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Autore: Cardiopath    13/10/2020    0 recensioni
[Joker (2019)]
❝ 𝘞𝘦'𝘭𝘭 𝘯𝘦𝘷𝘦𝘳 𝘨𝘦𝘵 𝘧𝘳𝘦𝘦
𝘓𝘢𝘮𝘣 𝘵𝘰 𝘵𝘩𝘦 𝘴𝘭𝘢𝘶𝘨𝘩𝘵𝘦𝘳
𝘞𝘩𝘢𝘵 𝘺𝘰𝘶 𝘨𝘰𝘯' 𝘥𝘰
𝘞𝘩𝘦𝘯 𝘵𝘩𝘦𝘳𝘦'𝘴 𝙗𝙡𝙤𝙤𝙙 𝙞𝙣 𝙩𝙝𝙚 𝙬𝙖𝙩𝙚𝙧? ❞
Genere: Dark, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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𝐁𝐞𝐠 𝐦𝐞 𝐟𝐨𝐫 𝐦𝐞𝐫𝐜𝐲

𝐀𝐝𝐦𝐢𝐭 𝐲𝐨𝐮 𝐰𝐞𝐫𝐞 𝐭𝐨𝐱𝐢𝐜

𝐘𝐨𝐮 𝐩𝐨𝐢𝐬𝐨𝐧𝐞𝐝 𝐦𝐞 𝐣𝐮𝐬𝐭 𝐟𝐨𝐫

𝐀𝐧𝐨𝐭𝐡𝐞𝐫 𝐝𝐨𝐥𝐥𝐚𝐫 𝐢𝐧 𝐲𝐨𝐮𝐫 𝐩𝐨𝐜𝐤𝐞𝐭

𝐍𝐨𝐰 𝐈 𝐚𝐦 𝐭𝐡𝐞 𝐯𝐢𝐨𝐥𝐞𝐧𝐜𝐞

𝐈 𝐚𝐦 𝐭𝐡𝐞 𝐬𝐢𝐜𝐤𝐧𝐞𝐬𝐬

𝐖𝐨𝐧'𝐭 𝐚𝐜𝐜𝐞𝐩𝐭 𝐲𝐨𝐮𝐫 𝐬𝐢𝐥𝐞𝐧𝐜𝐞

𝐁𝐞𝐠 𝐦𝐞 𝐟𝐨𝐫 𝐟𝐨𝐫𝐠𝐢𝐯𝐞𝐧𝐞𝐬𝐬

 

────◇────

 

Non vedeva Arthur Fleck ormai da settimane, e nella sua mente il distacco improvviso pesava come anni e anni di separazione. Lei ed Arthur non avevano mai ufficialmente dato nome alla loro relazione, ma entrambi si erano fino ad allora sforzati di trascorrere quanto più tempo possibile assieme, traendo reciprocamente conforto dalla compagnia: il tassativo e monopolizzante lavoro di Arthur era un terribile ostacolo, ma nulla che potesse placare la determinazione di un nascente amore che entrambi percepivano quasi come fiabesco. Mai aveva conosciuto dolcezza più accogliente di quella offertale tanto calorosamente da quell'uomo: Arthur continuava a curarsi di lei in maniera totalmente disinteressata, come nessuno per lei aveva mai fatto e ne era diventa tata assolutamente dipendente. Lui aveva bisogno di lei, e lei aveva bisogno di lui – nulla di più, nulla di meno.

Chi l'avrebbe mai detto che l'amore potesse veramente nascere nei posti più improbabili.

Era consapevole che il rapporto quasi simbiotico creatosi tra loro fosse in procinto di sfociare in una dipendenza tossica – e di relazioni tossiche sapeva ben troppo -, ma nemmeno i medicinali che era abituata ad ingerire quotidianamente riuscivano ad assicurarle il sollievo che provava quando Arthur anche solo le stringeva la mano. E lui aveva dato adito ai suoi sentimenti tanto quanto lei, rendendo palese il suo incondizionato affetto con azioni e parole: lei era diventata il pilastro portante della sua esistenza, gli aveva dato forza quando il mondo lo aveva lasciato sanguinante ai bordi di un marciapiede, schiacciato dal peso dell'odio verso se stesso. Il solo pensiero di poterla vedere a fine giornata era abbastanza per non lasciarsi affogare nella tragedia che la sua vita era diventata.

Faceva tesoro dei sorrisi, dei momenti di leggerezza e spensierata allegria tanto quanto dello sconforto, della più misera disperazione condivisa reciprocamente, in modo da alleviarne le bastonate. Come poteva mai meritarsi tanta gentilezza quando nella sua vita aveva solo conosciuto violenza e rifiuto? Prima da sconosciuti, poi dalla sua stessa madre e ancora da colui che aveva scoperto essere l'unica pretesa di figura paterna a cui poteva appigliarsi. Gli aveva fatto così male - lo sdegno che colmava gli occhi di chiunque incrociava il suo sguardo era prima stato intollerabile, persino peggio dei colpi inflittigli innumerevoli volte sulle magre braccia, sul costato, in faccia. Ma anche quel disgusto quotidianamente riservatogli dalla folla gli era diventato familiare col passare degli anni.

Aveva finalmente scoperto che l'unica persona la cui risata contava veramente gli era accanto, giunta all'improvviso, quando meno se lo aspettava - che ilare scherzo del destino - e avrebbe dato qualunque cosa per scappar via con lei per nasconderla e salvarla da quella miseria, in un mondo lontano dall'ingiustizia e dalla cattiveria, un mondo fatto apposta per due. Prima di conoscerla, prima di incontrare il suo pallido raggio di sole, aveva faticato a mantenere il suo sorriso intatto, ad andare aventi quando qualsiasi senso dell'orientamento possedesse era venuto meno, a vivere e sopravvivere nella folla di maschere ed occhi di ghiaccio perennemente semichiusi. Tutti sembravano aver perso il lume della ragione tranne lui.

Ma più che mai grazie a quel fatuo ed inaspettato incontro con una singolare anima affine, aveva capito che per vivere in quel mondo utopico che tanto desiderava, avrebbe dovuto crearselo - se Gotham riusciva ormai a comprendere ed ascoltare solo la violenza, violenza è ciò che avrebbe avuto.

-

"Non muoverti, rendi tutto più difficile così." provò a rimanere seria, ma uno sghignazzo le proruppe dalle labbra guardando il volto di Arthur contorcersi in smorfie esageratamente drammatiche.

Seduto sul suo sgabello, lui sorrise, ma con uno sguardo giocoso continuò con le sue buffonate mentre lei guidava il pennello sul suo volto tra risatine e sciocchi battibecchi. Infine gli diede un bacio:

"Vai e mostragli quanto vali."

"Li stenderò tutti."

-

Gotham finalmente lo vedeva, riusciva a vedere il vero lui, la sua miserabile e tragicomica esistenza che non era più la sua, ma quella dell'intera città.

Le maschere della folla si erano fuse in un unico volto, l'unica maschera in simbolo.

C'era solo voluta una piccola spinta e quello sporco e malato sistema era collassato sotto il peso della verità, assaltato al suon di un grido di giustizia più potente di qualsiasi politico corrotto, più amaro di ogni promessa infranta e più sanguinoso di qualunque.

Era l'urlo della vendetta, il richiamo della rivolta e soprattutto, l'inizio della fine.

-

Strinse una mano sulla bocca come a evitare che il prorompente urlo di dolore riuscisse a squarciare il silenzio. I suoi occhi sgranati erano puntati sul televisore e minacciavano di scoppiare in un sonoro pianto, fomentati da un incredulo senso di orrore che le cresceva in petto man mano che le inquietanti immagini si susseguivano sullo schermo. Quello che vedeva davanti ai suoi occhi non era che un fantasma che, era sicura, sarebbe presto tornato a tormentarla.

-

Uno, due, tre colpi alla porta chiusa a chiave.

Le strade non erano sicure, gli appartamenti potevano esserlo ancor meno.

Non voleva aprire la porta – no, no, no, no, no, no –, era terrorizzata, tremava, chi poteva mai essere? A quell'ora chi mai poteva volere qualcosa da lei – lei che solitamente era tanto ostracizzata - se per il vicinato era norma evitare il suo uscio – l'uscio della pazza -come fosse una piaga?

Ancora un colpo, non forzato, lieve come gli altri tre.

In preda al panico si avvicinò in punta di piedi alla porta, cercando di non far rumore. Spiò dall'occhiello e ciò che vide la fece rabbrividire: un uomo, un uomo il cui volto pur ricoperto di cerone e sangue e pittura colorata riconobbe immediatamente. No, no, no, no-

Sorrideva, uno di quei suoi sorrisi sgargianti, che solo poche altre volte aveva potuto ammirare. Il vermiglio sorriso che gli si stendeva in volto appariva ora quasi grottesco così fuori posto su quell'accecante volto bianco. Eppure i suoi occhi - così brillanti e speranzosi, come poteva lasciarlo lì fuori? L'uomo che pensava di aver amato così tanto? L'uomo con cui aveva condiviso così tanto?

Era spaventata, era confusa e, soprattutto, indecisa sul da farsi. Arthur – o almeno chiunque fosse quell'uomo alla porta che una volta era stato il suo amato Arthur – non le avrebbe mai fatto del male, mai; ma come poteva fidarsi di lui, di Joker, dopo tutte le verità nascoste e settimane di silenzio? Settimane di silenzio compensate solo dagli agghiaccianti aggiornamenti del telegiornale, l'unico mezzo rimastole per avere notizie dell'uomo che credeva esser stato speciale.

Un altro tocco, un risolino, un sussurro del suo nome.

"Lo so che ci sei, fiorellino – apri la porta, sono qui per te."

Quelle parole, pronunciate con una smielata dolcezza che quasi la nauseava, le gelarono il sangue. Decise di chiamare il suo nome, il suo vero nome, da uomo ormai morto e sepolto, sperando disperatamente di suscitare una qualche reazione che potesse farla sperare che forse Arthur fosse ancora lì con lei. D'altronde, sapeva che non avrebbe più potuto nascondere la sua presenza e temeva che presto quell'imprevedibile uomo che bussava alla sua porta avrebbe perso la pazienza. Ciò che ricevette in risposta al suo tentativo di parlare con Arthur e non con quel mostro che si faceva chiamare Joker, fu una prorompente risata.

"Su, fiorellino" riuscì ad articolare tra uno sghignazzo e l'altro: "sono impaziente di vedere il tuo splendente sorriso, non sai quanto mi è mancato." canzonò appoggiandosi alla porta con uno sguardo sognante – era certa che qualunque cosa gli fosse successa, quell'uomo aveva ormai perso ogni contatto concreto con la realtà e ciò la spaventava non poco.

Prese la decisione al tempo stesso più incosciente e coraggiosa di tutta la sua vita, spinta anche dal terrore di ciò che le sarebbe potuto succedere se avesse finito per suscitare l'ira di quell'individuo ormai pericolosamente instabile: con una risolutezza che non sentiva affatto in cuor suo, aprì la porta.

L'uomo fece un passo indietro e, vedendo finalmente il volto del suo adorabile fiorellino, proruppe in un sorriso tanto genuino quanto preoccupante. Colmò poi la distanza tra i due corpi e, chiudendo la porta alle sue spalle, strinse la donna tra le sue braccia in una morsa che parve quasi asfissiarla. Per un attimo, ascoltando l'impetuoso battito del cuore di Joker ed il suo incostante respiro, quasi riconobbe in lui l'ombra del suo ormai amante scomparso.

L'illusione venne presto spezzata dal suo crescente panico che, come una serpe, si attorcigliava al suo stomaco e offuscava i suoi pensieri: respirare, in quella stretta opprimente, diventava sempre più difficile e quasi le sembrò di iniziare a fluttuare, non riuscendo più a toccare il pavimento. Provò a parlare, a pregare di liberarla, ma i suoi gemiti le morirono in gola.

Quando l'uomo allentò la morsa sembravano ormai passati secoli e la sua scura espressione non fece altro che fomentare la terribile sensazione di trovarsi sull'orlo del precipizio, a pochi secondi dal perdere l'equilibrio e precipitare nell'oscurità.

"Ho bisogno- le pillole- io-" affannò disperatamente, tra un gemito e l'altro. Ma l'uomo non si mosse e continuò a fissare il suo volto come se fosse la più maestosa tra le opere d'arte che avesse mai visto. Poi sorrise, e mai nella sua vita le fece desiderare tanto di cancellare quello stupido ghigno dalla sua faccia, di rubare quell'allegria a suon di pugni e insulti.

"Arthur- Lascia- Lasciami andare" provò ad allontanarsi spingendo contro il petto dell'uomo, ma ogni suo sforzo fu inutile – le braccia tremavano incontrollabilmente e più i minuti passavano, più si sentiva esausta.

"Dopo tutto quello che ho passato per ritrovarti, come potrei lasciarti andare ora?" e mentre sussurrava questa ed altre moine nel tentativo di calmarla, una sua mano iniziò ad accarezzarle il volto, asciugando le lacrime cha avevano cominciato a rigarlo.

"Su, su – ora va molto meglio, no?" canzonò, come stesse parlando ad una bambina: "che ne dici di mostrarmi un bel sorriso ora, eh?"

Prima ancora che potesse realizzare cosa stesse succedendo, l'uomo prese le mani della ragazza tra le sue e le poggiò sul suo volto, sporcandole di pittura e-

sangue?

Intontita, realizzò troppo tardi le intenzioni dell'ormai rinomato criminale e non potette che trasalire quando le sue stesse mani, ormai macchiate di quel vermiglio liquido, iniziarono a tracciare sotto i comandi dell'uomo un largo sorriso sulla sua faccia. Era nauseata.

"Sei bellissima."

Quel bacio inaspettato, quella violenza che si mascherava da passione, fece scattare qualcosa di improvviso nel cuore della ragazza: il pianto si tramutò in isteria, poi in risate e ancora in convulsi gemiti , alternati a sghignazzi raggelanti. Un senso di profonda apatia inizò a pervaderla, al punto tale che non riuscì più a riconoscere nemmeno cosa fosse reale e cosa no. Accarezzò il volto di quel mostro e danzò con lui sulle note di una melodia maledetta, mentre ancora le lacrime si confondevano coll'acuto squillio delle risate. Quella frenetica e scanzonata melodia pervase completamente la sua mente, quasi automatizzando i suoi movimenti - nemmeno si accorse di avere una pistola in mano.

"Raccontami una barzelletta, Arthur."

 

────◇────

𝐖𝐞'𝐥𝐥 𝐧𝐞𝐯𝐞𝐫 𝐠𝐞𝐭 𝐟𝐫𝐞𝐞

𝐋𝐚𝐦𝐛 𝐭𝐨 𝐭𝐡𝐞 𝐬𝐥𝐚𝐮𝐠𝐡𝐭𝐞𝐫

𝐖𝐡𝐚𝐭 𝐲𝐨𝐮 𝐠𝐨𝐧' 𝐝𝐨

𝐖𝐡𝐞𝐧 𝐭𝐡𝐞𝐫𝐞'𝐬 𝐛𝐥𝐨𝐨𝐝 𝐢𝐧 𝐭𝐡𝐞 𝐰𝐚𝐭𝐞𝐫?

 

𝐓𝐡𝐞 𝐩𝐫𝐢𝐜𝐞 𝐨𝐟 𝐲𝐨𝐮𝐫 𝐠𝐫𝐞𝐞𝐝

𝐈𝐬 𝐲𝐨𝐮𝐫 𝐬𝐨𝐧 𝐚𝐧𝐝 𝐲𝐨𝐮𝐫 𝐝𝐚𝐮𝐠𝐡𝐭𝐞𝐫

𝐖𝐡𝐚𝐭 𝐲𝐨𝐮 𝐠𝐨𝐧' 𝐝𝐨

𝐖𝐡𝐞𝐧 𝐭𝐡𝐞𝐫𝐞'𝐬 𝐛𝐥𝐨𝐨𝐝 𝐢𝐧 𝐭𝐡𝐞 𝐰𝐚𝐭𝐞𝐫?

 

 

𝐖𝐡𝐞𝐧 𝐭𝐡𝐞𝐫𝐞'𝐬 𝐛𝐥𝐨𝐨𝐝 𝐢𝐧 𝐭𝐡𝐞 𝐰𝐚𝐭𝐞𝐫

𝐖𝐡𝐞𝐧 𝐭𝐡𝐞𝐫𝐞'𝐬 𝐛𝐥𝐨𝐨𝐝 𝐢𝐧 𝐭𝐡𝐞 𝐰𝐚𝐭𝐞𝐫

 

   
 
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