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Autore: Malia_    18/08/2009    21 recensioni
Noia.. come ogni lunedì mi ritrovai a braccia conserte sul banco dell’aula di spagnolo. E come ogni giorno, ogni lentissimo giorno, mi sentii trasportare da quei sentimenti di disgusto verso il mondo circostante. Monotonia..Le mie mattinate? Cadenzate da ritmi “normali”, immobili, o forse il termine adatto poteva essere, sì.. “privi di senso”.. la scuola era probabilmente il luogo della mia eterna sopportazione perenne.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Siamo giunti al momento più aspettatodi tutta la storia... io non so se vi piacerà o meno, ma lo spero vivamente. Io ci ho messo tutto l'impegno possibile. Sono sempre 8 pagine, nel prossimo ne avrete addirittura 11, ripeto se non vi va, se ritenete che siano troppi, ditemelo, perchp diminuirò. Non c'è alcun problema, questa volta l'ho fatto per non spezzare troppo. Vi lascio alla lettura, credo sia inutile parlare. Un bacione e grazie a tutte per i commenti!!! Malia (Non mi metto a scherzare sono troppo ansiosa per questo capitolo... mamma mia).

Radura.

Trattenni il respiro e mi immersi nella luce accecante del sole di mezzogiorno. Non riuscii a distogliere lo sguardo dal suo e sentii il mio corpo invaso da un sottile calore. Tremai e mi avvicinai lento nell’erba tra i rumori naturali e piacevoli della radura. I suoi occhi sgranati e la mano tremante di fronte alla bocca mi fecero capire che non c’era bisogno di parole, l’emozione tra noi era tangibile. Non fiatai e distolsi lo sguardo alzando il viso e facendolo illuminare dal sole. Chiusi lentamente le palpebre e mi fermai per qualche secondo cercando di non agitarmi. Il vento mi scompigliò i capelli e la radura soleggiata sembrò scomparire. Il silenzio tutto intorno a me divenne meraviglia e percepii il respiro ansimante di Bella che lento e inesorabile accelerava come i battiti del suo cuore. Cominciai a cantare beandomi del calore che invadeva il mio corpo, piano, senza farmi udire, mossi impercettibilmente le labbra, pronunciando le note della sua ninna nanna che riuscirono a calmare subito il mio nervosismo.
- Stai cantando?-. Bisbigliò piano, la voce strozzata, il cuore veloce.
- Sì, ma non puoi sentirmi-. Mormorai fingendo una calma che non provavo affatto.
- Ma vorrei-. Sussurrò impaurita rimanendo immobile. Mi emozionai, quelle parole sussurrate con ingenuità, senza malizia, mi afferrarono nel profondo e tremai. Erano troppe e troppo forti le emozioni che rischiavano di farmi perdere me stesso. Respirai piano ricordando la mia promessa.
Riaprii lentamente le palpebre e le sorrisi timido, ma lei non accennò a muoversi, rigida, il volto meravigliato e stupito. Non volevo spaventarla. Piano si avvicinò a me e io rimasi fermo, immobile, sperando che il suo profumo non mi colpisse. Non si mosse, né mi toccò, rimase imbarazzata a pochi centimetri da me. Senza pensare portai le mie dita alla camicia sbottonandola e la vidi arrossire intensamente. Il mio torace nudo brillò come il resto del mio corpo, piccoli diamanti luccicanti, la mia pelle brillava sotto la luce. Mi sedetti nell’erba guardandola negli occhi e mi rilassai stendendomi e chiudendo nuovamente le palpebre. La sentii sedersi a poca distanza da me, ma non si stese, rimase immobile a fissarmi, le ginocchia al petto, come se fossi una cosa sacra e non un mostro. Percepii il suo sguardo curioso sul mio corpo e rabbrividii.
- Continui a cantare?-. Sorrisi a quella domanda. Sì, stavo ancora canticchiando la sua ninna nanna. In alcun modo riuscivo a calmarmi e avevo bisogno di distendere la mente. Percepivo il suo profumo e il suo odore forte, ma non così tanto da farmi provare dolore e ansia, almeno per ora. Il vento le scompigliava i capelli, ma in direzione contraria, non verso di me. Riuscivo a controllarmi ed ero sereno.
Presto sentii più intensa la sua fragranza e gemetti soffocato. Sulle mie mani percepii il tocco caldo delle sue dita e rabbrividii di piacere. Spalancai gli occhi incredulo e chinai il viso verso il suo ansimante. I nostri sguardi si incontrarono e in un attimo persi qualsiasi certezza avessi avuto fino a quel momento. “Bella…”. I suoi polpastrelli giocarono sulla mia pelle tracciando scie di desiderio e io ammutolii sentendo un groppo in gola. La tensione nel mio corpo salì a dismisura e la voglia di stringerla a me divenne insostenibile.
- Non ti faccio paura?-. Mormorai incuriosito sorridendole appena. Le sue dita continuavano ad accarezzare il mio polso e desideri segreti, mai provati prima, mi fecero deglutire stordito.
- Non più del solito-. Rispose distogliendo gli occhi e spostandosi più vicino a me.
Il mio sorriso si allargò e ridacchiai. Che cerbiattino curioso. La sua mano si fece più intraprendente e solleticò il mio avambraccio facendomi trattenere il respiro. Dio se era bello farmi toccare da lei. La sua carezza era gentile, tremante e io non resistetti alla tentazione di abbandonarmi e sentire il suo tocco. Tornai a rilassarmi e brividi di piacere mi corsero lungo la schiena fino al basso ventre. Trattenni il respiro cercando di controllare le reazioni inesperte del mio corpo.
- Ti dà fastidio?-. Si bloccò e io sospirai incredulo. Darmi fastidio… no, mi piaceva. Mi piaceva anche troppo.
- No- risposi lasciandomi trasportare da quelle carezze -Non hai idea di come mi senta-. Ero completamente frastornato da quelle sensazioni. Desideravo con tutte me stesso che non smettesse di accarezzarmi, che non avesse paura di me.
Con la sua piccola mano risalì lungo la venatura bluastra fino al gomito, mi sentii come se mille aghi mi stessero puntellando la carne, ma quel dolore era così piacevole che avrei potuto morirne. Socchiusi le palpebre e la vidi allungarsi sopra di me per afferrare l’altra mano. Tanto era il mio desiderio di sentirla che voltai il palmo velocemente, più del dovuto, facendola sussultare. Le dita che mi carezzavano l’avambraccio si bloccarono spaventate e spalancai gli occhi terrorizzato da quello che avevo fatto.
- Scusa-. Mormorai piano. La vidi scuotere il capo e lentamente richiusi le palpebre tentando di contenere i brividi che mi scuotevano. – E’ troppo facile essere me stesso insieme a te-. Le confessai di getto. Era vero, mi sentivo completamente a mio agio, non c’era l’ansia di dover portare una maschera, ero semplicemente io, Edward Cullen.
Accarezzò la mia mano, la prese nella sua e se la portò di fronte al viso. Potevo sentire l’alito caldo del suo respiro sulla mia pelle. Un vulcano di sensazioni esplosero dentro il mio corpo, percepivo la sue emozioni intensamente, il battito del suo cuore forte e veloce, i tremori che la scuotevano ad ogni carezza e mi sentii inerme di fronte ai sentimenti che il mio cuore stava provando. Affetto, tenerezza, desiderio e voglia di lei, tanta, troppa voglia di farla mia e far parte per sempre della sua vita.
- Dimmi cosa pensi-. Le domandai improvvisamente preso dall’ansia. Era così sfuggente, illeggibile per me e non aveva più parlato da qualche minuto, rimanendo in religioso silenzio. – Mi sembra così strano non riuscire a capirlo-. Moderai il mio tono agitato e aspettai che rispondesse. E se avesse avuto paura di me? Delle mie reazioni?
- Noi comuni mortali ci sentiamo sempre così sai?-. Il sorriso leggero che aleggiò sulle sue labbra non mi convinse. Continuava a tremare e le sue mani arrivarono sulla muscolatura del mio braccio facendomi rabbrividire di piacere. I nostri sguardi erano ora persi l’uno nell’altra e trattenni il respiro quando sentii la mia pelle irrigidirsi e vibrare sotto le sue carezze. “Oddio…”.
- Che vita dura-. Commentai nervoso. Non conoscere ciò che stava succedendo dentro di me non riusciva a rendermi abbastanza consapevole delle reazioni del mio corpo, questo mi atterriva, mi schiacciava, ma allo stesso tempo risvegliava la parte più umana e nascosta del mio essere – Non hai risposto-. Le ricordai allora, notando il cambiamento improvviso di argomento. Ne ero sicuro, non voleva rispondermi.
Rimanemmo ancora in silenzio e mi accorsi di non riuscire a sopportare quei momenti di nulla tra di noi.
- Mi chiedevo che cosa stessi pensando tu e…-. Si fermò di scatto mordicchiandosi le labbra e guardando altrove. Aggrottai la fronte preoccupato e mi spaventai.
- E?-. Nascosi il timore nella mia voce. Mi resi conto che non mi sarebbe bastato leggere nella sua mente, avrei voluto saper leggere e capire la sua anima, ogni più piccola parte di lei. Era così sfuggente, così lontana da me in quel momento. Cosa stava pensando?
- E desideravo poter credere che tu fossi vero. E mi auguravo di non avere paura-. Sgranai gli occhi quando il senso delle sue parole mi colpì. Voleva che fossi reale, che non sparissi, mi voleva nella sua vita. Ma… aveva paura di me, del mostro e dell’animale che ero. Mi sentii morire e una voragine si formò nel mio petto, lasciando un vuoto doloroso e incolmabile.
- Non voglio che tu abbia paura-. Sibilai debole. Qualsiasi cosa, ma non quello. Non le avrei mai fatto del male, avrei preferito uccidere me stesso che farla soffrire in qualche modo. Non doveva temere, non c’era nulla da temere.
- Be', non è esattamente quella la paura che intendevo, malgrado sia un aspetto da non trascurare-. Mormorò enigmatica lasciandomi di sasso. Cosa voleva dire? Mi sedetti di scatto facendo leva sul braccio destro e lasciando una mia mano tra le sue. I nostri corpi ora si sfioravano, sentivo il suo seno respirare sul mio torace, il profumo dei suoi capelli inondarmi il viso e la dolcezza della sua fragranza stordirmi. Troppo vicini… avevo cercato quel contatto dimenticandomi di ogni cosa. Le nostre labbra si sfiorarono, nessuno dei due si mosse, immobili deglutimmo e sfiorai la sua bocca avido di sentirne il sapore. Fuoco e ghiaccio si alternavano dentro la mia anima di vampiro, la salivazione aumentò e il veleno mi impastò la lingua. Solo un bacio, in fondo cos’era un bacio… non riuscii a staccare i miei occhi dai suoi, occhi nocciola, sinceri, miei.
- E allora, di cosa hai paura…-. La mia voce  bassa e roca la fece gemere piano. Impazzii di fronte al desiderio che aleggiò tra noi, impossibile da nascondere.
Lentamente la guardai chiudere le palpebre ed avvicinarsi al mio collo per annusarmi. Lo sfiorò con il naso… la sua pelle calda, contro la mia gelida… In un attimo il suo odore mi schiaffeggiò serrandomi lo stomaco. “No...”. Sentii prepotente la voglia di stenderla a terra e affondare i miei canini nella sua carne fragrante, bearmi del suo sangue, ma prima che potessi terminare di formulare quel pensiero fuggii lontano, nascondendomi all’ombra di un abete poco distante per salvarla dai miei stessi desideri. Dovevo respirare, prendere aria, il bisogno di fare l’amore con lei e quello di saziarmi del suo nettare si confusero e mi lasciarono completamente debole e disarmato.
- Mi… mi… mi dispiace… Edward-. Balbettò fissandomi sorpresa e addolorata. Cercò di decifrare la mia espressione, ma rimasi rigido e imperscrutabile. Non volevo si spaventasse. La sua voce era stato un sussurro di dolore intenso che mi aveva lacerato l’anima. Non poteva sapere quanto io desiderassi un contatto profondo con lei, quanto lo volessi, eppure non potevo confidarle che avevo paura di me stesso, l’avrei soltanto fatta fuggire da me.
- Dammi solo un momento-. Ansimai tentando di riprendermi. Mi sentivo ancora stordito e il desiderio del suo sangue era nuovamente controllabile. Non quello di lei però… questo mi sconvolse facendomi sentire un idiota. Non distolsi lo sguardo dal suo neanche per un momento. Volevo guardare i suoi occhi per cercare di decifrare ogni suo più piccolo sentimento, emozione. Presi due respiri profondi e le sorrisi.
- Mi dispiace tanto. Capiresti cosa intendo se ti dicessi che la carne è debole?-. Non sapevo quale senso dare alle mie parole. Certamente non era solo la fame di lei a farmi cedere in quel modo. Era una tentazione continua, ma confusa. Desiderio e sete erano così forti che spesso non riuscivo a distinguerli.
Annuì seria. I nostri occhi incatenati si persero ancora nel bisogno che sentivamo l’uno per l’altra. Non riuscivo a comprendere perché fosse così impossibile per me fare a meno di lei. Tutto quel bisogno, tutta quell’ansia… e Dio, se non ce l’avessi fatta, se non avessi resistito, potevo pensarci. Quello sguardo nocciola mi dava fiducia, mi seduceva e mi lasciava senza fiato. Mi arrabbiai, non doveva donarmi la sua vita così, non doveva lasciarsi andare, abbandonarsi a quelle sensazioni. Io non ero veramente perfetto come lei credeva, io ero un mostro, un animale. Sorrisi in modo sarcastico e Bella sussultò sorpresa dalla mia reazione.
- Sono il miglior predatore del mondo, no? Tutto, di me, ti attrae: la voce, il viso, persino l'odore. Come se ce ne fosse bisogno!-. Gridai disperato, sperando che capisse. “Odiami…”. Dentro di me il dolore prese il sopravvento. Non avrebbe mai potuto scappare, io avevo deciso che doveva essere mia, la tenevo in catene. Scattai di lato spostandomi e correndo per tutto il perimetro della radura. Un groppo mi chiudeva la gola, senza respiro mi resi conto di non capire più nulla, né di volerlo fare, volevo solo mostrarle ciò che ero. Mi osservò spaesata cercandomi e io mi lasciai che i suoi occhi tornassero su di me ancora, proprio sotto lo stesso abete dove poco prima mi ero nascosto. Lessi angoscia in lei. “Amami Bella”.
- Come se tu potessi fuggire!-. Le urlai contro tutta la mia rabbia per avermi fatto tornare in vita, per avermi insegnato l’amore. Ero un vampiro, non un uomo, ero una bestia… risi malignamente guardandola tremare di timore.
Sradicai furioso un ramo dall’albero, lungo abbastanza, e lo lanciai lontano, i canini ben in vista, lo sguardo iniettato di sangue. Stavo perdendo me stesso e il mio controllo, il suo profumo stava tornando ad eccitarmi i sensi più del dovuto. Ma ero stanco, cominciavo ad essere esausto. “Ora lo capisci?”.
Fui su di lei, vivo, nudo, senza difese, arrabbiato e crudele. Di nuovo i nostri respiri si fusero, ancora la passione divampò e io ringhiai in preda alla disperazione più assoluta. “Ti amo…”. La fissai triste e la desiderai così intensamente da rimanerne per sempre ferito. Entrò dentro di me come una cicatrice e compresi che mai, mai, per nessuno motivo al mondo avrei ceduto. L’amore era più forte di qualsiasi violenza, il sentimento che provavo per quella piccola umana andava oltre i miei istinti di vampiro.
- Come se potessi combattere ad armi pari-. Ero distrutto da quelle emozioni, mi chinai in avanti cercandola, ma lei non si mosse, era terrorizzata dal mio atteggiamento. Vibrava di pura paura… mi maledissi e cercai di distogliere i miei occhi famelici ed eccitati da lei. Sapevo che cosa vi avrebbe letto: fame, sete, lussuria. “No…”. Ma non riuscii a controllarmi e lasciai che tutte le mie voglie più oscure strusciassero dentro di lei, nascondendo la mia umanità.
- Non avere paura-. La pregai, piegandomi in due, come dolorante. Avrei voluto che mi toccasse, che mi abbracciasse e mi consolasse. Volevo che il mio cuore potesse trovare quel rifugio che non aveva mai avuto. Avevo bisogno del mio amore eterno per vivere, di lei per sopravvivere. Non capii più nulla, l’unica sensazione che riuscivo a distinguere fu il terrore di poterla perdere.
- Prometto…- Singhiozzai dilaniato dalla sofferenza – Lo giuro…-. La mia voce era un sussurro angosciato e pieno d’amore. La fissai supplicante – giuro che non ti farò del male-. La stavo pregando, di nuovo in ginocchio di fronte a lei, piegato in due dalla sofferenza. Se fosse scappata veramente non avrei più saputo cosa fare della mia inutile esistenza.
- Non avere paura-. Mormorai ancora. Che senso avevano le mie parole se i miei occhi avevano espresso e probabilmente ancora esprimevano il male assoluto che si celava dentro di me? Poteva assopirsi, ma mai cancellarsi, e vicino a lei tutto era più difficile. Mi avvicinai lento, ancora, ancora, ancora, fino a sfiorare con le labbra il suo viso, le sue guance e Bella rimase immobile, rigida, come morta. Chiuse piano le palpebre, ma non si mosse… si fidava così tanto di me? Brividi di piacere ed eccitazione mi corsero lungo la schiena.
- Per favore perdonami-. Bisbigliai passando la mia bocca sul suo collo, sfiorando appena la vena che pulsava impazzita. - Sono capace di controllarmi. Mi hai preso in contropiede. Ma adesso sarò impeccabile-. Il tono calmo della mia voce, così fermo, mi stupì, dentro ero una miscellanea di pensieri impuri e paure, ma anche amore, tanto amore.
Rimasi in silenzio, ma lei non si mosse, paralizzata, le palpebre serrate, il respiro veloce, il cuore impazzito. Sperai che non mi odiasse per ciò che le avevo mostrato, non avrei potuto sopportare un suo sguardo sprezzante e pieno di disgusto.
- Sul serio, oggi non ho tanta sete-. Tentai di darmi un’aria sbarazzina e ironica. Spalancò le palpebre sorpresa e dubbiosa e io le strizzai un occhio, birichino, sperando che mi credesse. Ma tra di noi la voglia era palpabile…
Rise in modo stentato, quasi falso, solo per farmi piacere. Era debole, il terrore l’aveva resa fragile. Mi allontanai di poco e finalmente respirò.
- Stai bene?-. Le chiesi dolcemente. Quasi in segno di scuse allungai di nuovo la mano verso la sua. Volevo che la prendesse, che la toccasse, avrei resistito a qualunque tortura per farmi perdonare. Per un attimo abbassò lo sguardo e fissò le mie dita indecisa sul da farsi. Il silenzio saturò l’aria e io tremai. Quando si sciolse in un sorriso sentii la mia anima illuminarsi felice. Teneramente riprese ad accarezzare il mio braccio freddo e inerte. Seguii ogni riga della mia mano con i suoi polpastrelli. Resistere alla tentazione di stendermi sopra di lei e baciarla, accarezzarla era quasi impossibile. Mi sorrise timidamente e io mi sentii rinascere. Non mi odiava…
- Cosa stavamo dicendo, prima che mi comportassi in maniera così sgarbata?-. Le domandai tentando di calmare la mia voce e renderla rassicurante. Ottenni l’effetto opposto, avevo rasentato l’educazione tipica della mia epoca, ridacchiò arrossendo vistosamente.
- Sinceramente non me lo ricordo-. Rispose dolce. Sorrisi imbarazzato. Come poteva ricordarsi il nostro discorso quando l’avevo deliberatamente terrorizzata?
- Credo che stessimo parlando di ciò che ti mette paura, a parte le ragioni più ovvie-. Dissi allora sicuro. Ma pensai subito di aver toccato il tasto sbagliato, il suo rossore si fece più intenso e le sue labbra si serrarono vergognose.
- Ah, sì-. Sospirò tremante.
Non mi piaceva affatto la piega che stava prendendo quel discorso. Mi stava nascondendo qualcosa.
- Allora?-. Le chiesi, impaziente di sapere cosa le facesse paura. Non potevo credere che ci fosse qualcosa che la spaventasse più del mio essere vampiro, ero incredulo, pensai che l’avesse detto solamente per tranquillizzarmi.
Abbassò ancora lo sguardo sulla mia mano, continuando a toccare le mie dita, stuzzicandole e disegnando cerchi immaginari sulla mia pelle. I secondi passarono inesorabili… odiai nuovamente il silenzio e il vuoto fra noi. Pensai di aver rovinato tutto con il mio comportamento.
- Com’è è facile vanificare i miei sforzi-. Sussurrai triste. Se non mi fossi fatto prendere dai miei istinti, dalla rabbia per quel desiderio assurdo di stare con lei, forse il mio piccolo Bambi avrebbe parlato con me, si sarebbe confidata, invece di serrare le labbra e confondermi con i suoi atteggiamenti.
Abbassai il capo triste, ma lei avvicinò spaventata le ginocchia alle mie sfiorandomi dolcemente e mi guardò negli occhi angosciata scuotendo il capo. Di nuovo troppo vicini…
- Avevo paura perché... per, ecco, ovvi motivi, non posso stare con te. Ma d'altro canto vorrei stare con te molto, molto più del lecito-.
Non capii. Compresi che il suo desiderio di stare con me superava le sue paure e questo mi rese immensamente felice, ma non capii il senso di quello che stava cercando di dirmi. Il suo viso tornò a posarsi sulle nostre mani, ora intrecciate. Mi stringeva come se non avesse voluto lasciarmi andare mai. Risposi alla sua stretta strofinando il pollice sulla sua pelle morbida e tiepida.
-Sì. Non c'è dubbio, è una paura legittima, voler stare con me. È tutto fuorché una scelta vantaggiosa-. Parlai esprimendo un mio pensiero e tentando di afferrare il significato di ciò che aveva voluto intendere. Mi guardò accigliata e confusa e io continuai - Avrei dovuto lasciarti perdere tempo fa. Dovrei lasciarti, adesso. Ma non so se ci riuscirei-. Bisbigliai spaventato. Lessi la stessa paura nei suoi occhi. Si aggrappò inaspettatamente alla mia camicia e mormorò delle parole di dissenso disperata e angosciata dal pensiero che mi potessi allontanare da lei.
- Non voglio che tu mi lasci-. No, non l’avrei mai fatto. Non ci sarei mai riuscito, questa era la verità. Vivere senza la mia anima era qualcosa di impossibile. Bella era tutto quanto per me. Eppure sapevo che avrei dovuto farlo, per il bene di entrambi. Ammisi però che l’attrazione per lei era più forte di qualsiasi altra decisione. Mi maledissi, che animale…
- Il che è precisamente la migliore ragione per andarmene. Ma non preoccuparti, sono una creatura essenzialmente egoista. Desidero troppo la tua compagnia per comportarmi come dovrei-. Non era nient’altro che una stupida giustificazione, lo sapevo, era il mio essere uomo che la cercava, che la voleva vicino. Il vampiro la desiderava più di se stesso, ma allo stesso tempo la voleva lontana, per non cedere alla tentazione di tornare ad essere una bestia assetata di sangue umano.
- Ne sono lieta-. Sussurrò abbozzando un sorriso.
Gridai- Non esserlo!-. Ritirai le mani ancora furioso. Di nuovo quella fiducia, quell’abbandono. Possibile che non avesse compreso nemmeno dopo aver visto? I suoi occhi profondi espressero disappunto e io mi infuriai. “Cristo”. Non poteva non arrivarci. Era in continuo e costante pericolo al mio fianco, non poteva avere questa fiducia cieca, non doveva affidarsi a me come se fossi stata la sua unica ragione di vita, avrebbe incontrato la morte.
- Non è solo la tua compagnia che amo! Non dimenticarlo mai. Non dimenticare mai che sono più pericoloso per te che per chiunque altro-. Non riuscii a guardarla e fissai un punto lontano della foresta. Sospirai distrutto, non sapevo dove volevo arrivare. Desiderarla così intensamente non mi permetteva di credere lucidamente che per lei era solo un male starmi vicino, mi convincevo di poter proteggere il mio amore, quando ero proprio io la creatura che più la minacciava.
- Non credo di avere capito cosa intendi, specialmente l'ultima frase-. Si portò le dita tra i capelli torturandoseli nervosamente e io sorrisi. Già, come potevo spiegarle con parole povere quello che ogni volta provavo nello starle vicino senza terrorizzarla ulteriormente?
- Come faccio a spiegartelo senza metterti di nuovo paura... vediamo-. Sovrappensiero non mi accorsi di aver allungato entrambe le mani. Le afferrò senza dire nulla e le strinse contro di sé facendomi ammutolire. Guardai meravigliato le mie dita che toccavano la stoffa dei suoi jeans strette alle sue sul suo grembo. Era così calda, così tenera che mi confuse nuovamente le idee. Una nuova sensazione di piacere mi chiuse la bocca dello stomaco e mi incendiò le vene.
- E’ straordinariamente piacevole il calore-. Confessai senza pensare, sentendo l’adrenalina scorrere dal suo corpo al mio. Ogni parola tra noi ora avrebbe potuto scatenare una tempesta.
Tentai di ricordare cosa le stessi cercando di dire, parlai di qualcosa come i gusti delle persone, il gelato al cioccolato, il fatto che ognuno preferisse un sapore particolare, ma i miei pensieri erano inevitabilmente attratti e persi nel contatto con le sue gambe e con la sua pelle calda. Muoveva i suoi polpastrelli sul mio dorso stringendolo a sé come se fosse indispensabile sentire le mie mani sul suo corpo. Era doloroso, ma dannatamente eccitante.
- Vedi, ogni persona ha un suo odore, un'essenza particolare-. “E la tua mi fa impazzire”. Avrei voluto dirle soffocando le sue labbra con un bacio. Ma continuai a spiegarle con pazienza tentando di farle capire, era importante che comprendesse cosa provassi nei suoi confronti, anche se non era pienamente la verità.
Continuammo a guardarci negli occhi per tutto il tempo in cui parlai, mi persi nel color nocciola del suo sguardo. Probabilmente non capì nulla di ciò che stavo dicendo e nemmeno io. Ridacchiammo imbarazzati. Rimase un attimo interdetta quando terminai il mio sproloquio e poi mi rispose incuriosita.
-Cioè, vorresti dirmi che sono la tua qualità preferita di eroina?-. Tremai. Lo era, anzi era molto di più. Era un bisogno fisico, una necessità insostenibile quella di nutrirmi di lei. Il suo sapore mi avrebbe fatto godere, mi avrebbe portato all’estasi più di quanto non avrebbe immaginato.
Sorrisi -Ecco, tu sei esattamente la mia qualità preferita di eroina-. Rimase a bocca aperta, intimorita. Ridacchiai sconcertato, era la verità, non potevo nasconderle di essere attratto dal suo sangue in un modo che rischiava di metterla in continuo pericolo.
- Succede spesso?-. Domandò incuriosita. Ci pensai per qualche secondo e decisi di non nasconderle nulla.
- Ne ho parlato con i miei fratelli-. Ricordai qualche mese prima, subito dopo essere tornato da Denali. Presi un respiro profondo e mi preparai a dirle tutta la verità. - Secondo Jasper, siete tutti uguali. È stato l'ultimo a unirsi alla nostra famiglia e l'astinenza lo fa soffrire ancora molto. Non ha ancora imparato a distinguere tra i diversi odori e sapori-. La fissai cercando di indovinare cosa le passasse per la testa. Rimasi calmo, ma feci spallucce imbarazzato. Non sapevo in che altro modo dirle quelle cose.
- Scusa-. Terminai poi quando la vidi aggrottare le sopracciglia a causa del mio prolungato silenzio. Scosse la testa velocemente e posò una mano sul mio braccio come per tranquillizzarmi.
- Non importa. Ti prego, non preoccuparti di offendermi, di spaventarmi o di qualsiasi altra cosa. È il tuo modo di ragionare. Riesco a capire, o perlomeno posso provarci. Però, ti prego, spiegami tutto come puoi-.
Respirai profondamente, stregato dal suo tentativo di volermi comprendere a pieno. Fissai il cielo pieno di nuvole e mi rilassai, la sua carezza questa volta mi calmò.
- Perciò, Jasper non ha saputo dirmi con certezza se gli sia mai capitato di conoscere qualcuna che fosse...-. Appetitosa? Gustosa? Non sapevo che parola utilizzare, decisi di optare per qualcosa di più umano che non la facesse ulteriormente spaventare - attraente come tu sei per me. Il che mi fa ritenere che non l'abbia mai conosciuta. Emmett è dei nostri da più tempo, per così dire, e ha capito cosa intendevo. A lui è capitato due volte, una più forte dell'altra-. Conclusi con un ansito. Le avevo detto tutto nel migliore dei modi. “Congratulazioni idiota”. Storsi la bocca mordendomi le labbra e fissando distrattamente l’orizzonte.
- E a te?-. Bisbigliò quasi impercettibilmente. Deglutii…
- Mai-. Lei era la prima, prima in tutto. A farmi perdere la ragione, il controllo, la mia tentazione, il mio dolore, la mia anima, il mio essere umano, la mia vita, tutto il mio desiderio e le mie voglie. E non sapevo cos’altro sarebbe potuta diventare. Sperai non la mia preda. Non parlò per qualche minuto, ma intuii quale sarebbe stata la sua domanda e mi portai una mano sulla fronte innervosito.
- Come si è comportato Emmett?-. Strinsi i pugni e non risposi. Non avrei mai potuto confessarle che per noi vampiri era quasi impossibile resistere al sangue che più ci attraeva.
- Credo di aver capito-. Terminò freddamente. La guardai timoroso e la implorai con lo sguardo di capire quanto fosse difficile. Io ce l’avrei messa tutta, veramente… non volevo farle del male. La amavo. Era disperazione che la mia voce espresse quando le parlai.
- Anche i più forti di noi possono smarrire la strada, no?-. Non era la cosa migliore da dire, anzi per nulla. Si irrigidì e abbassò lo sguardo.
- Cosa stai chiedendo il mio permesso?-. Rispose tagliente e fredda, quasi urlando. La afferrai per le spalle e la portai vicina a me. No, affatto. Solo che volevo essere rassicurato da lei, volevo che mi convincesse che mi sarebbe stata accanto.Improvvisamente si fece triste e i suoi occhi si riempirono di lacrime, sfiorai la sua fronte con la mia e mi avvicinai tentando di consolarla. - Voglio dire, non c'è proprio speranza, allora?-. Una lacrima mi bagnò il torace e io tremai. No, volevo che tra noi potesse crearsi qualcosa, la amavo, non avrei lasciato che la nostra storia finisse male, lei era troppo importante per me.
- No, no!-. Gridai stringendola forte al mio torace. Un brivido mi scosse. Le sue mani furono sulla mia pelle nuda e la carezza calda che inconsapevolmente mi sfiorò, mi accese il desiderio sopito di lei. Era così forte il suo profumo, così buono e dolce, che non resistetti alla tentazione di stringerla a me guardandola negli occhi - Certo che c'è speranza! Voglio dire, è ovvio, non...- “Sono sicuro”. Mi rimangiai ciò che volevo dire e mi persi nel suo sguardo saturo di desiderio. Rabbrividii trattenendo il respiro, prima che la mia testa perdesse di lucidità. - Per noi è diverso. Emmett... quelle erano sconosciute, incontrate per caso. È accaduto tanto tempo fa, e lui non era... allenato e attento come ora-. Non era una bugia, Emmett era totalmente impreparato a quell’esperienza e non aveva resistito. E quelle donne per lui non erano nulla, nessun significato, mentre per me lei ormai significava la vita. Rimasi zitto ad osservarla aspettando che reagisse.
- Perciò, se ci fossimo incrociati... in un vicolo buio, o qualcosa del genere...-. Si strinse al mio petto affondando il viso stanco e sfiduciato sulla mia pelle fredda. Pensai di impazzire, mai nemmeno nei miei sogni più proibiti con Bella così vicina avrei pensato di resistere. Eppure la abbracciavo, la consolavo, sprofondando il viso tra i suoi capelli.
- Mi c'è voluta tutta la forza che avevo per non assalirti durante la prima lezione, in mezzo agli altri ragazzi, e...-. La mia voce si affievolì, ricordavo l’inferno, la bestia che aveva preso possesso di me, che voleva assalirla e nutrirsi di quella ragazza che ora mi aveva rubato il cuore. Distolsi lo sguardo quando il desiderio di morderla mi assalì di nuovo - Quando mi sei passata accanto, ho rischiato di rovinare in un istante tutto ciò che Carlisle ha costruito per noi. Se non avessi messo a tacere così a lungo la mia sete negli ultimi, beh, troppi anni, non sarei riuscito a trattenermi-. Mormorai allontanandola di scatto da me e fissando il suo tormento. Non potevo stare a lungo troppo vicino a lei, doveva capirlo. Mi scostai e tentai di non darle a vedere quanto stessi soffrendo. La guardai torvo - Avrai creduto che fossi posseduto dal demonio-. Ridacchiai tirato rievocando la scena di me che la guardavo malignamente.
- Non riuscivo a capire come potessi odiarmi così, e perché poi, dal primo istante...-. Scossi la testa sconsolato. Odiarla… non sarei mai riuscito ad odiarla. Ma sì, forse l’avevo disprezzata per quello che mi stava facendo, per aver fatto crollare ogni mia certezza e aver stravolto il mio mondo. La interruppi tentando di spiegarle.
- Ai miei occhi eri una specie di demone, sorto dal mio inferno privato per distruggermi. L'odore soave della tua pelle... Quel primo giorno ho temuto di perdere definitivamente la testa. In quella singola ora ho pensato a cento maniere diverse di portarti via dall'aula, di isolarti. E mi sono oppo-sto a tutte, temendo le conseguenze che avrebbero colpito la mia famiglia. Dovevo scappare, andarmene prima di pronunciare le parole che ti avrebbero obbligata a seguirmi...-. Mio Dio, quanto avevo desiderato poterle saltare addosso e stringerla a me per assaporare il sapore morbido del suo collo. Il bruciore alla gola tornò forte, che tormento… che agonia… il viso di Bella era una maschera di stupore e tristezza, ma non paura, non c’era traccia di disgusto. I miei occhi la divorarono, ardevano, passionali e mortali, sentivo il desiderio strozzare le mie viscere. Quando mi fissò turbata tagliai corto.
- Mi avresti seguita te lo garantisco-. Bisbigliai calmo. Avrei fatto di tutto per sedurla e poi trascinarla in uno spazio buio per violentarla e mangiarla. Sapevo come sarebbe stato... fantastico... e inorridii di quel mio pensiero.
- Senza dubbio-. Rispose tristemente consapevole. Ero irresistibile ai suoi occhi… non sarebbe mai riuscita a fuggire, l’avrei irretita. Era il momento di dirle tutto quanto. Presi fiato e le presi le mani tra le mie amandola con gli occhi.
- E poi, proprio mentre cercavo inutilmente di cambiare l'orario settimanale per poterti evitare, rieccoti. In quella stanzetta calda il tuo profumo mi faceva impazzire, in quel momento sono stato lì lì per prenderti. C'era soltanto quell'altra fragile umana, me ne sarei sbarazzato senza difficoltà-. Il suo guardo si fece terribilmente dolce e le sue dita si sciolsero dalla mia stretta. Timidamente le portò sul mio viso e ne tracciò i contorni. Avrei dovuto impedirle di farlo, ma le sensazione che mi sommerse mi fece irrigidire di scatto, immobile. La meraviglia che leggevo nei suoi occhi mi fece emozionare. Non smisi di parlare, dovevo farlo, le avevo promesso che le avrei detto tutto.
- Ma ho resistito, non so come. Mi sono imposto di non aspettarti fuori da scuola, di non seguirti. All'esterno la tua scia era più debole, perciò sono riuscito a pensare lucidamente, a prendere la decisione giusta. Ho accompagnato gli altri a casa, mi vergognavo troppo di raccontare ciò che mi stava succedendo, avevano soltanto intuito che qualcosa non andava, e sono corso da Carlisle, ad annunciargli che me ne sarei andato di casa-. Mi fissò sorpresa. Le parlai della delusione che avevo dato a Esme, della possibilità che non sarei mai tornato, di come mi fossi sentito un codardo. – Il mattino dopo ero in Alaska-. Continuai… nella mente il ricordo della sensazione di panico, non riuscivo a dimenticare quel bisogno di allontanarmi da lei il più possibile, per non cedere alla tentazione, al terrore di vanificare i miei sforzi, di deludere mio padre. Non mi fermai  nemmeno quando le sue dita presero a sfiorarmi le labbra in modo sensuale. Non doveva, non poteva, ma gemetti impercettibilmente e sentii una sensazione di piacere irresistibile e dolce invadermi.
- Perciò sono tornato…-. Mormorai sospirando sulla sua mano - Ho preso tutte le precauzioni possibili, sono andato a caccia, mi sono nutrito più del solito, prima di tornare a incontrarti. Ero sicuro di essere tanto forte da poterti trattare come un qualsiasi essere umano-. Con i palmi Bella mi circondò il viso e io espirai lentamente per non morire invaso dal suo odore di donna. Lente le sue dita arrivarono tra i miei capelli ramati. La osservai alzarsi in ginocchio e accarezzare la massa rossiccia che ribelle mi ricadeva sulla fronte. Tremai quando il suo seno sfiorò il mio viso… avrei voluto affondare il volto tra i suoi seni, ma sapevo che il fuoco mi avrebbe divorato e non ero sicuro di riuscire a resistere.
- Desideravo farti dimenticare il mio comportamento del primo giorno…-. Insistevo nelle mie parole ormai solo sussurri rauchi. Bella mi ascoltava annuendo, ma il suo corpo mi diceva altro e io rischiavo di farmi stregare dal suo tocco. Sentivo forte il suo odore e compresi subito il perché. Il desiderio di percepire la sua pelle nuda contro la mia mi fece impazzire. Dovevo calmarmi…
- A dire la verità, morivo dalla voglia di decifrare qualche tuo pensiero. Ma eri troppo interessante, e mi sono perso nel tuo modo di fare... Poi di tanto in tanto facevi un gesto con la mano, o ti sistemavi i capelli, e l'odore tornava a colpirmi...-. Gemetti morente sotto quelle carezze, le sue cosce tentavano le mie strusciandosi di tanto in tanto, era una tortura annusarla e non averla. Dovevo allontanarmi prima che mi seducesse. Ma non ci riuscii, mi accorsi di non volere che si fermasse e mi avvicinai ancora premendo il mio viso leggermente sul suo seno. Rabbrividii e percepii il suo corpo tremare, l’adrenalina aumentare.
- Se non ti avessi salvata, di fronte al tuo sangue non sarei riuscito a nascondere la mia vera natura. Ma questo l'ho pensato dopo. In quel momento, l'unica cosa che avevo in mente era: "Non lei"-. Chiusi gli occhi esausto. “Basta” pensavo sfinito, “ancora” gridavo eccitato. Dentro di me si stava scatenando una furia. Doveva avere paura di me, terrore e invece mi toccava, mi stringeva, cercava di capire e non mi accusava di nulla. Ero scioccato e perdutamente innamorato.


   
 
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