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Autore: _astronaut_    08/03/2021    1 recensioni
A volte, una semplice ammissione può salvare una vita.
L'amicizia è un valore sacro. Ed essere un vero amico è la missione più bella del mondo.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Sam Wilson/Falcon
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Sai chi sei?

Dall’alto, New York sembra una città come tante altre. Si vedono solo case su case, condomini su condomini, grattacieli su grattacieli. Vetri, cemento, macchine, fumi. Vite che si intrecciano, sapori che si mischiano, esperienze che si fondono. Alla fine, cosa ha di speciale, New York, rispetto a Roma, Parigi, o Berlino?
Sì, perché diciamocelo: New York non vanta il fascino antico della capitale del mondo, non è sofisticata come la città dell’amore, non è simbolo della storia tormentata del Vecchio Continente. Eppure, la sua città è un gioiello: una metropoli come tante altre, sì, ma che brilla di luce propria, anche di notte. Un insieme di contraddizioni, problematiche irrisolte e tanta, troppa, sofferenza taciuta, ma anche di speranza, resilienza, e seconde opportunità.
Con lo sguardo un po’ malinconico, James Barnes guarda verso Brooklyn, il suo vecchio quartiere. Del luogo che lo aveva visto crescere, Bucky riesce, ora, a riconoscere solo poche strade: quelle che sono sempre rimaste uguali, quasi fossero un fermo immagine, come se facessero parte di una foto ingiallita e riportata, non si sa come, a colori.
Brooklyn gli ricorda sé stesso: è cambiato tutto, ma non è cambiato niente. Ha subito violenze, ha affrontato cambiamenti, ha visto gli anni scorrergli davanti mentre lui riposava congelato: un uomo trasformato in una macchina da guerra, privo di anima, identità, e pietà.
Si accende una sigaretta, seduto sul cornicione della sede dello SWORD, inspirando la prima boccata di fumo, gli occhi color del ghiaccio socchiusi per schermare le pupille dalla luce accecante del primo pomeriggio e un broncio pensieroso a adombrargli il viso.
“Se non vuoi parlarne con me, Buck, almeno parlane con Sam. Posso capire che tu non voglia andare dallo psicologo, ma…” – dovrebbe davvero smetterla di immaginarsi la voce di Steve come la voce della sua coscienza, si dice. E’ inquietante, estremamente fastidioso e… insopportabilmente doloroso.
Sì, perché preferirebbe averlo a suo fianco, anche se non in battaglia, piuttosto che saperlo… Saperlo… Dannazione, non riesce nemmeno a dirlo. Non è ancora riuscito ad accettare pienamente la cosa. Gli è più comodo pensare che Steve sia seduto sulla sua poltrona nella sua modestissima casa di Brooklyn, piuttosto che rivivere il giorno in cui gli ha dovuto dire addio per sempre.

Egoista? Forse un po’.

Bucky sbuffa, gli occhi che si riempiono velocemente di lacrime. Detesta essere diventato così sensibile. A volte vorrebbe poter tornare a essere il Soldato d’Inverno solo per poter chiudere fuori da sé ogni tipo di emozione – sia essa positiva o negativa. Solo per un po’, solo per mettere in pausa quel turbinio di sentimenti che gli affollano la testa e gli rendono difficile anche solo pensare.
Ha provato ad andare da uno psicologo – davvero, ci ha provato -, ma non riesce mai a parlare. Rimane in silenzio per ore intere, e non fa progressi. Non si fida molto delle persone, soprattutto di chi vuole strizzargli il cervello per poi “riaggiustarglielo”, e non vuole sprecare inutilmente tempo, perché di tempo, Bucky, ne ha già perso abbastanza. Si aggiusterà da solo, grazie tante. Come ha sempre fatto.

Facile, no?

“Si può sapere cosa ci fai qui, collega?”
Sobbalza, colto alla sprovvista e tratto in salvo, giusto in tempo, dai suoi pensieri tristi e un po’ rabbiosi. Di solito nessuno lo segue lassù – incute ancora certo timore negli altri, grazie al suo passato turbolento -, ma Sam, ormai, alla sua presenza si è abituato e la facciata da uomo duro ha ben poco di credibile ai suoi occhi color cioccolato.
Sorride un po’, notando la nota ironica che Sam ha adottato nell’apostrofarlo con quell’appellativo fintamente distaccato che, per la verità, nasconde al suo interno un legame d’amicizia che nessuno dei due è ancora pronto ad ammettere ad alta voce.
“Mi prendo una pausa da esseri petulanti come te” risponde laconico Bucky, fingendosi infastidito, ma poi “Vuoi?”, e gli porge una sigaretta con nonchalance, restando in attesa.
Di cosa, non lo sa nemmeno lui. Forse, solo di una pacca sulla spalla, di uno “Scendi, andiamo a mangiare”, qualunque cosa che non gli faccia pensare a Steve e non crepi ulteriormente le mura delle sue alte, altissime, barriere.
“Manca anche a me, sai?” mormora Sam appoggiandosi di spalle alla ringhiera poco distante e guardando verso il cielo “Quello stronzo con il culo a stelle e strisce”
Bucky ridacchia, mestamente. “Già” si limita a dire “Mi ha pure lasciato casa sua, come se davvero riuscissi a rimetterci piede dentro senza… senza…”
“Potresti smetterla di pagare l’affitto del buco di casa in cui stai adesso e trasferirti lì, sai?”
James scuote il capo. “Ho bisogno di tempo. Sai, per… Per… Per sistemare e impacchettare le cose, e… Sì” ingoia un groppo di saliva e prende un’altra boccata di fumo per riprendere il controllo sulle sue emozioni, poi, tace.
Sam lo guarda, non dice niente. Ha già capito tutto, ma non vuole che Bucky si chiuda in sé stesso proprio ora che è riuscito, dopo mesi di collaborazione forzata, a fargli abbassare un po’ le difese.
A volte, Bucky gli sembra davvero un lupo. Solitario e selvaggio, diffidente e potenzialmente letale. Ma, si sa: i lupi, in branco, diventano estremamente leali, protettivi e affidabili. Il problema, quindi, per Sam, è solo capire come riuscire ad avvicinarglisi senza essere sbranato, o peggio, senza farlo chiudere nuovamente a riccio.
“Me la dai o no una sigaretta, Boomer Barnes?”
“Sei davvero una persona fastidiosa” si lamenta, ma gliela dà lo stesso e gli porge anche l’accendino.
“Ringrazio e ricambio il complimento” lo sbeffeggia con un sorrisetto irriverente “Almeno io so usare il computer senza andare nel panico ogni volta che una pagina non si carica, nonnetto”
“Questo non è vero” protesta debolmente “Non vado affatto nel panico”
“No?” Sam lo guarda, scettico “Io dico di sì”
“Ho imparato a usarlo!” si difende, arrossendo un poco.
“E cosa ci guardi, su quel computer? Video di gattini? O qualcosa di più piccante?”
Bucky lo fulmina con lo sguardo. “Non sono affaracci tuoi”
“Siamo negli anni venti del duemila, Barnes, non si scandalizza più nessuno se guardi video p…”
“WILSON!” protesta l’altro, facendo sghignazzare di gusto il moro “Chiudi quella bocca larga, volatile spennacchiato che non sei altro!”
“Sei un finto pudico, non fingere con me” lo stuzzica ancora.
La risposta del Soldato d’Inverno è il silenzio. Ma a Sam, quel silenzio non dà fastidio. Ha imparato a comprenderlo, e ormai riesce a parlargli più di quanto Bucky sia in grado di fare a parole. Nei silenzi di James, Sam ci legge stanchezza e nostalgia. Un po’, anche paura. Gli sembra che nella testa di Bucky si ripeta, incessantemente, la stessa, inquietantissima, domanda: “Sai chi sei?”.
No, Sam non pensa che James Buchanan – Bucky – Barnes sappia ancora darsi una identità. Non è più l’assassino dell’Hydra, non è più un pericolo internazionale, non è un Avenger, non è più l’amico d’infanzia del Capitano Rogers.
In fin dei conti, quindi, chi è? In tempo di relativa pace, Bucky, chi è?
Falcon ricorda cosa gli ha detto Steve, prima di addormentarsi per sempre. Sono parole semplici, ma che lo ricoprono di una responsabilità non indifferente, e che, soprattutto, gli hanno aperto gli occhi sul fatto che Bucky, ora, sia completamente solo in un mondo che ancora fa fatica a capire e in cui ha difficoltà ad ambientarsi e a sentirsi accettato.

Stagli vicino più di quanto abbia saputo fare io

Gli costa ammetterlo, ma la compagnia di Bucky, in fondo, lo conforta e gli dà sicurezza. L’amicizia e la stima che entrambi nutrivano verso Steve li ha avvicinati molto, e, ad essere sinceri, Bucky è proprio come piace a Sam: una presenza discreta, ma costante. Vera, concreta.
“Vuoi parlare?” gli chiede quindi Falcon, percependo il nervosismo di Bucky serpeggiare tra loro come un serpente velenoso.
“Cosa dovrei dirti?” nega James “Sono solo… stanco. L’ultima riunione avuta oggi per il rapporto sulla missione mi ha un po’ spossato, tutto qui”
“Odi avere addosso gli occhi di tutti” nota Sam guardandolo con la coda dell’occhio per studiare la reazione che le sue parole hanno sul collega “O mi sbaglio?”
Storce il naso, spegnendo la sigaretta. “Si potrebbe dire di sì, sì, hai ragione. Sono più tranquillo quando nessuno mi nota, sai…” alza le spalle “Dover rendere conto delle mie azioni mi riporta alla mente un passato non troppo piacevole”
Wilson si irrigidisce. “Perché non me l’hai detto? Potevo fare io rapporto per entrambi”
In realtà, Sam vorrebbe chiedergli: Perché non ti sei fidato di me e non mi hai parlato di questo tuo disagio?, ma, come al solito, per non farlo scappare, preferisce non porgli direttamente quella domanda.
“Avevi altro da fare” si chiude il giacchetto di pelle e si guarda la mano metallica. Sam sa che Bucky si sta chiudendo, come ogni volta che si sente messo a nudo, in pericolo. Ma non ha intenzione di fermarsi. Non ora.
“Quindi hai pensato bene di farti del male sobbarcandoti di un compito che avresti potuto delegare a me” lo riprende Sam spegnendo la sigaretta bruscamente “Sei un completo idiota”
“Scusami tanto se ho fatto l’altruista” sbuffa irritato Bucky incrociando le braccia al petto e stringendo la mascella “La prossima volta mi farò gli affari miei”
“Non ho detto questo” addolcisce un po’ la voce “Mi spiace solo che tu abbia dovuto rivivere qualcosa che non eri pronto a sopportare, tutto qui”
“Non sono un bambino, i demoni si devono affrontare prima o poi” ribatte Barnes, cocciuto.
“Guarda che concedersi un attimo di debolezza è comunque da uomini, James” incalza Wilson.
Bucky indurisce lo sguardo. “Sto bene e non ho bisogno di uno psicologo, Samuel”
Sam storce la bocca. “Okay. Allora, visto che stai bene, andiamo a casa di Steve”
“No” scuote la testa velocemente, il terrore negli occhi “No. Ho… impegni”
“Con il computer?”
“Ho una vita, che tu ci creda o no!” esclama Barnes, esasperato.
“E la tua vita equivale al piangere tutte le tue lacrime fino a quando il sonno non ti vince?”
La reazione di Bucky prende Sam alla sprovvista.
Si sarebbe aspettato una esplosione – sperava, a dirla tutta, in una esplosione -, pregava quasi che Bucky lo prendesse per il colletto della maglia e gliene dicesse quattro, era persino disposto a fare a botte pur di farlo uscire da quella situazione di finta calma e scuoterlo dalla apatia in cui era piombato dopo la morte di Rogers.
Ma, al contrario di ogni sua aspettativa, Barnes sta zitto e lo guarda, gli occhi chiari lucidi e spalancati, il respiro ridotto al minimo.
“Cosa sono, io, Sam?” gli chiede allora con un filo di voce.
Il cuore di Samuel Wilson si spezza in mille pezzi innanzi al dolore che percepisce nella voce dell’altro. Ci legge un turbinio di emozioni taciute, percepisce tutto il suo smarrimento: quanto l'altro si senta sbagliato, inadeguato. Rotto. Perso.
“Sei mio amico” mormora, allora, tirandolo a sé in un abbraccio spaccaossa.
Sente il corpo di Bucky irrigidirsi un po’, ma la stretta viene cautamente ricambiata. E’ strano, perché Sam sente la differenza tra le due braccia dell’uomo, e soprattutto è un po’ spaventoso sentire il battito del cuore del collega così accelerato a contatto con la sua pelle. Ha paura che si senta male, e Barnes non è esattamente un ragazzino da poter trasportare facilmente a peso morto.
Sam allora lo stringe un po’ di più, ed è solo in quel momento che sente l’altro lasciarsi andare e aggrapparsi con decisione alle sue spalle, rilassando, finalmente, il corpo e abbandonando il capo sulla sua spalla.
“Sei mio amico, Bucky”

Per quanto poco possa valere, sei mio amico.

Al resto, pensa Sam, ci penseranno quando Bucky smetterà di tremare tra le sue braccia.
 
(1923 words)
 
 
 
 
 
Angolino disagiato
Eccomi tornata, dopo tempo immemore, con una OS su due personaggi che non vedo l’ora di poter vivere e apprezzare maggiormente nella serie TV a loro dedicata. E a proposito di serie tv, avete visto Wanda & Vision? Cosa ne pensate?
Domanda non meno importante: come state? Spero bene, con questa situazione di pandemia mondiale abbiamo attraversato tutti dei momenti decisamente pesanti. E la cosa peggiore è che, dopo un anno, sia cambiato ben poco. Speriamo solo che presto la situazione possa cambiare in meglio, comincio a non poterne davvero più.
So che forse i personaggi sono un po’ OOC, ma voglio pensare che tra quei due possa nascere un profondo legame di amicizia. Credo che sia impossibile che Bucky non si porti appresso i demoni del suo passato, nonostante Shuri abbia fatto del suo meglio per liberarlo dal condizionamento dell’HYDRA così da fare in modo che la sequenza di parole non gli facesse più perdere il senno. Ritengo poi che Sam sia la persona più vicina a un amico che sia rimasta a Bucky, dopo la dipartita di Steve, perciò, visto e compreso quanto stare soli sia devastante (vedasi Wanda), ho voluto dargli almeno una spalla su cui, finalmente, poter piangere.
E a proposito di ispirazioni, sì: il “Sai chi sei?” è palesemente tratto dal testo di “Lights Up” di Harry Styles, che vi consiglio di ascoltare proprio per il fatto che questa domanda si ripeta spesso durante la canzone e porti davvero a rifletterci su: "Do you know who you are?". Sarà poco, o sarà tanto, ma Sam dà a Bucky un punto di partenza da cui potersi costruire una identità nuova, veramente sua, e per poter finalmente prendere la sua vita in mano.
Fatemi sapere se questa piccola storia vi è piaciuta, se vi va! Mi farebbe molto piacere!
Detto ciò, vi saluto e spero di potervi leggere! A presto, vi abbraccio forte.
_astronaut_
   
 
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