembiule ingiallito.
Il suo volto appariva dolce e innocente, nel suo sguardo spento però poteva scorgere la sofferenza e il dolore della guerra.
Richard inizialmente faticò a comprendere le sue parole, un po’ perché i suoi sensi percepivano ancora in modo ovattato, e un po’ perché il dialetto della zona non era come il francese che aveva studiato a scuola.
«Finalmente si è svegliato, è rimasto incosciente per tanto tempo...temevo che fosse troppo tardi»
L’ufficiale tentò di parlare, ma dalla sua gola secca uscirono solo mormorii strozzati.
La ragazza gli porse dell’acqua.
«Mio padre l’ha trovata vicino al bosco, qui è al sicuro» disse per calmarlo.
Il tenente era ancora confuso: «dove mi trovo?»
«In una fattoria vicino al villaggio di Housset»
«Il fronte non è molto lontano»
La giovane esternò la sua preoccupazione: «non può riprendere il cammino in queste condizioni, ha bisogno di riposare e recuperare le forze»
Richard scosse la testa: «non voglio creare problemi a te e a tuo padre»
«Non si preoccupi, siamo onorati di poterla aiutare»
Il tenente avrebbe voluto replicare, ma la testa iniziò a pulsare dal dolore. Si distese nuovamente sul suo giaciglio con una smorfia sofferente.
«Non si sforzi, pensi a riposare adesso»
 
Rimasto solo Richard ripensò all’accaduto. Ricordava solo immagini frammentate, alterate dalle sue percezioni. Un particolare però era rimasto impresso nella sua mente, ovvero il tenente Spengler che gli puntava contro la sua pistola. Non riusciva a capire per quale motivo l’ufficiale tedesco avesse scelto di risparmiarlo, sicuramente se avesse deciso di sparare non avrebbe mancato il suo bersaglio.
Il tenente suppose che la sua azione fosse stata influenzata dal loro implicito accordo di lealtà e fiducia, ma quel gesto d’umanità andava oltre tutto ciò. L’ufficiale tedesco si era rifiutato di compiere il suo dovere per salvargli la vita.
Al termine di quelle riflessioni non poté evitare di pensare a Finn. Richard non aveva mai smesso di preoccuparsi per il suo attendente per tutto quel tempo.
In quel momento avrebbe desiderato stringere Finn tra le sue braccia, accarezzare i delicati lineamenti del suo volto, passare le dita tra i suoi ricci biondi e perdersi nei suoi profondi occhi azzurri. Richard cercò conforto in quei ricordi, ma quelle illusioni svanirono in fretta.
Il tenente tornò tristemente alla realtà, non sapeva se avrebbe mai più rivisto il suo amato, ma in ogni caso avrebbe fatto tutto il possibile per tornare da lui.
 
Al tramonto la ragazza tornò nel capanno per controllare le condizioni del ferito. Fu lieta di trovare l’inglese in buone condizioni, il suo volto non era più cereo, i suoi occhi non brillavano più a causa della febbre.
«Vedo che si sente meglio. Le ho portato qualcosa da mangiare» disse con un benevolo sorriso.
Richard strinse tra le mani la ciotola colma di minestra, un pasto caldo era sempre un dono prezioso.
La giovane si soffermò ad osservare con curiosità la sua divisa.
«Lei è un ufficiale?» chiese timidamente.
Egli annuì, solo in quel momento si accorse di non essersi nemmeno presentato a quella donna.
«Sono il tenente Richard Green»
«Io mi chiamo Yvette»
Richard rispose con un cortese sorriso, poi il suo sguardo tornò ad incupirsi.
«Come mai si trova in territorio nemico?»
«Ero prigioniero dei tedeschi, l’altra notte sono riuscito a fuggire» rispose vagamente.
La ragazza sistemò la fasciatura sulla sua gamba: «che cosa le è successo?»
«Be’, in un certo senso si è trattato di un incidente ferroviario»
«È una brutta ferita» commentò con apprensione.
«In questi anni ho affrontato anche di peggio»
Yvette abbassò lo sguardo, nel momento in cui aveva medicato le sue ferite aveva notato le profonde cicatrici sul suo corpo.
«Deve essere stato terribile…»
Richard tornò a meditare sulla sua situazione.
«Devo raggiungere il fronte al più presto»
«Dopo tutto quello che ha passato perché è così ansioso di tornare a combattere?»
«Non potrei mai abbandonare i miei compagni. Devo tornare dai miei uomini»
La ragazza passò un panno umido sulla sua fronte.
«La strada verso ovest non è più agibile, i tedeschi hanno fatto crollare il ponte»
«Troverò un altro modo per raggiungere il confine»
Yvette fu colpita dalla sua determinazione.  
«Dovrà seguire il sentiero per Housset e attraversare il bosco per arrivare al fiume. Dovrà fare attenzione per non perdersi, non troverà molti punti di riferimento. L’intero villaggio è stato distrutto dai bombardamenti. Dopo l’ultimo scontro non è rimasto più nulla. Alcuni abitanti sono fuggiti prima della battaglia, poi anche i pochi sopravvissuti sono stati costretti ad andarsene…»
Richard ascoltò con attenzione quella triste testimonianza.
«I tedeschi soffrivano la fame come noi, i soldati venivano spesso alla fattoria per comprare latte e uova, ogni volta erano sempre più magri e deperiti…nonostante tutto ho provato pietà per loro, molti erano soltanto ragazzi»
«Da quanto tempo si sono ritirati?»
«Non più di una settimana»
«Dunque gli inglesi sono riusciti a recuperare terreno…» constatò con aria pensierosa.
«Si tratta di una conquista importante?» chiese speranzosa.
Richard fu sorpreso dalla sua ingenuità: «temo di no, il nemico si sta preparando per il contrattacco»
Yvette tornò tristemente alla realtà.
«A volte penso che neanche la pace potrebbe cambiare le cose. La guerra ha distrutto tutto, non ci è rimasto più nulla. Come potremo trovare la forza di ricominciare?»
Richard tentò di rassicurare quella giovane così fragile e impaurita.
«Sarà difficile, di certo niente potrà tornare come prima, ma…è la speranza di pace che infonde nei cuori dei soldati la forza per continuare a combattere»
La ragazza trovò conforto in quelle parole, nonostante tutto finché c’era vita c’era speranza.
«È così anche per lei?»
Il tenente sospirò: «a dire il vero non amo pensare al futuro»
«Per quale motivo?»
«È complicato…se non si ha più nulla da perdere si è pronti ad accettare qualunque destino, invece quando si trova una ragione di vita si cerca solo di non lasciarsi sfuggire nemmeno un istante del presente. Il domani rimane solo un’incognita»
Yvette non era certa di aver compreso il discorso del tenente, ma poté intuire che tutto ciò fosse una sorta di protezione. Per un soldato era normale avere paura del futuro, poiché non poteva avere alcuna certezza.
Richard si distese sul pagliericcio, lentamente la stanchezza prese il sopravvento. Egli richiuse gli occhi e pian piano si addormentò.
La ragazza restò al suo fianco, si sentì rassicurata in sua presenza. La solitudine e l’incertezza della guerra l’avevano costretta a vivere nella paura, ma per la prima volta dopo tanto tempo aveva trovato un po’ di conforto.
Yvette sfiorò la fronte del tenente per assicurarsi che la febbre non fosse troppo alta, la sua mano scivolò sul suo viso con una lieve carezza. Inevitabilmente si porse domande sull’identità di quell’uomo che ai suoi occhi restava solamente un intrigante e affascinante straniero.
La giovane si riprese da quelle fantasie, prima di spegnere la candela diede un ultimo sguardo al volto del tenente. Aveva fiducia in quell’ufficiale britannico, in lui vedeva un messaggero di speranza.
 
Il mattino seguente Yvette si preoccupò di preparare la colazione per il suo ospite. Quando rientrò nel capanno si sorprese nel trovare il giaciglio vuoto.
Il tenente si trovava in piedi accanto alla porta, era ben vestito nella sua uniforme, con lo zaino poggiato accanto alla parete.
«Prima di partire volevo ringraziarti»
La ragazza assunse un’espressione preoccupata.
«È ancora presto, lei è troppo debole per affrontare il cammino» disse tentando di opporsi alla sua decisione.
Richard rimase impassibile.
«Ho già atteso anche troppo, i miei uomini hanno bisogno di me»
Yvette comprese le sue ragioni, avrebbe desiderato trascorrere ancora del tempo con lui, la sua presenza le aveva donato una confortante sensazione di sicurezza. In fondo però sapeva che egli era destinato a compiere il suo dovere al fronte.
«Spero che lei riesca a tornare dai suoi compagni»
L’ufficiale notò un velo di delusione nel suo sguardo.
La giovane sistemò la fasciatura stringendo delicatamente il suo fazzoletto intorno al braccio dell’ufficiale.
«Buona fortuna tenente»
Richard si limitò a congedarsi con un lieve cenno, poi voltò le spalle e si allontanò, avviandosi lungo il sentiero.
Yvette rimase sulla soglia, poggiandosi allo stipite di legno, provò una strana inquietudine per quella separazione, quell’incontro, per quanto breve, non l’aveva lasciata indifferente.
La ragazza continuò a seguire con lo sguardo la figura del soldato, finché anche la sua ombra non scomparve all’orizzonte.
 
***

Richard raggiunse i margini del villaggio, Yvette aveva detto la verità, in quel luogo non era rimasto un mattone sopra l’altro. Il paese era disabitato, ovunque regnava un silenzio irreale, ciò aumentò ulteriormente la profonda sensazione di abbandono. L’unico suono proveniva dall’eco dei suoi passi.
Vagando per le strade deserte trovò soltanto abitazioni abbandonate e ridotte in rovine. Dopo gli ultimi scontri quel luogo era diventato irriconoscibile, non era rimasto più nulla, l’intero paese era stato raso al suolo dai bombardamenti.
Gli ammassi di legno e macerie sembravano denotare una distruzione recente. Le strade erano cosparse di oggetti comuni, si potevano individuare utensili, vestiti, mobili e persino libri o quadri bruciacchiati.
Nella polvere scorse anche dei cadaveri. Il tenente si avvicinò ai resti di un soldato, esitò qualche istante, poi si chinò afferrando il suo fucile. Non aveva molta pratica con le armi tedesche, ma almeno in caso di necessità avrebbe potuto difendersi.
Si chinò nuovamente sulla salma e cercò nelle tasche di quel povero malcapitato per recuperare il maggior numero munizioni. In altre condizioni avrebbe sicuramente mostrato più rispetto per il nemico, ma in quel momento non aveva altra scelta.
 
Il bosco era prevalentemente scomparso, al suo posto restavano soltanto ceppi bruciati ed alberi abbattuti dalle esplosioni. Il sentiero era disseminato di buche e crateri, sarebbe stato impossibile attraversare quel groviglio di rami contorti senza perdersi.
Richard decise di aggirare l’ostacolo, avrebbe allungato il suo percorso, ma almeno avrebbe evitato di restare intrappolato in quel labirinto. 
Il tenente riprese a zoppicare nel fango, cercava di soffrire in silenzio, ma il suo volto spossato mostrava a pieno la fatica.
Ad un tratto avvertì un suono familiare, riconobbe il rumore degli zoccoli che battevano sul terreno. Inizialmente pensò ad un’illusione, ma quella percezione divenne sempre più nitida. Richard si allontanò dal sentiero per controllare, poco distante in una piccola radura scorse un cavallo che si abbeverava in una pozzanghera. L’animale era solo, probabilmente il suo cavaliere era andato incontro ad un triste destino, così il destriero aveva continuato a vagare senza meta.
Green mosse ancora qualche passo, il cavallo si lasciò avvicinare senza mostrare alcun segno di irrequietezza. Si trattava di un giovane esemplare dal manto bruno e la criniera scura.
Il tenente accarezzò il muso dell’animale, non sembrava né denutrito né troppo affaticato, dunque non doveva aver percorso troppa strada. Richard riconobbe l’equipaggiamento britannico, probabilmente doveva esserci un accampamento nelle vicinanze, il problema sarebbe stato seguire la giusta direzione.
Il tenente montò faticosamente in sella, le fitte alla gamba erano ancora dolorose.
Quel cavallo era ignaro di aver appena salvato la vita dell’ufficiale, eppure sembrava comprendere il suo dovere. Senza opporre alcuna resistenza obbedì ai comandi di Richard, come un buon soldato.
Il tenente prese un profondo respiro, il sole stava tramontando, non gli restava molto tempo prima dell’avvento dell’oscurità. 
 



Nota dell’autrice
Ringrazio di cuore tutti coloro che stanno continuando a seguire questo racconto.
Un ringraziamento speciale ai cari recensori per il prezioso supporto^^
   
 
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