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Autore: L S Blackrose    29/11/2020    2 recensioni
Quello che era iniziato come un normale viaggio post diploma si era presto tramutato in un incubo. Era successo tutto in un istante, un singolo attimo che aveva cambiato per sempre il corso degli eventi. Per quanto Isabella Swan non avesse mai pensato seriamente alla propria morte, di certo non credeva che avrebbe incrociato così presto il suo cammino. Né che sarebbe stata salvata da qualcuno molto più temibile della morte stessa. Un qualcuno che aveva il potere di donarle una nuova vita e di togliergliela altrettanto facilmente.
*
« Finalmente! » esclamò Tanya, sparendo in un lampo. Si diresse verso il limitare della radura, dov'era appena spuntato qualcun altro. Non appena lo misi a fuoco, un sibilo mi scivolò tra i denti. I miei occhi vennero calamitati da uno sguardo dorato, nel quale lessi lo stesso stupore che dovevo avere dipinto in viso. Tanya si lanciò verso il nuovo arrivato, che la afferrò con prontezza e si lasciò abbracciare. Mentre scambiava qualche parola con lei, tuttavia, il suo sguardo rimase incatenato al mio.
Era il vampiro della sera prima, quello che mi aveva inseguita fino alla costa. E il suo nome era...
« Cara Isabella, ti presento Edward Cullen ».
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clan Cullen, Clan Denali, Edward Cullen, Isabella Swan, Volturi | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nessun libro/film, Contesto generale/vago
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Capitolo 5


Running with the demons






Recensioni


 

Quell’autocontrollo formidabile che tutti mi invidiavano stava per andare in fumo.

Strinsi i denti, concentrandomi sulle parole pazienti di Eleazar ed escludendo il resto dei presenti. In modo particolare un certo vampiro dai capelli ramati che quel giorno era deciso a mostrarsi estremamente fastidioso.

Come ogni pomeriggio ci trovavamo tutti riuniti dietro la baita, impegnati nell'allenamento. Spronata da Eleazar e Kate, poco prima avevo rilevato dei sottili miglioramenti rispetto al giorno precedente: ero finalmente in grado di separarmi dallo scudo, ma soltanto per brevi momenti. Forse sarei riuscita a controllarmi abbastanza da liberarmene per più tempo, se non fosse stato per le continue provocazioni da parte di Edward. Avevo i nervi a fior di pelle, tanto che pensavo sarei esplosa da un momento all'altro, saltandogli addosso e mirando alla giugulare. Lui non era capace di leggermi nel pensiero, quindi non sarebbe riuscito a schivarmi in tempo e io mi sarei presa una piccola rivincita. Non intendevo fargli male...non troppo, almeno. Solo una piccola dimostrazione di cosa stava rischiando, pungolandomi a ripetizione con le sue frasi condiscendenti e con i suoi irritanti commenti...

Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo per placare l'impulso vendicativo, ma quando riaprii le palpebre mi ritrovai davanti il volto di Edward. Si era spostato in fretta – come avevo potuto notare in precedenza, era molto più veloce degli altri vampiri – e ora mi stava di fronte, un sorrisetto ironico sulle labbra. «Ti serve maggiore concentrazione, Isabella. Non ti stai impegnando a sufficienza».

Strinsi gli occhi e tentai di convincermi che azzannarlo non fosse affatto un'opzione allettante come mi sembrava in quell'istante. Avrei allarmato gli altri e rischiato di far loro del male involontariamente, se avessero deciso di frapporsi tra noi. Ero sicura che l’intento bellicoso fosse chiaramente inciso nella mia espressione, eppure Edward non diede segno di aver fiutato il pericolo. Sempre restandomi incollato, invadendo di proposito il mio spazio personale, cominciò a camminarmi intorno in stretti cerchi. Quasi fosse un avvoltoio pronto a piombare su di me non appena avessi dato segni di resa.

«Provaci di nuovo, Bella», mi incoraggiò Kate, mentre lanciava uno sguardo chiaramente perplesso ad Edward. Grazie al cielo non ero la sola a trovare bizzarro il suo comportamento!

Strinsi i pugni contro i fianchi, gli occhi strizzati per la concentrazione. Se fossi stata umana, probabilmente sarei stata ricoperta di sudore a quel punto. Tornai a saggiare i contorni labili dello scudo, visualizzandolo nella sua interezza e provando a sciogliere con cautela un lembo alla volta, finché quella sorta di barriera elastica non si staccò completamente dalla mia testa.

«Andiamo, Isabella. Non può essere così difficile», sentii dire ad Edward, un borbottio che per un momento minacciò di farmi perdere la presa sullo scudo.

È Bella, non Isabella! Per quanto tu sia affascinante, sappi che sto davvero meditando di saltarti alla gola. Ti ho detto mille volte di usare il diminutivo, vampiro insopportabile...

«...che non sei altro», completò lui ad alta voce, il tono diviso tra stupore e divertimento.

Turbata dalle sue parole, persi la concentrazione e il mio scudo rimbalzò indietro, tornando al proprio posto con uno schiocco. Intercettai lo sguardo di Edward e notai che sembrava a propria volta incredulo. «Ti ho sentita. È stato solo per un attimo, ma sono riuscito a superare lo scudo e afferrare uno stralcio di pensiero».

Sembrò voler aggiungere qualcos'altro, ma venne interrotto da Eleazar, che si avvicinò a me accennando un applauso. «Ben fatto, Bella. Sciogliere la presa dello scudo era il passaggio più difficile dell'allenamento. Vedrai che proiettarlo verso l'esterno sarà un gioco da ragazzi, in confronto».

Anche Kate si complimentò con me, poi scoccò un'occhiata ironica a Edward. «Con tutte quelle provocazioni, temevo che Bella ti avrebbe aggredito. Io l'avrei fatto», ammise, suscitando una risata da parte del vampiro.

Lui non aveva ancora staccato lo sguardo dal mio. «Credo ci sia andata vicina. Dico bene, Bella?».

Parlai a denti stretti. «Te l'ho già detto: stai rischiando parecchio e non te ne rendi nemmeno conto».

Lo sguardo di Edward si velò di malizia. «Però mi trovi affascinante, oltre che irritante», mormorò, con un tono talmente basso che riuscii a udirlo a fatica.

Maledizione, credevo avesse afferrato soltanto l'ultima parte di quel pensiero! Mi misi immediatamente sulla difensiva, assicurandomi che lo scudo fosse ben saldo al proprio posto.

Edward parve cogliere il mio disagio, ma invece di mostrarsi pentito per quell'intrusione della mia privacy, sfoggiò un enorme sorriso compiaciuto.

Scorsi l'occhiata dubbiosa che Kate inviò a Eleazar, e mi sentii invadere dalla vergogna e da un acuto senso di colpa. Avevo giurato a me stessa che avrei fatto il possibile per tenere Edward a distanza, fuori dai miei pensieri, per non rischiare di ferire in qualche modo i sentimenti di Tanya. Cosa sarebbe accaduto se la matriarca fosse venuta a conoscenza della mia predilezione per Edward, o se avesse frainteso il suo interesse nei miei confronti? Lui continuava a ronzarmi intorno, ed ero cosciente lo facesse soltanto perché era incuriosito dalla mia abilità di bloccare il suo dono. Ma se Tanya avesse interpretato in modo errato le attenzioni che lui mi dedicava? Di certo ci sarebbe rimasta male, avrebbe potuto sentirsi tradita, e io non volevo rischiare di ferirla.

Il tormento e l'irritazione divennero difficili da dissimulare. Dovevo allontanarmi da lì, prendermi del tempo per riflettere in solitudine. Il più lontano possibile da Edward Cullen.

Dominai a fatica le mie emozioni e rivolsi un sorriso rassicurante agli altri vampiri. «L'allenamento mi ha messo un certo appetito. Credo che andrò a caccia», affermai, prima di scagliarmi come una freccia in direzione della foresta. Non prestai attenzione alle loro repliche: mi focalizzai sulla corsa e lasciai sfumare il resto dei pensieri.

La foresta scorreva ai miei lati come un denso fiume verde e marrone. Percorsi parecchi chilometri prima di rallentare e imitare l'andatura lenta degli umani. Al mio passaggio il sottobosco si fece stranamente silenzioso, perfino gli insetti parevano trattenere il fiato in attesa che mi allontanassi. Ero un pericolo per tutte le specie animali, un mostro da evitare. Ma in quel preciso momento la sete era l'ultimo dei miei pensieri.

Ad un certo punto quella voce filtrò nella mia mente, minando di nuovo i miei buoni propositi. Edward mi stava chiamando, da un punto imprecisato del bosco, non troppo distante da dove mi trovavo. Lo ignorai: per quel giorno la mia dose di pazienza era ufficialmente esaurita.

Lui non si arrese, continuò a chiamarmi e sentivo che si stava avvicinando. Strinsi i denti per non imprecare. Sapevo che non avrei potuto seminarlo correndo, quindi non ci provai nemmeno.

Ora che avevo collaudato la giusta tecnica, separarmi dallo scudo divenne più facile, quasi immediato. Stammi lontano, gli intimai con il pensiero. Continuai a camminare a passo umano, calpestando con furia le felci.

Perché mi tormentava in quel modo? Trovava così divertente mettermi alle strette, farmi confessare una verità che non volevo ammettere neanche a me stessa? Provocarmi gli dava così tanta soddisfazione? Cominciavo a capire perché i suoi fratelli cogliessero ogni volta l'occasione per lanciargli frecciatine. Edward era davvero esasperante e non...

Me lo ritrovai davanti all'improvviso, sbucò dal nulla come un fantasma. La sorpresa durò solo una frazione di secondo: l'istante successivo lo stavo già superando, lo sguardo puntato sugli alberi alle sue spalle, quasi lui non fosse altro che uno dei tanti abeti della foresta.

Ma qualcosa mi impedì di proseguire in quella mia camminata inferocita. All'inizio non capii la fonte di quello strano calore che mi percorse il braccio, poi realizzai che Edward aveva allungato una mano e l'aveva avvolta attorno al mio polso.

Per un attimo rimasi immobile, visibilmente sconcertata. Quel contatto inaspettato smorzò in parte la mia collera, lasciandomi confusa e stranamente...agitata. Non avevo mai toccato volontariamente la pelle di un altro vampiro; quando abbracciavo Marcus, ad esempio, sfioravo soltanto i suoi vestiti. E nessuno dei miei fratelli italiani aveva mai toccato me. Nonostante fossi una creatura scolpita nella gelida pietra, a quel contatto mi sentii bruciare. Abbassai gli occhi sulla sua mano, aspettandomi quasi di scorgere le scintille di un imminente incendio.

Le dita di Edward mi avvolgevano il polso con gentile fermezza e non mi lasciarono andare nemmeno quando provai a divincolarmi. Dato che non avevo impiegato molta forza nel tentativo, lui accennò un sorriso. «Puoi colpirmi, se vuoi. Non so come hai fatto a trattenerti finora. Citando Kate, io al tuo posto l'avrei fatto».

«Non ti conviene tentarmi». Sollevai lo sguardo per incrociare il suo. «Un vecchietto come te non si riprenderebbe in fretta se decidessi di morderlo».

Lui sgranò gli occhi, poi gettò indietro la testa e scoppiò a ridere. «Mi hanno definito in molti modi, ma questo mi mancava. Rosalie pagherebbe per sentirti dire in continuazione cose del genere». Dopo una lieve esitazione, sciolse la presa dal mio polso e mi strizzò l'occhio. «Quindi mi trovi affascinante anche se sono un... vecchietto?». Si passò una mano tra i capelli scompigliati e rise di nuovo.

Alzai gli occhi al cielo. «In questo momento ti trovo soltanto seccante. Desidero stare sola, se non ti spiace», replicai indispettita, rifiutandomi di dargli corda. Non riuscivo a capire se mi stesse semplicemente prendendo in giro, o se stesse tentando, in modo alquanto goffo, di flirtare con me. Propendevo per la prima ipotesi, quindi decisi di proseguire con il piano iniziale: mantenere le distanze.

Gli voltai le spalle e tornai a seguire lo stretto sentiero che zigzagava tra gli abeti. Dopo qualche passo, tuttavia, dovetti nuovamente fermarmi. Presi un respiro profondo, contai fino a venti, ma la creatura caparbia che mi stava alle spalle non diede segno di voler scomparire. Allora mi girai, pronta ad esibirmi in una degna replica della sfuriata del nostro secondo incontro, ma Edward mi anticipò. «Dato che ci troviamo reciprocamente affascinanti...», esordì con studiata noncuranza, rischiando di procurarmi un infarto.

Un vampiro poteva avere un attacco di cuore? Propendevo per il no, ma quando c'era di mezzo Edward Cullen le mie certezze si rivelavano solide quanto un muro di cartapesta.

E lui aveva appena ammesso di…trovarmi affascinante?

Incurante del mio turbamento, lui mi lanciò un sorriso complice. «Dicevo, dato che abbiamo entrambi bisogno di cacciare, che ne dici di accompagnarmi? So dove potremmo scovare qualche degno predatore». Fece un passo avanti, obbligandomi a reclinare il capo per guardarlo negli occhi. Nonostante il sorriso impertinente che ancora gli danzava sulle labbra, il suo sguardo era inaspettatamente serio. Tese una mano, mostrando il palmo aperto. «Vuoi venire a caccia con me, Bella?».

Abbassai per un secondo gli occhi sulla sua mano, poi la scostai con un gesto deciso. Non mi sarei lasciata incantare da inutili moine: se sperava di rabbonirmi in quel modo era totalmente fuori strada. Se si era finalmente deciso a comportarsi in modo civile, le condizioni della tregua le avrei decise io.

Mossi un passo a mia volta, avvicinandomi talmente che i nostri vestiti si sfiorarono. «D'accordo», sibilai. Poi alzai una mano, gliela puntai contro il petto e diedi una leggera spinta, imprimendo nel colpo metà della forza che avrei voluto usare. Ma sufficiente a spostarlo per qualche metro e farlo urtare contro il tronco dell'abete che gli stava alle spalle. «Ma cerca di non farmi arrabbiare di nuovo. Credo di non essere poi così docile come sostengono tutti».

Edward non sembrò particolarmente sorpreso dal mio gesto, forse si era aspettato un ripicca del genere. Senza perdere il sorriso, si tolse alcune schegge di legno dai vestiti e annuì. «Messaggio ricevuto. D'ora in poi basta provocazioni, hai la mia parola».



 
*



Avevo fatto bene ad accettare: osservare Edward mentre era impegnato a cacciare era uno spettacolo magnifico. I suoi movimenti erano rapidi, precisi e fluidi, eleganti come dei passi di danza. Scivolava nella foresta rapido come una saetta e più silenzioso di un fantasma, tanto che il puma che aveva appena abbattuto non l'aveva nemmeno udito sopraggiungere.

Ero convinta che si potesse imparare moltissimo sul carattere di un vampiro semplicemente analizzando le sue abitudini di caccia. Edward era meticoloso e accorto, non perdeva tempo a giocare con le proprie prede, non annunciava la propria presenza per poi godere della loro paura. Concedeva loro una morte rapida e indolore, e, a differenza mia, era capace di procurarsi da mangiare senza combinare disastri.

Poco prima ero riuscita a catturare a mia volta un puma, ma non con la stessa grazia e velocità di Edward. Non avevo esperienza con i grandi felini, quindi la strenua resistenza di quel grosso maschio mi aveva colta impreparata. Il suo sangue aveva un sapore molto più forte rispetto a quello degli erbivori a cui ero abituata, non mi sorprese che fosse il preferito di Edward.

Leccai via le ultime tracce di sangue dalle labbra, poi controllai lo stato dei miei vestiti e dovetti soffocare un lamento. No, non ero affatto abituata a dover lottare contro le mie prede. La mia maglietta lo poteva testimoniare: gli artigli del puma avevano tranciato di netto la stoffa dal collo in giù, riducendola praticamente a brandelli.  

Incrociai le braccia al petto e sospirai. Da umana ero un vero disastro ambulante, goffa e disordinata al limite dell'accettabile. Credevo che da vampira avrei perlomeno acquisito un po' d'eleganza, ma era evidente che avevo ancora molta strada da fare. Paragonata ad Edward non ero altro che una ragazzina – una neonata – imbranata.

Come se fosse riuscito a captare il proprio nome nei miei pensieri, lui si voltò di scatto verso di me. Arricciai il naso nel constatare che i suoi vestiti non avevano la minima grinza. La camicia era immacolata e i suoi jeans non erano chiazzati di terra e muschio come i miei.

Nel vedermi in quello stato, Edward dapprima sgranò gli occhi, poi strinse le labbra – molto probabilmente per trattenere una risata.

Imbarazzata come non mai, tentai di coprire con i capelli la stoffa squarciata. «Puoi anche ridere, non mi offendo. Non sapevo che i felini potessero essere così difficili da abbattere».

«Alcuni sono più ostinati di altri, ma è tutta una questione di pratica. Ricorda che io, in quanto vecchietto, ho decenni d'esperienza alle spalle», disse, e poi, sotto il mio sguardo incredulo, cominciò a sbottonarsi la camicia. Prima che potessi avanzare una qualche protesta, se la sfilò e me la posò con delicatezza sulle spalle.

Proprio come avrebbe fatto un gentiluomo d'altri tempi.

Lo sguardo eloquente che lanciò alla mia maglia sbrindellata mi fece avvertire uno strano calore sulle guance, un residuo dell’umanità perduta. Lo ringraziai a mezza voce e mi affrettai a coprirmi, mentre lui distoglieva educatamente lo sguardo. Lo osservai di sottecchi mentre terminavo di abbottonare l'indumento; grazie al cielo indossava una maglietta a maniche corte sotto la camicia. L'attrazione che sentivo scorrere fra noi, sommata alla foga della caccia, era già abbastanza da tenere a bada, non serviva aggiungerci anche la visione di Edward mezzo nudo.

Scacciai alla svelta quelle fantasie imbarazzanti, prima che lui si voltasse e potesse leggermele in viso. Quando mi guardò ero già tornata padrona di me stessa. Aprì bocca, ma io lo battei sul tempo. «Credo sia il caso di tornare indietro. Non mi ero mai allontanata tanto da Denali e non vorrei che gli altri stessero in pensiero», mentii.

In realtà volevo porre fine il prima possibile a quell'atmosfera di intimità che si stava formando tra noi. E liberarmi al più presto della camicia di Edward e del suo odore che mi avvolgeva come una nube di feromoni, stuzzicandomi i sensi. Ero piuttosto sicura che, se fossimo rimasti troppo a lungo da soli, avrei finito per fare qualcosa di stupido. Qualcosa di molto, molto stupido, di cui mi sarei pentita di qui all'eternità.

Contrariamente a quanto avevo preventivato, Edward non protestò e non mi fece domande. Si limitò ad annuire e mi invitò a precederlo sul sentiero.

Ci eravamo allontanati parecchio dall'Alaska, ma non avrei saputo dire dove ci trovassimo di preciso. Forse da qualche parte tra Canada e Stati Uniti, nella regione dei grandi laghi.

Non ero certa di quanto tempo fosse trascorso dalla mia fuga precipitosa, ma ora la luce del sole stava calando e in cielo cominciavano a brillare le prime stelle. Percorremmo qualche centinaio di chilometri di corsa, poi, quasi ci fossimo letti nel pensiero a vicenda, rallentammo fino a fermarci.

A dire la verità non ero così impaziente di ritornare a Denali come avevo lasciato intendere. Lanciai un'occhiata ad Edward e mi accorsi che stava sorridendo – anzi sogghignando tra sé. Non riuscii a decifrare la sua espressione, ma mi parve in qualche modo compiaciuto. Di cosa dovesse esserlo, poi, non ne avevo alcuna idea.

Accennò con il capo in direzione delle montagne che circondavano la foresta sul lato Nord. «Seguimi, voglio mostrarti una cosa», disse, e non aspettò che gli rispondessi. Si lasciò alle spalle il sentiero e iniziò di nuovo a correre, diretto verso i pendii innevati che luccicavano debolmente nel buio.

Non persi tempo a protestare: lo seguii, faticando non poco a tenere il suo passo. Era davvero veloce per essere un vecchietto, rapido e scattante come un ghepardo. Non si fermò finché non arrivammo in cima alla montagna più alta, poi si sedette su una grossa roccia ricoperta di neve e mi fece segno di raggiungerlo.

Mi presi qualche secondo per valutare la situazione e prevedere le sue intenzioni, ma il mio cervello non volle collaborare. Una vocina molesta nella mia testa mi stava incitando a farmi avanti, a decidermi a confessare ciò che provavo nei suoi confronti per non temere rimpianti una volta tornata in Italia, ma sarebbe stato inopportuno ed inutile, e avrebbe potuto portare a delle conseguenze su cui non volevo nemmeno soffermarmi.

Scrollando le spalle, mi accomodai al suo fianco. Edward rimase in silenzio, gli occhi puntati verso l'orizzonte. Da quell'altezza pareva avessimo il mondo intero ai nostri piedi: se fossimo scesi dal versante opposto della montagna, avremmo potuto tuffarci in un enorme specchio lacustre, circondato su tre lati da fitte foreste di abeti.

Una folata di vento freddo mi investì, scompigliandomi ancora di più i capelli già provati dalla corsa e dalla caccia. Mi tolsi qualche ciocca dal viso e attesi in silenzio che Edward dicesse qualcosa. Con il passare dei minuti, cominciai a fremere di nervosismo. «Perché mi hai portata fin quassù?», mi decisi a chiedere.

Lui accennò un sorriso. «Fra poco capirai», si limitò a dire.

Aveva ragione, non dovetti aspettare molto. Quasi fosse dotato dello stesso dono di Alice, Edward mi aveva condotta nel posto giusto al momento giusto. Le nuvole che avevano tenuto lontano il sole per tutto il pomeriggio cominciavano a diradarsi, lasciando il posto ai primi bagliori dell'aurora boreale. Il cielo sopra le nostre teste cominciò a colorarsi di verde e viola, lunghe scie di luce che si riflettevano sulla neve e sulla superficie piatta del lago.

Caspita.

Era una vista mozzafiato, mi sembrava di assistere ad una magia. Non so per quanto rimasi in silenzio, a contemplare quell'incredibile spettacolo naturale con un enorme sorriso stampato in faccia. Una buona mezz'ora, credo. Quando mi ricordai di non essere sola quasi sobbalzai e mi voltai di scatto verso Edward.

Lui non stava guardando l'aurora boreale: stava fissando me, e chissà da quanto tempo. Non stava sorridendo, però. Aveva un'espressione che potei definire soltanto...rattristata.

Gli rivolsi un sorriso di scuse. «Giuro che stavolta non ti stavo ignorando intenzionalmente. È davvero difficile distogliere l'attenzione da uno spettacolo così splendido».

«Già. È davvero difficile», concordò, e mi parve di cogliere una nota malinconica nella sua voce. I suoi occhi restarono incollati ai miei ancora per qualche istante, prima che li spostasse verso il lago, che rifletteva le luci come un enorme specchio. «Vengo spesso qui. A volte ho bisogno di allontanarmi dalla mia famiglia e trascorrere qualche ora in solitudine». Scrollò le spalle. «Non è sempre…facile convivere con sei vampiri accoppiati».

La sua sincera ammissione mi colpì e fece sciogliere qualcosa dentro di me. Avrei tanto voluto allungare una mano e prendere la sua, ma non osai muovermi. Mi limitai ad un cenno di assenso. «Per un lettore di pensieri dev'essere doppiamente difficile».

«Ma non tanto quanto convivere con dei mostri assassini», rilanciò svelto Edward. Aveva le sopracciglia corrucciate, come se stesse cercando di risolvere un complesso rompicapo. «Ancora fatico a credere che tu non abbia mai ceduto, che non ti sia mai nutrita di sangue umano. Ricordo molto chiaramente la sete dei miei primi decenni da vampiro. Era costante e insopportabile, un vero supplizio. Ma io potevo spostarmi a mio piacimento, rifugiarmi in qualche posto sperduto quando diveniva insopportabile, tu, invece, sei costantemente circondata da umani. Come riesci a resistere?».

Mi irrigidii, sentendomi stranamente vulnerabile sotto il suo sguardo diretto. Alla fine scelsi di ricambiare la sua sincerità con una risposta altrettanto schietta. «Il primo anno è stato...atroce. Tutti quei cuori pulsanti a così poca distanza... Mi sarebbe bastato un salto per fare irruzione in una delle case adiacenti al palazzo e...». Mi bloccai e scossi la testa, deglutendo a vuoto. «Se volessi, sarebbe facile uccidere qualche umano e poi coprire le mie tracce. Anzi, credo che Aro organizzerebbe addirittura una festa in mio onore se mi decidessi finalmente a nutrirmi assieme al resto del clan». Rabbrividii di disgusto al solo pensiero. «Ma ogni volta che la tentazione si fa più accesa, mi compare davanti agli occhi l'immagine di mio padre, l'ultimo ricordo che ho di lui. Lo vedo steso a faccia in giù nel suo stesso sangue, e la sete viene soffocata da rabbia e dolore». Serrai le dita sul bordo della roccia. «Vedi, lui era un poliziotto. Offenderei doppiamente la sua memoria se diventassi un'assassina. Inoltre, so con certezza che non mi sentirei affatto meglio se bevessi sangue umano. Preferisco patire il bruciore della sete al disprezzo che proverei verso me stessa, se cedessi. Non voglio mai più rivedere quegli occhi rossi ogni volta che mi ritrovo davanti uno specchio».

Edward annuì e si prese qualche secondo prima di replicare. «Capisco cosa intendi e ti rispetto molto per questo. E mi sento veramente un inetto in confronto a te e alla tua forza di volontà». Gli lanciai un'occhiata confusa e lui sospirò. «In passato, dopo qualche decennio dalla mia creazione, ho abbandonato per un po' la...dieta vegetariana che Carlisle mi aveva imposto. Ne avevo abbastanza di soffocare la sete: volevo cacciare in libertà, fare quello che mi pareva senza dover sottostare a continui divieti...».

«Una vera e propria ribellione adolescenziale, insomma», lo presi in giro, e lui ridacchiò.

«Qualcosa del genere. Ma, grazie al mio dono, potevo selezionare accuratamente le mie prede, uccidere soltanto gli umani che erano a loro volta dei mostri e risparmiare gli innocenti». Scosse la testa, come se volesse scacciare quei ricordi. «Ma hai ragione tu. Non mi ha fatto sentire meglio».

Dal suo tono potevo intuire quanto fosse profondo il rimorso che provava. «Se quelli che hai ucciso erano criminali, hai contribuito a salvare delle vite. Forse molte di più di quante ne hai prese», ribattei, e lui mi fissò sorpreso. Mi strinsi nelle spalle. «Ci sono molti mostri anche tra gli umani. Come quelli che hanno messo fine alla vita di mio padre...e alla mia. Se non mi avessero sparato, sarei rimasta umana, avrei frequentato il college e...». La gola mi si chiuse e non riuscii a continuare. «Non posso certo dire di essere dispiaciuta per la loro morte».

Edward fece per dire qualcosa, ma poi serrò i denti e si irrigidì. Il suo sguardo saettò verso le pendici della montagna e si fece vacuo per un momento. Un muscolo si contrasse sulla sua mascella e lo vidi stringere le mani a pugno. Allarmata, acuii i sensi e mi preparai ad affrontare un imminente pericolo.

«Sono ancora lontani, ma riesco a sentirli», lo udii sibilare, mentre scattava in piedi. Mi si parò di fronte, quasi volesse farmi da scudo contro qualcosa. «Sento il tuo nome nei loro pensieri». Si passò nervosamente una mano tra i capelli e mi scoccò un'occhiata inquieta. «Stanno venendo a prenderti, Bella».



 
*



Le parole di Edward mi investirono come una secchiata d'acqua gelida e i miei pensieri si fecero frenetici. Non servì specificare di chi fossero le voci mentali che Edward aveva appena captato. C'era soltanto una risposta possibile: Demetri e Santiago avevano portato a termine la missione per cui erano venuti in America, e ora stavano per raggiungermi e scortarmi di nuovo in Italia come stabilito.

No.
Non adesso.

La mia mente si ribellò all'idea. Strinsi i pugni e scoprii i denti in un basso ringhio. Era troppo presto, mi ero appena ambientata, non era giusto. Credevo di avere a disposizione almeno un mese prima di ripartire per l'Italia e invece non mi erano state concesse neanche tre intere settimane.

Un'intuizione orrenda mi balenò in testa: e se quello non fosse stato un viaggio di istruzione, come l'aveva definito Marcus, ma un altro dei giochetti crudeli di Aro? Se fosse stata una presa in giro, sin dall'inizio?

Più ci pensavo, più mi sembrava plausibile. Aro aveva soltanto finto di cedere alle richieste del fratello, mi aveva allettata con la promessa di una lunga parentesi di libertà, per poi strapparmela via bruscamente. Potevo quasi udire le risate di scherno di Caius, mentre lui e Aro si facevano beffe di me. Risentii nella mente il tono condiscendente di Jane, il sorriso subdolo che mi aveva rivolto prima che partissi, e mi sentii una stupida.

Il loro scopo non era lasciarmi libera per osservare il mio comportamento, in attesa che commettessi qualche errore per poi sbarazzarsi di me, come avevo immaginato in precedenza. No, era molto più infido. Probabilmente speravano che mi ribellassi, che mi rifiutassi di tornare in Italia e che scegliessi di distaccarmi dal clan.

Ma perché? Cosa potevano ottenere da quel...

In un secondo mi fu tutto chiaro, di una lucidità lampante, quasi avessi avuto un flash delle visioni di Alice. Mi misi a tremare, di rabbia e di terrore.

I Volturi non volevano eliminare me: i loro obiettivi erano i clan americani. Era per quello che Aro aveva chiesto a Carlisle di incontrarmi. Conosceva la sua personalità altruista e sapeva che non sarebbe rimasto indifferente nei miei confronti, se mi fossi rivolta a lui in cerca di aiuto. Se avessi chiesto al dottor Cullen di appoggiarmi nella mia richiesta di indipendenza, ero sicura si sarebbe offerto di intercedere per me presso i Volturi. E loro ne avrebbero approfittato, usando quel pretesto per schiacciare lui, la sua famiglia e anche il clan di Tanya, che di certo si sarebbe schierato con i Cullen. Li avrebbero accusati di avermi corrotta, di avermi strappata al mio creatore e al mio clan, e sarebbero piombati su di loro come avvoltoi. Li avrebbero annientati senza pietà. O forse, alla fine, si sarebbero finti misericordiosi e avrebbero concesso a qualcuno di sopravvivere. Ero certa che Aro sarebbe stato più che felice di accogliere i più dotati tra le sue fila, Alice in primis, ma anche Edward e Kate possedevano dei talenti che gli avrebbero fatto comodo...

«Bella», mi chiamò Edward a bassa voce. Mi stava osservando, la fronte aggrottata per la preoccupazione. Allungò una mano, esitò qualche istante, poi appoggiò il palmo alla mia guancia. «Se desideri restare, non hai che da dirlo. Sono certo che Carlisle non avrebbe obiezioni se volessi unirti a noi, alla nostra famiglia. Io...tutti noi garantiremmo per te, se decidessi di rimanere in America».

Oh, certo che l'avrebbero fatto. E sarebbe stata la mossa sbagliata, proprio ciò che Aro si aspettava. Sin dall'inizio, non ero stata altro che un'esca, una sciocca pedina nelle sue mani. Ma, se questo era realmente l'intento dei Volturi, non sarei stata al loro gioco. Avrei fatto in modo che fossero loro a perdere, e che si trattasse di una sconfitta schiacciante.

Presi un bel respiro e, con cautela, feci scivolare via lo scudo dalla mia mente. Edward, ascoltami.

Colto di sorpresa dalla mia voce mentale, lui sgranò gli occhi e si immobilizzò. Gli sorrisi mestamente e afferrai la sua mano, togliendola dal mio viso. È meglio se non ci vedono insieme. Non mi fido di nessuno di loro, e non voglio che si avvicinino a te, alla tua famiglia o a quella di Tanya. Rilasciai un sospiro sofferto. Sono persone meravigliose, non li dimenticherò mai. Avrei tanto voluto avere la possibilità di salutarli e ringraziarli per quello che hanno fatto per me...

«Non preoccuparti. Lo farò io per te», assicurò lui, la voce bassa e tormentata.

Gli strinsi la mano e mi accorsi che la mia tremava appena. Grazie. Grazie di tutto.

Per quanto mi costasse, sapevo di star facendo la cosa giusta. Ed ero pronta a tornare sui miei passi e intercettare i miei fratelli prima che si dirigessero in Alaska. Non li volevo nemmeno a dieci chilometri da Denali, o da Edward.

Un attimo prima di voltarmi, incrociai il suo sguardo addolorato e decisi di rischiare, di assecondare la vocina temeraria che ancora riecheggiava nella mia mente. Veloce come un lampo mi allungai verso di lui, premetti per un istante le labbra sulle sue e mi tirai indietro altrettanto rapidamente. Durò solo un istante, ma fu pura elettricità. Sentii la pelle bruciare, come era accaduto nella foresta quando le sue dita si erano serrate sul mio polso.

In un altro momento avrei riso dell'espressione frastornata di Edward. Batté le palpebre e rimase a fissarmi come se non riuscisse a capacitarsi di ciò che avevo appena fatto. L'avevo visto parecchie volte eludere i tentativi di approccio da parte di Tanya grazie al suo dono, ma a me non era potuto sfuggire. Mi sentii un po' in colpa, ma lui non sembrava indignato, né disgustato. Soltanto...turbato. «Bella». Il mio nome fu come un sospiro sulle sue labbra. Protese una mano come se volesse afferrarmi, ma io indietreggiai fuori dalla sua portata.

«Ora...è meglio che vada», dissi, facendo qualche rapido passo indietro. Gli rivolsi un ultimo sorriso. «Addio, Edward».

Poi mi voltai e iniziai a correre.   




 
* * *



 
Recensioni-2





Dopo la partenza di Bella impiegai qualche ora per riscuotermi e riprendere il controllo. Mi sentivo in qualche modo lacerato, diviso tra ira e un'acuta sofferenza a cui non sapevo dare un nome.

Dovetti fare forza su me stesso per non partire all'inseguimento di Bella e impedirle di ricongiungersi ai due vampiri che avevo percepito, i suoi malvagi fratelli adottivi. Mi era bastato un assaggio delle loro menti per indovinare la loro identità, non mi serviva conoscere i loro nomi. I loro pensieri erano ripugnanti, e speravo che Bella non venisse mai a scoprire quali imprese avevano compiuto da quando le loro strade si erano separate. Liberai un ringhio di frustrazione e di collera.

Avrei tanto voluto raggiungere Bella, afferrarla e portarla in un luogo sicuro. Rapirla, se necessario. Ero pronto a fare qualunque cosa, pur di tenerla lontana dalle grinfie dei Volturi.

Ma lei me l'aveva impedito. Non avrebbe lasciato che mi mettessi in mezzo, era troppo altruista. Non mi avrebbe mai permesso di sfidare i suoi mentori, se ciò avesse significato mettere in pericolo me stesso e la mia famiglia.

Strinsi i pugni lungo i fianchi, sentendomi per la prima volta dalla mia trasformazione impotente, inutile e debole quanto un essere umano.
Come si poteva passare, nel giro di un pomeriggio, da un'inaspettata felicità alla disperazione più cupa? Quelle ultime ore trascorse con Bella erano state perfette, i momenti più spensierati della mia vita – e anche i più significativi. Per la prima volta lei aveva lasciato cadere le proprie difese e mi aveva permesso di conoscerla come desideravo fare dal nostro incontro nella foresta. Ero riuscito a fare breccia nei suoi pensieri, e avevo scoperto che non le ero del tutto indifferente come credevo. Al contrario, l'attraevo proprio come lei attraeva me. E avevo appena dovuto dirle addio.

Quando tornai a casa era da poco passata la mezzanotte. Dalle espressioni allarmate che accolsero il mio arrivo, intuii che dovevo avere scritto in viso ciò che stavo provando. In un secondo mi ritrovai circondato da pensieri agitati e voci preoccupate.

«Edward, caro, cosa è...», tentò di chiedermi Esme, ma io cominciai a scuotere la testa prima che terminasse la domanda.

«Se n'è andata», dissi, con un tono che suonò piatto e tetro alle mie stesse orecchie.

La mia frase causò qualche sibilo di sorpresa e accentuò il cipiglio meditabondo di Carlisle. «Edward...», esordì, in tono circospetto.

Alzai una mano per interromperlo. Sapevo cosa stava per dire, ma in quel momento una discussione era l'ultima cosa che volevo. Mi sentivo spossato, senza forze, come pensavo dovessero sentirsi gli umani dopo una maratona di cento chilometri. Desideravo soltanto richiudermi nella mia stanza ed estromettere dalla mente i pensieri di tutti, compresi i miei. «Scusatemi, ma adesso preferisco rimanere da solo».

Dovevo davvero avere un aspetto orrendo, se perfino Rosalie evitò di infierire. Incrociai i suoi occhi per un attimo, mentre le sfilavo accanto diretto alla scalinata. Nel suo sguardo non c'era traccia di compiacimento, ma intravidi la stessa pena che vedevo riflessa negli occhi di Esme e Carlisle. Strinse le labbra e tenne per sé i propri pensieri. Gliene fui molto grato: non ero dell’umore per uno dei nostri soliti battibecchi.

Emmett e Jasper erano fuori a caccia in quel momento, ma sapevo che, una volta tornati, non avrebbero avuto il medesimo tatto. Una volta intuita la mia disperazione, ero certo che avrebbero insistito per prendere subito una decisione, fosse anche quella di prenotare il primo volo per l'Italia per far visita ai Volturi. E non disponevo della lucidità mentale necessaria per affrontare una conversazione del genere, non quando ancora fremevo dalla voglia di mettermi sulle tracce di Bella per riportarla indietro.

Quindi chiesi di non essere disturbato da nessuno e mi chiusi – anzi, barricai – in camera mia. Presi dallo scaffale un cd che conteneva le giuste dosi di batteria e chitarra elettrica – quello che Alice chiamava baccano infernale –, accesi lo stereo e lo feci partire.

Mentre iniziavano i primi accordi e la voce graffiante del cantante mi riempiva le orecchie, mi lasciai ricadere sul pavimento accanto alla grande vetrata che occupava tutto il lato Nord della stanza. Appoggiai la fronte al vetro e feci vagare lo sguardo sulle cime innevate che scorgevo all'orizzonte. I bassi ritmati che uscivano dalle casse attenuarono le voci mentali dei miei famigliari, ma non riuscirono a scacciare in alcun modo la mia. Nella mia testa era in corso un acceso dibattito tra la mia metà assennata e quella impulsiva.

Incapace di frenare quell'irrequieto flusso di pensieri, cominciai a vagliare le possibilità con razionale freddezza. Non erano molte: la scelta si riduceva ad una soltanto. I Volturi non avrebbero mai lasciato libera Bella, non senza ricevere qualcosa in cambio. Il suo creatore, per quanto tenesse a lei, non si sarebbe mai schierato contro il volere di Aro, non si sarebbe battuto per lei. Non come avrei voluto fare io.

Ma cosa sarebbe accaduto se avessi deciso di partire per l'Italia? Tutta la mia famiglia aveva intuito i sentimenti che avevo iniziato a provare per Bella, per cui immaginai mi avrebbero sostenuto qualunque decisione avessi preso. Ricordai cosa aveva pensato Esme nel vedermi partire di corsa per Denali il giorno precedente. Dopo aver assistito al nostro primo bisticcio, mia madre aveva segretamente sperato che Bella diventasse per me ciò che Carlisle era per lei. Aveva notato il mio spiccato interesse nei confronti di quella vampira dai modi inaspettatamente gentili, di come nell'ultima settimana non avessi fatto altro che parlare di lei. Ma se l'unica opzione per restare accanto a Bella fosse stata di unirmi ai Volturi, come avrebbe reagito? E io ero davvero pronto a separarmi per sempre dalla mia famiglia, quando nemmeno sapevo per certo se i miei sentimenti erano ricambiati?

Chiusi gli occhi e rividi il viso sorridente di Bella, uno spettacolo molto più ammaliante del cielo illuminato dall'aurora boreale. Era accaduto tutto in un attimo: mi ero voltato per osservare la sua reazione alla sorpresa che avevo architettato e non ero più riuscito a distogliere lo sguardo da lei. In quell'istante avevo capito che non avrei mai più prestato attenzione a nessun'altra, che tutto ciò che stavo cercando da più di un secolo era proprio lì, davanti ai miei occhi. Quella rivelazione mi aveva colpito con la forza di un uragano. Finché avessi vissuto, il mio cuore sarebbe sempre appartenuto a quella splendida vampira che sapeva tenermi testa e celarmi i propri pensieri.

Ma lei cosa provava davvero per me?

Mi trovava affascinante, questo sì. Avevo scorto una forte emozione nel suo sguardo mentre mi osservava cacciare, lo stesso desiderio che avevo sentito nascere in me. Le avevo rivelato una parte del mio passato di cui non andavo affatto fiero e lei non si era mostrata disgustata, anzi aveva approvato le mie scelte. E poi quel bacio, lieve come una piuma e devastante quanto un terremoto. Nelle mie recenti fantasie ero io a fare la prima mossa, e mi ero deciso a provarci quella sera stessa, ma lei mi aveva battuto sul tempo.

Il primo bacio e il primo cuore spezzato, tutto nello stesso istante. L'ironia di un destino crudele che ero più che determinato a cambiare.

Mentre un'idea prendeva vita nella mia mente, udii un discreto bussare alla porta. Un secondo dopo, incurante della musica martellante e del mio caparbio mutismo, Alice si affacciò sulla soglia. Scoccò un'occhiata divertita allo stereo, poi si sedette al mio fianco e mi diede un buffetto sul braccio. «Fidati di me, Edward. Dovrai pazientare ancora per un po', ma si risolverà tutto», bisbigliò, così da non farsi udire dagli altri. Lasciò che sbirciassi per qualche secondo tra le sue visioni e notai con stupore che molte di esse riguardavano Bella. «Te l'ho detto, no? Bella e io diventeremo grandi amiche. E di certo non lo potremo fare, se abitiamo in due diversi continenti, non credi?». Ciò detto, mi strizzò l'occhio e uscì dalla stanza rapida com’era entrata, lasciandomi solo, sconcertato e pervaso da un’accesa speranza.











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Ciao a tutti! Come state? Come vi sembra la storia?

Ringrazio chi ha commentato, chi l'ha inserita tra le seguite/preferite/ricordate. Al prossimo aggiornamento!


Un bacio da Lizz.


p.s. I titoli dei capitoli sono ripresi dai versi di Spirit In The Sky dei Keiino. Per restare aggiornati e leggere i miei vaneggiamenti vari, questa è la mia pagina fb. Il resto lo trovate qui e sul mio blog.







 
   
 
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