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Autore: ___Page    28/02/2021    2 recensioni
Le giornate si dilatavano all'infinito, senza un senso. Forse innamorarsi poteva dargliene uno. In fondo, avevano tutto il tempo del mondo.
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Raccolta di one shot sull'amore durante una pandemia globale. Coppie crack, tanto fluff.
*Il secondo capitolo partecipa al Crack&Sfiga Day, indetto dal forum FairyPiece*
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#1: Sanji e Usopp - Vicini di balcone
#2: Ace e Perona - L'amichevole rider di quartiere
#3: Shachi e Baby - Condivisione WiFi
#4: Izou e Pen - Il webinar
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Altro Personaggio, Perona, Portuguese D. Ace, Sanji, Usop
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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HAI_BIS0GN0_DI_ME_?


"Se quando manca vieni preso dallo sconforto e dalla disperazione, è amore. Oppure la connessione WiFi." [TristeMietitore, Twitter]


 

Per Shachi, il silenzio non era fondamentale.
Il nulla cosmico non lo aiutava necessariamente a lavorare meglio, anzi, meno che meno gli piaceva. In effetti, per Shachi ascoltare musica era di grande aiuto quando programmava. 
Lo aiutava a concentrarsi, a chiudere fuori le distrazioni e i cattivi pensieri. Al riparo dietro le sue cuffie Polartang YS360, regalo dei suoi amici di una vita per i suoi trent'anni, Shachi aveva la propria dimensione, fatta di codici di linguaggio e melodie. 
Trance. 
Rigorosamente e unicamente trance. Quella era la musica che gli piaceva, la musica che lo rilassava, la musica che aveva il pieno diritto di ascoltare visto che stava lavorando, lui. 
Certo era chiaro che doveva restare connesso anche con il mondo esterno in qualche modo, per questo le Polartang YS360 erano state scelte tra altre candidate, per l'equilibrio tra qualità del suono e un isolamento acustico buono ma non assoluto, con una cancellazione del rumore solo parziale. 
Ovviamente era stato Law ad avere quell'accorto pensiero. "Magari evitiamo di fargli prendere un infarto se qualche suo collega deve attirare la sua attenzione", così aveva detto. 
E Shachi aveva apprezzato, aveva apprezzato tutto e mai Shachi aveva messo in discussione la lungimiranza e la praticità di Law, e non che ora la mettesse in discussione perché d'altronde neanche Law poteva prevedere l'esplosione della pandemia di piombo ambrato. Ma se solo Law fosse stato un po' più lungimirante o un po' meno pratico, ora Shachi avrebbe avuto delle cuffie più isolanti e con una cancellazione del rumore quasi totale e probabilmente questo avrebbe significato una migliore conservazione della sua sanità mentale. 
Perché ovviamente finché aveva lavorato in ufficio le Polartang YS360 si erano rivelate più che perfette così com'erano. E così sarebbe stato anche lavorando da casa, in teoria, perché Pen non era molesto, o meglio era molesto a volte ma sapeva quando non esserlo, capiva quando non esserlo, era consapevole di doverlo essere molto meno, quasi per nulla, dal momento che il novantotto per cento della popolazione e del loro condominio non poteva uscire di casa e lavorava in smartworking. 
Lui, Pen, l'architetto, il suo migliore amico e coinquilino, non per niente, lo capiva. 
Lei no. 
Lei non ci arrivava, era evidente, non conosceva le meraviglie tecnologiche di strumenti quali cuffie e auricolari, né il concetto del "non disturbare". 
Se di una cosa Shachi era grato, era che quanto meno non ci viveva assieme. Se di una cosa Shachi non era per niente grato, era che lei viveva nell'appartamento sopra al loro. 
E puntualmente, ogni giorno, all'ora di pranzo, le sue opinabili scelte di musica commerciale venivano propinate dall'assurda acustica che i due appartamenti avevano a lui e Pen. 
Ci aveva provato, Shachi, ad ignorarle. Ci aveva provato alzando il volume, ripetendo ad alta voce i codici di programmazione mentre li trascriveva, aveva sperato di caderci per davvero in trance ma niente, niente aveva funzionato. Per uno scherzo del destino, l'interferenza si mischiava costruttivamente con la sua musica e definire il risultato cacofonico era un eufemismo. 
Ad onor del vero, quello era l'unico in cui Baby sparava la musica a tutto volume, un momento in cui teoricamente non avrebbe dovuto dare disturbo, ma non era un problema di Shachi se Baby riusciva a fare la pausa pranzo all'ora di pranzo e lui invece no. 
E ogni singolo giorno, all'ora di pranzo, Shachi gettava la spugna e le cuffie e certi giorni, almeno una volta alla settimana, anche la pazienza. Certi giorni, in quelle condizioni, non riusciva a continuare a lavorare. Quelli erano i giorni in cui Shachi senza una parola usciva di casa, infilava le scale e la mascherina, raggiungeva il piano superiore e si attaccava al campanello dell'appartamento esattamente sopra al loro, finché il cane si metteva ad abbaiare, la musica cessava e lei veniva ad aprire. 
«Ciao Baby» 
Baby aveva ventiquattro o venticinque anni, lunghi capelli corvini, gli occhi grandi e blu e un molosso color pece, di probabilmente duecento chili, al seguito. Dal poco che Shachi aveva potuto vedere, la bestia degli Inferi era socievole con tutti tranne che con lui. A lui ringhiava sempre e comunque. Non che la cosa gli importasse, mica gli serviva piacere a quel sacco di pulci, aveva Bepo lui, anche se Law se l'era portato via. E poi, era lì per parlare con Baby. 
«Oh sei tu»
Shachi lo odiava. Odiava il momento in cui Baby lo riconosceva e poi le sue guance prendevano talmente tanto fuoco che neanche la mascherina magenta riusciva a nasconderlo. Rossa di imbarazzo perché lo sapeva, doveva saperlo per forza che lui stava lavorando, che lei lo stava disturbando. Ma lo faceva lo stesso e poi si imbarazzava e Shachi lo odiava.
«Buffalo stai buono, cucciolo» lo grattò dietro le orecchie per calmarlo, anche se Buffalo continuava a fissarlo con profonda disapprovazione per essere lì a mortificare la propria padroncina. 
«Io starei lavorando, potresti abbassare la musica» Shachi tirò fuori le parole nella formulazione più cortese che riuscì a trovarsi in animo, le braccia incrociate al petto. 
«Certo, scusa, non volevo disturbare» 
«Ne sono certo» 
Non lo era. Shachi Aveva seriamente pensato, in alcune occasioni, che Baby lo facesse apposta. Pen non gli aveva neanche risposto. 
«Buon appetito» fece per congedarsi ma riuscì a malapena a raggiungere l'imbocco delle scale che si dovette fermare di nuovo. 
«Aspetta!» 
Sorpreso si rigirò verso Baby, che era uscita due passi sul pianerottolo, il busto sporto in avanti e una mano ancora agganciata allo stipite. Sahchi si scambiò un'occhiata con Buffalo che pareva confuso quanto lui. E sempre molto giudicante.
«Non voglio disturbare, ma mi arriva il nuovo Wi-Fi nei prossimi giorni e lo devo installare e non so se sono capace. Se ho problemi posso chiamarti? Nel weekend ovviamente» 
Shachi sbattè le palpebre, interdetto. Non era affatto certo di aver sentito bene, era sicuro al mille per cento di non essere affatto riuscito ad inquadrarla e aveva il legittimo dubbio di non essere stato altrettanto enigmatico, lui, con la vicina. Perché Baby gli stava facendo gli occhi a calamita e se c'era qualcosa a cui Shachi mai nella vita, mai in nessuna situazione documentata e non, era stato in grado di ignorare, erano gli occhi a calamita di una bella ragazza. Tentennò un istante e quando Buffalo gli abbaiò contro si decise a rispondere, con una scrollata le spalle e tutta l'indifferenza di cui era capace. 
«Certo, come vuoi» 
«Grazie!» si illuminò Baby e Shachi smise di esitare, imboccando veloce i gradini. 
«Figurati» rispose senza voltarsi, a metà della rampa, la testa già al lavoro che aveva lasciato incompiuto. 
A meno che Baby non lo avesse davvero chiamato per la configurazione del router, per un'altra settimana era a posto.  



 
***

 

Baby non lo aveva chiamato per la configurazione del router. 
In realtà Shachi non ci aveva pensato più di tanto e, se ci stava pensando in quel momento, era perché si stava consumando una tragedia. 
Shachi scattò sull'attenti quando la porta si aprì, pregando in buone notizie che sapeva non sarebbero arrivate. 
«Allora?» 
Pen negò con il capo, dispiaciuto, di ritorno dal giro in cantina e Shachi trattenne a stento un'imprecazione. 
Lo sapeva, sapeva che il problema non era che qualcuno aveva tagliato il cavo del loro WiFi nell'installare quello di Baby, ci aveva sperato ma sapeva che era impossibile. Internet aveva funzionato per tutto il weekend e poi era saltato quella mattina, così, senza un motivo. 
Aveva smesso di funzionare e basta. 
«E adesso cosa faccio?» si passò le mani nei capelli, tenendoli sollevati e meditando se strapparseli. «Pen, che cosa faccio?!» lo guardò implorante. 
«Dati a pacchetto? Con un lavoro come il tuo l'azienda non dovrebbe dartene un migliaio in dotazione?» 
«Sì certo, in un mondo perfetto» rise una risata vuota, tornando poi a stropicciarsi la faccia con espressione desolata. «L'hotspot è inutile, farei fuori tutto in venti minuti, sono fottuto» 
«Hai sentito l'assistenza?» 
«Sì» gemette con un gesto svolazzante della mano che terminò sulla sua fronte. «Hanno detto che ci vogliono tre barra cinque giorni. Minimo» Shachi scosse il capo, sconsolato. «Se solo Law non ci avesse abbandonato» 
«Cosa?» Pen sollevò un sopracciglio tra lo scettico e il basito. «Provava a rianimare il modem? Senti Shachi, non voglio minimizzare il problema ma ultimamente sei stato molto... assorbito dal lavoro. Potresti prenderli come due giorni di riposo» propose mentre gli si siedeva davanti. 
Shachi lo fissò per un lungo attimo, prima di sporgersi verso di lui. 
«Sono arrivati tre ordini stamattina, e sto ancora cercando di capire perché il nuovo bootloader non funziona, senza neanche poter accedere perché la backdoor mi continua a sputare fuori, capisci?» 
Pen si impose di ragionare un attimo sulle parole dell'amico prime di rispondere. «Sì, no, non ho capito una parola ma scommetto che si può riassumere dicendo che sei fottuto» 
«Già» esalò Shachi, guadagnandosi una comprensiva pacca sulla spalla. 
«Shachi, io devo andare. Ma tu... magari riprova con la connessione, non si sa mai» gli sorrise incoraggiante. «Torno appena riesco» 
«Non preoccuparti» lo salutò con un cenno della mano. 
«Certo...» commentò poco convinto Pen, dalla porta. «Comunque Law non ci ha abbandonato, è andato a convivere. Devi superarla» 
«Lo sai, ti preferivo quando non scop...» Shachi si girò verso la porta che gli si stava ormai chiudendo in faccia. «...avi» sospirò e sospirò ancora, prima di dirigersi verso il proprio pc senza alcuna verve. 
Non ci sperava ma magari Pen aveva ragione, magari valeva la pena fare un tentativo. 
Riattivò lo schermo, si sedette sulla fitball verde acido - o giallo muco non avevano ancora raggiunto un accordo al riguardo - e aprì direttamente la finestra delle reti Wi-Fi in basso destra. Shachi non si era mai soffermato prima sui nomi delle connessioni dei vicini, a dire il vero quella finestra non la apriva praticamente mai. 
Ma quando in cima alla lista nessun Fre3Wi-lly fece la propria comparsa, neppure dopo un lungo momento di attesa e preghiere e occhiate di fuoco all'innocente monitor che rischiava la combustione, Shachi prese a scorrere per puro intrattenimento, nella speranza di riuscire a ignorare la disperazione che lo stava lentamente pervadendo. Considerate le dimensioni del complesso dove abitavano, le reti erano tutt'altro che poche e con nomi che andavano dal noioso/banale all'originale/assurdo. 
Dopo un quarto d'ora, Shachi stava scorrendo nel senso opposto per tornare in cima alla lista, dopo aver scelto le tre reti con i nomi più improbabili che avesse mai sentito. 
Cosci@dimonton3 si era aggiudicato il primo posto, mentre Va1ColMambo! se la giocava ad armi pari con... 
Si bloccò con il dito sopra alla rotella del mouse, leggendo e rileggendo più colpito di quel che avrebbe dovuto, dopo essere appena tornato da un viaggio mistico attraverso la discutibile creatività delle menti del vicinato. Eppure quel nome di quella rete lo aveva colpito. 
Intanto perché non sembrava un nome. Sembrava un messaggio. 
E sembrava messo lì apposta per lui. 
Hai_Bis0gn0_Di_Me_?
Shachi tenne gli occhi chiusi qualche secondo in più. Poi li riaprì ma la rete con il nome/messaggio era ancora lì. E Shachi si sentiva un cretino a pensare che potesse significare qualcosa, a credere in un segno dell'universo, a sperarci. 
Ma chi dava un nome del genere alla propria rete? Okay, forse voleva un po' troppo che fosse come sperava ma verificare non costava nulla, no? 
Con gesti cauti e calcolati, mosse il cursore e cliccò per espandere i dettagli. 
Si mise quasi a piangere quando la scritta "aperta" si srotolò sotto al nome/messaggio. 
Aveva trovato una rete aperta. Una rete che domandava se per caso qualcuno avesse bisogno e poi era aperta non poteva essere un caso. Doveva essere voluto, ergo era stata lasciata aperta apposta, ergo poteva usarla, connettersi. 
Lavorare. 
Poteva, era scritto lì, era la domanda che chi aveva installato quella rete gli stava facendo. 
Hai_Bis0gn0_Di_Me_?
Shachi pensò a tutto il lavoro che aveva da fare, a quanto voleva levarsela di torno il prima possibile, a quanto gli sarebbe costata una pausa, forzata o meno che fosse. 
Prese un bel respiro. 
«Sì, ho bisogno di te» 
Cli-click



 
***
 

L'assistenza non si era fatta viva in tre barra cinque giorni. Neanche in una settimana e neanche dopo dieci giorni. 
E andava tutto bene. Shachi aveva potuto continuare a lavorare, risparmiando preziosissimo tempo, che sarebbe altrimenti andato perso in lunghe e, probabilmente, infruttuose telefonate a un servizio clienti sotto organico e oberato. 
Era tutto merito di Hai_Bis0gn0_Di_Me_?, o meglio, del suo proprietario. Shachi avrebbe tanto voluto scoprire chi fosse, anche solo ringraziare e sdebitarsi con una qualche forma di regalo. 
Ne aveva discusso con Pen. A onor del vero, aveva discusso e chiacchierato di molte cose con Pen in quei giorni, soprattutto la sera. 
Senza una connessione per poter usare Netflix o la PlayStation - perché nessuno dei due si sarebbe mai sognato di usare la rete di un vicino per qualcosa di diverso dal lavorare - avevano riscoperto la gioia e il divertimento di intrattenersi con una partita a Plague Inc. o a Jumanji o anche solo parlando e reminiscendo. 
Una sera avevano addirittura tirato fuori delle vecchie foto e Shachi aveva poi dormito come un bambino, non un solo pensiero alla mole di lavoro che ancora, nonostante tutto, lo attendeva per il giorno dopo. 
Ma anche quella, man mano, era andata scemando e diminuendo. E dopo undici giorni di ininterrotto lavoro, weekend compreso, più la mattina appena trascorsa Shachi aveva finalmente finito. Aveva smaltito i tre ordini, risolto un paio di problemi irrisolti e ora poteva finalmente fermarsi, prendere fiato, andare a fare la spesa più che altro per avere una scusa per uscire. Il frigo era probabilmente pieno, essendo stato competenza esclusiva di Pen per settimane.
In effetti, non fosse stato per Pen, che si era sempre preoccupato di cucinare anche per lui, probabilmente non avrebbe mangiato un solo pasto decente negli undici giorni appena trascorsi e poteva essere un bel gesto sdebitarsi, approfittare del frigo straripante per cucinare lui qualcosa per pranzo. 
Shachi socchiuse gli occhi, cercando di afferrare una dissonanza che sapeva esserci nel suo ultimo pensiero. 
Pranzo. 
Era ora di pranzo.
Alzò gli occhi al soffitto. 
Silenzio. 
Assoluto, pacifico silenzio. Anche all'ora di pranzo. Da undici giorni. Dodici contando quello attuale. 
Shachi si chiese come avesse potuto non rendersene conto prima che erano undici giorni - dodici contando quello attuale - che Baby non metteva più la musica a palla, né a pranzo né mai. 
Era... strano, in mancanza di un migliore aggettivo. Anche se "strano" non convogliava il giusto sentimento, era generico e non aveva un'accezione necessariamente negativa. E non che fosse necessariamente negativo che Baby aveva smesso di flagellarli con le sue playlist da pandemia, ma al tempo stesso Shachi non stava neanche pensando, non in quel momento, che fosse una cosa necessariamente positiva. 
Per questo "strano" non era il giusto aggettivo, forse un miglior termine sarebbe stato "preoccupante".
Ma non perché Shachi fosse preoccupato. Lui non era affatto preoccupato per Baby. Figurarsi! 
Solo che era "preoccupato" - e neanche questo aggettivo comunque calzava ancora alla perfezione - che Baby non avesse più messo musica perché non era riuscita a configurare il nuovo router. Il che sarebbe stato strano - e stavolta l'aggettivo calzava - visto che non lo aveva chiamato per l'aiuto richiesto preventivamente. Shachi aveva dato per scontato che se la fosse cavata da sola ma se invece avesse lasciato perdere per non disturbarlo? 
Lo stomaco diede due calci in protesta all'idea. Certo Shachi avrebbe potuto affermare che Baby lo disturbava ogni giorno con la propria musica ma non sarebbe stato corretto. Erano poi quei quaranta minuti al giorno, quaranta minuti in cui teoricamente anche chi lavorava da casa sarebbe dovuto essere in pausa. Era fastidioso ma nulla di così drammatico come a volte Shachi l'aveva presa. 
Se davvero Baby era rimasta senza internet tutto quel tempo per non disturbarlo, Shachi sapeva che ne sarebbe stato profondamente mortificato. Perché gli sarebbe dispiaciuto per Baby ovviamente ma anche perché avrebbe dovuto ammettere, foss'anche solo con se stesso, di averla giudicata male. 
Lanciò un'occhiata all'orologio, un'altra al soffitto. Poteva cucinare per Pen a cena. 
Agile si diresse alla porta, sul pianerottolo, su per le scale, un tragitto ormai meccanico e memorizzato, avrebbe saputo indovinare dove finivano i gradini di metà rampa e al piano da bendato. 
Per la prima volta da moltissimo tempo, se non in assoluto, suonò il campanello di Baby in modo normale. Non ricordava se quando lui e Pen erano andati a darle il benvenuto nella palazzina avessero suonato o bussato. 
Si stava ancora arrovellando su quel dettaglio del tutto irrilevante, quando Buffalo prese ad abbaiare, un attimo prima che la porta si aprisse e due occhi blu, incorniciati da una frangia corvina e una mascherina magenta, sbirciassero dallo spiraglio tra la porta e lo stipite. 
Qualcosa sembrò accendersi negli occhi di Baby quando Shachi entrò nel suo campo visivo e la porta venne aperta completamente. 
«Oh sei tu!» 
Shachi sentì un altro calcio dalle parti del duodeno nel realizzare che normalmente Baby spalancava subito, quando lui saliva per la musica, a causa del suo scortese e rozzo modo di attaccarsi al campanello. Anche se Baby lo accoglieva sempre con un "Oh sei tu" probabilmente sapeva prima ancora di verificare che si trattava di lui. 
Era imbarazzante a dir poco. Shachi si sarebbe voluto sotterrare e Buffalo di sicuro lo avrebbe aiutato volentieri.
«Ehi ciao» cercò di dissimulare. «Tutto bene?» 
Baby sgranò gli occhi con stupore e poi sorrise, così di cuore che la mascherina non bastava a mascherare tutta la felicità che quel sorriso conteneva. Shachi si sarebbe decisamente sotterrato alla fine di quella conversazione. 
«Oh sì, tutto benissimo! Vieni, entra pure!» lo invitò rientrando in casa così in fretta da non lasciare tempo a Shachi per poter declinare. «Non fare caso al caos, sto facendo revisione e pulizia alle mie armi» 
Shachi sobbalzò e distolse l'attenzione dall'arredamento di casa di Baby, una casa che aveva visto una volta soltanto, piena di scatoloni e con le pareti ancora spoglie. Stava per fare un complimento sul suo buon gusto ma aveva davvero detto armi?! 
Si girò verso Buffalo, che lo teneva sotto tiro, quasi. 
«Posso offrirti qualcosa? Non mi ero neanche accorta che fosse ora di pranzo, che sbadata» rise euforica. 
Sì, Baby era decisamente euforica, sembrava anche un po' fatta, e Shachi sperava che non fosse entrata in un qualche losco giro di metanfetamine. Avrebbe spiegato anche le armi. 
«Oh no, sono a posto grazie. In realtà ero salito solo per... per beh, ecco... È stato molto tranquillo ultimamente qui» 
Baby si fermò con la mani a mezz'aria tese verso qualcosa - possibilmente non una delle sue armi - e corrugò le sopracciglia. «In che senso?» 
«Beh non ho più sentito molta... musica... da qui...» si spiegò Shachi, la voce che veniva sempre meno e Buffalo, che non aveva smesso di tenerlo sotto tiro un solo istante, che lo guardava con un'espressione molto alla Trafalgar Law. Se avesse avuto delle sopracciglia, Shachi non aveva dubbi che una sarebbe stata alzata. E, d'altronde, Shachi si rendeva conto che detto da lui suonava una beffa. 
Sperava che Baby non pensasse che la stava prendendo in giro. 
Ma forse Baby non era semplicemente ingenua o maliziosa e manipolatrice come Shachi aveva sempre pensato a fasi alterne da che la conosceva. Forse Baby non aveva un solo sentimento negativo in corpo, se si tralasciava il possesso delle armi, che comunque non era prova di niente. 
«Oh quello! No è che sono stata senza internet per un po' di giorni e il Dial Home non funziona senza connessione. Ho usato il cellulare comunque» spiegò, gli occhi che brillavano. 
Shachi sentì lo stomaco accartocciarsi del tutto stavolta, schiacciato dal senso di colpa. Forse Baby non aveva voluto disturbarlo e tanto bastava per sentirsi una schifezza ad aver pensato ben più di una volta che invece lei lo volesse disturbare di proposito eccome. L'alternativa era che Baby ci avesse ripensato sull'affidarsi a lui, alla luce della ben poca cortesia che Shachi le aveva sempre usato. Chi mai avrebbe voluto passare il sabato pomeriggio a farsi trattare con sufficienza? 
In ogni caso, Shachi si rendeva conto di meritarsi quella sensazione ed era consapevole che era inutile guardarsi indietro. Il passato non lo poteva cambiare ma poteva mettere una pezza nel presente per salvaguardare almeno il futuro. 
«Se vuoi, ho avuto parecchio lavoro ma ho finito, e sarò libero per un paio di giorni. Posso aiutarti con la configurazione del modem» propose, grattandosi la nuca. 
«Oh grazie, Shachi!» si girò verso di lui, armata di un grosso coltello da carne, appena estratto dalla lavastoviglie e rivolto a lama in su. Shachi si impose di non indietreggiare, né di sospirare sollevato, quando Baby ripose l'arm... il coltello, nell'apposito ceppo. «Ma è già a posto, la configurazione era semplice e c'era un servizio vocale che guidava passo a passo. Solo che ho lasciato la rete aperta e qualcuno la sta usando da qualche giorno» raccontò, chiaramente soddisfatta. 
Shachi pensò di aver sentito male o di esserselo immaginato. Shachi voleva aver sentito male o averlo immaginato. 
«Hai lasciato la rete aperta?» domandò come l'imbecille che si sentiva. 
«Sì, sì! Lo so che sembra una cosa...» 
Andiamo, non poteva essere vero! Non poteva essere stato così fottutamente cieco nei riguardi di Baby, non ci poteva credere! 
«...'gi chi non ha internet? Quindi penso che se usano la rete aperta è perché ne hanno bisogno!» Si strinse nelle spalle Baby, riponendo un trinciapollo. «L'ho anche messo come nome del WiFi. "Hai bisogno di me?" ma con gli zeri perché doveva essere alfanumerico» 
Shachi non rispose. Rimase a fissarla, riflettendo su cosa fare anziché sotterrarsi perché onestamente non credeva esistesse un punto abbastanza in profondità dove andare a interrarsi, dopo una simile mastodontica figura di merda e di pregiudizio, neanche avesse raggiunto il nucleo terrestre. 
Baby, la stessa Baby che non ricordava neanche quando avesse iniziato a criticare, lo aveva letteralmente salvato, privandosi di una linea ADSL che pagava per aiutare una persona a caso, che si era rivelata essere proprio lui, ed era felice come un bambino a Natale per... cosa esattamente? Essere stata utile a qualcuno? 
Era tutta vera? 
«Shachi?» 
Dita svolazzanti entrarono nel suo campo visivo e lo riscossero bruscamente. Baby lo guardava a un passo di distanza, gli occhi accesi ed enormi e le guance un po' rosse. 
C'erano solo due possibilità per sistemare quella faccenda e Shachi non aveva davvero scelta, non visto come si sentiva. 
«Ti va di mangiare un boccone? So fare una frittata di ceci buonissima, deve stare un po' a riposo ma possiamo chiacchierare intanto. Anzi, ti faccio vedere le mie armi!» 
«Baby io... mi dispiace ma devo andare. Devo...» indietreggiò massaggiandosi le tempie, Shachi. «Devo andare a fare una cosa importante» 
«Come?!» domandò confusa Baby, ma stava già parlando con l'aria, e si ritrovò a fissare il nulla dove Shachi era fino a un attimo prima, per poi sospirare e andare a chiudere la porta con passo lento e tutto l'entusiasmo improvvisamente dissolto.  
 



 
***
 

Baby pativa il lockdown. Era inutile fingere che così non fosse, anche se Baby era la prima ad affermare che le sarebbe potuta andare molto peggio. 
Pativa la solitudine, il non poter vedere la propria famiglia, la mascherina, non potersi sfogare al poligono. 
Ma tutto considerato, si riteneva fortunata. Andava d'accordo con i suoi vicini di pianerottolo, una coppia che la mezz'età se l'era lasciata anni luce alle spalle e una famiglia con due bambine. 
Lao e Bakkin erano uno di quegli amori basati sulle urla e i litigi, ma era sufficiente ignorarli per riuscire ad apprezzarli, almeno per Baby. Kiros e Scarlett invece erano sempre disponibili ad aiutarla, dei genitori adottivi nonostante i pochi anni di differenza, e le loro figlie, Viola e Rebecca, adoravano lei e Buffalo.
Era una piccola oasi di pace e per di più Baby era certa di poter contare su Shachi e Pen, da quando, all'epoca del suo trasloco, quando erano ancora in tre più Bepo, il loro samoiedo bianco, l'avevano aiutata con gli scatoloni. 
Certo era vero che, se prima del lockdow li incontrava spesso entrambi e due chiacchiere ci scappavano sempre, negli utlimi mesi era capitato sempre più sporadicamente, a distanza e solo con Pen. A un certo punto aveva iniziato a pensare che Shachi si fosse trasferito, finché un giorno, qualche settimana prima, Shachi non era salito a chiederle di abbassare la musica. 
Baby aveva continuato a metterla alta. Shachi era salito di nuovo. E Baby aveva continuato ad alzare il volume. 
Si rendeva conto che non era la migliore delle strategie, non era neanche una strategia in realtà, ed era infantile e controproducente. Avrebbe dovuto offrirgli un caffè ma il Shachi che saliva a chiederle di abbassare la musica non era lo stesso che l'aveva aiutata con il trasloco, che aveva incontrato a volte nell'ingresso del condominio, che la faceva sempre ridere e sentire accettata. 
Fino a quel momento. 
Il Shachi che era salito a chiederle se le serviva una mano con il modem, quello era lo Shachi che conosceva e che le era mancato e che Baby voleva così tanto vedere da mettere la musica a palla ogni giorno. Peccato non si fosse trattenuto molto. 
Baby sospirò, finendo di pulire a fondo la canna della pistola e Buffalo si appoggiò con il muso sulle sue gambe, con un guaito che voleva probabilmente essere di conforto. 
Era evidente che a Shachi la sua compagnia non faceva piacere se non a piccole dosi o, comunque, non quanto a lei facesse piacere la compagnia di lui. 
Forse dopotutto avrebbe dovuto declinare l'invito di Pen per una cena non ancora meglio definita, a casa loro. 
«Arrivo!» chiamò dal salotto in risposta al lieve bussare alla porta, che la trascinò fuori dalle proprie riflessioni. In realtà ci stava ancora pensando mentre metteva su il suo miglior sorriso, nonostante la mascherina. Viola e Rebecca di solito bussavano perché non arrivavano al campanello e non voleva deludere le bambine. «Eccomi, ecc...» 
«Ciao, ehm, sono tornato» Buffalo smise di scodinzolare e si produsse in un grugnito di naso, quando Shachi la salutò. 
Uno Shachi che non era quello che le chiedeva di abbassare la musica ma neanche quello delle due chiacchiere nell'androne. Si avvicinava di più al secondo, certamente, ma uno Shachi così Baby era la prima volta che lo vedeva e la novità le prese lo stomaco, con un piacevole spasmo. 
A occhi grandi studiò ciò che Shachi le stava porgendo, incredula. Ma pur guardandolo e riguardandolo non c'era altro modo di descriverlo se non come un bouquet di mascherine, arrotolate una ad una per simulare delle rose in boccio. 
«I fiorai sono chiusi» si spiegò lui, grattandosi la nuca attraverso il cappellino bianco e nero. «L'ho visto in vetrina in farmacia e ho pensato...» 
«È bellissimo» intervenne Baby, le guance arrossate, prendendo il mazzo di boccioli verdi e rosa.
«I-io volevo ringraziarti ecco. Per la rete» 
Baby rialzò gli occhi su di lui, la sorpresa non bastava a mascherare la felicità. «Davvero?! Eri tu?!» 
«Sì, e ho, appunto, ho finito con il lavoro quindi ora potrai avere di nuovo internet e rimettere... la musica...» la voce gli morì in gola quando Baby si avvicinò il bouquet al viso, come per annusarlo attraverso la mascherina, tenendolo fuori dalla portata di Buffalo. 
Era così dolce che toglieva il fiato. E strana. Baby era strana, Shachi lo sapeva da sempre ma non era per quello che non aveva mai approfondito la conoscenza, e in quel momento proprio non si spiegava il perché.  
«Sono stato uno stronzo» parlò prima ancora di sapere cosa stesse per dire e Baby lo guardò sinceramente confusa. 
«Cos...»
«Ti va se andiamo a fare la spesa insieme?» 
Shachi sgranò gli occhi nel sentire cosa la sua stessa voce aveva appena domandato e l'espressione alla Trafalgar Law tornò sul muso di Buffalo, provocandogli un'improvvisa urgenza di spiegargli. 
«Voglio dire, ti avrei invitato al cinema o al parco a tema o a bere una cosa fuori ma c'è il lockdown, il supermercato è vicino e così possiamo fare due passi e...» 
«Vado a prepararmi» lo interruppe lei, sparendo in uno svolazzo di capelli corvini al profumo di mora. 
Shachi boccheggiò, fermo sulla porta, il cuore che andava a mille. 
Un nuovo grugnito portò la sua attenzione sul molosso, che lo fissava con la sempiterna disapprovazione riservata a lui. 
«Sì, lo so che sono un idiota. Fai il bravo e portiamo anche te, okay, sacco di pulci?» contrattò con voce piatta, ricevendo una specie di starnuto in risposta, prima che Baby tornasse con addosso sciarpa e cappotto e il passo fluttuante. 
Shachi la guardò avvicinarsi, eccitata come una bambina diretta al parco giochi e si sentì sopraffatto per un attimo dall'idea che non poteva essere il giro al supermercato a renderla così felice, ma il fatto di andarci con lui. 
Non sapeva se fosse vero, sinceramente non gli sembrava neanche possibile. Ma, di questo Shachi era certo, era determinato a scoprirlo. 



 



 
 
Angolo dell'autrice:
Sono convinta del finale di questo capitolo? Assolutamente no! Ma sono riuscita a scriverlo in tempo per oggi  e sono felice per questo! 
La coppia. Ragazzi, non c'è un vero perché. Ho letto due storie di Dreamer_97 su di loro e li ho trovati assolutamente adorabili e a un certo punto, senza neanche rendermene conto, mi veniva spontaneo accoppiarli nella mia testa. D'altronde per me sono due cuori che hanno bisogno di tanto amore e possono darsene a vicenda. 
È la prima volta che ci scrivo qualcosa, quindi chiedo perdono per l'eventuale ooc ma non posso negare di essermi divertita a scriverla. 
Ringrazio di cuore Jules per l'idea del wifi aperto, perfetta per Baby, e Zomi per il nome del wifi, anche quello perfetto per Baby. Le ringrazio anche del sostegno e ringrazio tutti voi per essere passati di qui! 
Pace, bene e amore a tutti. 
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