Anime & Manga > Violet Evergarden
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Autore: LatazzadiTea    14/12/2020    7 recensioni
Dal testo: Violet era la persona più sola che avesse mai conosciuto, per questo andava protetta. Invece, accecato dalla propria arroganza Dietfried l'aveva presa e strappata alla sua terra, pagando quella scelta disumana con la vita dei suoi uomini. Così, comprendendo solo troppo tardi la gravità di quell'errore, al fratello non era rimasto altro che sbarazzarsene.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Claudia Hodgins, Dietfried Bougainvillea, Gilbert Bougainvillea, Violet Evergarden
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Cap.10

Di nuovo insieme.

 

"Non lo permetterò... Non lascerò che tu muoia!"

L'eco di quelle parole, ancora risuonava. Violet gliele aveva gridate alla fine di quel combattimento, dopo avergli afferrato la giubba addirittura con i denti pur di strapparlo alla morte.

Era arrivata a farlo dopo che Gilbert era stato colpito prima all'occhio e poi al fianco, beccandosi la prima fucilata che le aveva amputato di netto il braccio destro. Non aveva pensato ad altro che a salvarlo anche dopo, quando in seguito allo scoppio di una granata erano riusciti a fuggire nascondendosi lungo una scalinata all'interno del complesso. Era lì che aveva finito per perdere l'unico braccio che le restava, cadendo in ginocchio in una pozza di sangue proprio davanti a lui. Erano passati anni da allora, ma quando ci pensava Violet poteva ancora sentirne l'odore ferroso, mentre ciò che non riusciva proprio a richiamare alla mente - stranamente - era il dolore che il suo corpo spezzato doveva aver provato in quel momento.

L'unica consapevolezza era che avrebbe continuato a lottare, se lui non avesse deciso di arrendersi costringendola a fermarsi.

"Basta Violet, ti prego smettila! Fermati... Tu, tu devi vivere... Devi essere libera... lo penso davvero... Dal profondo del mio cuore io, ti amo...", gli aveva risposto Gilbert prima di scomparire.

Non ricordava di essersi arrabbiata per quelle parole, forse, solo d'aver pensato quanto fosse stato inutile sprecare le ultime forze che gli restavano per farle quell'assurda dichiarazione.

"Tu, mi ami? Ma che cos'è l'amore... Cos'è? Che significa? Io, non capisco... Non lo capisco... Non riesco a capirlo!", aveva ribadito lei, qualche attimo prima di svenire e perdere tutto.

Violet rimembrava quel frangente con estrema vividezza, come il giorno in cui era tornata alla fortezza abbandonata per cercare qualcosa di lui fra le macerie. Era lì che l'avevano trovata, alla fine di quella stessa scala, o meglio, di quei pochi gradini che erano riusciti a fare prima che tutto crollasse. Le era rimasto solo quello di lui, il ricordo di quei giorni terribili e quella confessione: qualcosa di cui non avrebbe mai compreso il significato se non fosse stato per il suo percorso di Bambola di scrittura automatica. Cosa avrebbe potuto saperne altrimenti una come lei dell'amore? Ma soprattutto, come avrebbe potuto sentirlo per qualcuno se non l'aveva mai provato ne ricevuto prima? Era questo che Gilbert aveva voluto per lei, che conoscesse l'amore provandolo attraverso le emozioni delle persone che avrebbe aiutato attraverso le sue lettere?

Claudia le aveva già spiegato che la decisione di affidargliela era stata maturata da Gilbert già prima di quell'ultima battaglia, dicendole che nel cuore del giovane c'era sempre stato il desiderio di liberarla. Gilbert avrebbe desiderato vederla crescere, maturando nell'abbraccio di una famiglia piena d'amore non su un campo di battaglia. Ma non era esattamente così che era andata: lei era cresciuta, sì, ed era maturata, certo, ma fra le lacrime e la solitudine più nera. Così accecata dal dolore e dal senso di colpa da non riuscire a cogliere il minimo affetto nei gesti delle persone da cui era circondata. Legata così visceralmente a quei tragici eventi da pensare di non poter andare avanti senza l'ordine diretto di un suo superiore. Non aveva avuto il coraggio di dirlo apertamente, ma ancora faticava a digerire le conseguenze di quel sacrificio, se non altro per l'atroce sofferenza che quella scelta aveva provocato in Dietfried e nella Signora Bougainvillea.

"Stai tremando, Violet... Sicura di non voler fare un bagno caldo e cambiarti, prima di vederlo?", le domandò Claudia durante il tragitto.

"No, non adesso, voglio andare dal Maggiore prima", rispose Violet con lo sguardo e le mani fisse in grembo.

"Mi spiace di averti mentito: se Gilbert non avesse insistito a mantenere il segreto, io...", cercò di scusarsi Hodgins prima di essere bruscamente interrotto.

"Non importa, non più. L'unica cosa che voglio è vederlo, solo questo.", tagliò corto Violet, nuovamente turbata.

"Certo, ma devo avvertirti: lo troverai molto cambiato...", aggiunse Claudia con un sospiro ansioso.

"Immagino, però, anch'io non sono più la stessa. Insomma, non se ne andrà di nuovo, vero? Mi ha osservata per tutto questo tempo, giusto? Glielo dirà? gli dirà cosa ho imparato, non è così?", continuò Violet, tornando a guardarlo con gli occhi pieni di lacrime.

"Gilbert è già al corrente di tutto, perciò, sta' tranquilla! Andrà bene, vedrai", l'aveva rassicurata Hodgins.

Dopo un primo cenno di entusiasmo, Violet sembrava essersi di nuovo chiusa in se stessa, stretta come a difendersi nella coperta che gli uomini di Dietfried le avevano gentilmente offerto per scaldarsi. Avrebbe voluto capire meglio il suo stato d'animo, ma a quel punto, gli era pressoché impossibile. Come l'inimmaginabile scena che gli sovvenne alla mente, pensando a Dietfried che l'abbracciava e la baciava, mentre lei lo ricambiava facendo lo stesso. Com'era stato possibile? Hodgins se lo domandava sin da quando l'aveva saputo, soprattutto dopo averla vista piangere e disperarsi solo per quell'unica persona. Quei quattro anni erano stati davvero duri, lunghi e difficili da passare, perciò non poteva biasimarla per aver cercato in Dietfried un po' di comprensione e di calore umano: ma arrivare a provare qualcosa per lui, addirittura quello...

Storse il naso al pensiero che l'uomo l'avesse circuita apposta, anche se, tenendo conto delle sue ragioni, a quel punto non avrebbe condannato nemmeno lui. Era evidente che fosse riuscito a perdonare Violet e guardare avanti, cosa che in un altro frangente l'avrebbe reso immensamente felice se non fosse stato per il delicato momento che stavano affrontando. Perché era Gilbert il problema adesso, non potendo fare a meno di chiedersi come avrebbe reagito alla notizia di ciò che era accaduto fra il fratello e la ragazza che amava.

Giunsero all'Ammiragliato che non era ancora giorno e quando l'auto rallentò, fermandosi del tutto davanti agli ingressi principali, Violet scese, lasciandosi alle spalle sia lui che la coperta. Malgrado fosse entrata quasi di prepotenza nessuno poté o volle fermarla, certamente a causa degli ordini ricevuti da Dietfried che li autorizzavano a raggiungere Gilbert senza alcun tipo di veto o di controllo, pensò Claudia. Hodgins era come sempre stupito, continuando a seguirla a poca distanza mentre venivano scortati verso gli edifici che ospitavano le prigioni. Percorsero un ultimo tratto all'esterno, e mentre proseguivano verso la sala d'aspetto riservata ai famigliari dei detenuti arrivò l'alba. Si prospettava un'umida ed assolata giornata di fine maggio, concludette Claudia, fermandosi ad ammirare il cielo terso e azzurrissimo prima di entrare.




"Prego Colonnello Bougainvillea, da questa parte...", lo invitò a seguirlo uno dei sottufficiali addetti alla sua sorveglianza.

Sì, grazie.", aveva risposto Gilbert, alzando lo sguardo verso le due persone che lo attendevano dalla parte opposta della stanza.

Non riusciva a credere che Violet fosse così vicina: era stato costretto a guardarla da lontano per così tanto tempo, che proprio non riusciva a crederci. Quante volte aveva combattuto contro il desiderio di chiamarla e di correre da lei? Così tante, da non riuscire più distinguere il sogno dalla realtà. Fatta eccezione per il dolore di non poterlo fare naturalmente, perché quello, e lo ricordava benissimo, quello era stato reale.

Come reale, adesso, era quel momento.

Gilbert si massaggiò nervosamente le tempie pensando a come giustificarsi dopo averle mentito così a lungo: già la immaginava con quel piglio calmo e indecifrabile, a fissarlo mentre lo vedeva avanzare verso di lei come un eroe appena resuscitato dalla morte. Lei, che lo aveva aspettato e ancora lo attendeva, senza minimamente sapere cosa aspettarsi da lui o da quell'incontro. La sua piccola Violet, che lo avrebbe rivisto come lo aveva asciato quattro anni prima: con la stessa espressione stanca e disperata sulla faccia ancora umida di pioggia, sangue e lacrime.

Non era un disertore ne un traditore della patria, tuttavia, quando giunse dalla sua cella nella camera dei colloqui era infreddolito e senza la giacca, con un paio di pantaloni fradici e una camicia strappata addosso.

Non è così che aveva sognato il loro primo incontro, si disse Gilbert, scorgendone la sagoma afflitta e ricurva attraverso le sbarre della porta che li divideva appena. Violet aveva lo sguardo fisso e le mani giunte, tanto era tesa, mentre Claudia la scuoteva dal suo torpore accogliendolo nella camera dei colloqui, salutandolo con una stretta di mano e una pacca sulla spalla. Era stato allora che lei lo aveva guardato, puntando i grandi zaffiri ancora annebbiati dal pianto fissi nei suoi: o meglio, nell'unico occhio buono che gli era rimasto visto che l'altro ormai era andato. Hodgins li aveva lasciati soltanto a quel punto, promettendo ai due giovani di tornare solo dopo aver sbrigato le ultime pratiche per il rilascio sebbene sapessero entrambi che fosse solo una scusa.

L'ora della verità era giunta, si disse Gilbert. Chiedendosi se alla fine lui e Violet sarebbero veramente riusciti a tirare le somme. Restarono a lungo come sospesi, dopo di che, fu lei la prima a parlare.

"Maggiore: è proprio lei?", ebbe la forza di chiedergli Violet, allungando una mano verso di lui per accertarsi che fosse reale.

"Certo, Violet... sono io e sono veramente qui, davanti a te...", le assicurò Gilbert, fermandosi a un passo da lei.

Al suono della sua voce lei tremò, provando un brivido che nulla aveva a che vedere con gli abiti umidi che ancora si teneva addosso. Era davvero lui. Ed era così vicino da riuscire a sentirne il respiro leggermente affannoso e stanco, pensò Violet, decidendo finalmente di toccarlo.

Quando gli carezzò la fronte, sfiorandola appena con la punta delle dita, Gilbert trattenne a mala pena un sospiro, mentre lo guardava trasalire quasi meravigliato al gelo del suo tocco. Avrebbe dovuto fermarsi ma continuò, passando delicatamente dalla tempia alla guancia, finendo per indugiare sulle labbra dischiuse e il mento squadrato. Malgrado la benda e le numerose cicatrici che gli segnavano il viso, Gilbert era sempre lo stesso: con i suoi lineamenti regolari e lo sguardo color smeraldo, il medesimo della pietra incastonata nella sua spilla. Non avrebbe avuto più bisogno di aggrapparsi ad essa per sentirlo di nuovo accanto a sé, si disse. Le sarebbe bastato guardarlo, per farlo pensò, sentendo le lacrime tornare a rigarle il viso.

"É buffo ma, sembra proprio che lei abbia attraversato una tempesta, per arrivare fin qui...", singhiozzò Violet, stringendosi finalmente a lui.

"Credo si possa dire lo stesso di te, a quanto pare...", si limitò a rispondere Gilbert, abbracciandola con la stessa tenerezza di un tempo.

Col viso nascosto nella sua spalla, Violet poté finalmente piangere tutte le sue lacrime. L'interno di una prigione non era certo il luogo ideale per dar sfogo alle proprie emozioni, tuttavia lo fece, cercando fra quegli stracci un lembo di pelle nuda su cui piangere. Gilbert era caldo, e il suo cuore batteva forte e sano, regolare come il ticchettio di un orologio che aveva scandito il tempo passato dal loro addio a quello del loro incontro.

Sembravano essersi lasciati soltanto ieri, ma erano passati anni. Non poteva negare di essere profondamente felice adesso, eppure, Violet capì che oltre quella gioia, nel suo cuore c'era altro. Perché l'ingombrante presenza di Dietfried non se n'era mai andata, e lei sapeva di averlo cercato con lo sguardo, nella speranza che arrivasse come aveva promesso di fare. Avrebbero rimandato le spiegazioni a data da destinarsi, pensò fra sé e sé la giovane, schiacciata dall'enormità dei sentimenti che provava per i due uomini in quel momento. Sarebbe dovuto esistere solo Gilbert per lei, e così avrebbe fatto. Sapendo che dopo anni di lontananza e di assenza avrebbero dovuto ricominciare a conoscersi un passo alla volta, malgrado l'essersi ritrovati fosse già abbastanza.

Sarebbero rimasti allacciati in quell'abbraccio per sempre se Hodgins non li avesse interrotti con la notizia che Gilbert era libero e potevano andare. Avrebbero continuato quella conversazione altrove, aveva sentenziato Claudia, altrettanto commosso, ma non prima di un bagno, qualche ora di riposo e un'abbondante colazione, naturalmente.


 
   
 
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