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Autore: Deidres    05/12/2020    3 recensioni
“Se mi sono mai arrabbiata? Beh, sì… forse è successo. Lo sai piccola, la mamma non è esattamente un cuor di leone. Altrimenti sarei stata una Grifondoro. Ho sempre preferito rimanere in silenzio, piuttosto che farmi valere. Non è codardia: è pazienza. È sapere quando è il momento di farsi avanti e quando quello di tacere. Non sempre la cosa migliore è far infuriare gli altri. Quando entra in gioco la rabbia si fanno pazzie, cose di cui poi ci si pente.”
Può Hannah Abbott, la Tassorosso per eccellenza, provare rabbia? Un breve sguardo sul mondo interiore di questo personaggio, tanto timido quanto particolare.
Questa storia partecipa al contest “Di prompt stilistici e figure retoriche” indetto da fefe.7/Futeki sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hannah Abbott, Neville Paciock | Coppie: Hannah/Neville
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Questa storia partecipa al contest “Di prompt stilistici e figure retoriche” indetto da fefe.7/Futeki sul forum di EFP.
 

Se mi sono mai arrabbiata? Beh, sì… forse è successo. Lo sai, piccola, la mamma non è esattamente un cuor di leone. Altrimenti sarei stata una Grifondoro. Ho sempre preferito rimanere in silenzio, piuttosto che farmi valere. Non è codardia: è pazienza. È sapere quando è il momento di farsi avanti e quando quello di tacere. Non sempre la cosa migliore è far infuriare gli altri. Quando entra in gioco la rabbia si fanno pazzie, cose di cui poi ci si pente.
 

Eppure, ricordo di un giorno… era il mio ultimo anno di scuola ad Hogwarts. Non era un bel periodo: Voldemort stava vincendo, la nonna era appena stata uccisa… ero veramente triste. E arrabbiata. Arrabbiata con il mondo intero, con la morte, con i Mangiamorte, con gli orrori della guerra, persino con Potter. Perché i cattivi stavano vincendo e perché io non riuscivo a fare niente per evitarlo. Mi sentivo inutile. E la goccia che fece traboccare il vaso fu un commento, una frase detta per caso.
Una mattina, in un corridoio, mentre stavo andando a lezione, sentii qualcuno parlare e riuscii chiaramente a capire una parte del discorso, forse perché colsi il mio nome e mi concentrai per sentire cosa stessero dicendo quei ragazzi. Ed eccole, quelle parole: “… ma sì, la Abbott. Quella buona a nulla.”
Mi bloccai. Buona a nulla? Io? Mi salirono dei brividi. Brevi, brucianti. Ero furiosa. Una raffica di aria fredda arrivò dalla finestra aperta e brinata dall’inverno, e la abbracciai per provare a calmarmi. Tranquilla, Hannah, mi dissi. Sono solo ragazzini. Stupidi ragazzini. Io non ero mica una buona a nulla! Ero buona, e basta.

Ma niente, ormai ero in balia delle mie emozioni. Mi fiondai su di loro e iniziai a vomitarli addosso tutto quello che stavo provando in quel momento: la paura della guerra, la disperazione per il lutto, la rabbia per quello che avevano detto su di me a alle mie spalle! Erano terrorizzati. Penso che nessuno mi abbia davvero mai vista in quel modo, non se l’aspettavano. Stavo quasi per affatturarli entrambi, quando qualcuno mi bloccò da dietro. Due braccia mi presero di peso e mi portarono via, in un altro corridoio. Era Neville. Sì, non scherzo: era papà.

Avresti dovuto vedere la sua faccia: era sconvolto. Non capiva cosa fosse potuto succedere per ridurmi in quello stato. E poi, quando mi guardò con quei suoi occhi impauriti e confusi – gli stessi che ha quando gli dici che hai finito tutte le Cioccorane, proprio loro – non riuscii a trattenermi ancora e scoppiai a piangere davanti a lui. Non disse niente, non mi abbracciò, non si avvicinò neanche; rimase lì, a guardarmi. A consolarmi con gli occhi. Ed era stato meglio così: avrei odiato qualsiasi suo avvicinamento fisico, sarebbe stato troppo imbarazzante per noi in quel momento. Rimase con me finché non mi sentii completamente svuotata, con gli occhi secchi e arrossati da quei minuti di lacrime che avevano finalmente smesso di scorrere. Lo ringraziai sorridendogli, sperando capisse.
Lui si avvicinò, mi accarezzò la guancia e mi disse: “Hannah, non sei fatta per le lacrime. Sorridi. Sei così buona – e bella – quando sorridi.” Sì, ricordo ancora ogni parola. Perché?

Ma è ovvio, Alice: perché non ero più arrabbiata, ero innamorata.



 
 
Note per il contest
Stile da utilizzare: La narrazione deve essere in seconda persona; ci si può rivolgere al lettore o a un personaggio, ma evitando di scrivere una lettera (o simili).
Figura retorica: allitterazione.
One-shot, 541 parole.
 
Una piccola one-shot nata grazie all’ispirazione donatami dal contest di cui fa parte!
È tutto partito dal fatto che volessi parlare di Hannah Abbott, un personaggio - a volte - un po’ ignorato e dalla “mini-allitterazione” che c’è nel suo nome, la n/h di Hannah e la b/t di Abbott. Lo so che sono semplicemente delle doppie, ma fatemi viaggiare un po’ con la testa! (:
Di certo, nessuno arriverà al livello della Rowling con “balbettante bambocciona banda di babbuini”, ma ci ho provato.

Inoltre, volevo immaginare il momento in cui Hannah si accorgesse che effettivamente provava qualcosa per Neville, cosa accaduta probabilmente l'ultimo anno, quando si sono ritrovati ad Hogwarts - nelle mani dei Mangiamorte - a fare nuovamente parte dell'Esercito di Silente. Spero vi sia piaciuta, ogni critica è ben accetta. :)

Deidres
   
 
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