-Mancano
ancora tre ore al prossimo treno…-
-Non
c’è molto da fare, Gerard- rispose Ray
–A meno che tu non voglia fartela a
piedi, ci tocca aspettare. E sarà meglio per noi scegliere
la seconda opzione-
-Per
una volta il capellone ha ragione- disse Frank –E poi
possiamo approfittarne
per ammirare Chicago! Non mi aspettavo che fosse così bella!
Certo, niente
batterà il New Jersey, ma anche questo posto non
è male. Insomma, Mikey ci sta
regalando un’esperienza in più! gli
darò una sculacciata in meno per questo!-
Ma
Gerard non ne era convinto. Per forza di cose: come fai a rilassarti
quando tuo
fratello è scomparso e tu hai sbagliato treno?
Un
caffè era quello che ci voleva. O una birra. Anzi, no,
meglio il caffè: non era
proprio il caso di buttarsi in qualche alcolico, altrimenti erano
capaci di
arrivare in Alaska. E poi il caffè era la bevanda preferita
di Mikey; un po’
per gioco un po’ per convincersi che non era poi
così lontano, chiese una pausa
caffè. Urgente.
Entrarono
in un bar piuttosto appartato, in periferia, un locale old fashion,
dallo stile
molto ricercato, e con una musica jazz di sottofondo. Luci soffuse,
tavoli
rotondi circondati da divanetti e lampadine. C’era anche un
piccolo palco, ma
era vuoto, se non per un pianoforte e per un paio di uomini che
maneggiavano
con qualche amplificatore.
Un
posto rilassante, quello che ci voleva, senza contare che sembrava un
posto
dove la gente si faceva gli affari propri.
-Ora
che ci siamo un po’ rifocillati…-
esordì Ray, una volta finito il pacchetto di
patatine –Vi andrebbe di fare un piccolo e veloce punto della
situazione?-
Frank
ingoiò velocemente la Coca Cola –Mikey
è a New York, noi siamo finiti per
sbaglio a Chicago, abbiamo un treno tra un’ora e 35 minuti,
il mio lettore di è
scaricato, Gerard non si calma e tu vuoi mostrarti brillante. Fine-
tornò a
scolarsi di Coca Cola
-Un
momento- disse Gerard prima che potesse scoppiare una litigata
–Ogni minuto che
passa è uno svantaggio per noi-
-Credi
che Mikey possa andarsene?-
-Dopotutto,
com’è andato può tornare…-
-Magari
in questo momento ha preso un treno per il New Jersey e la sua
è voluta essere
solo una scampagnata nella Grande Mela-
-No,
Mikey non è il tipo. Non se ne va di casa senza dire nulla a
nessuno, tantomeno
a me, per una scampagnata. Può darsi che voglia andare da
qualche altra parte,
ma non riesco a pensare dove-
-Scusate,
non la state facendo troppo facile?- chiese Frank
–E’ vero, è molto possibile
che se ne sia andato da solo, ma se ora che è a New York
avesse incontrato
qualche malintenzionato? New York è grande, rispetto a
Belleville è
praticamente il mondo, e Mikey non c’è mai stato,
non sa niente di niente di
lì. E nemmeno noi sappiamo come muoverci da quelle
parti…-
-Per
fortuna abbiamo Ray- disse Gerard –Lui è
già stato a New York-
Ray
fece un sorriso compiaciuto.
Purtroppo,
anche scervellandosi, non trovavano una soluzione, ma in compenso la
preoccupazione cresceva. Frank cercò comunque di risollevare
il morale.
-Oh,
stanno per iniziare un concertino. Hanno appena portato degli
strumenti. Magari
fanno qualche cover…-
-Se
anche la fanno, non credo della musica che ascolti tu- rispose Ray,
osservando
attentamente gli strumenti e chi li portava –Però,
si mantengono bene… Ho
sempre desiderato una Epiphone, peccato che costano…-
-Davvero?
Anch’io!- disse Frank
-Però
tu sembri così piccolino… Avresti la forza di
portare una Epiphone? Scommetto
che suoni una Fender-
-E
che ci vuole? Basta un po’ di allenamento. Sarò
basso per la mia età, ma non un
pappamolle. E la Fender rimane comunque una delle chitarre
più apprezzate. Ed
economiche-
Ray
fischiò –Ti avevo sottovalutato… Quanti
anni sono che suoni?-
-Da
quando avevo 11 anni, per essere precisi a fine mese saranno 4 anni che
la
suono-
-Però
da come parli sai il fatto tuo-
-Il
merito è del cantante dei Green Day, Billie Joe Armostrong.
Mi è bastato
vederlo in tv una sola volta e bam! Illuminazione!-
E
mentre loro chiacchieravano sulla musica, lasciando finalmente da parte
i loro
dissapori, Gerard osservava i musicisti del palco, tanto per buttare
l’occhio.
Non riusciva a togliersi dalla testa Mikey.
Qualcosa
però catturò la sua attenzione, anzi,
l’attenzione di tutti. Un signore mezzo
pelato, maglietta nera dei Metallica e con la barba, sgridava a voce
non molto
bassa un ragazzo biondo, che guardava i fili per terra con rabbia.
-Ti
ho detto mille volte di stare attento! Per poco non ammazzavi tutti con
quei
fili! Possibile che non hai imparato nulla?! Vuoi essere licenziato,
moccioso?-
-Mi
perdoni, non succederà più- rispose semplicemente
il ragazzo.
-Fila
di là a sistemare le ultime cose! Tsk… Questi
ragazzini…-
Gerard
a quel punto si alzò –Vado in bagno…
Torno subito-
Camminava
quasi strisciando i piedi per terra. Fu forse questa la causa che lo
fece
ritrovare col mento per terra. O forse c’era
dell’altro.
-Oh,
cielo, mi dispiace! Ti sei fatto male?-
-No,
no… Cioè, sì, però non fa
niente…-
Il
ragazzo biondo di prima gli tese la mano –Scusa, scusa,
scusa…-
-Ma
no, ma no… Piuttosto… Non ti separi da quei fili?-
-Se
succedesse qualcosa a questi fili la qualità del suono ne
risentirebbe. Stai
andando in bagno? Anche io-
-Lavori
qui?- chiese Gerard senza nemmeno fare le presentazioni. Aveva bisogno
di
tenere la mente occupata con qualcos’altro. parlare con quel
ragazzo forse
faceva bene.
-Sì,
a casa ho un po’ di problemi e cerco di contribuire. Poi mi
piace lavorare in
mezzo agli strumenti musicali. E credo di riuscirci piuttosto bene,
è quello
stronzo del signor Thomas che ha sempre da ridire. Non capisce che i
fili non
vanno calpestati troppo, e soprattutto non cura gli strumenti come si
devono.
Prima stava prendendo a calci le casse di una batteria, e per poco non
lo
mandavo a quel paese, ma poi penso sempre che alla fine mi paga bene, e
quindi
meglio non farlo incazzare…-
Gerard
ascoltava, passivo. Quel ragazzo chiacchierava molto. Chissà
se tutti quelli di
Chicago, o i cittadini in generale, erano così. Inoltre,
sembrava che lavorare
non gli pesasse affatto, nonostante fosse un ragazzo.
-A
proposito, tu come mai da queste parti? Non sembri di Chicago. Anzi,
non sembri
proprio di città-
-Vengo
dal New Jersey-
-Eeeeeh?!
E che ci sei venuto a fare qui?! La band che si esibisce oggi non
è mica così
famosa!-
-Un
errore di navigazione-
-Stai
cercando un’altra India passando per ovest?*-disse ridendo
-Più
che India, direi un evaso- sospirò –Mio fratello
è andato a New York di
nascosto e per sbaglio sono finito qui con i miei amici. Aspettiamo un
altro
treno e ripartiamo-
-Cavoli.
In bocca al lupo, allora-
-Crepi..-
-Non
sembri un tipo a cui piace viaggiare-
-Al
contrario… Gerard frugò nella tasche, senza
trovare nulla –Merda…-
-Ne
vuoi una?- disse il ragazzo offrendogli una sigaretta
-Grazie…
Comunque, il problema è che non sono mai stato a New York-
-Davvero?
Eppure il New Jersey è vicino! Io ci vado praticamente
sempre, per lavoro. Il
signor Thomas è abbastanza richiesto come tecnico, anche al
di fuori
dell’Illinois-
Continuarono
a chiacchierare, cioè, quel ragazzo parlò e
Gerard ascoltava. Finchè non si
fece davvero tardi.
-Non
voglio rischiare di sbagliare ancora treno…-
-Sei
sicuro di farcela? Voglio dire, a New York…-
-Certo…
Bè, mi tocca…-
-A
proposito, non so come ti chiami-
-Gerard…
Gerard Way-
-Robert.
Anzi, Bob Bryar- disse il biondino sorridendo –E’
stato un piacere conoscerti-
-Sì,
anche per me… A presto- anche se non si sarebbero visti
più
-Uaaaaaaah,
che bel riposino! Ci voleva una pausa! Ora possiamo andare…
Verso New
Yooooooork!- disse Frank esuberante.
-Bene,
la stazione è da questa parte…-
Si
sentirono altre urla, dal locale. Gerard pensò che
evidentemente Bob ne aveva
combinata un’altra, ma non ci diede molta importanza.
Avevano
ormai attraversato la strada, quando vennero fermati da una voce.
-Io
conosco una scorciatoia per arrivare prima alla stazione-
Gerard
lo guardò di stucco –Bob? Che fai qui?-
-Eh
eh eh… Mi hanno licenziato!- disse ridendo –E,
visto che non ho niente da fare,
e voi dovete andare a New York senza supporto, perché non
imbucarmi? Sempre che
per voi non è un problema-
-No,
ci fa comodo un aiuto in più- disse sbrigativo Ray. gerard
lo guardò, capendo
al volo le sue intenzioni, in effetti faceva comodo.
-D’accordo.
Benvenuto a bordo, Robert-
-Vi
prego, chiamatemi Bob- rispose lui sorridendo.