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Autore: jinajin    26/08/2009    0 recensioni
Questa storia è ambientata qualche decennio dopo Breaking Dawn. Un nuovo personaggio si stabilisce a Forks e viene coinvolta nei misteri sovvranaturali che la circondano... la mia prima storia pubblicata!
Buona lettura!
Avvertimenti: POV
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Capitolo 2
 
 
Sam m’aveva seguito fino alla mensa. Ed io che pensavo di averlo seminato dopo esser uscita dalla classe. Si sedette di fronte a me, con troppo cibo, a parer mio. Dovetti ricacciare la nausea che non faceva che crescere. Cominciò a mangiare quel ben di dio, secondo gli umani ovvio.
Lo ignorai. Presi gli appunti di chimica, tanto per distrarmi, e li riscrissi in modo più ordinato.
-Ma come sei tutta perfettina! Credi di beccarti un voto più alto in quel modo?- disse lui.
Lo ignorai di santa pianta. Mentre scrivevo, lui mi tirò una mela addosso. Per istinto l’avrei afferrata, ma non lo feci. La mela finì nel punto preciso dove stavo scrivendo. Alzai lo sguardo, irritata. I suoi occhi color bosco incrociarono il mio sguardo, in segno di sfida. Avrei voluto dargli un morso, tanto per farlo smettere. Ma lasciai che avvenne solo nella mia immaginazione. Sorrisi, spavalda. Lui alzò un sopracciglio, dubbioso.
-Mi ricordi tanto una persona, ma sei tutto il suo opposto!- disse sorridendo infine.
-Chi?- domandai, circospetta.
-Bella Swan, anzi Cullen- rispose lui.
Cullen lì, Cullen là. Bastava pronunciare quel nome e chiunque in questa sala si sarebbe girato. Stava per proseguire, ma lo fermai io. Sapevo a memoria quella storiella.
-Me l'ha raccontato Nicholas- dissi.
-Intendi Newton, il finto tonto?- domandò. Pareva divertito.
-Lo chiamate così tu e i tuoi amici?- domandai a mia volta.
Mi seccava il suo modo di fare, così sbruffone.
-Io? No, lo dicono le ragazze che lui ha piantato- rispose lui, offeso.
Anche se non percepivo niente da lui, potevo capirlo un poco dalle sue espressioni facciali. Era intuitiva come cosa. Lasciai stare il fatto che mi irritava, e accolsi in me una nuova idea. Sarebbe stato un bellissimo passatempo. Sam Black, il nemico della mia noia troppo monotona. Mentre pensavo, alle mie orecchie giunsero troppe voci snervanti… Ma la vedete quella, si tiene Black tutto per sé… Appena arrivata e crede di poter fare quello che vuole… Ma cosa ci trova in quella il nostro Sam?
Risi. Il loro Sam. Ecco chi era il nuovo Edward Cullen. Era perfino imparentato con lui…
-Non mi danno un attimo di tregua tutte quelle ochette…- disse lui, riportandomi alla realtà.
-Ci stanno fissando malissimo-. Mi girai alle sue parole.
-Che intendi?- chiesi, già sicura della risposta.
-Pensano che Io, ci stia provando con te. Sì, Te- rispose lui, irritato.
La mia tanto agognata pace scolastica andò a farsi fottere con la sua risposta.
-Beh falle smettere. Non sono venuta qui essere uno spettacolo per voi di Forks!- glielo dissi con tutta l’irritazione di prima.
Presi la mia roba e me ne andai.
Educazione Fisica passò come avevo previsto. Il prof m’aveva etichettato frana, come desideravo. Non potevo apparire più umana di così.
Lasciata la palestra alle mie spalle, mi diressi verso casa. Ma mentre passavo per il parcheggio della scuola, qualcuno mi bloccò la strada. Anzi un’auto. Splendida direi, se non  fosse per il proprietario. Sam Black, munito con il suo ghigno peggiore. Feci per andarmene, ma quella splendida Audi A5 mi bloccò di nuovo.
-E no. Per farmi scusare ti offro un passaggio per casa!- disse Sam, mentre usciva dall’auto e mi prese per un polso.
Cercai una scusa per rifiutare.
-No grazie. Preferisco rimanere anonima per un bel po’-.
-Non vedo nessuno qui- disse lui, mentre mi spinse nell’A5.
Effettivamente il parcheggio era deserto. Lasciai correre. Il suo tocco era come al solito troppo caldo per un comune essere umano.
-Ma che hai la febbre?- chiesi.
Gli venne un colpo. Come se l’avessi scoperto a rubare qualcosa.
-Uhm, sono una persona solare!- rispose, con un tono che m’intimava di non fare altre domande.
Lo sapevo, Sam era proprio un rimedio alla mia noia. Non era per niente normale. Però era umano, a tutti gli effetti.
-Dove ti porto?- chiese Sam. Gli dissi dell’ostello.
-Abiti proprio accanto al mio nonno Charlie…- disse, mentre ingranò la marcia e parti a tutta birra.
Era troppo veloce. Non per me. Se ci fosse stato un incidente, io me la sarei cavata senza graffi, ma Sam no. Gli dissi di rallentare. Lui non lo fece e mi guardò con un ghigno tremendo. Andò ancora più veloce. Voleva farmi paura, il ragazzo. A me poi. Che ridere. Un ragazzino umano che tentava di impaurirmi.
Arrivati all’ostello, spenta la macchina, Sam si girò verso di me. Il suo ghigno svanì e un’espressione delusa prese il suo posto.
-Non ti pensavo così coriacea… -.
-Ti sembro una povera ragazzina indifesa?- chiesi, scherzando.
-L’agnellino non ha paura del lupo, eh!- rispose Sam, ridendo.
 Alla parola lupo mi si accese una lampadina nel cervello.
-Ehi, Sam. Qui intorno a Forks ci sono mica dei lupi?-.
Alla mia domanda, Sam rimase assai sorpreso.
-No. Non ci sono mai stati avvistamenti di lupi qui… Eve, Forks t’annoia così tanto che vai a caccia di lupi?-.
Forks non era noiosa, anzi. Sembrava una cittadina tranquilla, ma nascondeva qualcosa. Ne ero sicura. Feci uno dei miei migliori sorrisi finti e gli risposi:
-Grazie del passaggio, Sam. E se vuoi sapere perché ho scelto Forks, è grazie alla sua immensa monotonia!-.
Feci per salutarlo, ma lui mi propose di fare un giro. A piedi. Accettai. Meglio un Sam insondabile che la sig. Cope avvolta in invidia color giada.
 
Il passaggio di Forks, boschivo e umido, mi calmava. Calmava i miei sensi vampireschi. Potevo starmene tranquilla. Senza forzare il mio autocontrollo. Il bruciore alla gola non c’era. Niente di meglio.
Io e Sam ci fermammo ad un bar, con i tavolini all’esterno. Lui ordinò una pizza, un gelato e altre schifezze. Gli chiesi se aveva sempre una fame simile. Rispose che ce l’aveva da sempre. Che ragazzo strambo. Non faceva che sorprendermi.
Mentre si rimpinzava, i suoi due amici, il ragazzo spazzola e il ragazzo hippy ci scorsero e si sederono al nostro tavolino.
Il ragazzo spazzola si presentò come Jason e quello hippy come Tim.
 Jason sussurrò a Sam Non l’avevi lasciata al finto tonto?  E Sam gli rispose E con ciò? Non posso fare amicizia?. Ed io come al solito avevo sentito tutto. Tutto sommato ero grata a Sam. M’aveva risparmiato parecchie beghe.
-Eve, sei mai stata a La Push?- chiese Tim. Gli feci di no.
-Se ti va, in settimana posso portarti lì. Ti và?-. Sam sì che era veloce se si trattava di chiedere qualcosa.
Jason e Tim cominciarono a sghignazzare. Sam dette una gomitata a tutti e due. Ma non la finirono di ridere. Sam poi si rivolse a me, aspettando una risposta.
-Dove si trova La Push?- chiesi. Meglio sapere.
-A ovest da qui, verso la spiaggia- rispose Sam.
Aspettava sempre la mia risposta. Però qualcosa non mi tornava. A ovest. Da quella direzione proveniva quella scia di bestialità che avevo percepito l’altro giorno. Mi si gelò il sangue.
-Meglio di no, Sam. Voglio pur mantenere il mio status di anonimato che ho ancora…- dissi, mantenendo il mio miglior sorriso finto.
I due amici smisero di ridere. Jason disse a Sam, sempre sussurrando Mi sa che l’agnellino ha paura di noi lupi, Sam…
Lupi. Neanche l’avevo visti, e tremavo di paura. Forks all’apparenza pareva tranquilla e chissà quali bestie si aggiravano per i boschi intorno.
Salutai i tre e me ne andai. Ne avevo abbastanza. Sapevo di esser stata maleducata, ma meglio così. Più Sam sarebbe rimasto lontano da me, meglio era.
Tornai all’ostello che era sera e mi chiusi in camera mia. Mi distesi sul letto. E i pensieri cominciarono a ronzare nelle mia testa. M’abbandonai a quei pensieri.
Uno era quello di Forks.
Perché ero venuta proprio lì? Lo avevo fatto per stare lontana dai miei genitori adottivi. Umani. Non ne potevo più del loro amore reciproco. Ogni giorno me lo schiaffavano addosso, senza fine. A me, essere per metà immortale. Unico nel suo genere, una specie di mostro. Intrappolata nella mia unicità per l’eternità. Sapevo che sarei stata sola per sempre. Non possedevo il veleno nelle zanne, come il mio padre biologico. Non sarei mai stata in grado di avere compagni. Anzi… un compagno. Ho viaggiato così tanto… dopo aver raggiunto la maturità a sette anni. Ora ne avevo otto, e ne dimostravo 17. Una crescita troppo rapida… non ho mai vissuto un’infanzia umana, ignara delle sofferenze che mi aspettavano. E non potevo legarmi a nessun umano… un giorno o l’altro sarebbero spariti tutti. Tutti.
 
 
Passarono i mesi, e arrivò la primavera anche per Forks. La scuola andava avanti, senza amici. Dopo quell’episodio al bar, Sam non mi aveva più rivolto la parola. Aveva capito alla perfezione. Con quella scusa dello status anonimo ero riuscita ad allontanarlo da me. Pensavo che era un bene. Ma in fondo sapevo che non era così. Desideravo così tanto parlargli di nuovo…
 
 
 
Una notte, decisi di andare a caccia. Le mie iridi erano di nuovo nere. Mi vestì e salì sul davanzale della finestra. La mia camera era al secondo piano. Saltai. Atterrai con agilità. Grata di essere per metà vampira, non svegliai nessuno. Nemmeno il cane dei vicini. Saltai il recinto del giardino e cominciai a correre, al massimo delle mie capacità. Veloce com’ero, raggiunsi il bosco. Entrai in modalità di caccia. Aguzzai le orecchie e odorai il vento. Il vento mi portò sulle tracce di un branco di alci. La scia era abbastanza invitante, ma sapevo che non avrebbe placato per niente la mia sete. Volevo un carnivoro. Quello sì che era invitante. Avanzai. Stavo percorrendo una salita, forse ero su una montagna. Una scia di un puma spuntò fuori alla mia destra. Bene, stasera il pasto era a base di puma.
Mentre seguivo la scia, il mio naso scorse un altro odore. Mi fermai. Non volevo sbagliarmi. Annusai e annusai. E alla fine arrivai ad una conclusione. Vampiro. E non solo uno.
Erano in due. Mi allontanai in fretta e furia. Se mi trovavano erano guai seri per me.
Mentre correvo a perdifiato sentì qualcosa. Un galoppare. E notai che l’essere era intriso di bestialità pura. L’essere mi stava seguendo. Non osai girarmi. Troppa paura. Non lontano c’era un ruscello. Presi quella direzione. L’acqua avrebbe coperto, anche se per poco, il mio odore. Arrivai al ruscello. Il galoppare non c’era più. C’era un silenzio tombale. Mi tuffai nell’acqua. Stetti sott’acqua per un paio di minuti.
L’orda di bestialità apparve all’improvviso. Per lo shock riemersi. Eccola. Una sagoma alta più di un cavallo. Fulva. Pensavo che mi avrebbe fatta a pezzi, ma dalla bestia proveniva prima curiosità poi dubbio, nessuna ferocità. Misi a fuoco. Era un lupo. Enorme.
In lontananza, sentì un altro cuore, simile al lupo. Quello fulvo si girò dove stavo guardando io. Colsi l’opportunità. Scappai a più non posso. La paura e il terrore in me mi portavano lontano. Mi girai. La bestia non m’aveva seguita. Bagnata com’ero, non sarebbero riusciti a scovarmi comunque.
Mentre correvo, m’imbattei in un cervo. Neanche si accorse di me. Gli ruppi il collo. Meno soffriva e meglio era. Non ero una cacciatrice che godeva della sofferenza della sua preda.
M’attaccai al collo e con i denti morsi a fondo. Il collo del cervo era come burro, caldo. Tutto sommato un erbivoro era meglio di niente stasera. Dissanguai il cervo fino all’ultima goccia di sangue. Proprio non volevo tornare qui. Così presto. Con vampiri e lupi che girovagavano in  questo bosco.
 
Un tremendo scalpiccio di piedi grassi mi svegliò. La Cope doveva mettersi a dieta e non puzzare d’invidia tutto il tempo.
Guardai l’orologio. Erano solo le sei del mattino. Era una bellissima domenica, senza sole e umida al punto giusto. La tipica giornata di Forks.
Per altri poteva essere una bellissima giornata. Ma per me no. Solo il fatto di stare in mezzo ad altri m’innervosiva terribilmente. E per di più il prof Banner aveva deciso di fare un’escursione di domenica.
M’alzai. Ero agitata. L’accaduto dell’altra notte mi aveva scosso in profondo. Speravo si trattasse solo di un incubo, ma era vero. La fuga riecheggiava ancora nella mia mente. E poi quel lupo fulvo. E non era solo uno. C’erano altre bestie enormi al giro. Speravo di condurre una vita normale qui a Forks. Invece orrori e bestie erano all’ordine del giorno. Pure vampiri. Bleah, niente di peggio.
 
L’escursione cominciò nel peggiore dei modi. Venni accoppiata con Sam Black. Dovevamo cercare campioni animaletti vari, insetti e anfibi, in mezzo alla foresta.
Nessuno di noi spiccicò parola. Io ero comunque all’erta. Non mi andava di ritrovarmi in mezzo a lupi e vampiri.
-Sembri nervosa.-
Quella voce, che avevo ignorato per mesi. Ero supina su una specie di scarafaggio. Non volevo incrociare il suo sguardo. Un calore improvvisò sulla mia schiena. Scattai in piedi, in direzione della fonte di calore. Sam, allibito. Ero troppo nervosa, avevo tutti i sensi all’erta.
-Sembri un animale in gabbia, Eve…- disse Sam.
Aveva ragione. Sam superava tutte quelle barriere d’apparenza che mi ero costruita intorno con tanta fatica. Ed io non riuscivo a capire nulla di lui. Era una barriera vivente. Mi mortificava, che non ero capace di percepire qualcosa da lui.
-Eve, vuoi almeno degnarti di darmi una risposta? O vuoi continuare con questa tua farsa?-
Pareva impaziente. Voleva che gli rivolgessi la parola. Non fare la scema, Eve pensai.
-Che farsa?- gli dissi. Sorridendo.
Non me ne importava più di apparenze e solitudini forzate. Desideravo ardentemente l’amicizia del ragazzo che mi stava di fronte. Chi se ne frega se ero mezza vampira e lui umano. Aveva molto in comune con me. Respirava, aveva un cuore pulsante e sangue che scorreva nelle vene. Bastava eccome.
-Finalmente mi rivolgi la parola… certo che sei proprio cattiva!- disse corrucciando le sopracciglia.
Ahimè. Aveva ragione. Ero stata troppo egoista e affrettata. Mica sono stata male solo io, anche lui soffriva!
-Scusami. Sai, sono arrivata alla conclusione che non me ne importa un fico secco di cosa pensano gli altri. Meglio essere me stessa. Che qualcuno che non sono!- dissi, serena.
Mi ero levata un peso. Anzi un macigno. Uno stupidissimo macigno.
Però mentre cercai di alzarmi, percepì una scia conosciuta… lupi. 
   
 
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