Chloe
chiuse
l'auto col telecomando, guardando la casa di fronte a sé. Era
una piccola villetta, adeguata a un piccolo nucleo familiare,
in linea con il tenore economico della famiglia O'Neil.
La detective voleva parlare con la moglie di Marvin, Laura,
perché c'erano delle discrepanze nei racconti dei testimoni,
quindi voleva cercare di capire se la donna stesse coprendo il
marito o meno.
Era quasi ora di pranzo, Chloe aveva passato la mattinata ad
analizzare i file che Dan ed Ella le avevano lasciato sulla
scrivania e, come si era liberata, aveva cercato la signora
O'Neil, che risultava avere un piccolo negozio di merceria, ma
quello era il giorno di chiusura, quindi si era diretta alla
sua abitazione nella speranza di trovarla.
Salì i gradini che separavano il giardino dal piccolo portico,
suonò il campanello e attese. Non ottenendo risposta, provò a
bussare. «LAPD, aprite» esordì, spostandosi poi verso la
finestra che si affacciava sul giardino, sbirciando oltre i
vetri.
Il rumore di un'auto, che entrava nel vialetto, la fece
voltare. Le iridi della donna scivolarono sulla Ford argento
metallizzato, guidata da una donna. Sul sedile posteriore
c'era un bambino che doveva avere la stessa età di Beatrice.
La donna tirò il freno a mano, scese dall'auto, lanciò
un'occhiata verso di lei. «Buongiorno» esclamò, andando poi ad
aprire la portiera posteriore, prendendo lo zainetto del
bambino. «Su, vai in casa» lo esortò, avvicinandosi al
portico.
«Signora O'Neil?» chiese Chloe, mostrando il distintivo,
scostandosi per far passare il ragazzino che aprì la porta di
casa, scomparendo all'interno. Quando la donna annuì, si
presentò. «Sono il detective Chloe Decker, devo farle alcune
domande in merito all'incidente che c'è stato al cantiere.»
«Certo, prego, detective, entri pure» rispose Laura, facendole
strada nel piccolo ingresso. Le indicò il salotto sulla
sinistra. «Mi può aspettare un secondo? Ralph non sta molto
bene e sono andata a prenderlo a scuola» spiegò.
Chloe annuì e la donna si allontanò su per le scale che
portavano al piano superiore. L'ufficiale si guardò attorno,
studiando la stanza. La padrona di casa doveva essere
un'amante dell'uncinetto, visto che c'erano centrini di cotone
su ogni superficie orizzontale. Anche le tende erano
realizzate con quella tecnica e sembravano fatte a mano.
C'erano diverse foto di famiglia, c'era persino un grande
cornice che contenva una consueta foto natalizia di chissà
quanti anni prima, il ragazzino lì non pareva avere più di
quattro anni. Le iridi celesti di Chloe scivolarono sulle
varie cornici: ve n'erano d'argento, di legno, di plastica, di
vetro e persino diverse in avoriom ognuna con una foto che
ritraeva la famiglia riunita, o uno o più membri della stessa.
C'era anche una foto del matrimonio, Laura era bellissima in
abito bianco, di fianco al marito. Si erano sposati giovani.
Poi la detective aggrottò la fronte, scrutando i volti dei
vari invitati.
«Eccomi, Detective, mi scusi ancora. Come ho già detto al suo
collega, mio marito è stato qui tutta la notte» assicurò.
«Ho letto che suo marito ha un fratello» esordì Chloe,
prendendo la foto del matrimonio. «È questo?» chiese indicando
un uomo dai capelli fulvi, di fianco allo sposo.
Laura sorrise. «Sì, quello è Dorian, il fratello di mio
marito.»
«Sono gemelli... ma sui documenti risultano nati in anni
diversi» disse confusa.
«Dorian è nato il 31 dicembre 1978, Marvin il primo gennaio
1979. Mio marito è sempre stato un ritardatario, ha impiegato
sei ore per uscire dopo Dorian» raccontò abituata allo stupore
degli interlocutori.
«Sa se Dorian è in città?» domandò.
«Che io sappia, no. L'ultima volta è stato qui a marzo... Vive
in Arizona» rispose la donna.
«Ho capito, la ringrazio, signora O'Neil.»
Mentre
tornava
verso il distretto, Chloe chiamò Dan. «Sono io, senti, mi devi
controllare Dorian O'Neil, dovrebbe avere il domicilio in
Arizona. Controlla se è a Los Angeles. Io vado a parlare con
Marvin.»
«Sto
cercando
Marvin O'Neill» disse Chloe, rivolgendosi a un operaio. Quello
con spiccato accento messicano gli indicò il prefabbricato che
ospitava gli uffici e la detective si avviò.
Bussò ed entrò. All'unica scrivania trovò un uomo di meno di
trent'anni e aggrottò la fronte. «Mi scusi, cercavo il signor
O'Neil, sono il detective Decker» spiegò, mostrando il
distintivo attaccato alla cintura.
«Ah, è sulla gru! Venga, glielo chiamo» rispose l'uomo,
alzandosi in piedi. Prese un elmetto di protezione appeso alla
parete, se lo infilò, poi afferrò una ricetrasmittente
appoggiata sopra la scrivania. Sorrise a Chloe. «Mi segua»
disse, avviandosi verso l'esterno.
Chloe gli andò dietro, non era difficile capire dove si stesse
dirigendo: c'era una sola gru nel cantiere.
«Marv, scendi» disse l'uomo alla ricetrasmittente, fermandosi
ai piedi della gru. Dopo qualche istante, Marvin arrivò,
scendendo i gradini di metallici della scala a pioli che
collegava la cabina di controllo al suolo.
«Detective Decker, buongiorno» salutò, sfilandosi l'elmo, per
detergersi il sudore dalla fronte con l'avambraccio.
«Sapeva che suo fratello Dorian è in città, signor O'Neil?»
esordì Chloe, studiandone la reazione di genuino stupore che
gli si disegnò sul volto.
«No, non mi ha avvisato.»
«Suo fratello aveva le chiavi del cantiere?» chiese la donna.
Marvin aggrottò la fronte e sorrise beffardo. «Certo che no,
solo i responsabili hanno una copia, rischierei il posto se la
facessi avere ad altri» la informò.
«Quando è stato l'ultima volta che ha visto suo fratello?» lo
incalzò lei.
Marvin aggrottò la fronte e si umettò le labbra. «Aspetti, non
starà mica pensando che mio fratello sua coinvolto...»
«Le domande le faccio io, signor O'Neil, risponda.»
Marvin inspirò a fondo, raccogliendo i ricordi. «A marzo.»
«Cosa avete fatto?»
L'uomo allargò un poco le braccia. «Una cena in famiglia, l'ho
portato a vedere il cantiere...»
«Perché?»
Lui la guardò perplesso.
«Perché lo ha portato qui?» lo incalzò lei.
«Ero stato nominato Responsabile, ero felice, volevo che
vedesse quello che avevo ottenuto dopo tanti sforzi, poi dopo
siamo andati a festeggiare» rispose lui.
«Dorian ha mai avuto le chiavi in mano?» chiese ancora.
Marvin scosse il capo. «No, è stato con me tutto il tempo...»
Esitò, schiudendo le labbra, rammentandosi di qualcosa.
«È sicuro?»
Marvin si portò una mano alle labbra. «Ci siamo fermati in un
pub, al ritorno dal cantiere. A un certo punto mi ha chiesto
le chiavi della macchina per recuperare le sigarette che aveva
dimenticato ed è rimasto fuori a fumare... Cinque minuti... ma
le chiavi del cantiere erano nel cruscotto.»
«Grazie» disse Chloe, congedandosi.
«L'avete
trovato?»
domandò la detective, entrando nel laboratorio, dove Ella
stava controllando qualcosa al microscopio e Daniel passava in
rassegna alcune foto.
«Non immaginavo che un antiquario fosse così difficile da
individuare» commentò Daniel, guardando alcuni tabulati.
«L'ultima volta che ha usato la carta di credito, era in un
motel in Wilmington, ma ha lasciato la camera sei giorni fa.
Questa è l'ultima foto che abbiamo di lui, risale al giorno
dopo l'omicidio. Era a Koreatown» commentò, porgendo la stampa
a Chloe.
«Sei chilometri dal luogo del delitto» rifletté, guardando la
foto. «Si è rasato...» constatò la donna, confrontando
l'immagine con quella dei documenti della motorizzazione.
«Ella, hai qualcosa?»
«Vicino all'escavatore sono stati trovati dei mozziconi di
sigaretta» rispose la scienziata. «Il DNA era quello di Marvin
O'Neil...»
«Ci sono differenze tra il DNA di due gemelli?» chiese Chloe.
«Tra omozigoti no. Cambiano le impronte digitali, il timbro
della voce...» rispose lei.
«Quindi a fumarle potrebbe essere stato Dorian.»
«Magari anche Marvin fuma» ipotizzò Daniel.
Chloe scosse il capo. «Non ha traccia di nicotina su indice e
medio, in casa sua non c'è un solo posacenere, nemmeno sul
portico esterno, dove c'è un dondolo, ma bisognerà
assicurarsene. Intanto però dobbiamo trovar Dorian: idee?»
«Abbiamo un mandato e le pattuglie lo stanno cercando, ma non
abbiamo riscontri, per ora» l'avvisò Dan.
Chloe si appoggiò al tavolo, tamburellando con le dita. «Forse
so a chi chiedere aiuto.»