NON AVERE PAURA
*
Il terremoto
A
Marinette sudavano le mani mentre si accingeva a
chiudere la mini zip del vestito, che sapientemente aveva ideato e cucito lei
stessa a mano, impreziosendolo con una fila di Swarovski attorno l’addome, a
formare una cintura.
Indossò
sulle spalle anche la pelliccetta ecologica nera, che aveva legato con i
laccetti di raso dello stesso colore.
Il
vestito era lungo e rosso, scivolava benissimo a delinearne le forme di una
ragazza di ormai vent’anni.
Si
guardò allo specchio con aria soddisfatta, la parrucchiera e truccatrice aveva fatto un ottimo lavoro, le
aveva acconciato i capelli in uno chignon spettinato e fatto ricadere leggeri
boccoli attorno al viso, incorniciandoglielo alla perfezione, mettendo in
risalto i suoi tratti orientali, aiutata dal leggerissimo velo di trucco.
“Sei
già bella di tuo, non hai bisogno di ulteriore stucco” Le aveva detto.
Prese
la clutch rossa e ci infilò dentro Tikki, il
cellulare e le chiavi di casa.
“Sono
proprio fiera di te, Marinette” Le aveva detto dopo
essersi messa comoda tra la stoffa.
“Grazie,
Tikki, ammetto che è stata dura vincere quel
concorso, il signor Agreste, è stato molto esigente e pignolo nei miei
confronti”.
La
casa di moda Agreste, aveva indetto una selezione qualche mese prima per un
posto da stagista, che avrebbe coinciso perfettamente con la conclusione dei
suoi studi all’accademia della moda.
Si
era decisa a partecipare, anche se le sarebbe bastata una telefonata al suo
amico Adrien, per farle ottenere il posto, risparmiandole ore di angoscia per
sapere se era passata allo step successivo, ma non voleva passare per la
raccomandata di turno.
Anzi,
quando per puro caso, il biondo aveva scoperto che tra i nominativi, c’era la
sua cara amica Marinette, era andato da suo padre,
per chiedergli di farle ottenere il posto, scavalcando tutti i pretedenti.
“Da
Marinette mi aspetto grandi cose, e non vorrò che si
limiti solo ad eseguire i miei ordini, dovrà stupirmi” Gli disse “…e poi non
voglio che si spettegoli sul fatto che voi vi vediate, e quindi per questo
abbia ottenuto il posto”.
“Siamo
solo amici, papà. Non c’è niente tra me e lei”.
“Se
lo dici tu”. Nemmeno suo padre credeva alle sue parole.
Gli
era capitato di vederli parlare tra i corridoi, oppure quando li beccava in
centro in un locale per un aperitivo.
Gli
sguardi che si scambiavano reciprocamente, non erano di certo di due amici.
Marinette scese le scale
e vi trovò anche i suoi genitori vestiti elegantemente, alla premiazione
avrebbero partecipato anche loro quella sera, la loro amata figlia, sarebbe
stata presentata come nuovo membro dell’organico della casa di moda e braccio
destro di Gabriel Agreste in persona.
“Sei
bellissima tesoro” L’abbracciò sua madre che si commosse.
“Mamma,
ti scende il trucco così”.
“Andiamo,
la carrozza aspetta la sua principessa” Tom prese Marinette sotto
braccio per condurla davanti la limousine noleggiata per l’occasione.
“Papà,
non dovevi”.
“E’
una serata importante per la mia bambina, volevi forse prendere la metro?
Vestita così poi?”.
“Una
macchina più sobria sarebbe stata l’ideale” Sospirò rassegnata.
“Sai
com’è fatto tuo padre”.
*
Arrivarono
davanti l’hotel “Le Grand Paris”, location dell’evento che si sarebbe tenuto
all’ultimo piano.
L’autista
aprì la portiera a Marinette, e come se fosse una
delle più importanti star, scese guardandosi attorno, sistemandosi il vestito e
sperando di non inciampare sul tacco dieci.
Venne
investita da numerosi flash che le fecero chiudere gli occhi e schermandoli con
il braccio guantato.
“Wow,
Marinette! Sei fantastica” Una voce da dietro la
costrinse a girarsi, l’avrebbe riconosciuta tra mille: Adrien!
Impeccabile
dentro il suo smoking nero, che se non fosse stato per la folla di fan
imbizzarrite o per il fatto che si trovavano in pubblico, glielo avrebbe
strappato via, solo per ammirare dal vivo il suo fisico da Dio dell’Olimpo,
apparso sulla copertina di una rivista prestigiosa della moda che pubblicizzava
una collezione di intimo uomo.
No,
la cotta per lui non le era ancora passata, nemmeno a distanza di anni.
Adrien
le porse il braccio “Posso accompagnare al ballo una gentile donzella?”.
Marinette rise sotto i
baffi “Ma certo, Milord”.
Ed
insieme si avviarono sul red carpet, Adrien più a suo agio che mai salutava i
giornalisti e si prestava ad alcune foto, Marinette
del canto suo, avrebbe solo voluto sprofondare al centro della terra.
“Ti
ci abituerai!” Gli disse mentre salutava Alya, fresca di laurea in giornalismo
e neo assunta alla rete locale, accorsa per scrivere il suo pezzo.
“Lo
spero” Anche se non si era ancora ripresa dopo il loro ultimo incontro, quando
furono costretti a scappare dai giornalisti, un errore madornale, in quanto il
giorno dopo era uscito in prima pagina un articolo dove presto i due si
sarebbero sposati.
*
Entrarono
in hotel e Marinette si staccò da Adrien “Ti
restituisco il braccio” Le sorrise.
“Sei
stata brava lì fuori”.
“Dici?
Mi tremavano le ginocchia, avevo paura di cadere”
“Perché?
Eri aggrappata a me.” Chiese con naturalezza, come a voler dire che potrà
sempre contare su di lui, che non l’avrebbe lasciata per nulla al mondo.
Marinette arrossì, ma non
colse l’allusione.
Tom
e Sabine arrivarono subito dopo, un giornalista li aveva fermati credendo
fossero qualche persona di spicco nell’alta moda.
“Gli
ascensori sono di qua” Indicò Adrien.
“Sali
con noi?” Chiese Marinette.
“Si
certo, sempre lì dobbiamo andare”.
“Andate
avanti, noi vi raggiungiamo tra un po'” Con la scusa di andare in bagno,
Sabine, lasciò da soli i due ragazzi, che si avviarono agli elevatori.
“Fai
presto mamma!”
*
Marinette iniziò a
tremare e l’imbarazzo presto calò nell’abitacolo, entrambi guardarono
nervosamente il display, che ad ogni piano, cambiava il numero.
“Stai
bene, Marinette?” Le chiese notando che si era
appoggiata alla parete ed osservava il pavimento di moquette bordeaux.
“No…cioè
si…cioè...” Balbettò ritornando la Marinette delle superiori.
“Non
devi preoccuparti, vedrai che la serata andrà bene”.
“Non
è per la serata!”.
L’ascensore
sobbalzò leggermente e lei urlò.
“Non
dirmi che hai paura degli ascensori” La schernì mettendosi a ridere.
“Si…ma
di restare intrappolata”.
“So
che Chloè li ha appena cambiati, quindi non hai nulla
da temere”.
“Intrappolata
e durante un terremoto” Balbettò di nuovo.
Adrien
inarcò un sopracciglio, si sarebbe aspettato di tutto, ma questa poi, era
un’eventualità che non si sarebbe mai verificata a Parigi.
“Non
ti sembra di esagerare? Quante probabilità ci sono che un terremoto investa
Parigi?”.
Non
fece a tempo a finire la frase, che l’ascensore sobbalzò di nuovo e si fermò di
colpo spegnendosi, ed Adrien imprecò mentalmente, non
era capace di stare zitto.
Dopo
qualche secondo si accese la luce di emergenza.
“Oddio!
Ti prego no!” Marinette si portò le mani sul viso ed
era sul punto di piangere, lui gliele tolse e la guardò negli occhi.
“Andrà
tutto bene, adesso l’ascensore ripartirà, sarà solo andata via la luce”.
“Non
andartene!” Lo supplicò vedendo che stava raggiungendo la parte opposta
dell’abitacolo.
“Dove
vuoi che vada?”
“Intendevo…”
Si fermò mordendosi il labbro inferiore “…resta vicino a me”.
Adrien
l’abbracciò e le accarezzò la schiena nuda, quel contatto provocò in Marinette una scossa che le percorse tutta la spina
dorsale.
“Va
meglio?” Chiese con voce soave.
“S-si”
Appoggiò la testa sul suo petto finchè il battito non
tornò regolare e una voce li stava chiamando.
“C’è
qualcuno nell’ascensore?” Sentirono provenire nell’autoparlante.
Adrien
schiacciò il pulsante rosse e parlò “Si, siamo in due. Che cos’è successo?”.
“E’
andata via la corrente, i tecnici stanno tentando di ripristinarla, ci vorrà un
po'”.
Perfetto,
ci mancava solo questa, ma per fortuna non era da sola e durante un terremoto.
“Grazie”.
Marinette avrebbe
risposto “Grazie un corno”.
*
Passarono
interminabili minuti, e si stava facendo caldo.
Adrien
si tolse la giacca e cravatta, ed iniziò ad arrotolare le maniche della camicia
bianca.
“Ah!
E io che mi stavo preparando a gustarmi uno spogliarello” Esordì Marinette distogliendo lo sguardo.
“Se
serve a distrarti…mi sacrificherò per la mia amica”.
Amica.
Ancora
quella parola, quanto la odiava Marinette, ma odiava
ancora di più se stessa per non aver mai avuto il coraggio di dichiararsi ad
Adrien.
Ogni
volta le sembra sempre che il momento non fosse quello giusto, ma così facendo,
rischierebbe solo di perderlo.
Certo
era riuscita in tutti questi anni a conviverci molto bene, e qualche anno fa
era anche riuscita a non balbettare più o a pronunciare frasi senza senso in
sua presenza, forse è stato per quello che i due ultimamente passavano molto
tempo assieme.
Lei
sapeva tutto di lui, lui sapeva quasi tutto di lei.
“E’
il tuo ennesimo tentativo di metterti in mostra?”
Riusciva
anche a fare battute e spesse volte lo punzecchiava come faceva LadyBug, già la sua lady, chissà che fine aveva fatto, e
anche Papillon sembrava da qualche mese sparito nel nulla.
La
corrente sembrava essere stata ripristinata, e quando l’ascensore fece per
ripartire, si bloccò di nuovo e Marinette ed Adrien caddero a terra.
“Ma
che cosa sta succedendo?”
“Sembra…sembra
un terremoto!” Impallidì Adrien, non sapendo che cosa
aspettarsi da quella situazione.
La scossa durò più di un minuti ed
istinto, Marinette si era avvicinata a lui
abbracciandolo forte.
“Moriremo!” Piagnucolò lei.
“No” Disse lui convinto, stava per
trasformarsi in Chat Noir, non sarebbero di certo periti in ascensore, e poi
non poteva stare senza far niente.
Ma il destino era dalla sua parte,
quando stava per pronunciare le parole magiche, le scosse cessarono.
“Stai bene, Marinette?”.
Lei aprì gli occhi lentamente,
ritrovandosi con solo la luce fioca della lampada d’emergenza.
“Credo di si” Si guardò attorno
spaesata, quel movimento della terra, le aveva provocato delle vertigini, non
era ancora pronta ad alzarsi, e sembrava che stesse per vomitare da un momento
all’altro.
Già, che gran bella figura.
“Fa dei respiri lenti e profondi” La
invitò il biondo avendola vista impallidire, quello che gli mancava in quel
momento era ritrovarsi a gestire una crisi di panico, ma Marinette
sembrava collaborare a calmarsi un po’ alla volta.
Adrien prese il
cellulare dallla tasca della giacca, i soccorritori non
rispondevano più al citofono dell’altoparlante di emergenza, quindi dovevano
prodigarsi ad avvisare chi era all’esterno.
“Dannazione” Sibilò a denti stretti.
“Il mio cellulare è morto” Disse Marinette guardando il display, non riusciva nemmeno a
comporre il numero per le emergenze.
“Dobbiamo uscire da qui”.
*
Continua