Disclaimer: Tutti i personaggi appartengono a J.K. Rowling, al suo editore e ai distributori internazionali che detengono i diritti sull'opera. Questa storia è stata redatta per mero diletto personale e per quello di chi vorrà leggerla, non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso.
Crisalidi
parte I
La
maggior parte delle volte che Draco osserva suo figlio sempre la
solita domanda gli balza nella mente. Una domanda retorica,
ovviamente, la risposta è certa e inconfutabile, ma
l’incredulità
e lo stupore di fronte a quella persona così diversa,
così strana,
così lontana da tutto quello che crede di conoscere del
mondo e
dell’umanità lo lasciano sempre perplesso.
Ma
davvero è figlio mio?
Astoria
era solita dire, scherzando ma non troppo, che Scorpius da lui
avrebbe preso solo i difetti, e per quanto non gli faccia piacere
Draco non può che concordare. Come lui è
orgoglioso e testardo,
vede ogni suggerimento o consiglio come una critica, quando prende
una decisione si lancia immediatamente nella mischia e procede dritto
come un toro scatenato, incurante delle conseguenze, e anche se
sbatte la testa contro il muro continua imperterrito giusto per non
dare la soddisfazione di ammettere che ha sbagliato o che ha avuto
troppa furia.
Non
è semplice stare a guardare mentre un figlio commette i
propri
stessi errori; si ha sempre voglia di spianargli la strada, di
rendergli il percorso più semplice, di metterlo in guardia e
di
parlargli con la voce dell’esperienza. Proprio per questo
è ancora
più frustrante dover accettare il fatto che non ti
ascolterà perché
è uguale a te alla sua età, altrettanto cocciuto,
altrettanto
convinto di essere nel giusto, altrettanto ostinato nel perseguire il
suo scopo. Anche se sa che è una prospettiva sbagliata a
volte a
Draco, in un battito di ciglia, pare di rivedersi allo specchio
diciassettenne (la somiglianza è obiettivamente
impressionante) e
parla a Scorpius come parlerebbe a se stesso, se avesse modo di
tornare indietro nel tempo. Ma si rende conto in due secondi che il
Draco diciassettenne non l’avrebbe mai ascoltato e gli
avrebbe
voltato le spalle, sprezzante e pieno di boria; così fa
Scorpius,
accompagnandosi con la solita tiritera del tu
non capisci.
Ed
è vero che non capisce. In tutto il resto Scorpius
è completamente
diverso da Draco, così tanto che spesso il padre fa fatica a
inquadrare i comportamenti del figlio in uno schema mentale
assimilabile ai suoi. Innanzitutto Scorpius è sempre onesto
e
sincero, anche quando non ne vale la pena, anche quando la cosa va a
suo stesso discapito; sembra geneticamente incapace di mentire o
anche solo di omettere. Poi è generoso, altruista, sempre
disposto
ad aiutare gli altri, pieno di comprensione, pronto a mettere una
buona parola per tutti, in qualsiasi caso. E soprattutto ha una
sensibilità acutissima, una capacità di capire le
persone, di farle
aprire, di portarle a confidarsi con lui, di sostenerle nei loro
problemi e nei loro dubbi senza essere saccente o invadente; non a
caso ha quasi esclusivamente amiche.
Già,
le donne. Scorpius adora
le
donne. Draco è quasi invidioso: anche lui ha avuto il suo
stuolo di
ammiratrici e di conquiste, ai tempi d’oro, ma era tutto
dovuto
alla sua bellezza esteriore e alle voci che giravano sulle sue
capacità tra le lenzuola. Non crede sia mai capitato che una
donna
lo abbia amato davvero, non solo per il suo corpo ma anche per la sua
personalità, che lo accettasse al cento per cento, con i
suoi
difetti e le sue spigolosità, che fosse l’abitante
benvenuto e
desiderato di un cuore femminile. Invece Scorpius non solo non ha
problemi da questo punto di vista, ma nemmeno gli importa: lui
è
affascinato da quel mondo come se fosse un egittologo in procinto di
penetrare, primo da millenni, in un’antica piramide. Vuole
conoscerle, ascoltarle, capirle, vuole stare in mezzo a loro, vuole
esplorare tutte le possibili modalità di rapporto, sembra
che solo
con le donne riesca davvero a essere se stesso. Ha avuto un paio di
storie e in tutte ci ha messo il cuore (come può farlo un
ragazzino,
certo), ha amiche vere, sincere, amiche con cui non ha paura di
essere frainteso o di varcare un confine immaginario; i ragazzi lo
detestano, per loro è già difficile riuscire a
invitarne una a
Hogsmeade, figurarsi quanto può esserlo avere una specie di
gineceo
ambulante che ti segue, si confida con te e ti vuol bene
sinceramente. Non capiscono che a Scorpius questo viene naturale
proprio perché non ha intenzione di stupirle, di sedurle o
di farsi
ammirare: è un rapporto alla pari, vuole imparare di e da
loro tanto
quanto loro vogliono farlo da lui. Lo dice sempre: i maschi vanno
bene per il Quidditch, per una Burrobirra, per passare una serata tra
risate sguaiate e battute goliardiche, ma se si deve parlare di cose
serie, di dubbi, di confusione, di futuro, di sentimenti, la prima
scelta di Scorpius sarà sempre un’amica. Prima in
classifica
Pearl, la figlia di Pansy: sono nati a dieci giorni di distanza e
sono praticamente cresciuti come gemelli, un cordone ombelicale
d’elezione che si è rinforzato con il passare
degli anni. Si
adorano e sono un libro aperto l’uno per l’altra.
È stata Pearl
a suggerire qualcosa a Draco, a dargli qualche indizio su quello che
stava succedendo, a fare un’allusione riguardo alla ragazza
per cui
pare che Scorpius abbia perso la testa: solo un paio di parole
buttate qua e là, però, perché non
tradirebbe mai la fiducia del
suo migliore amico. Draco aveva fatto finta di niente, non aveva
avuto voglia di affrontare la questione, anche perché sapeva
che con
Scorpius era praticamente inutile; allo stesso momento,
però, non
aveva potuto impedire a una sottile inquietudine di serpeggiargli
nella schiena, perché Pearl aveva parlato. E, come sua
madre, non
sprecava mai parole tanto per.
Stavolta
non è come le altre.
Era
stato un tono divertito e leggero, ma all’orecchio di un
adulto non
sfugge il sottofondo preoccupato di un adolescente. Era stata
un’intuizione fulminea: a Pearl lei non piace. E non
è per gelosia
o vanità o per paura di vedersi portato via
l’amico: non le piace,
punto e basta. Non la ritiene adatta a Scorpius.
E
quando Draco scopre chi è, pur essendo grande e pur essendo
passati
quasi vent’anni, non riesce a impedirsi di pensare che
assolutamente
non
sarà come le altre.
***
Pearl
è figlia di Pansy, dopotutto, e ne ha ereditato lo stesso
istinto
infallibile.
Draco
concorda con la figlioccia: neanche a lui piace Rose Weasley.
Suo
figlio è brillante, simpatico, solare: avrebbe voluto per
lui una
compagna allo stesso livello, una donna forte, decisa, sanguigna, un
altro Bolide con cui eliminare gli avversari, segnare punti e vincere
la partita. Lo infastidisce da morire ammetterlo a se stesso, ma
avrebbe preferito la versione moderna della madre. La Granger era una
tosta, intelligente, dinamica, potente, il tipo di donna che ritiene
adeguata a Scorpius. Ma a quanto pare è una legge
trasversale,
quella secondo cui i figli non prendono il meglio dai genitori.
Rose
Weasley invece è praticamente un soprammobile, pare che la
sua
massima ambizione sia sparire, volatilizzarsi, rendersi invisibile.
Pearl la chiama ironicamente “il camaleonte”,
perché sembra
davvero che abbia l’abilità di mimetizzarsi con la
tappezzeria o
con le tende; dopo dieci minuti che è entrata in casa il
rischio di
dimenticarsene è davvero alto. Non parla, non ha
un’opinione,
un’idea, un punto di vista, sa solo salutare e ringraziare,
come
una bambolina con la cordicella attaccata alla schiena. Non che sia
stupida: non lo è per niente, a scuola è se
possibile ancora più
brillante della madre, si parlava addirittura di farle saltare un
anno e permetterle di conseguire i MAGO in anticipo perché
ha
ricevuto molteplici offerte di borse di studio da oltreoceano (ha un
talento incredibile in Trasfigurazione, persino la McGranitt
è
rimasta stupefatta). È semplicemente spenta, indifferente.
Atarassica. Sì, è il termine giusto, atarassica.
Si muove e mormora
come se non appartenesse a questo mondo, come se fosse costretta
nella sua stessa carne.
All’inizio
Draco pensava che fosse la soggezione di conoscere il padre del
proprio ragazzo, o quello che aveva sentito dire dei Malfoy, o il
Manor: dopo quasi un anno deve ormai rassegnarsi. Semplicemente, a
lei non interessa. Non interessa chiacchierare, discutere, rendersi
simpatica, non interessa niente se non lo studio e la lettura. E
Scorpius, evidentemente, anche se nemmeno per sbaglio ha mai mostrato
qualcosa di fronte ad altri. Draco non riesce proprio a capire cosa
ci si possa trovare in quella mummia tremante: ha a malapena un paio
di amiche, non esce, non dimostra passioni, sembra temere persino la
sua stessa ombra, sa solo annuire e concordare. Invece suo figlio
sembra impazzito d’amore, la guarda come se fosse Morgana
reincarnata e tornata sulla Terra per la salvezza della sua anima,
è
dolcissimo, attento, premuroso, sembra vivere per anticipare i suoi
bisogni e i suoi desideri, quasi l’avesse designata
l’altare dove
sacrificare il suo cuore.
È
troppo banale fare della psicologia spicciola. Ed è anche
pericoloso; essendo un ottimo Legilimens ormai Draco è anche
abbastanza versato nella materia, e anche se non si permetterebbe mai
di scandagliare la mente di suo figlio ha un fiuto troppo allenato
per non captare tutte le possibili implicazioni che hanno spinto
Scorpius a dedicare tutto se stesso a questa relazione apparentemente
a senso unico.
Forse
aver perso la madre da piccolissimo lo spinge a cercarla in tutte le
donne, in particolare in quelle che sembrano più in
difficoltà,
come se salvando loro potesse salvare anche lei.
Forse
essere figlio unico e adorato gli ha fatto sviluppare manie di
onnipotenza e ha bisogno di sentirsi necessario, il più
importante,
l’unico e solo, ed è più facile
ottenere la riconoscenza e la
devozione di una ragazza chiusa e solitaria verso cui nessuno ha mai
dimostrato grande interesse.
Forse
è la sua testardaggine ottusa che lo porta a voler
conquistare a
tutti i costi Rose, è diventata una questione di principio,
non si
arrenderà finché non vincerà tutte le
sue remore e paure e non la
vedrà urlargli il suo amore dalla cima del Big Ben. La
domanda è:
cosa accadrà poi?
I
forse sono mille e più. E Draco si sente anche stupido a
cercarli:
la vita sentimentale di Scorpius non dovrebbe essere affar suo.
Eppure è il suo unico figlio, lui è il genitore
che gli è rimasto,
e lo ama troppo per vederlo affannarsi in quel modo senza nessun
ritorno. Di nuovo, gli sembra di vederlo replicare i suoi sbagli: lui
e Astoria si sono sposati per convenienza sociale e, seppur riuscito,
il loro è stato un matrimonio pacato, quieto, tranquillo,
senza
scossoni, senza passione, senza risate sguaiate, senza rincorrersi in
giro per la casa facendo gli stupidi, senza fare l’amore sul
tavolo
della cucina nel momento meno adatto. Non si è mai pentito
della sua
decisione, ma sa che c’è
un’età per ogni cosa e, ormai sulla
soglia dei quaranta, sa anche che le probabilità di vivere
un amore
del genere si sono drasticamente ridotte. È da ragazzi che
ci si
getta in quegli abbracci spacca costole, in quei baci pieni di
saliva, in quel sesso spregiudicato e inopportuno dove si deve stare
attenti a non sospirare troppo forte per non farsi sentire, in quelle
avventure folli e insensate, in quelle stupidaggini irresponsabili
che fanno gli innamorati incuranti di tutto quello che non sia loro
due. E, proprio perché ormai più che adulto, non
vede il senso di
impersonare il ruolo del gelido purosangue altero e indifferente:
sente di aver perso qualcosa, nella vita, ed è
un’altra tacca sul
suo bastone dei rimpianti.
Non
vuole che Scorpius faccia il suo stesso errore, non vuole che si
spenga, che si immoli davanti ad un’utopia. Eppure non sa
come
fare. Se si azzardasse a dire mezza parola al figlio quello sarebbe
capace di andare al Ministero a sposarla su due piedi solo per
contraddirlo; la ragazza è impenetrabile, inavvicinabile
come se
fosse dietro un vetro antiproiettile, tentare di parlare con lei non
farebbe altro che peggiorare la situazione.
Forse
potrebbe provare a confrontarsi con i genitori di Rose, giusto per
capire che pesci prendere, che prospettiva hanno loro della vicenda,
come possono aiutarlo a inquadrare nella giusta ottica quella
creatura incomprensibile.
Draco
si infila la giacca e si guarda allo specchio dell’ingresso.
Cosa
non si fa per i figli.
***
Solo
nel momento in cui arriva al Ministero si rende conto che forse
avrebbe dovuto chiedere un appuntamento. La Granger è un
pezzo
grosso, pare sia in lizza per diventare il prossimo Ministro della
Magia, non avrà certo tempo di riceverlo né di
stare a discutere
di…
Di
cosa?
Non
ha pensato neanche a quello. Come può cominciare il discorso
senza
risultare una patetica mammoletta apprensiva? Come può farle
capire
che è preoccupato senza sembrare isterico, che vuole solo
comprendere e non giudicare? Non vuole che pensino che il problema
sia il sangue della ragazza, perché non lo è.
Anche se fosse
l’erede dei Peverell, Rose non lo convincerebbe.
Sta
per tornare sui suoi passi, pensando che riproverà nei
prossimi
giorni con una scusa plausibile, quando la porta dell’Ufficio
della
Granger si apre e lei ne esce.
L’età
le ha conferito una bellezza matura che da ragazzina non possedeva.
È
una donna piacente pur senza nessun fronzolo né ornamento,
sicura di
sé, padrona del suo spazio, elegante e composta. Ma quando
lo vede
sembra bloccarsi e rimpicciolirsi di colpo. Solo per un istante.
- Buongiorno, Malfoy.
- Buongiorno Granger.
- Come mai qui?
- Questioni di tasse - butta lì, e spera tanto che se la
beva.
Lei
resta ferma a guardarlo, senza dire una parola. È palese che
qualcosa le sta ronzando in testa ed è palese che
è la stessa cosa
che ronza in testa a lui.
Scorpius
è andato spesso a casa di Rose. Anche lei avrà le
sue idee sulla
questione.
Possibile
che Scorpius non le piaccia? Impossibile. Suo figlio è
fantastico.
La
Granger annuisce impercettibilmente, come a farsi coraggio.
Draco
intuisce che la questione è più seria del
previsto.
- Lucy, annulla tutti i miei impegni del pomeriggio, per favore,
dì a Percival che lo richiamo domattina. Grazie.
Gli
si affianca e solo con il suo passo gli impone di seguirla.
- Andiamo a pranzo, Malfoy.
***
-
La vita è davvero assurda.
- L’abbiamo sempre saputo, in fin dei conti. Ma rendersene
conto è ogni volta difficile.
Sorseggiano
il caffè in un bar piccolo e quieto incastrato in un
vicoletto
minuscolo. A quanto pare è il posto dove la Granger va a
rifugiarsi
quando ha bisogno di un po’ di pace; c’è
sempre qualcuno che ha
da chiederle un favore, un giornalista che ha una domanda da farle,
un collega che deve interromperla in pausa pranzo. E lei non
è mai
stata particolarmente paziente.
All’inizio
hanno parlato di sciocchezze, banalità quotidiane,
aggiornamenti
insignificanti: era troppo strano essere allo stesso tavolo, a pochi
centimetri di distanza, dopo quasi vent’anni di totale
disinteresse
reciproco, il massimo della loro interazione era stato incrociarsi un
paio di volte sul binario 9 e ¾ e basta. Adesso hanno una
questione
delicata da affrontare, e nessuno dei due vuole dare il via alle
danze; perché sarebbe come offrire il fianco, non il proprio
ma
quello dei figli, ed entrambi non sono desiderosi di farlo per
primi.
Ma
la Granger ha appena detto che la vita è davvero assurda, e
a Draco
suona come un incipit appropriato.
- Sai - continua lei, nascondendo un mezzo sorriso spento dietro la
tazzina - se un po’ di anni fa avessi lasciato andare la
fantasia a briglia sciolta avrei ipotizzato che ora ci saremmo
ritrovati nella situazione inversa.
- Ovvero?
- Che io
non avrei approvato la relazione dei nostri figli.
- Vuol dire che l’approvi?
- Mi riconoscerai una certa capacità di essere razionale.
- Essere razionali non significa essere obiettivi.
- E questo è anche vero. Comunque sì, mi piace
Scorpius. Mi piace come guarda Rose. Vedo che l’adora, che
pende dalle sue labbra, che la considera la persona più
importante del mondo. Come madre non avrei potuto desiderare di meglio
per mia figlia. Posso capire però che tu abbia
delle… remore.
- Ascolta - comincia Draco, incerto - Rose è molto educata e
gentile, e so che a scuola è strabiliante. Solo
che… da un certo punto di vista mi preoccupa,
è…
-
… spenta? Triste? Silenziosa fino
al punto di eclissarsi?
Draco
prende un profondo respiro. Non vuole offendere nessuna delle due,
può immaginare quanto sia difficile per la Granger gestire
Rose. Lui
è consapevole di essere stato incredibilmente fortunato, con
Scorpius: si è impegnato, certo, per seguirlo ed educarlo,
ha
cercato di essere presente e attento, gli ha trasmesso quelli che
sapeva essere i giusti valori, ma non sempre basta. I figli sono
persone a sé stanti, non il risultato di
un’addizione.
- Non voglio essere indelicato, ma mi sembra… depressa.
La
Granger posa la tazzina sul piattino. La mano trema appena.
È
una donna incredibilmente forte e incredibilmente fragile. La
genitorialità ha questo potere sulle persone. Anche Draco sa
che
potrebbe distruggere un esercito per suo figlio e allo stesso tempo
essere devastato da un suo malessere.
- Lo psicologo dice che non è depressione, almeno non
più. Si è trasformata in un meccanismo di difesa.
Cerca di disinteressarsi al mondo esterno per non esserne ferita.
- Chi?
- Lo psicologo. È uno specialista babbano, che aiuta le
persone in… difficoltà emotiva.
- L’equivalente dello psicomago, quindi.
- Sì, ma abbiamo preferito rivolgerci a un professionista
che non sappia chi siamo. Non abbiamo voluto correre il rischio di
condizionamenti e di… fughe di notizie.
Dev’essere
davvero dura essere sempre nel mirino, anche dopo tanti anni. Draco
intuisce che probabilmente questa è una delle cause.
- Rose ci va?
- Sì. Ci siamo anche andate insieme, adesso prosegue il
percorso da sola.
- E… ci sono risultati?
- Negli anni sì, ci sono stati. Se l’avessi
conosciuta all’inizio della scuola ti avrebbe fatto paura.
Tanta quanta ne faceva a me - sospira appena. - Adesso è
molto migliorata e devo ammettere che Scorpius ha dato una grande
mano.
- Questo mi fa piacere, sono contento se Scorpius la sprona, la
stimola, la sta sbloccando. Però….
-
… hai paura che lei non lo ami
tanto quanto l’ama lui. Che Scorpius si stia sacrificando. Lo
capisco. Se fossi al tuo posto avrei lo stesso timore. Ma non so cosa
fare, Malfoy. Tuo figlio che dice?
-
Parlare con Scorpius non è facile. Devo andarci molto cauto,
non è… come dire, molto propenso a ricevere
consigli. Li prende sempre come critiche o interferenze e generalmente
poi fa l’opposto di ciò che gli stai dicendo.
- Figlio al padre - ridacchia la Granger per smorzare la tensione.
Draco sorride di rimando, imbarazzato.
- Per fortuna per il resto non mi somiglia.
Restano
un po’ in silenzio, a guardare fuori dalla finestra. Entrambi
sentono di essere in un limbo di pace, di quiete, in una situazione
strana ma tutto sommato piacevole, e non hanno voglia di tornare alla
vita di fuori.
- Il padre che ne pensa? - chiede Draco, rendendosi conto solo in quel
momento che Weasley è rimasto fuori dalla discussione. La
Granger fa scattare in alto le sopracciglia e si poggia contro lo
schienale della sedia. Malfoy capisce di aver toccato un secondo tasto
dolente.
- Ron non vive la situazione direttamente, perciò tende a
minimizzare. Dice che sono turbe adolescenziali, che passeranno e che
andare all’estero le farà bene, le darà
indipendenza. È preoccupato più che altro che
questa relazione possa farle cambiare idea, ma Rose ama studiare
più di qualsiasi altra cosa e Scorpius è il primo
che la incoraggia.
- Siete… separati? - domanda Draco in un lampo di
comprensione. La Granger annuisce e serra le labbra.
- Divorziati.
- E andate d’accordo?
- Ora sì. Ma non è stato facile.
Draco
inizia a intuire come siano andate le cose, ma non vuole sembrare
impiccione. Succede spesso, in fin dei conti, e non riesce a capire
perché si sia sorpreso; è come se nella sua testa
Granger e Weasley
avrebbero dovuto essere immuni a simili piccolezze da umani. Non li
ha mai visti, in realtà, come esseri umani, non li ha mai
considerati tali. Il magnifico trio è stato nel corso degli
anni un
fastidio, un elemento da odiare, un ricordo agrodolce, ma non si
è
mai reso conto fino in fondo che erano ragazzini e persone tanto
quanto lui. Che la Granger è una donna di carne e ossa, con
un
passato più o meno bello, proprio come il suo. E che pur con
tutta
la sua intelligenza e il suo potere non può sempre essere
stata
esente da fallimenti.
- Rose ne ha sofferto?
- Diciamo che è partito tutto da lì. Abbiamo
sbagliato clamorosamente, inutile negarlo. Abbiamo cominciato tirando
la corda, non volevamo sfasciare la famiglia, non volevamo darci in
pasto ai giornali, non volevamo… non volevamo tante cose. Ma
quando tiri troppo la corda poi finisce che si spezza. E abbiamo
ottenuto esattamente ciò che non volevamo. Hugo era troppo
piccolo e non ricorda quasi niente, ma Rose… - sospira,
passandosi le mani sugli occhi. - Rose invece c’era ed
è sempre stata straordinariamente perspicace. Non che ci
volesse chissà quale dote, bastava avere le orecchie per
sentire che ci scannavamo anche a chilometri di distanza.
La
Granger si blocca e lo guarda, d’un tratto dubbiosa.
È più che
palese che si stia domandando perché mai gli sta raccontando
tutte
quelle cose così private e delicate. Ma Draco sa
perché l’ha
fatto, perché si è lasciata andare:
perché è un estraneo. Perché
non è la sorella del suo ex marito o il loro migliore amico.
Perché
probabilmente non l’ha mai potuto fare con nessuno, non ha
mai
avuto l’occasione di parlare così apertamente se
non con il
terapista. Perché forse la fa sentire più reale,
più umana,
poterlo fare, anche se l’interlocutore è Draco
Malfoy. E forse, si
rende conto, perché ha bisogno che Draco si muova a
compassione, che
comprenda, che decida di non fare la guerra a sua figlia.
Perché
Scorpius le fa bene e non vuole che Rose lo perda. Per un momento si
arrabbia, ma poi capisce che è quello, il gioco a cui stanno
giocando: ognuno parteggia per il proprio campione. Resta solo da
capire se davvero il ring può essere comune.
- Le separazioni difficilmente sono pacifiche e tranquille - le dice,
accondiscendente.
- Certo, ma ammetto con una certa dose di vergogna che abbiamo dato
fondo al peggio di noi. Di tante cose non mi sono resa minimamente
conto finché non siamo andate in terapia. Rose è
ipersensibile e ha sentito cose… visto incantesimi
volanti… insomma, è stato un massacro. Poi Ron se
n’è andato ed ovviamente è iniziato il
classico gioco: io ero la mamma stronza e severa che dava le regole e i
limiti e lui era il meraviglioso papà che compariva una
volta a settimana pieno di regali e pronto a concedere qualsiasi cosa.
Ci è voluto tempo per riequilibrarci. Ma il danno ormai era
fatto.
- Mi dispiace - mormora Draco, ed è sincero. Lei lo fissa
con due occhi splendenti che lo colpiscono in un punto che non
ricordava più di possedere all’altezza dello
stomaco.
- Anche a me dispiace per tua moglie. Non ho mai avuto
l’occasione di dirtelo.
- Grazie. Sono passati tanti anni.
- Scorpius era troppo piccolo per ricordare, forse.
- Qualcosa ricorda, sprazzi. Ma non gli piace parlarne.
- Lo immagino.
- Forse questa è una delle cose che li ha fatti avvicinare.
La sensazione di perdita.
- Probabilmente. Ma può essere un’arma a doppio
taglio. Se credono di poter trovare nell’altro ciò
che hanno perso rischieranno di costruire un castello illusorio
talmente enorme che… non ne reggerebbero il crollo -
sussurra lei, parlando con il tono di chi ci è
già passato.
- Lo so. Per questo sono preoccupato.
- Ma cosa possiamo fare noi? Ormai sono grandi, ogni interferenza
sarebbe sgradita come minimo…
- Se conoscessi Scorpius come lo conosco io sapresti che sarebbe non
solo sgradita ma addirittura controproducente. Non lo so, non ho idee.
Volevo solo parlare con te per… avere il tuo punto di vista,
cercare di capire come gestire la cosa per il meglio. Ascolta,
io… - comincia, dubbioso e imbarazzato. Gli dà
fastidio esporsi in quel modo, come uomo e come padre, ma la Granger
è stata sincera e aperta con lui e sente in qualche modo di
dover rendere onore a quella limpidezza. - Io vorrei solo che mio
figlio non si impantani nelle sabbie mobili, che non stia cercando
disperatamente di ottenere un amore impossibile, che si strugga fino a
consumarsi e a perdere fiducia nelle relazioni. Sia chiaro che non
voglio incolpare Rose, nelle prime storie si procede per prove ed
errori ed ognuno di noi ha un bagaglio di esperienze con cui fare i
conti…. Però io lo vedo così esaltato,
così preso e… devo dire che non ho mai visto lo
stesso trasporto in Rose. Poi, per carità, è
ovvio che non si lascino andare a smancerie e coccole davanti a me, ma
a quanto ho capito è così in generale
e… niente, vorrei solo che non si facciano male a vicenda,
anche con le migliori intenzioni.
La
Granger sospira e lo guarda accesa, preoccupata, gli sbatte il cuore
su quel tavolino. Draco capisce in un lampo che non si
perdonerà
mai, che il senso di colpa la soffoca di notte e la fa singhiozzare
nel cuscino. Ha una figlia triste, sfiduciata, spenta, ed è
anche
colpa sua. Draco la comprende più profondamente di quanto
avrebbe
mai potuto immaginare; anche lui ha il suo bel fardello che si porta
appresso. È stato solo un caso che non ne abbia poggiata una
parte
sulle spalle di suo figlio, ma non può vantare alcun merito
per
questo; è stata semplicemente questione di tempistiche e di
fortuna.
Vorrebbe davvero dirle che sono esseri umani, che come tali sbagliano
anche in modi stupidi e ottusi, che l’importante è
impegnarsi a
rimediare: magari l’amore avesse il potere di impedire di
commettere errori! Vorrebbe consolarla, perché immagina che
nessuno
l’abbia mai fatto: tutti hanno sempre preteso da lei, come
strega,
come donna, come politica e come madre. Non crede che qualcuno si sia
mai preso la briga di capirla, che qualcuno abbia avuto
l’umiltà
di guardare se stesso, le proprie meschinità, i propri
sbagli, il
proprio marcio, prima di puntarle il dito contro. Draco invece ci ha
lavorato per anni, prima di avere Scorpius: aveva giurato a se stesso
che non avrebbe mai messo al mondo un figlio se non fosse stato
sicuro di poter essere migliore. Ha stretto un accordo con i suoi
demoni, che continuano a camminargli accanto senza dargli fastidio,
è
stata una tregua fruttuosa sancita tra combattenti dignitosi. Sa
quanto sia difficile farlo e non ha dubbi che davvero pochi ne siano
capaci. Men che meno quel convinto di Potter o quel tronfio di
Weasley.
- Capisco cosa vuoi dire e sono d’accordo con te - sussurra
la Granger, cercando di mantenere la voce ferma. - Posso dirti che Rose
ha i suoi tempi e che io la conosco, so interpretare il minimo segnale,
una smorfia, un movimento della mano… e so che Scorpius la
rende felice. Credo si stia solo… diciamo
abituando… che stia accettando questo amore. Che stia
convincendosi che è reale, che sta capitando proprio a lei,
che se lo merita e che non esploderà da un momento
all’altro lasciandola sola e devastata. Ha paura, Malfoy.
Sai quando sei talmente felice che hai il terrore che tutto svanisca da
un momento all’altro? Quando quella gioia non ti sembra vera
e una voce crudele nella tua testa ti ripete che infatti non lo
è, non può esserlo, e che presto tutto
andrà a catafascio perché non è
possibile che qualcosa di così bello stia succedendo a te?
Sì,
Draco sa cosa significa, l’ha provato in passato.
- Sì, ho presente… davvero, forse siamo soltanto
due brontoloni apprensivi - cerca di stemperare. - Si regoleranno loro,
le cose seguiranno il proprio corso. E… - aggiunge cauto e
allo stesso tempo ironico - ...non… non tormentarti per
Rose. Fidati delle mie parole, non si è realmente genitori
se non si lascia in eredità qualche trauma ai propri
figli.
La
Granger ride e Draco ne è sollevato; pensava di rischiare di
offenderla o di girare involontariamente il coltello nella piaga,
invece ha capito che si riferiva a se stesso.
- Il tuo senso dell’umorismo è migliorato, Malfoy
- continua a ridere mentre si alza.
Draco
la segue e fa per pagare ma lei lo stoppa con un gesto della mano e
saluta l’anziano proprietario, che annuisce per dire che ha
capito.
- Ho il conto aperto qui, non preoccuparti.
- Sì, ma….
- Ho piacere di offrire io. Apprezzo davvero la tua premura e sono
contenta che abbiamo potuto confrontarci. Mi ha fatto bene.
Restano
sulla porta, indecisi su come salutarsi. Sta arrivando un temporale;
il vento le annoda i capelli più di quanto già
non siano.
- Grazie.
- Di niente.
- Allora…
- Ci aggiorniamo.
- Certo. Vengono da te sabato a pranzo, giusto?
- Sì, se fa bel tempo magari ce ne andiamo a mangiare al
mare. Vuoi venire?
- Mi sono già organizzato per sbrigare delle cose a
Manchester. Un’altra volta, magari.
- Con piacere.
Restano
lì a guardarsi, per la prima volta in trent’anni
che si conoscono.
Non si sono mai guardati veramente. C’è voluta
questa situazione
difficile, questa patata bollente, per farlo. Il pensiero che non
tutti i mali vengono per nuocere fulmina le tempie di Draco,
così
rapido che lo scambia per il semplice bagliore di un lampo.
È stato
un lampo, certo.
Torna
a casa, il temporale infuria, il vento fa sbatacchiare le vecchie
imposte del Manor.
Che
le cose seguano il loro corso.
***
È
successo per caso. O almeno, questo è quello che a Draco
piace
raccontarsi. Suona meglio, messa così, diventa meno
pericoloso, meno
ambiguo.
È
successo che un giorno Draco era nella zona del Ministero, incazzato
nero perché a quanto pare sono aumentate le tasse sugli
immobili
storici. Per evitare di urlare in faccia al suo commercialista si era
andato a rintanare in quel piccolo bar seminascosto, dove il
simpatico vecchietto accogliente e allo stesso tempo riservato gli
aveva servito un ottimo caffè con un goccio di Ogden. Stava
pensando
che la Granger aveva ragione, quell’angolino quieto era
proprio
adatto a prendere un attimo di fiato e ricaricare le batterie, quando
la suddetta era entrata, incazzata almeno quanto lui; era rimasta
stupita nel vederlo lì e non aveva resistito alla tentazione
di
chiedergli perché. Gliel’aveva raccontato e
avevano iniziato a
discutere, lei cercava di spiegargli la logica amministrativa del
rincaro e lui sibilava che con tutti i galeoni che regalava al
Ministero avrebbero dovuto come minimo fornigli una carrozza
d’oro
zecchino trainata da unicorni. Erano andati avanti così fino
all’ora
di pranzo, e giacché erano rimasti a mangiare insieme. Poi
si erano
dati appuntamento per il giorno dopo, per terminare il discorso. E
per il giorno dopo ancora, e quello dopo ancora.
I
giorni dopo ancora sono diventati tanti, forse troppi. Non
c’è
niente di male in quello che fanno, per carità: sono due
persone che
si trovano a pranzo e parlano. Ma non parlano più solo di
tasse.
Hanno parlato di tutto, dei figli, dei matrimoni, delle famiglie, di
viaggi, di rimorsi, di speranze. Senza accorgersene, senza volerlo,
molto più spesso di quanto gli sembra consono Draco le ha
squadernato davanti pezzi della sua vita che, si può dire,
non ha
mai raccontato nemmeno a se stesso: la solitudine,
l’umiliazione,
il dissidio interiore dei suoi anni adolescenziali, la vita
apparentemente perfetta che si era costruito, le difficoltà
di
essere il solo genitore con accanto una figura materna che la morte
ha reso perfetta e intoccabile. Quando a un anno e mezzo Scorpius
aveva rubato un ravanello da sopra il tavolo delle pozioni e
l’aveva
ingoiato intero, rischiando di strozzarsi; Draco è certo che
abbia
iniziato a stempiarsi quel giorno, dalla paura ha perso dieci anni di
vita e un po’ di capelli. Quando è morta Narcissa
e si è
ritrovato solo, totalmente, completamente solo, con un figlio di otto
anni da crescere. Quando, pochi mesi fa, si è reso conto in
maniera
netta e definitiva che quel fagottino minuscolo che poteva tenere in
una mano è diventato un uomo di un metro e ottanta.
Diciassette anni
sono passati in un battito di ciglia e la cosa inizia a fargli paura.
La
Granger ascolta. Che sembra banale a dirsi, ma la
Granger ascolta.
E banale non lo è per niente, perché nessuno hai
mai ascoltato
davvero, prima, con lui. La Granger sa cosa vuole dire, sa cosa
prova, sa come ci si sente. Perché, seppure in una diversa
declinazione, ci è passata anche lei. In modi diversi,
certo, con
sfumature diverse, ma anche lei è sola, travolta dal tempo
che fugge
veloce e che non può controllare. E anche lei gli ha
raccontato
tante cose, così simili al suo vissuto eppure viste da
un’ottica
diversa, più complessa, più sfaccettata, che
Draco non aveva mai
preso in considerazione. Inizia a capire perché Scorpius sia
così
affascinato dal sesso opposto: non gli è mai capitato, prima
d’ora,
di parlare davvero con una donna, e la complessità del suo
pensiero
lo affascina tanto quanto lo turba. O forse non è questione
di
essere donna. Il problema è essere la Granger. Draco pensa
che in un
certo senso sia un grosso, grosso problema.
Hanno
mangiato bene, il signor Charles cucina da dio e c’era anche
un
ottimo vinello casereccio ad accompagnarli. Il sole primaverile
è
stupendo, tiepido e morbido, e fa brillare la chioma della Granger di
sfumature ramate. Coglie qualche capello bianco, sparso qua e
là, e
non riesce a impedirsi di sorridere amaramente;
c’è voluta l’età
e un sacco di brutti momenti per portarli sulle rive del Tamigi a
camminare vicini l’uno all’altra. Non sono assi del
tempismo.
- Novità per le borse di studio?
- Rose sta valutando, è indecisa fra
l’Alaska e il Messico. Dipende se vuole specializzarsi
più nel ramo della magia naturale o nello studio
dell’antica magia atzeca… l’affascinano
entrambe le cose ma è ancora dubbiosa.
- È talmente brava che potrà farle entrambe,
volendo.
- Non penso abbia intenzione di studiare per sempre. Scalpita per
rendersi autonoma, vuole lavorare.
- Immagino, a quell’età è normale.
Scorpius parla di arruolarsi fra i cacciatori di draghi.
- Sì, me l’ha accennato. Caspita, è
incredibile.
- Non sono per niente d’accordo.
La
Granger gli sorride, allo stesso tempo comprensiva e divertita. Sa
cosa sta pensando.
- Hai paura, vero?
- È troppo pericoloso. La faccenda non mi entusiasma affatto.
Si
fermano nei pressi del Millennium Bridge. La Granger poggia la
schiena alla ringhiera osservando gli alberi, lasciandosi accarezzare
dal vento leggero e da quel sole gentile. Per la prima volta dopo
settimane sembra davvero serena.
- È la loro vita. Neanch’io faccio i salti di
gioia all’idea che mia figlia se ne vada a migliaia di
chilometri di distanza, ma… è meglio
così. Se ci pensi noi non abbiamo vissuto una vita che fosse
completamente nostra, c’è stato
qualcos’altro che ci ha messi davanti a certe scelte e ci ha
incanalati in un determinato sentiero, nel bene e nel male. Loro invece
hanno davvero la massima libertà, anche di
sbagliare.
È
vero. Draco non l’aveva mai vista in quest’ottica.
Certo, sa
benissimo quanto l’influenza della sua famiglia, del suo
sangue,
della guerra abbiano giocato un ruolo rilevante, ma non si è
mai
fermato a domandarsi cosa realmente avrebbe fatto della sua vita se
fosse nato in un terreno neutrale, con una tela bianca tutta da
dipingere di fronte a sé. Fa il pozionista perché
gli riesce
facile, ma davvero era quello che avrebbe voluto fare per mestiere? E
se fosse stato portato per la musica, per l’arte? Non
può saperlo
perché non gli è mai stata prospettata questa
possibilità, non era
minimamente contemplabile che un Malfoy potesse fare
l’artista. E
se avesse voluto fare il cacciatore di draghi? Neanche a parlarne,
l’erede di una stirpe così nobile deve
preservarsi, non può
rischiare la pelle in modo tanto smaccato, almeno non prima di aver
generato un erede.
La
sua esistenza è stata costellata di
“non”, e molti li ha
inconsciamente mantenuti. Altri, invece, per fortuna li ha messi da
parte; ad esempio, non è entusiasta all’idea che
Scorpius vada a
sfidare enormi lucertole sputafuoco non perché pensa alla
continuità
del nome, ma semplicemente perché lo ama e lo angoscia
saperlo in
pericolo.
Un
altro esempio è che, secondo tradizione, non avrebbe dovuto
fare
amicizia con una sanguesporco. Non dovrebbe uscire a pranzo con lei,
confidarsi, trovarsi ad ammirare il suo profilo, i suoi occhi scuri,
il suo collo morbido, i suoi capelli profumati. Ma non deve
più
rendere conto a nessuno, se non alla sua coscienza. E quella non ha
proprio niente da obiettare.
È
successo per caso. O almeno, questo è quello che a Draco
piace
raccontarsi. È stato un caso che le si sia avvicinato
così tanto e
che proprio in quel momento lei si sia voltata per guardarlo con i
suoi occhi buoni, profondi, sinceri. È stato un caso che la
distanza
fosse troppo poca per non colmarla istintivamente.
Ormai
è passato un bel po’ di tempo
dall’ultima volta che Draco ha
baciato una donna, e in ogni caso non l’ha mai fatto con
quella
predisposizione, con quel coinvolgimento, con
quell’impazienza, in
pieno giorno, in una zona pedonale piena di gente e probabilmente
anche di maghi, completamente dimentico di nient’altro che
non
siano le labbra morbide della Granger, il retrogusto di vino sul suo
palato, il suo cuore impazzito che sente rimbalzargli contro il
petto. Non ha mai provato la tranquillità assoluta e
avvolgente che
lo riempie, quel senso di pace, di giustezza, di perfezione. Lei lo
stringe, guardandolo stupita, come se le fosse piombato fra le
braccia un regalo prezioso totalmente inaspettato che non sa come
accettare.
E
infatti di colpo si irrigidisce e si allontana, le pupille che si
dilatano colme di paura e di sconcerto. I pensieri le saettano negli
occhi limpidi e crudeli come le frecce tirate da un professionista
spietato. Non può accettarlo. Vorrebbe, ma non
può. Draco è il
padre del ragazzo di sua figlia, e non può rischiare di
sapere come
Rose potrebbe prenderla: è troppo in bilico, troppo
delicata, deve
partire fra pochi mesi, non può crollare di nuovo, non ora.
La
Granger ha già sbagliato nei suoi confronti, non
può permettersi il
benché minimo passo falso. Non può nemmeno
permettersi di scoprire
se effettivamente sua figlia lo riterrebbe un errore o meno.
Un
singhiozzo le sfugge dalle labbra, sorprendendola, ma si ricompone
subito. Draco la implora con gli occhi, ma la Granger è
ormai
abituata: da tutta la vita nasconde i cocci di se stessa sotto il
tappeto per amore altrui.
Gli
stringe la mano e poggia la fronte contro la sua spalla, sospirando.
Draco tende un braccio per accarezzarle la schiena ma lei non gliene
dà il tempo: tira dritto e se ne va.
Perciò
non è certo un caso se non si vedono più.