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Autore: Yuphie_96    06/01/2021    3 recensioni
Tratto dal Primo Capitolo:
Okay… erano ufficialmente partiti… e questo gli fece montare non poca paura nel petto.
Come fermarli adesso?
Doveva inventarsi qualcosa, non poteva più rimandare, doveva farlo e doveva farlo alla svelta visto che sua madre era appena passata a parlare di ipotetici futuri nipotini (!), doveva… doveva… argh! Non riusciva a pensare a niente così sul momento, dannazione!
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Genzo Wakabayashi/Benji, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolino della Robh: Buon pomeriggio a tutt*, ma soprattutto Buon 2021! ♥
Sappiate che, molto probabilmente, passerò anche quest'anno a rompervi i palloni da calcio, vi avverto subito così almeno siete preparati. xD
Comunque, passando a delle cose un po' più serie... dunque, perchè non ho aggiornato mercoledì scorso per farvi gli auguri di fine anno, dato che la fict è già conclusa? Molto semplice... in questo periodo non sto bene, non sto bene mentalmente per la precisione... è da un po' di giorni che sto così per vari motivi che sono solo nella mia testa ma che purtroppo non riesco a mandare via, so che vi ho sempre abituati alla Robh allegra, scherzosa e divertente... ma anch'io ho dei periodi così purtroppo... quindi scusate se risponderò tardi alla recensioni, o se magari ancora salterò qualche aggiornamento, sto cercando di rimettermi in sesto, tutto qui, ma prometto che ogni storia che pubblicherò, continuerò a portarla avanti fino alla fine. ^^
Passando ora a cose un po' più spensierate ed allegre, ovvero al capitolo, qui succederanno un bel po' di cose ve lo dico, alcune più inaspettate delle altre, mi raccomando ditemi se qualcuna ve l'aspettavate o meno! xD
Buona lettura! ♥


Ps: E' quasi un anno che pubblico in questo fandom, la cosa mi fa tenerezza e mi rende anche un po' orgogliosa lo ammetto ♥



 

“Senti…  sicuro che non ci sia niente che non va? Posso chiamare e dire che tarderò un po’ nel caso…”
“Figurati, tranquillo! Non c’è assolutamente niente che non va, io sto bene, tu stai bene, noi stiamo bene, va tutto bene, no?!”
Genzo Wakabayashi avrebbe potuto essere decisamente più convincente… se quella non fosse stata la millesima volta che ripeteva la parola ‘bene’… e se non ci fossero state due enormi occhiaie bluastre a segnargli il viso sotto agli occhi, cupe testimoni della nottata passata in bianco dal portiere.
Ad aver saputo che non sarebbe riuscito a dormire di conseguenza, Tsubasa avrebbe continuato il discorso sulla sua relazione con Santana subito la sera prima, almeno avrebbe avuto più tempo da dedicargli senza allenamenti incombenti.
Adesso, invece, doveva lasciarlo solo… anche se non era molto convinto di lasciarlo in appartamento in quelle condizioni…
“Non credo che-“
“Tsubasa tranquillo, va tutto be-“
“Non osare dillo di nuovo, ti prego… mi sta venendo la nausea a sentirlo”
Preso in contropiede, il SGGK restò qualche istante sorpreso, a lui non sembrava di averlo detto chissà quante volte… ma alla fine gli annuì, accennandogli un sorriso mentre gli passava una mano tra i capelli neri.
“Vai pure agli allenamenti senza preoccuparti per me, tranquillo, sono solo ancora un po’ sorpreso e devo ancora abituarmi all’idea che tu possa… possa avere una relazione del genere… ma te l’ho detto, no? Non c’è niente di male in quello che fai e, soprattutto, ricordati che non ti potrei mai giudicare per una cosa del genere”

“Lo stai palesemente giudicando”
Lo contraddì Schneider al cellulare, dopo essere stato pazientemente ad ascoltare tutta la storia.
“No, io non sto giudicando Tsubasa, io sto giudicando Santana”
Chiarì Wakabayashi, facendo l’ennesimo giro intorno al divano.
Era dalla rivelazione della sera prima che una strana e nuova irritazione mista ad agitazione aveva iniziato a nascergli sotto pelle, man mano si era fatta largo in tutto il corpo, arrivando allo stomaco che aveva iniziato a dolergli per i crampi, al cuore che aveva aumentato i battiti in modo preoccupante – forse sarebbe servita una chiamata anche a Misugi, dopo quella con il Kaiser -, al cervello che aveva preso a far nascere scenari a cui avrebbe fatto decisamente volentieri a meno di pensare, ma che lo avevano tenuto sveglio per tutta la notte senza che potesse farci niente.
Tutto perché Tsubasa andava a letto con Santana.
Aveva dovuto per forza chiamare Karl e sfogarsi, altrimenti sarebbe impazzito prima del ritorno del centrocampista per pranzo, menomale che quello era il giorno libero dagli allenamenti dei giocatori del Bayern, sembrava quasi fatto a posta.
“E’ uguale, giudicando uno, giudichi anche l’altro”
“Come potrei mai giudicarlo quando è stato palesemente irretito da quell’attaccante brasiliano da strapazzo?!”
“Irre-?!... Genzo, vorrei ricordarti che Tsubasa è grande e vaccinato, consapevole delle sue scelte e-“
“Ed è qui che ti sbagli! Tsubasa è ancora un piccolo angelo puro ed inge-“
“Puro un accidenti! Gli hai infilato la lingua in gola a malapena mezz’ora fa!”
Il portiere sussultò, fermandosi davanti a un mobile pieno di foto, incapace di controbattere e con le gote che iniziarono ad arrossarsi al pensiero dello slancio che aveva avuto poco prima che Ozora uscisse di casa.
Aveva appena finito di rassicurarlo e lo aveva accompagnato alla porta per salutarlo, Tsubasa lo aveva guardato ancora insicuro e la sua mano aveva tremato appoggiata sulla maniglia, si era sporto per dirgli qualcosa… ma all’ultimo aveva preferito rinunciare, dandogli le spalle per uscire.
Quel gesto aveva fatto parecchio male a Genzo, anche se non riusciva bene a spiegarsi il motivo, e lo aveva fatto agire senza pensare.
Lo aveva bloccato che aveva ormai oltrepassato la porta per metà, lo aveva fatto rientrare, aveva richiuso la porta facendola sbattere e ce lo aveva poggiato contro, spingendosi immediatamente contro di lui e facendo unire le loro labbra in un bacio identico a quelli della sera prima.
Vederlo correre via con il viso in fiamme ed imbarazzato gli aveva fatto provare un leggero quanto effimero senso di benessere.
“Era un saluto!”
Provò a difendersi, Wakabayashi, mettendosi ad osservare le foto del mobile.
Almeno avrebbe smesso di girovagare a vuoto per l’appartamento.
“Ah, adesso si chiama così slinguazzarsi qualcuno?!”
“Karl Heinz! Cos’è questo linguaggio?!”
Esclamò il SGGK, cercando di prendere in giro l’amico per farlo ridere e quindi ‘rabbonirlo’.
Era raro sentir sbottare in quel modo il Kaiser sempre composto, e quello significava solo due cose: o era ubriaco, o si stava per arrabbiare sul serio… il portiere si ritrovò a pregare che fosse la prima, nonostante l’alta improbabilità data l’ora del mattino.
“… Ti avviso, sono a tanto così dal chiudere la chiamata e tornarmene a dormire”
Mai una volta che il karma gli desse qualche gioia…
“Va bene, va bene, io ci sono andato giù pesante di lingua e Tsubasa non è quell’angelo puro che ho sempre pensato che fosse… ma dai, addirittura una relazione di solo sesso?! Non è da lui, Santana deve essersi imposto in qualche modo, ne sono sicuro!”
“Come ti stavo dicendo prima che m’interrompessi… Tsubasa è maggiorenne, vaccinato e consapevole di quello che fa, se ha scelto di intraprendere una relazione del genere allora era consenziente ad essa, anzi, chi ti dice che la cosa non sia partita proprio da lui?”
“Impossibile! Lo conosco e-“
“Genzo, tu la vita privata di Tsubasa non la conosci più da anni”
Quella frase così dannatamente dura e fredda quanto vera fu peggio di una coltellata in pieno petto per Wakabayashi.
“Non è vero!“
“Non mentire a te stesso inutilmente, sai che ho ragione, vi siete incontrati da bambini e poco dopo vi siete separati, vi siete ricongiunti da ragazzi per pochi giorni e dopo vi siete separati di nuovo, stessa cosa è successa la volta dopo e adesso che siete adulti non è differente, vi vedete per le partite tra il Bayern e il Barcellona, per i ritiri e le amichevoli della nazionale, ma poi ognuno di nuovo per la propria strada, non puoi dire di conoscere davvero una persona in questo modo”
“Anche se lontani ci siamo sempre tenuti in contatto!”
“Una persona la conosci vivendola ogni giorno, voi per quanto vi sentite? Pochi minuti al telefono? Per e-mail, lettere? Sai cos’ha fatto o cos’ha vissuto quando era in Brasile? O chi sono i suoi amici lì a Barcellona?”
“Lui… lui si allenava…”
Provò a rispondere, il portiere, almeno a una di quelle domande.
“Non si vive solo pensando al calcio, lo sai meglio di chiunque altro e Tsubasa non è un’eccezione, per quanto questo possa non piacerti, ha una vita all’infuori di questo, una vita di cui tu conosci molto poco, se non quasi niente”
Al portiere tremò la mano per la prima volta in vita sua, mentre afferrava una foto in particolare dal mobile e se la portava davanti al viso.
Ritraeva la squadra della Nankatsu dopo la vittoria contro il Meiwa al loro ultimo anno di elementari, erano riusciti a scattarla prima che Tsubasa iniziasse a preoccuparsi per l’assenza di Roberto e che corresse all’aeroporto per tentare di raggiungerlo, infatti il suo viso era sorridente e pieno di gioia mentre sventola la bandiera.
Wakabayashi era vicino a lui, e gli teneva una mano sulla spalla.
“Perché dovrebbe essere così diverso?”
Si ritrovò a domandare.
“Perché crescendo si cambia, Genzo”


“Va tutto bene tesoro?”
Domandò preoccupata Hanabi, sporgendosi per prendere la mano libera del figlio nella sua.
Il figlio smise di far roteare l’acqua nel suo bicchiere giusto pochissimi secondi, il tempo di darle una leggere occhiata ed annuire, poi tornò all’azione che aveva iniziato a compiere non appena si era versato da bere.
Una bugia del genere la donna l’avrebbe capita anche se non fosse stata sua madre.
Era palese che andasse tutto tranne che bene, e la signora Wakabayashi chiese aiuto al marito con lo sguardo per cercare di capire cosa fosse capitato al loro terzogenito.
“Non c’è niente che ti preoccupa… o che vuoi dirci?”
“Non sono mai venuto a confidarmi con te, papà, cosa ti fa credere che inizierò a farlo proprio adesso?”
Shuzo guardò la moglie, non sapendo più improvvisamente cosa fare visto che Genzo aveva ragione, ma quella lo incitò ad insistere con gli occhi.
“Ehm… Tsubasa? Come mai non è venuto con te?”
Chiese Wakabayashi senior, allora, non riuscendo a trovare niente di meglio.
“E’ sorto un impegno urgente e si è trattenuto al campo”
Mormorò Genzo, accigliandosi.
Non gli aveva detto che tipo d’impegno fosse, se fosse un allenamento extra o un incontro con l’allenatore, no, durante la chiamata Ozora gli aveva solo detto che non poteva presentarsi al pranzo al ristorante con i suoi, e lui era rimasto senza sapere praticamente niente.
Non una novità, a quanto pareva.
“Peccato, avrei tanto voluto salutarlo… sai, Genzo, sono proprio felice che tu ti sia fidanzato con lui”
“Perché?”
“Perché lui ti ha cambiato”
Quella frase detta dalla madre, riuscì a fargli distogliere l’attenzione dal bicchiere e a portarla su di lei e sul padre.
“Che vuoi dire?”
“Beh, figliolo, non puoi negare che da bambino tu abbia avuto un periodo di massimo egocentrismo e un pessimo caratteraccio”
Gli rispose Shuzo, e stavolta toccò al figlio dargli ragione.
Da bambino era stato un marmocchio parecchio presuntuoso ed irascibile.
“Non sapevamo più cosa fare con te, l’unico che sembrava parlare la tua stessa lingua era il signor Mikami… poi è arrivato Tsubasa e tutto è cambiato, tu sei cambiato ed in meglio, per fortuna”
Rise Hanabi, dando un’ultima stretta alla mano del figlio prima di lasciargliela.
Anche il SGGK si ritrovò a sorridere, nel ripensare al primo incontro avuto con il centrocampista e alla loro prima sfida.
“Avevo finalmente trovato qualcuno alla mia altezza…”
“Vedo che l’egocentrismo fa ancora parte del tuo carattere”
“E’ un tratto di famiglia, dopotutto”
Il padre alzò brevemente gli occhi al cielo e la madre rise ancora, prima di tornare a guardare teneramente il figlio.
“Sapere che c’è lui al tuo fianco mi rassicura su molte cose, posso dirti che tornerò in Giappone molto più tranquilla di quanto non fossi alla partenza”
“Non sarà propriamente al mio fianco… saremo lontani, lui qui, io a Monaco… non potremo viverci ogni giorno…”
“Vi sentirete lo stesso, no?”
“Sì, ovvio, ma… è diverso… potrei finire per non conoscerlo più, un giorno, a causa della lontananza”
I due coniugi si guardarono, sorpresi.
Era questa paura, dunque, ad attanagliare i pensieri del loro Genzo?
Si sorrisero, e tornarono a guardarlo, pronti a dirgli una importante verità.
“Finché sei in vita, Genzo, puoi sempre imparare a conoscerlo di nuovo”

‘Crescendo si cambia’
‘Puoi sempre imparare a conoscerlo di nuovo’
Quelle due frasi avevano colpito Genzo in modo totalmente diverso.
La prima lo aveva fatto intristire non poco e, per quanto non volesse farlo, alla fine aveva dovuto dar ragione a Karl.
La vita privata di Tsubasa, per lui, era un mistero.
Si tenevano in contatto, si telefonavano, si scrivevano, ma parlavano sempre di calcio, la cosa che li legava in modo indissolubile fin da quando erano bambini, non erano mai andati oltre, ed era successo anche la sera prima a cena, se ci pensava bene.
Avevano parlato dei rispettivi impegni calcistici, di quelli dei loro amici… ma niente sulle loro vite.
Se Daichi non avesse telefonato, non avrebbe scoperto del suo ritorno in Giappone quell’estate, che poi si era trasformato in un far andare a Barcellona il piccolo Ozora.
Se non fosse andato a comprare con lui una camicia, non avrebbe mai scoperto che per gli incontri importanti prendeva sempre quelle del padre perché erano più larghe e gli davano meno la sensazione di soffocamento.
Se Schneider non gli avesse aperto gli occhi, Wakabayashi avrebbe continuato in quel modo anche nell’avvenire, perché ne era sempre stato sicuro.
Tsubasa Ozora è così. Punto.
Non poteva cambiare, non lui.
… Invece, poteva eccome, ed il portiere ci aveva dovuto sbattere la testa contro per capirlo, ma era lì che entrava in gioco la frase detta dei suoi.
Poteva sempre imparare a conoscerlo di nuovo.
Una verità importantissima, quanto semplice, e si stupì di non averla pensata lui stesso.
Poteva chiedergli cos’avesse fatto, visto, vissuto quando era stato a San Paolo con Roberto.
Poteva scoprire cosa facesse a Barcellona oltre ad allenarsi, con chi uscisse, se avesse fatto qualche amicizia in particolare, se avesse sviluppato qualche abitudine.
Insomma, poteva chiedergli di tutto e di tutti, ne aveva il tempo grazie alla situazione con i suoi che lo aveva portato fino alla capitale della Catalogna, e se questo non fosse stato abbastanza allora ne avrebbe trovato dell’altro.
Voleva riscoprire, passo dopo passo, quella persona che era diventata Tsubasa Ozora.
Poteva farlo partendo anche vantaggiato, sfruttando quella cosa che negli anni non sarebbe mai e poi mai cambiata.
“Posso unirmi a voi per un allenamento?”
Domandò, con un grosso sorriso stampato sul volto, ai giocatori e all’allenatore del Barcellona.
Subito dopo aver finito il pranzo con i suoi, era corso al loro campo per poter iniziare quello che si era prefissato in mente.
Come non cominciare con la cosa che Ozora amava di più, escludendo i famosi biscotti al cioccolato e suo fratello minore?
“Vuoi davvero giocare con noi?”
Gli chiese proprio il centrocampista, avvicinandosi preoccupato.
Bacio a parte, non lo aveva lasciato bene quella mattina e il pensiero di come stesse lo aveva tormentato per tutta la mattinata.
“Perché no? E’ da un paio di giorni che sono fermo e ho voglia di sgranchirmi un po’ le mani”
“Ma… è successo qualcosa con i tuoi geni-“
“Tsubasa”
Lo fermò, mettendogli le mani sulle spalle e guardandolo dritto negli occhi.
“Voglio allenarmi con te”
Gli disse in modo semplice e diretto, sorridendo.
Ozora non poté non sorridere di rimando, rincuorato, e dopo si voltò speranzoso verso il proprio allenatore che stava ancora riflettendo sul da farsi.
“Può allenarsi con noi? Sarebbe una grande occasione, no?!”
“Potrebbe esserci un conflitto d’interessi”
Fu Rivaul ad andare a smorzare l’entusiasmo che aveva preso ad animare il compagno di squadra, guardandolo duramente.
Genzo aggrottò la fronte.
“Non vedo perché dovrebbe”
“E il Bayern Monaco cosa direbbe, sapendo che vuoi allenarti con noi?”
“Niente, perché sanno che mi piace giocare con Tsubasa, che tra l’altro è anche il mio capitano in nazionale, tutto qui”
Il brasiliano aprì la bocca per controbattere, ma fu anticipato dall’altra metà della golden combi del Barcellona.
“Rivaul, per favore… è solo un allenamento…”
Davanti a quel mormorio e a quegli occhi ossidiana quasi imploranti, il Falco si ritrovò a sospirare.
Non era solo un allenamento…
“Deciderà il mister”
Quando questo, preso dall’entusiasmo dei suoi giocatori contagiati tutti quanti da Tsubasa, cedette e lasciò che il SGGK si allenasse con loro, Rivaul fu l’unico a non sorridere.


“Durante le partite mi sembrava più simpatico”
Commentò ancora Genzo, appoggiato con il bacino alla spalliera del divano.
“Sembra avercela in qualche modo con noi due…”
“Non potresti essere più lontano”
Rispose Tsubasa, arrivandogli davanti mentre si strofinava i capelli bagnati con un asciugamano.
“Se si comporta in quel modo è solo per un motivo, e ti posso assicurare che non è quello che immagini tu”
“Ne sembri sicuro”
“Lo sono”
Forse perché conosceva quel fantomatico motivo… oh beh, non era quello, quello che importava al portiere al momento.
“Siete molto amici, eh…”
“E’ naturale esserlo, dopo essere compagni di squadra”
“Già… vi frequentate molto?”
“Abbastanza, qualche volta sua moglie m’invita a cenare da loro, perché?”
“Così… chiamala curiosità…”
Ozora lo sbirciò da sotto l’asciugamano.
“Aspetta, non starai mica pensando che io- con Rivaul-?!”
“Oh mio- no! Per carità, no!... O mi vuoi dire che-“
“E’ sposato e ha due figli!”
“Va bene, va bene, non ti arrabbiare, ho capito, mi cucio la bocca adesso”
Rise Wakabayashi nel vedere l’amico agitarsi e calare l’asciugamano sulle spalle, lasciando scoperti i capelli neri completamente sparati per aria.
Come detto, rimase in silenzio… e lo guardò.
Iniziò ad osservarlo mentre tentava di pettinarsi utilizzando le mani, passandole più volte tra i fili neri per dargli almeno una parvenza decente, completamente concentrato in quell’operazione a quanto pareva molto ostica.
Era buffo… e carino.
Si ritrovò stupito del suo stesso pensiero, ma non riuscì né a negare di averlo fatto, né a dire il contrario, perché lo pensò di nuovo dopo pochi secondi.
Tsubasa era davvero molto carino.
“Non guardarmi così, tanto lo sai anche tu che non stanno a posto!”
Sbuffò quest’ultimo, rinunciando alla sua impresa.
Il SGGK alzò le spalle, sorridendogli piano e continuando a tenere i suoi occhi verdi fissi su di lui.
Il centrocampista iniziò a sentirsi leggermente in imbarazzo nel venir fissato così intensamente, non era una cosa che succedeva spesso, soprattutto da parte del portiere, ma in quel momento… era come se gli stesse scandagliando l’intero corpo, centimetro dopo centimetro…
“Wakabayashi…?”
Richiamò, sperando che distogliesse lo sguardo, ma così non fu ed Ozora si ritrovò ad arrossire.
Ancora più carino, pensò Genzo, staccandosi dalla spalliera per raggiungerlo.
Gli tastò delicatamente una guancia e sorrise ancora nel sentirla bollente.
Il centrocampista schiuse le labbra per dirgli che quella sera lo trovava strano, ma prima che potesse farlo, il portiere si abbassò e le chiuse con le sue, sfiorandole prima in modo lento e delicato come piccole carezze, poi sempre più pressando, iniziando a morderle e ad invaderle.
Lui voleva conoscere Tsubasa, ma poteva farlo anche in modo intimo?
Non vedeva perché no, visto che Santana lo faceva.
Il solo pensiero che il brasiliano conoscesse già quel lato di Tsubasa e lui no, lo spinse a portargli le mani sotto la maglia ed ad accarezzargli la pelle nuda.
Non ancora soddisfatto si staccò dalle sue labbra per sfilargliela… ma non riuscì a riprendere il contatto, perché Ozora voltò la testa, pressandogli le mani sul petto per spingerlo via da sé.
“No”
Disse anche, per chiarire meglio il fatto che non voleva andare oltre.
“Perché?”
“Perché non faccio queste cose con gli amici”
“Con gli amici no, ma con gli avversari sì”
Il centrocampista sussultò, guardandolo con occhi sgranati e Genzo si pentì di aver appena pronunciato quelle parole.
“Tsubasa…”
Sussurrò colpevole, guardandolo allontanarsi e dargli le spalle.
“Non abbiamo mai lasciato che il sesso tra di noi potesse intralciare le partite, se proprio ci tieni a saperlo”
Glielo comunicò con voce fredda e il portiere sapeva di meritarsela.
Sospirò, riaccorciando le distanze tra loro e mettendogli una mano tra i capelli, iniziò ad accarezzarglieli per tentare di placare l’ira e lo sdegno che le sue parole avevano provocato.
“Mi dispiace… non era questo quello che intendevo, credimi… è solo che non capisco, perché con Santana sì, e con me no? Perché preferisci lui?”
Pensava di essere più importante dell’attaccante brasiliano…
“Perché sì”
“Ne sei innamorato?”
“No!”
“Allora perché? Perché a lui permetti di toccarti, mentre a me no?”
‘Perché lui può conoscerti in quel modo, ed io no?’
Questa domanda, però, restò solo nella testa di Wakabayashi.
“Senti… è così e basta, non cambierò idea”
“Dammi una risposta valida alla mia domanda almeno, altrimenti non riuscirò a mettermi l’animo in pace”
Ozora si rinchiuse nel silenzio, come a dire che il discorso era chiuso, ma per Genzo non lo era.
“Tsubasa…”
Il centrocampista tentò di allontanarsi in camera, ma il portiere lo fermò, spostandogli la mano dai capelli alla spalla, impedendogli di compiere alcun passo.
“Tsubasa”
Questo prese a tremare.
“Tsubasa!”
“Perché con te non sarebbe solo sesso!”
Quell’urlo ebbe il potere di far saltare un battito al SGGK.
Se non sarebbe stato solo sesso allora…
Sfruttò la mano sulla spalla, e riuscì a far girare Ozora verso di sé, si sentì morire dentro nel vedere i suoi occhi neri pieni di lacrime pronte ad uscire e di rancore nei suoi confronti, rancore per averlo portato a confessare quello che non voleva.
“Tsu-“
Tsubasa si liberò con uno strattone e lo superò, correndo verso la porta di casa.
Seppur sconvolto, Genzo riuscì comunque a non perdere tempo e ad andargli dietro, fermandolo giusto prima che riuscisse ad aprirla.
“Aspetta! Aspetta, ti prego, rima-“
Quella richiesta si perse nel bacio disperato e bagnato – ma non per il solito motivo – che Ozora gli diede per riuscire a distrarlo abbastanza da riaprire la porta, e scappare via subito dopo.
Wakabayashi si ritrovò ad osservarlo correre via esattamente com’era successo quella mattina.
Ma, al contrario di questa, stavolta non stava correndo per sbrigarsi agli allenamenti… stava correndo per allontanarsi da lui.

Che cosa aveva combinato?

   
 
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