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Autore: LatazzadiTea    15/10/2020    8 recensioni
Dal testo: Violet era la persona più sola che avesse mai conosciuto, per questo andava protetta. Invece, accecato dalla propria arroganza Dietfried l'aveva presa e strappata alla sua terra, pagando quella scelta disumana con la vita dei suoi uomini. Così, comprendendo solo troppo tardi la gravità di quell'errore, al fratello non era rimasto altro che sbarazzarsene.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Claudia Hodgins, Dietfried Bougainvillea, Gilbert Bougainvillea, Violet Evergarden
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Cap.7

La tempesta.


Più tardi, Violet non fu in grado di spiegarsi cosa fosse accaduto e in che ordine, l'unica cosa di cui aveva la certezza era il battito accelerato del suo cuore nel petto. Non aveva mai baciato un uomo, ma non era turbata. Ne tanto meno pentita, malgrado avesse osato farlo solo in preda alla disperazione del momento. Aveva promesso a se stessa di non cedere mai a quel bisogno, ma aveva perso. La cosa positiva era stata capire cosa avesse iniziato a provare veramente per lui, sebbene l'arcano da svelare ora fosse un altro. Avere pietà di qualcuno era una valida ragione per baciare una persona a quel modo, si domandò la ragazza, portandosi come d'abitudine la preziosa spilla di smeraldo alle labbra.

L'aveva davvero compatita, dispiacendosi per lei e la sua situazione? O c'era di più? Qualsiasi cosa fosse si disse Violet, era un problema per entrambi, visto che si erano lasciati senza dirsi una parola quand'era fuggita senza dargli spiegazioni. Non riusciva a pensare ad altro che al suo sguardo sofferente così pieno di domande, domande a cui non avrebbe saputo come rispondere dal momento che se amare due persone era possibile, allora lo amava. Non aveva strumenti per valutare la differenza fra quello che provava per Dietfried nel presente, con ciò che aveva sentito per Gilbert in passato.

Erano le persone a cui quei sentimenti erano rivolti a essere diverse, non ciò che provava per loro. Era così, dunque? Doveva smettere di pensare a Gilbert e accettare che al suo posto, ci fosse Dietfried adesso? Violet scorgeva l'uomo che era dietro la maschera che usava indossare per difendersi, ed era un uomo dolce, tenero e affettuoso quello che vedeva. Qualcuno capace di accoglierla fra le braccia, piangendo con lei nel silenzio di un segreto che non avrebbe mai rivelato, né tradito. Il Dietfried che continuava a visitare le famiglie dei marinai che lei stessa aveva ucciso, donando loro denaro perché costantemente oppresso dal rimorso. Quei ricordi così lontani non suscitavano in lei più nessuna emozione ora: ripensandoci, era come vivere in sogno la vita di qualcun altro.

Per quanto si sforzasse, gli anni oscuri della sua infanzia si riducevano a una sola odiosa parola: uccidi! Un ordine diretto, esplicito e terribile, emanato da qualcuno di cui ormai non aveva più memoria. Il passato era passato: chi o cosa si era stati in precedenza non contava, questo le aveva sempre detto il suo Maggiore. Dopo la guerra infatti, il suo unico obbiettivo era stato quello di vivere in cerca di quella felicità che lui si era augurato che trovasse, sebbene fosse certa di non averla mai provata.

C'era dell'irrisolto nella sua vita, sapendo benissimo di aver cercato il volto di Gilbert in quello del fratello, così come il suo sguardo e la sua voce. Ma più lo faceva, più lui le sfuggiva, svanendo a poco poco davanti i suoi occhi. L'uomo che era riuscito ad amarla in quel mondo esploso e in fiamme, pensò ancora, malgrado l'avesse restituita alla vita a costo della sua, non era mai riuscito a stringerla tanto forte. Non quanto era stato capace di fare Dietfried nonostante forse, ancora la odiasse. No! Gridò a se stessa, cercando di scacciare quell'idea malsana dalla mente. Non era possibile che nutrisse ancora odio nei suoi confronti; Dietfried provava altro per lei, glielo aveva letto negli occhi mentre lo baciava. Doveva tornare in quella stanza per chiarire, pensando che se l'aveva assecondata non era stato per pietà o per compassione. Così, facendosi coraggio si alzò dal letto senza esitare, allontanando dal viso arrossato i cuscini tra cui aveva pianto per scappare da se stessa e da ciò che sentiva per lui.

Era determinata a crescere, ad aprire un nuovo capitolo della propria vita benché fosse chiaro che non avrebbe mai cancellato Gilbert dal suo cuore. Ma appena uscì dalla porta della sua stanza, l'inaspettata visita di qualcuno mutò il suo intento sul nascere. Come in una visione ovattata Violet vide una donna uscire dalla camera di Dietfried, una presenza così delicata ed eterea da dare quasi l'impressione che fluttuasse mentre si muoveva verso di lei nel suo elegante vestito color porpora. Violet notò che la bellissima ospite del Capitano possedeva splendidi occhi nocciola a mandorla e labbra perfette, inespressive e rosse come quelle di una bambola di porcellana.

Ma chi era? E che ci faceva una donna del genere in quella casa, in un momento come quello? La brutta sensazione che la colse in quell'istante la raggelò. Lo sguardo freddo e sprezzante della misteriosa dama uscita dalla camera da letto di Dietfried la colpì allo stomaco quando capì chi potesse essere e cosa volesse. Restarono solo poco a fissarsi, poi fu la Signora Bougainvillea a intervenire, presentando le due ragazze l'una all'altra.

"Contessa Largflower, lei è Violet, la giovane Bambola di scrittura automatica che ha assistito il mio Dietfried...", le spiegò l'anziana.

"Molto piacere, sono Lady Abelia, la fidanzata del Capitano Bougainvillea. ", ci tenne a puntualizzare la donna, squadrandola dall'alto in basso come avrebbe fatto con un cane randagio.

"E come sta ora?", volle sapere Violet preoccupata.

"Dormiva quando sono entrata... È stato il dottore ha dirmi come ti chiami e quanto sei stata preziosa: io e la Signora Bougainvillea non ti ringrazieremo mai abbastanza per quello che hai fatto per il mio futuro marito.", enfatizzò tronfia la giovane donna.

"Ho fatto solo il mio dovere...", rispose Violet.

"Ovviamente! Mi hanno detto che eri venuta qui solo per scrivere lettere, ma a quanto pare sei anche un ottima infermiera: prenditi ancora cura di lui allora, ti prego... La prossima settimana ci sarà una festa molto importante a casa nostra, e desidero che almeno, il mio Dietfried si regga in piedi!", aggiunse l'altra, ridacchiando senza il minimo tatto.

"In realtà io, domani lascerò la Villa. Sono spiacente mi creda, ma sono certa che una settimana sarà più che sufficiente perché il Capitano si riprenda completamente anche senza le mie cure...", aveva replicato Violet, congedandosi dalle due donne in fretta e con un lieve inchino.

Per un istante Violet si chiese se quella donna all'apparenza tanto fragile ed elegante, avesse lo stesso cuore di pietra del Dietfried che aveva conosciuto tanti anni prima. Non si era affatto preoccupata di lui, semmai, ciò che le premeva era non essere messa in imbarazzo alla sua festa. Era la classica donna alla moda dell'alta società di Leiden, eppure, Violet la trovava eccessiva. Troppo civettuola e vanesia per accompagnarsi a un uomo serio e tutto di un pezzo come lui, concluse.

Stringendosi la spilla di smeraldo più forte al petto, Violet sospirò. Fra loro non avrebbe mai potuto esserci altro che un rapporto di complicità e reciproca comprensione, si disse. Quei baci erano stati un errore, era vero. Un terribile sbaglio di cui non si sarebbe mai pentita si disse, tornando quasi inconsapevolmente in quella stanza. Dietfried sembrava dormire ancora profondamente; era pallido, ma sereno notò, appoggiandogli le labbra sulla fronte per sincerarsi che la temperatura fosse veramente scesa.

"Sei qui, finalmente...", mormorò Dietfried, risvegliandosi al suo tocco.

"Sono solo io Capitano, Violet!", gli rispose, pensando che l'uomo stesse cercando Abelia e non lei.

Violet notò la sorpresa sul suo viso. Erano a pochi centimetri l'una dall'altro e lui le cinse la vita con un braccio, obbligandola a sedergli accanto sul letto.

"Solo tu? Che vuol dire, chi altri pensi che stessi aspettando?", volle sapere Dietfried confuso.

"La signorina Largflower ad esempio, è appena uscita dalla vostra camera...", rispose la ragazza arrossendo.

"Non vedo Abelia da tre mesi, Violet. Se è qui, è senz'altro per via di mia madre.", disse l'uomo con un espressione del tutto stupefatta sul volto.

Non si sarebbe mai aspettato una simile reazione da parte della madre, mai. Si era accorta del trasporto che aveva per Violet ed era intervenuta per salvarla dalle sue grinfie? Da quando aveva una così bassa opinione di lui? Tuttavia, ripensandoci Dietfried non poteva darle torto. Aveva sempre trattato le donne come pacchi postali, per usare un eufemismo, con cura e mille attenzioni fino al giorno della "spedizione", per poi dimenticarsene completamente dopo. Donne di cui non ricordava né il volto né il sapore, tranne che per le conoscenze politiche o le importanti parentele che potessero avere. Come nel caso di Abelia, che era figlia di un uomo tanto influente quanto corrotto da poterlo aiutare a scoprire che fine avesse fatto davvero suo fratello. Cosa che, naturalmente, non avrebbe potuto dire a nessuno finché Gilbert non si fosse deciso a tornare.

Era veramente stanco di nascondersi dietro quella facciata di compiacente e irriverente freddezza: piangere gli aveva fatto bene, e doveva ringraziare una sola persona per questo, Violet.

"Devo andare!", reagì la giovane.

"No! Ti prego, resta.", la supplicò lui, cercando di trattenerla al suo fianco.

"Non credo che la Signora approvi: se ci vedesse insieme come è accaduto poco fa', sono certa che non capirebbe...", replicò lei, cercando di sfuggirgli.

"Non c'è nulla da capire Violet, hai solo ceduto allo sconforto, tutto qui.", cercò di convincerla Dietfried.

Cosa voleva da lei allora? Perché la costringeva a rimanergli accanto impedendole di andarsene come se temesse di perderla per sempre? Violet si morse un labbro, cercando di scacciare le emozioni che il ricordo di quei baci le suscitavano ogni volta che ci pensava. Al contrario di lui, che sembrava improvvisamente diventato più razionale, quando di razionale e controllato fra loro non c'era mai stato niente. Dietfried la stava salvando da se stessa, era chiaro. Malgrado ciò, Violet provò ugualmente una sensazione di tristezza e privazione all'idea che lui avesse minimizzato, rilegando tutto a una semplice debolezza del momento benché in parte fosse vero. Se le cose stavano così allora, anche lui aveva avuto un cedimento, pensò.

"È vero, non avrei dovuto. Per questo chiederò alla Signora di scrivere la nostra ultima lettera, oggi stesso... Non posso più restare in questa casa Capitano, lo capisce vero?", ammise Violet, sicura di avergli chiarito bene la sua situazione.

"Che stai dicendo, ragazzina? Che prima o poi, l'avresti fatto comunque?", fu la reazione sorpresa di Dietfried.

Ora era lei a non sapere cosa rispondere. Ecco che veniva fuori la sua totale inesperienza in quelle cose, soprattutto perché una persona normale avrebbe saputo come gestire le emozioni da cui veniva travolta. Cos'era più giusto fare in quei casi? Mentire, o dire la verità?

"Non credo, non penso che avrei mai trovato il coraggio... ", disse semplicemente Violet.

"Proprio così, vedi? So' come ti senti riguardo a Gilbert: sei arrabbiata, e lo capisco. E la frustrazione che provi nel non sapere se sia vivo o morto, peggiora le cose... Manca molto anche a me, quell'idiota! Ma lo troveremo, vedrai. E se non ci darà una bella spiegazione, giuro che lo prenderò personalmente a calci nel di dietro!", rispose Dietfried con un groppo in gola.

Dietfried non era riuscito a trattenere il pianto, nascondendosi il volto fra le mani per dare libero sfogo allo stesso dolore che anche lui provava. Del resto, Violet lo seguì a ruota, pur restando mestamente in silenzio mentre lo sentiva singhiozzare per il fratello per la prima volta da che aveva saputo ch'era morto. Se la l'avesse visto, la Signora Bougainvillea avrebbe gioito di quelle lacrime si disse Violet, decidendo di andarsene. Di sicuro Dietfried aveva bisogno di stare solo adesso: non era più un ragazzino, ma un uomo fatto; orgoglioso com'era non avrebbe tollerato di essere osservato e compatito da qualcuno in quel momento. Così, quando lui non provò a fermarla, Violet decise di rifugiarsi nella sicurezza della propria stanza per decidere cosa fare riguardo a Gilbert.

La pista sul campo di prigionia nemico si era rivelata un immenso buco nell'acqua, e questo malgrado Dietfried e i suoi uomini avessero investigato e rischiato parecchio per ottenere delle informazioni, si disse. Era un uomo troppo intelligente per perdere tempo a quel modo, investendo tempo e denaro in un progetto tanto incerto quanto infruttuoso. Qualcosa doveva pur avere attirato la sua attenzione per spingerlo a continuare su quella strada, cos'era andato storto allora? Le era sembrato così sicuro mentre ne parlava, tanto da riaccendere una speranza ormai spenta in lei, e poi, in due parole liquidato tutto? Come se mesi di ricerche, lavoro fatto e tempo speso, fossero irrilevanti?

Cosa le nascondeva allora? Si domandò, riflettendo sulle sue parole. Ora che ci pensava, Dietfried parlava di Gilbert al presente, come se sapesse di lui qualcosa che a lei sfuggiva. Gli aveva dato del pazzo e dell'idiota quasi pensasse di poterglielo sul serio dire in faccia, mentre lo prendeva veramente a calci. Com'era possibile? Se era così convinto che Gilbert fosse vivo, al punto d'averne la certezza, che prove aveva al riguardo? Non era possibile, stava sbagliando. Correva troppo con la fantasia, si convinse Violet per calmarsi. Dietfried non le avrebbe mai mentito, non su una cosa tanto importante e vitale per entrambi.




Hodgins tossì rumorosamente, cercando di placare gli animi: la situazione alla società postale stava decisamente degenerando. Cattleya aveva indetto una riunione con le ragazze e Benedict proprio nel suo ufficio, affinché spiegasse a tutti cosa stava per succedere a Violet. Tranne che per lei, nessuno di loro aveva saputo del Maggiore Gilbert sin dal principio. Lo avevano scoperto in seguito grazie a Erika, che un giorno, per caso, lo aveva visto entrare a casa di Hodgins spaventandosi al punto da pensare di aver visto un fantasma. Era stato quest'ultimo a confessarle che Gilbert si recava a Leiden almeno una volta al mese da che era sparito, al solo scopo di osservare Violet da lontano e tenerla d'occhio. Iris e Benedict - pur faticando a mantenere il segreto - ne erano venuti a conoscenza solo perché Erika, innamorata di Benedict, non era riuscita a tacere confessando tutto al giovane. Hodgins li aveva poi chiamati tutti all'appello, supplicandoli di rispettare la volontà di Gilbert, affinché Violet proseguisse da sola il duro percorso di crescita che l'aspettava senza di lui.

"È disumano! Abbiamo visto tutti Violet soffrire... Come la prenderà quando saprà che l'abbiamo ingannata, mentendole per tutto il tempo?". esordì Iris, profondamente arrabbiata.

"Prima o poi verrà a saperlo, non possiamo più continuare quest'inutile farsa! Gilbert mi ha chiesto di mandarla da lui, e a questo punto non ho scelta... Piuttosto, prepariamo a correre ai ripari spiegandole le nostre ragioni, sono certo che Violet capirà se l'affronteremo tutti insieme.", aggiunse Hodgins altrettanto alterato.

"Perché dovremmo? Dov'è il Maggiore? Perché non viene di persona? È lui che dovrebbe farlo, non noi o qualcun altro!", obbiettò innervosito Benedict.

Erika accarezzò il braccio del ragazzo per calmarlo, aggiustandosi gli occhiali sul naso com'era solita fare quando rifletteva su qualcosa. Era stata la prima a sapere la verità, e doverla tacere pur vedendo l'amica piangere ogni giorno era stato snervante; Violet aveva il diritto di sapere quanto lo avevano loro di liberarsi di quel peso insopportabile. In quei lunghi quattro anni erano stati una famiglia, e come una famiglia avrebbero agito, aiutando Violet ad accettare di essere stata lasciata da Gilbert solo per il suo bene.

"Ovviamente ci saremo sempre per lei: è la nostra sorellina. Ma la penso come Benedict, dovrebbe essere il Maggiore Bougainvillea ad affrontarla per primo, capo.", ne convenne Erika, in sintonia col giovane compagno.

"E va bene, contatterò Gilbert! Ma nel frattempo, se siete tutti d'accordo, andrò a riprendermi Violet a casa Bougainvillea... ", annunciò Claudia.

Hodgins intuì la risposta dalle espressioni più rilassate e l'improvviso silenzio che calò nel suo ufficio: era ora di agire, e detto fatto, alzò la cornetta del telefono.


 
   
 
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