Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: jinajin    26/08/2009    0 recensioni
Questa storia è ambientata qualche decennio dopo Breaking Dawn. Un nuovo personaggio si stabilisce a Forks e viene coinvolta nei misteri sovvranaturali che la circondano... la mia prima storia pubblicata!
Buona lettura!
Avvertimenti: POV
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Luna d’Acciaio
 
Forks risplendeva di una luna piena. Pareva che il tempo si era fermato. Arrivai in quella città che dormiva poco prima dell’alba. Le strade deserte trasudavano di recenti festività natalizie. Odiavo il Natale. Poiché da quel momento in poi avrei vissuto in quella città così piccola e perennemente umida, andai verso “casa”.
 
 
Capitolo 1
 
 
Un cincischiare di uccellini e imprecazioni di vecchie comari mi svegliò. I suoni li percepivo come se fossi lì accanto alla fonte. Il mio udito non mi lasciava mai dormire abbastanza. Se me le tappavo con cemento armato forse sì. Dal piano terra sentivo la tv, chiara e forte, con un metereologo che parlava di tanti temporali in arrivo per la piccola Forks. Scesi dal letto. Un cuore tamburellante in arrivo. Bussò alla porta della mia nuova stanza.
-Eve, la colazione è pronta!- disse la sig. Cope.
-Non ho fame, grazie comunque- le risposi io. Non mi sembrava il caso di vomitare stamani.
La sig. Cope, delusa, scese. Mentre scendeva gli scalini, diceva cose tipo Ah, i giovani di oggi, tutti anoressici!
Non potei far a meno che ignorare tutta quell’invidia che inondava la casa. La sig. Cope emanava orde d’invidie in vicinanza di giovani ragazze. Avevo imparato a eclissare questa parte del mio dono a forza di duri allenamenti e lunghi isolamenti. Avevo ben poco di umano, anche se per metà ero umana. I miei sensi sovrannaturali avevano la meglio sul mio corredo genetico. E se per questo anche la mia dieta. Mi guardai allo specchio. Ero pallidissima. E i miei occhi andavano sul bronzo scuro oggi. Prima di arrivare a Forks avevo dissanguato un cervo che avevo cacciato, durante il mio viaggio. Sapevo controllarmi intorno alle persone, ma certe volte è meglio esser sicuri al 100%. Mentre ero sovrappensiero, mi dedicai alla mia cura personale. Siccome oggi incombeva il mio primo giorno al liceo di Forks, dovevo essere impeccabile. Insomma, niente figuracce.
Uscì da casa, riuscendo ad evitare altri ragazzi e la sig. Cope. Eh, sì. Vivevo in un ostello per studenti. Ne avrei fatto volentieri di meno, ma Forks al momento non offriva di meglio. Non essendo automunita, andai a scuola a piedi. Normalmente avrei preso una scorciatoia e da lì avrei corso, ma dovendo apparire come una ragazza umana qualunque, evitai. La scuola poi non distava poi tanto dall’ostello. Era solo il fatto di camminare come una lumaca che mi snervava. Mentre m’avvicinavo sempre di più al cancello, sentimenti ed emozioni di vario genere cominciavano darmi il voltastomaco. C’era tanta curiosità, ammirazione e come al solito l’invidia. Odiavo questi momenti. Cercai di chiudere il sipario per un attimo sulla mia percezione super sviluppata. La spinsi in un angolo remoto del mio cervello. Non mi ero accorta di esser entrata a scuola. Chiesi al primo che mi capitò della segreteria. Confuso dalla mia apparenza, non sorpreso, m’indicò la via con gesti confusi. Ma io capii perfettamente. In fondo al corridoio, l’ultima porta a destra. Mentre entravo, una folata di corrente d’aria mi fece notare la presenza di due umani. Uno pareva umano, una scia inequivocabile. L’altra era umana, però aveva in sé qualcosa che non conoscevo. 
-Buongiorno, lei deve essere Evelin Leed! Mia sorella mi ha avvertito del tuo arrivo- disse la copia della sig. Cope.
Gemelle. Solo che questa era ancora peggio di sua sorella in fatto d’invidia. Tutta la stanza puzzava della sua invidia. Feci finta di niente, mentre la nausea non mi dava tregua. M’avvicinai alla portineria. Notai un ragazzo. Era lui che emanava quella scia particolare. Mentre firmavo un foglio che mi passò la gemella della Cope, con la coda dell’occhio lo analizzai. Un cuore che batteva, sangue caldo pulsante nelle vene. Umano in tutto per tutto. Però ero curiosa. Cercai di analizzare anche le sue sensazioni. Ma non sentivo niente da lui. Proprio niente.
Strano. Di solito quelli che non provano niente erano quelli in coma. Lo osservai meglio. Pareva abbronzato, era quello più scuro di tutti quelli che avevo visto a Forks. Il vento proveniente dalla finestra, gli scompigliava i capelli. Capelli castani mossi, raccolti da una coda. L’odore che arrivò a me, mi fece solo arricciare il naso. Per fortuna la gola non mi bruciava. Avevo fatto il pieno con quel cervo prima del mio arrivo. Lasciai perdere il ragazzo e mi dedicai alle scartoffie che la sig. Cope mi passava. Il ragazzo decise di andarsene al suono della prima campanella.
-Arrivederci Sam!- disse sig. Cope, mentre emanava troppa eccitazione. Il ragazzo non rispose.
-Tsk, i ragazzi di oggi sono così maleducati. E lei Evelin, da dove viene?-
-Mi chiami Eve. Vengo da una tranquilla cittadina, vicino a Londra.- risposi, mentre finivo di firmare le scartoffie.
-Perciò lei è inglese?- chiese la Cope. Annuì semplicemente e me ne andai da quella segreteria puzzolente. Mentre mi allontanavo, sentivo la Cope che imprecava: Questi ragazzi di oggi, tutti maleducati! Era la copia sputata di sua sorella. Imprecavano allo stesso modo.
Entrai nella classe dove si teneva chimica. Notai che c’era anche il ragazzo di prima, seduto in fondo. Accanto a lui c’erano altri due ragazzi, con la pelle più scura della sua. Parevano indiani pellerossa, a mio parere. Mentre prendevo posto in prima fila, sentivo parecchia curiosità intorno a me. Eclissai quella parte della mia mente. La nausea non mi aveva dato pace stamani.
Anche se ero in prima fila, potei sentire tutto quello che i tre ragazzi si dicevano.
-A me pare una di loro.- disse uno. Questa etichetta mi urtò. Loro chi?
-Non credo, a me pare normale- disse quello riccioluto.
-Se lo dici tu, Sam…- disse quello accanto.
Sam. Chissà perché lui mi pareva quello meno normale in questa classe. Entrò il prof, che mi dette il benvenuto e mi chiese di presentarmi davanti a tutti. Questo poteva anche evitarlo. Avevo fatto di tutto per non dare nell’occhio oggi. M’alzai e raggiunsi il prof alla cattedra. Mi volsi verso i miei nuovi compagni di scuola e mi presentai.
-Io sono Evelin Leed, vengo da Londra e da oggi in poi frequenterò questa scuola! Chiamatemi pure Eve- dissi, cercando di sembrare meno appariscente possibile. Non ottenni quell’effetto.
Ritornai al mio posto. Potevo sentire tutto quello che si dicevano…
Inglese? Cosa crede di ottenere qui a Forks?
Pallida, bella e magra. Mi ricorda qualcosa…
Forse le chiederò di uscire, non si sa mai…
E risatine idiote da un gruppo di ragazze, molto oche. Chissà perché ottenevo sempre lo stesso risultato quando cambiavo scuola. Ero cosi fuori posto agli occhi degli umani?
Alla fine di quella lezione, toccò ad Inglese. Mentre andavo, sentivo un cuore palpitante dietro di me. Dall’odore pareva un ragazzo.
-Ehm, scusa?- disse quello. Cercai di essere cordiale.
Mi girai e sorrisi, ad occhi allenati si capiva che era un sorriso palesemente finto.
-Ciao, che c’è?- dissi io, corta.
Odiavo perdere tempo. Il ragazzo, biondo, poco più alto di me, arrossì di botto. Ecco. Un’altra vittima avrebbero detto i miei. Dicevano che ero molto fascinosa, ma io la vedevo diversamente. Lui cominciò a balbettare. Oddio, odiavo queste situazioni. Mentre tutto accadeva la folla che passava, si sentivano risatine isteriche e risate sommesse.
Qualcuno sussurrò a un altro Nicholas Newton si dà già da fare, eh! La cosiddetta vittima si chiamava Nicholas.
-Ehm, Eve… ti andrebbe di andare a lezione insieme a me?- chiese lui.
Da lui sentivo un’annoiante senso di vittoria. Mi girai e prosegui per l’aula di inglese.
-Seguimi pure- gli dissi.
Tanto valeva lasciar correre. Dovevo pur fare amicizie. No?
 
Inglese passò in fretta, grazie alle ciance balbettanti di Nicholas. Tutto sommato, era divertente. Un passatempo per la noia. Mi aveva raccontato che anni fa, in questa scuola, si era graduata una coppia leggendaria. Bella Swan, la nuova arrivata di quei tempi -secondo Nicholas era esattamente la mia stessa situazione, un dejà vu secondo lui- e Edward Cullen, il bellone impossibile di quei tempi. Non so come, ma mi pareva che Nicholas pensava di essere come quell’Edward. Sì, era proprio un ragazzo molto divertente…
Mentre lo seguivo, d’improvviso sentì la mia consueta nausea. Bene. Eravamo nella sala mensa.
Al mio consueto avrei evitato un luogo così problematico. Però dovevo pur apparire più umana possibile per evitare sospetti.
Entrai e come al solito turbinii di sensazioni umane mi si schiantarono addosso. Oscurai quella parte nella mia mente. Però, il peso si mantenne vivo, come una specie di spada di Damocle sulla mia testa. Nicholas m’indicò un tavolo, dove c’erano altri suoi amici, tutti ragazzi. Declinai l’invito.
Non m’andava di fare la parte dell’agnellino in mezzo a lupi arrapati.
Scelsi l’unico tavolo vuoto. Lasciai lì la borsa, e andai a prendere da mangiare. Ovvio, mi serviva dello scenario per sembrare una normale ragazza. Presi soltanto una mela. Il resto del cibo era troppo nauseabondo per me. Mi sedetti e fissai la mela. Rotonda e rossa. Ne presi un morso e inghiottì. Ecco lo sapevo, più tardi avrei dovuto correre al bagno…
Sentì un discorso interessante, in mezzo a troppe ciance banali. Continuai a mangiare la mela, e mi concentrai con il mio udito sviluppato. Riconobbi subito le voci. Era il trio dove c’era quel Sam.
-Quella nuova pare una solitaria, pensavo che avrebbe seguito quell’ebete di Newton- disse quello più alto, con un taglio a spazzola.
-Forse ha più sale in zucca del resto del branco di oche di questa scuola- disse uno, quello coi capelli più lunghi e corvini.
Il venire paragonato a delle oche mi dava il voltastomaco, ma mantenni la rabbia.
Sam non disse nulla. Però con una rapida occhiata capii che mi stava analizzando. Un brivido freddo percorse la mia schiena. Il fatto che lui non emanava proprio niente, mi agitava. Non era mai capitato che un perfetto sconosciuto, umano per di più, mi mettesse nel panico.
-Basta una sola ragazza a scuotere la monotonia di Forks, eh!- disse lui, beffardo.
Lasciai perdere. Buttai il torsolo della mela e andai al bagno. La mela avrei proprio dovuto evitarla…
Come ultima lezione ci fu Storia. Mi sistemai nell’ultima fila. Non avevo proprio voglia di subirmi altra curiosità. La lezione passò in un baleno. Decisa di andarmene, corsi finché non mi fermai di colpo. Un odore particolare. La scia proveniva dalla foresta che stava al limitare della scuola. Era l’odore di una bestia. Ma non riuscivo a capire quale fosse. So solo che provai terrore. Non era una bestia qualunque.
 
Tornai all’ostello parecchio tardi, per evitare che la sig. Cope mi propinasse la cena. Salì di fretta e chiusi la porta a chiave, cosicché nessuno mi disturbasse. Buttai la borsa sulla scrivania e mi fiondai sul letto. Chissà perché ero già stanchissima. Guardai l’orologio nel mio cellulare. Erano solo le sette di sera. Decisi di dare un’occhiata alle materie di domani: Chimica, Ed. Fisica. Solo due lezioni, ognuna di due ore. Il prof di chimica, si chiamava Banner, m’aveva già assegnato compiti. Perdeva solo tempo con me. Sapevo già tutto il programma a memoria. Cominciai e finii in un lampo. M’addormentai subito, mentre pensavo a quanto Forks fosse poco normale.
 
Sognai. Mi trovai in mezzo ad un bosco. Assomigliava a Forks, ma solo lontanamente. Parevo persa. Persa nel mezzo del bosco. Camminavo in cerca di un’uscita. Arrancavo. Provavo fatica. Sembravo fuggire da qualcosa. E poi lo sentì. Un ululato come un tuono. Troppo potente per essere un lupo. E poi sentivo che qualcuno mi chiamava…
 
-Eve! Sveglia o arrivi in ritardo a scuola- una voce che mi dava la nausea.
Mi svegliai di botto, in posizione accucciata. Mentre misi a fuoco la faccia sorpresa della Cope, ritornai in una posizione normale. Umana, direi. Mi aveva colto di sorpresa. Pensavo di aver chiuso la porta.
-Sig. Cope, la porta era chiusa…- dissi io.
Lei mi guardò accigliata. Ah, sì era la padrona di casa. Se ne andò, tutta incazzata. Non avevo bisogno di ricorrere al mio potere per capirlo. La sentì imprecare con un povero coinquilino capitato per caso al piano terra. M’accorsi che avevo ancora indosso in vestiti dell’altro giorno. Guardai l’orologio. Mancava solo mezz’ora alla prima lezione. Calcolai che la doccia m’avrebbe preso un buon quarto d’ora insieme all’asciugatura dei capelli. Se poi ero in ritardo, avrei preso una scorciatoia.
 
Suonò la campanella mentre correvo per i corridoi della scuola, alla ricerca dell’aula di chimica. Non avevo pensato che il bagno era in comune con gli altri inquilini dell’ostello. Non me la presi più di tanto, un piccolo ritardo come questo non avrebbe che confermato che fossi una qualunque ragazza. Il prof Banner era già lì e non era ancora arrivato al mio cognome sul registro. Mi scusai e mi guardai in giro. L’unico posto libero era accanto a Sam. Che iella.
Mi sedetti con nonchalance e tirai fuori i compiti. Anche se non lo vedevo, Sam non faceva che fissarmi. Anzi, pareva osservarmi. Come se fossi un’animale raro. Feci finta di niente. Sapevo che prima o poi avrebbero smesso di darmi attenzione e cominciato ad ignorarmi. Forse…
 
Durante la seconda ora, Sam decise d’attaccare bottone.
-Piacere, Sam Black- sussurrò lui.
Si avvicinò troppo per i miei gusti. Non so come, ma la mia gola bruciava. Forse le mie iridi tendevano sul bronzo scuro. Mi girai, con calma. Il suo profumo m’investì. Ma non mi provocò quella sete. Aveva la mano protesa. La strinsi e mi presentai:
-Piacere, Eve-
Lasciai la sua mano. Quel contatto era stato caldo, stranamente troppo caldo. Superava anche la mia temperatura. Forse il ragazzo aveva la febbre. Lo guardai meglio. Non aveva segni di febbre. Però notai i suoi occhi, che prima non avevo notato. Castani, e qualche spicchio color giada. Non avevo mai visto occhi simili. Parevano guardami dentro. Non sostenni lo sguardo per troppo, avevo le iridi scurissime.
-Come mai Forks?- chiese lui.
Non lo guardai. M’agitava il fatto che non riuscivo a capire cosa voleva da me.
-È affar mio, se non ti dispiace- risposi io.
Quell’atteggiamento cominciava ad urtarmi i nervi. Di solito nessuno si permetteva un comportamento simile con me. Li evitavo. Perché tanto sapevo già cosa volevano da me. Ma quell’assenza di sentimenti m’innervosiva. Cosa voleva da me Sam Black?
Cominciai a prendere appunti, anche se non mi servivano a niente. Tanto per dimostrargli che la conversazione era finita lì.
-Black, smetti di distrarre Eve, e prendila come esempio!- disse Banner, riprendendo Sam.
Lui scoppiò a ridere.
-Ma prof, lo sa perfettamente che non ne ho bisogno!- ribatté Sam.
-Essere imparentati coi Cullen non ti servirà a niente se non metti un po’ di sale in quella zucca!- disse il prof, arrabbiato.
Il resto della classe si girò e fisso Sam, increduli.
Come, quei Cullen?... Parente di quel Edward?... Ecco perché è così figo…Sentivo tutti. Ed io che pensavo che oggi sarebbe stata una giornata meno appariscente… Sam aveva rovinato tutti i miei piani. 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: jinajin