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Autore: LatazzadiTea    06/01/2021    6 recensioni
Dal testo: Violet era la persona più sola che avesse mai conosciuto, per questo andava protetta. Invece, accecato dalla propria arroganza Dietfried l'aveva presa e strappata alla sua terra, pagando quella scelta disumana con la vita dei suoi uomini. Così, comprendendo solo troppo tardi la gravità di quell'errore, al fratello non era rimasto altro che sbarazzarsene.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Claudia Hodgins, Dietfried Bougainvillea, Gilbert Bougainvillea, Violet Evergarden
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Cap 11.

Perdersi e ritrovarsi - Prima parte
.



Una volta nel suo letto, quelle poche ore di riposo si trasformarono in fretta in un lungo pomeriggio di sonno per Violet. Riaprì gli occhi che era quasi sera, trovandosi come stordita a pensare ai cambiamenti avvenuti nella sua vita in quelle poche settimane di assenza. Era tornata mentre alla società postale s'iniziava il lavoro, poco dopo aver salutato Gilbert, che era rientrato al comando centrale dell'esercito per fare rapporto sugli avvenimenti che lo avevano portato a fuggire dall'isola dove si nascondeva per tornare in seno alla sua famiglia.

Violet si fermò a riflettere, spaziando con lo sguardo sui tendaggi nuovi di zecca, il mobilio raffinato e l'elegante scrivania, accanto alla quale qualcuno aveva accuratamente provveduto a sistemare sia la sua valigia che il suo ombrellino. Tutto profumava di fresco e ogni angolo era stato accuratamente pulito e messo in ordine. Notò anche un armadio più grande accanto al suo letto, chiedendosi che fine avesse fatto l'altro. Scoprendolo poi ricolmo di biancheria e abiti di ricambio, alcuni dei quali meno sobri di altri, aveva pensato, anche se tutti sul tono del rosa. Restò per un po' ad ammirare il tutto, godendosi quell'atmosfera famigliare e rassicurante dopo tanto tempo, alzandosi in un secondo momento, per avvicinarsi allo scrittoio. Le era bastato fare un passo in più per accorgersi della presenza di due buste chiuse, una delle quali più grande e voluminosa dell'altra. Vicino a quelle che parevano lettere indirizzate proprio a lei, Violet vide anche un fiore di Lisianthus blu, graziosamente fermato da un delizioso nastrino giallo. Si sentì mancare quando decise di aspirarne il profumo dolce e delicato, immaginando subito chi fosse il mandante di quel messaggio.

Soltanto un uomo sarebbe stato capace di un gesto tanto eclatante usando proprio quel fiore per chiederle perdono: solo lui, Dietfried.

"Sei sveglia, finalmente! Ma guardati, hai di nuovo i capelli arruffati e in disordine: è un miracolo che dopo tutta quell'acqua non ti sia presa un malanno!", esordì chiassosamente Cattleya, facendo letteralmente irruzione nella sua stanza con un vassoio stracolmo di biscotti al burro e tè al gelsomino.

"Dove sono finiti i miei vecchi vestiti, e i mobili? È tutto così diverso, adesso...", volle sapere Violet, sentendosi improvvisamente smarrita.

"Nel vecchio magazzino, direi... Sai, il presidente non era d'accordo a far sparire tutte le tue vecchie cose dalla stanza, ma quando quel pomposo del Capitano Bougainvillea si è offerto di arredarla dandogli della locusta, Hodgins non ha resistito... Sai come sono fatti gli uomini, no? Sempre pronti a competere fra loro su chi ha l'ego più grosso, per usare un eufemismo...", continuò la donna, soffermandosi un attimo a guardarla.

Violet era ancora profondamente triste, al punto da non sembrare vero. Avrebbe dovuto sprizzare gioia da tutti i pori dopo il ritorno di Gilbert, ma più la osservava, più non sembrava così. Che le stava succedendo? Alla luce di ciò che aveva saputo da Claudia, la donna sorrise bonariamente, aiutandola a sedersi sul letto per poterle pettinare i capelli prima che facesse colazione. Aveva una mezza idea di come la giovane si potesse sentire, e decise di indagare, seppur con le dovute precauzioni del caso.

"È stata dura, eh? Tutte queste emozioni e tutte in una volta, per giunta! Non oso immaginare come ti sia sentita dopo aver rivisto il Maggiore in quella prigione... Dev'essere stato scioccante, no?", gettò l'esca Cattleya, iniziando a intrecciarle i capelli per aiutarla a realizzare la solita acconciatura.

"Sì, ma sono ugualmente molto felice, anche se mi sento così... Così...", sospirò Violet, incapace di trovare le parole giuste per spiegare veramente ciò che provava.

"Così delusa e piena di rabbia, Violet? C'è l'hai col Maggiore per averti mentito, ma non sai come dirglielo per paura di ferirlo? È questo che vuoi dire? So' quanto ti sia mancato, ma a questo punto penso che dovresti essere del tutto sincera con lui!", azzardò Cattleya.

"Non è così, non sono affatto arrabbiata... io...", sbottò la giovane, provandole chiaramente il contrario.

"Sicura? Certo, aveva delle buone intenzioni, tuttavia il Maggiore ha scelto cosa fosse meglio per te senza nemmeno consultarti: al tuo posto, sarei arrabbiatissima con lui!", rincarò la dose Cattleya.

Nonostante tutte le lettere che aveva scritto, imparando il valore delle emozioni e della parola ti amo, Violet non avrebbe saputo come esprimere i suoi veri sentimenti in quel momento. Ma non era rabbia quella che sentiva, ne era certa.

"Ho paura che se dicessi la verità al Maggiore, lui potrebbe anche decidere di non restare... ", ammise Violet, tremando.

Cattleya aggrottò la fronte, di solito Violet aveva un controllo d'acciaio sulle proprie emozioni, ma ora percepiva una falla. Persino quella lega temprata era stata portata al limite della sua resistenza, quindi Claudia aveva ragione quando diceva che fra lei e il Capitano Bougainvillea era accaduto qualcosa di più di un semplice abbraccio e uno stupido bacio. Anche se aveva passato la notte più traumatica della sua vita, Violet era ancora troppo confusa e pallida per i suoi gusti; solo un mese prima si sarebbe gettata fra le braccia di Gilbert senza battere ciglio, mentre ora... Era senza dubbio successo qualcos'altro tra loro, e lei continuava a tenerlo segregato dentro di sé come aveva fatto tante altre volte in passato.

"Gilbert è tornato per restare, ne sono certa! Perciò aprigli il tuo cuore e digli tutto quel che senti, o questi sentimenti negativi finiranno sicuramente per schiacciarvi entrambi, Violet...", le consigliò Cattleya.

"E cosa dovrei dirgli di preciso, sai dirmelo? Che anche adesso, malgrado il suo ritorno, l'unica cosa che vorrei è correre dal fratello per dimenticare tutto? E questo che dovrei confessare al Maggiore, eh? Che il suo sacrificio e il suo amore potrebbero non valere il dolore che mi ha causato? Non posso farlo, Cattleya! Mi odierebbe per questo, lo so'...", reagì Violet, piangendo.

"Eccome, invece! Tutto mia cara, tranne una cosa, però... Perché sono stati proprio quell'amore, quel sacrificio e quel dolore ha fare di te la persona che sei oggi Violet, e Gilbert non potrebbe mai odiarti per questo... Su', ora basta con le lacrime: il tuo adorato Maggiore è giù che ti aspetta! Scegliamo qualcosa di adeguato da mettere, vuoi?", aggiunse saggiamente Cattleya, asciugandole il viso col suo solito fare materno e gentile.

"Non sono proprio il mio genere, ma in mancanza d'altro...", sospirò Violet, dando un occhiata sfuggente all'armadio pieno d'abiti che le aveva regalato Dietfried.






"Prendi, fammi compagnia, straniero!", lo invitò a bere Hodgins, scolandosi davanti ai suoi occhi increduli più di un bicchiere di vino.

"Grazie, ma passo... Ad ogni modo dovresti iniziare ad andarci piano anche tu Claudia, non sei più un ragazzino!", lo ammonì Gilbert, sfoggiando gli scintillanti gradi da Colonnello sulla divisa pulita, stirata e in ordine.

"Parla per te, pivello! A differenza tua, io lo reggo ancora benissimo!", si vantò Hodgins, ridendosela sfacciatamente di gusto.

Claudia notò che l'amico aveva un altro aspetto adesso, sebbene fosse palese che si stesse ancora nascondendo dietro l'uniforme che indossava. Come Violet, Gilbert aveva un'espressione triste e sconsolata in faccia, quasi fosse evidente che le cose non fossero andate esattamente come entrambi si aspettavano. La giovane non era mai stata brava a fingere, ed era palese che sotto quell'apparente felicità, nell'animo della ragazza si nascondesse qualcosaltro.

"Violet era distrutta l'altra sera: dev'essere stato terribile per lei scoprire la verità a quel modo... ", disse Gilbert dopo un breve silenzio.

"Sì, e quel che è successo con tuo fratello ha peggiorato le cose!", sbottò Hodgins in evidentemente stato d'alterazione.

"No, credo che le abbia fatte solo venire a galla, Claudia! Dopo tutto, non è quello che speravamo per lei: che dimenticasse il passato e si rifacesse una vita?", reiterò Gilbert, dirigendo lo sguardo preoccupato e stanco verso l'ingresso dell'ufficio.

Hodgins intuì qualcosa nel suo repentino cambiamento di umore: Gilbert aveva avvertito un rumore provenire dall'esterno, sentendo qualcuno avvicinarsi. Claudia sbuffò, passandosi nervosamente una mano fra i capelli color cremisi: quelle voci chiassose non potevano che appartenere alle ragazze che accompagnavano Violet, pensò, cercando di darsi un minimo di contegno in vista di incontrare la compagna dopo aver bevuto così tanto.

"Scusate l'attesa, ma la nostra Violet non sapeva proprio cosa indossare oggi!", si giustificò Cattleya, entrando nel grande ufficio di Hodgins con Violet sotto braccio.

"Non importa, ne è valsa la pena visto il risultato: sei davvero bellissima, Violet...", rispose Gilbert, guardandola con ammirazione.

"Grazie, Maggiore! Anche se penso che il merito vada tutto al vestito...", replicò invece Violet, abbassando lo sguardo.

Fino a quel momento, Gilbert non si era mai veramente reso conto di quanto Violet fosse cambiata in quegli anni. Al posto dell'acerba ragazzina che aveva cresciuto, c'era una donna adesso. Una donna vera, avvolta in un vaporoso abito di seta che le scopriva le spalle e le disegnava le forme, mettendone in risalto i seni voluttuosi e la vita sottile. Dov'era finita quella bambina fragile e impaurita che si aggrappava a lui mentre la portava via dalla sua casa? Ricordava perfettamente come le sue piccole dita si stringessero alla sua uniforme con fermezza, come a dirgli che non l'avrebbe più lasciata. Gilbert sentì le emozioni che aveva vissuto in passato esplodergli nel petto, mentre le sentiva sovrapporsi a ciò che provava ora. Quand'era germogliata in lui quella sensazione? Non aveva idea di cosa avesse fatto scattare il grilletto. Se gli fosse mai stato chiesto cosa gli piaceva di lei, non sarebbe stato in grado di esprimerlo adeguatamente a parole.

Prima ancora di sapere cosa provasse, si era sentito felice ogni volta che lei lo chiamava. Aveva desiderato proteggerla sin dal principio e persino ora, Gilbert sentiva il cuore pulsargli nel petto con immutata devozione. Ma più la guardava, più Violet sembrava diversa, come se dalle sue labbra uscissero solo parole che pensava gli fossero gradite. Lui era stato il suo tutto, mentre adesso sentiva che si era creata una distanza fra loro: un muro sottile fatto di menzogne e verità non dette che rischiava di separarli per sempre se non fosse corso ai ripari.

"Bene, penso che la nostra auto ci aspetti! Vieni Violet, dobbiamo andare...", disse poi Gilbert, invitandola a seguirlo.

"Certo, Mag... Volevo dire, Colonnello...", si corresse Violet, accettando quella richiesta più come un ordine che non un invito.

"Riportala a casa sana e salva, ma soprattutto a un orario decente. Violet deve riposare per svolgere al meglio il suo lavoro di domani, perciò niente ore piccole o sciocchezze simili, siamo intesi?", si raccomandò Hodgins con aria pensierosa.

"La riporterò a casa prima che rintocchi la mezzanotte paparino, fidati!", volle tranquillizzarlo scherzando Gilbert, prima di rimettersi l'elegante cappotto e accompagnare Violet fuori dalla stanza con sé.

Dal canto suo, Violet aveva annuito tutto il tempo, evitato di guardare il Sig.Hodgins negli occhi anche in quel frangente. Gilbert sembrava avere fretta di parlarle in privato, e dopo tutto quel tempo era normale che desiderasse farlo malgrado fosse evidente che lei non riuscisse più a nascondere il turbamento che provava.





Solo all'esterno della società postale Violet tornò finalmente a respirare, sentendosi improvvisamente toccare la pelle da una dolce brezza sospirante dal mare. Nonostante fosse in compagnia di Gilbert, quel profumo di salsedine la portò a pensare a Dietfried e a chiedersi come stesse, dove fosse e quando l'avrebbe rivisto. Era da quando l'aveva lasciato alla villa che non aveva sue notizie, e la cosa, già iniziava a infastidirla. Cattleya aveva ragione, dopo tutte quelle menzogne aveva iniziato a provare un sentimento molto simile alla rabbia verso chi l'aveva ingannata.

Era un misto di amarezza e risentimento quello che sentiva, oltre alla delusione. Conosceva benissimo le loro motivazioni, tuttavia, Violet non si sarebbe aspettata niente di simile né dal Sig.Hodgins né da Gilbert. Per non parlare di Dietfried, che aveva infranto la promessa di raggiungerla all'Ammiragliato dopo quella notte di confronto senza darle nessuna spiegazione. Era stanca di essere manipolata da tutti, anche se più di chiunque ne comprendeva le ragioni.

"Sei pensierosa: c'è forse qualcosa che non va'?", le chiese Gilbert, tendendole la mano per aiutarla a salire accanto a lui in macchina.

"Sì, io, in realtà mi chiedevo se non fosse rischioso andarcene in giro dopo quello che è successo alla villa...", volle sapere Violet.

"È comprensibile, ma non abbiamo più nulla da temere, credimi. So' per certo che i rivoluzionari Gardarik che vi hanno aggredito sono stati tutti arrestati, Violet...", le mise al corrente Gilbert.

"Così, era questo il suo lavoro? Per quattro anni non ha fatto altro che dare la caccia a terroristi, ribelli e antipacifisti?", gli domandò Violet.

"Fra le altre cose... Una volta sgominai anche una banda di trafficanti d'armi qui a Leiden: fu il giorno in cui persi per la prima volta uno dei miei uomini! Me la vidi brutta, sai? Dovetti scappare da un edificio in fiamme anche se per fortuna sapevo dove rifugiarmi, così, mi infilai in casa di Hodgins. Poveretto, ricordo che gli venne un colpo quando mi trovò...", aggiunse lui, sdrammatizzando di proposito pur continuando ad osservare ogni sua espressione o reazione corporea.

"La smetta! Lo trova divertente? Non le ho mai chiesto di fare questo per me, ne di mettere in pericolo la sua vita giorno dopo giorno... Come crede che mi senta, eh? Non aveva il diritto di sparire senza dire una parola, non dopo quello che abbiamo condiviso in guerra! Ha idea di come mi sia sentita, o di cosa abbia passato?", riuscì finalmente a dire Violet.

"Sì, che c'è l'ho... Ti ho guardata soffrire per quattro lunghi anni, e ti assicuro che ho fatto altrettanto! Non so' se ne avevo il diritto ma, certamente, avevo più di una ragione per farlo... Soprattutto pensando che al posto di quell'uomo morto in missione ci saresti potuta essere tu, Violet... A dirla tutta, ognuno di loro saresti potuta essere tu!", le sbatté in faccia il giovane, guardandola per la prima volta con severità.

"Maggiore: ho forse fallito in qualche cosa? Sta' dicendo che non sarei più stata in grado di proteggerla dopo aver perso le braccia in combattimento?", andò dritta al punto Violet.

"Sto' dicendo che quegli uomini, sapevano cosa stavano facendo quando hanno deciso di lavorare per il governo... Hanno fatto una scelta, scelta che tu, in quanto mia arma non avresti mai potuto fare! Avresti continuato a uccidere se non ti avessi dato un'alternativa, e non per un ideale come la giustizia o la pace ma per me, e io non lo potevo permettere, Violet... Non più, non di nuovo!", reagì Gilbert.

Gilbert avrebbe voluto gridare, probabilmente avrebbe voluto farlo sin da bambino se gli fosse stato permesso. Se gli fosse stata concessa quella libertà l'avrebbe fatto, senza doversi preoccupare di essere ben educato o di far vergognare la sua famiglia. La verità era che aveva sempre desiderato farlo, ma aveva taciuto, costretto dalle convenzioni del suo status e dal nome che purtroppo ancora si portava addosso.

"La prego, mi faccia scendere... Fermi la macchina!", gli intimò Violet scossa dal bisogno di scappare.

"No, adesso mi starai a sentire!", le rispose Gilbert.

"Non posso...", si ribellò lei, cercando di aprire lo sportello dell'auto in corsa per mettere fine a quel doloroso supplizio.

"Ti amavo, Violet! Ti amo, ancora... Avrei voluto dirtelo in modo più appropriato a parole, ma non sono mai riuscito a farlo... Violet io, amavo ogni cosa di te, a cominciare dal tuo modo di guardarmi... Amavo il modo in cui i tuoi azzurri si spalancavano su ogni cosa che scoprivi quando imparavi qualcosa di nuovo: fiori, arcobaleni, insetti, la neve e le foglie cadute, quelle città piene di lanterne tremanti che si accendevano come lucciole ai primi sentori della notte... Avrei voluto mostrarteli sotto una luce diversa, perché volevo che potessi apprezzare liberamente la vita, anche se non riuscivo a immaginare come avresti vissuto senza di me. Ciò nonostante, sapevo che se fossi rimasto non saresti mai stata in grado di riuscirci a causa mia. So' che ritieni il mio comportamento sbagliato ma, per quanto tu abbia sofferto, non potevo trascinarti di nuovo all'inferno con me Violet, proprio non potevo...", aveva cercato di spiegarle Gilbert, in modo che le fosse più chiaro possibile.

"Avrebbe dovuto dirmelo, invece! Nonostante i miei progressi, tutti i miei viaggi e quello che ho imparato, ha lasciato che credessi di averla persa... In qualsiasi istante io... io... avrei potuto...", rispose Violet, soffocando un singhiozzo.

"Avresti potuto cosa, Violet? Mi sarei ucciso pur di non perderti! Ed è vero, avrei dovuto dirtelo... Ci sono tante cose che avrei dovuto dirti in realtà, ad esempio che ho protetto questo paese malgrado il suo stile di vita non mi piacesse affatto. Devo confessare che sono più le cose che detesto di quelle che mi piacciono, anche se voglio molto bene al mio migliore amico e alla mia famiglia inevitabilmente contorta... La mia vita consisteva e consiste tutt'ora solo in questo, proteggere e mantenere in vita le persone che amo, Violet... Tu, al di sopra di ogni altro!", ammise Gilbert altrettanto scosso.

Violet senti un profondo e doloroso bruciore ostruirle la gola, tuttavia non riuscì a reprimersi, supplicandolo di raccontarle tutto quello che era successo dopo la battaglia per capire meglio come fossero andate veramente le cose. Aveva bisogno di sapere perché anche lei lo aveva amato: Gilbert era stato l'epicentro del suo mondo dacché lo aveva incontrato a che lo aveva perso, un mondo che rischiava di andare in frantumi se non avesse saputo cosa fosse realmente successo il giorno della sua scomparsa.

"Lo farò, ma ora scendiamo: ho voglia di camminare!", le promise Gilbert, prima di ordinare al suo autista di fermare la macchina.
 
   
 
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