Il
viaggio sembrò meno lungo del previsto, con Bob che
chiacchierava su tutto ciò
che gli passava per la testa e Frank che lo seguiva a ruota. Parlavano
di
musica, ed era saltato fuori che Bob suonava la batteria nel tempo
libero,
sebbene lavorasse come tecnico del suono. Almeno, fino a quel momento.
Sembrava
non importargli nulla del lavoro perso, dei soldi mancati. E i suoi
genitori?
non dicevano niente? gerard non poteva viaggiare con uno sprovveduto
del
genere, ma Bob disse ripetutamente che a casa non si preoccupavano, e
comunque
li aveva avvertiti giustificando quell’imminente partenza
come un
viaggio-studio. Quanto al lavoro, diceva nella maniera più
tranquilla e
naturale possibile, che l’avrebbe trovato immediatamente, non
appena questa
storia sarebbe finita.
-A
proposito di soldi, noi come stiamo messi?- chiese Ray.
Gerard
frugò nelle tasche, prese il portafogli, tirò
fuori tutti gli spiccioli che
aveva –Io ho 26 dollari e 55 centesimi-
-Io
20 dollari e 35- disse Frank
-Io
24 e 12-
Guardarono
tutti Bob, che fece un sorriso smagliante e mostrò la sua
monetina –Una quarto
di dollaro!-
Avevano
fatto davvero bene, a portarselo in giro? Tuttavia, era
l’unico a conoscere New
York come le sue tasche. Sperarono solo di non ritrovarsi a dover
scappare da
qualche negozietto derubato dal biondino in assenza di soldi.
Notarono
poi che il treno andava a una velocità minore, sbuffava
più del solito e
fischiava. Forse erano arrivati?
A
dare la conferma fu Bob –Bene, gentili passeggeri, benvenuti
a New York.
Restate seduti ai vostri posti e non scendete finchè il
treno non sarà del
tutto fermo. Ricordiamo che è assolutamente vietato fumare,
bere, dormire,
leggere riviste porno, provarci con le belle signorine a bordo, e
andare in
bagno di nascosto per sfuggire al controllo del biglietto-
-Cavoli!-
disse Frank –Già da qui sembra tutto un altro
pianeta!-
-Siamo
arrivati, finalmente-
-Già…
Siamo finalmente a New York-
Uscirono
più in fretta che poterono dalla stazione, ritrovandosi
spaesati, eccetto Bob,
di fronte a quei grattacieli immensi. Alti , altissimi. E loro che
prendevano
in giro Frank per la bassa statura… In mezzo a quella
caotica città si
sentirono delle nullità, senza possibilità di
cavarsela da soli. Se loro si
sentivano così, figuriamoci Mikey.
-Ray,
sembri impressionato anche tu. Non avevi detto di esserci
già stato?-
-Sì,
ma quella volta ero tutto impegnato a pensare ai Maiden, che a fare il
turista-
-Bene,
gentili signori- disse Bob imitando una voce femminile
–Benvenuti a New York,
la Grande Mela, il fulcro dell’America, l’insieme
delle culture eccetera
eccetera. Alla vostra destra potrete trovare dei tipici cittadini
newyorkesi
camminare per le strade-
-Ooooooh…-
esclamò Frank
-Non
è il momento di fare i turisti, abbiamo già perso
fin troppo tempo. Andiamo-
Fermarono
chiunque, anche stranieri, descrivendo in modo dettagliatissimo Mikey.
Ma
nessuno sembrava averlo visto. Stavano per perdere le speranze, mentre
si
riposavano davanti alla statua della libertà. Normalmente
l’avrebbero ammirata
e scattato qualche foto, ma non era proprio l’umore giusto
quello.
-Almeno
possiamo dirgli che non gli è successo niente, ancora. Anche
se questa è una
grande città, se per caso ci fosse un incidente o cosa ne
sarebbero tutti
informati- disse Ray
-Non
voglio nemmeno pensarci- Gerard prese un binocolo, tra i tanti che
venivano
usati per vedere meglio la statua, e ci giocherellò un
po’.
-Certo
che quella statua è enorme anche vista da questa distanza-
disse Frank –Fa un
certo effetto vedere una cosa simile e poi il mare…-
-E’
davvero enorme- spiegò Bob –Senza il piedistallo
è alta 46m, da terra fino alla
fiaccola 93. E’ stata costruita dai francesi Bartholdi e
Eiffel, come ideale di
benvenuto a chiunque sarebbe venuto a New York. Rappresenta una donna
con una
corona e vestita come gli antichi romani con in alto la fiaccola della
libertà,
mentre nell’altra mano ha il libro con segnata la data del 4
luglio 1776,
quando abbiamo ottenuto l’indipendenza. Le sette punte della
corona
rappresentano i continenti e i mari. Ai piedi vi sono delle catene
spezzate che
simboleggiano la liberazione-
-Come
diavolo fai a sapere tutte queste cose?-
-Le
ho studiate a scuola. Voi no?-
-Ehm…-
erano proprio di un altro livello, loro.
Gerard,
senza un interesse particolare, cominciò a fare innocue
domande da turista
–Quindi è possibile vederla da vicino?- si mise il
binocolo –E’ su un’isola…-
-Certo
che si può. l’isola, insieme alla statua,
è considerata monumento nazionale-
-Vedo
del movimento verso la statua…-
-Dentro
c’è un ascensore che porta fino alle corone, dove
ci sono delle finestre da cui
è possibile vedere New York-
-Significa
che è possibile… Entrare nella statua?-
-Certo.
Però non ho idea se si paghi e quanto-
-Cavolo…
E’ bestiale…-
Gerard
ebbe un’idea –Vi va di farvi un giro nella statua?-
-Come?-
-Aspetta,
ho capito…- disse Ray –Mikey potrebbe essere
lì-
-E
se siamo fortunati lo becchiamo. Andiamo- disse Gerard, ritrovando la
speranza.
Purtroppo,
per salire su quella statua, ci volevano soldi, e Bob non ne aveva.
-Non
c’è problema, ragazzi. Andate voi, io aspetto qui-
-Scherzi,
vero? Dobbiamo stare uniti qui-
-Dobbiamo
trovarci i soldi, ma come?-
-Ah,
questo non è un problema. Avete degli strumenti a portata di
mano?-
-No-
-Sapete
ballare?-
-No-
-Cantare?-
-Gerard
sa cantare!- disse Frank come se avesse avuto un colpo di genio
–E anche
piuttosto bene-
Gerard
arrossì –No, non credo che…-
-E
invece sì sì sì
sì…- gli fece il solletico sul collo
–Ti fai insegnare da tua
nonna! Non negare l’evidenza, io ti ho sentito-
-Non
so se c’è da fidarsi molto dei tuoi gusti- disse
Ray
-Però
è pur sempre qualcosa. Venite con me- disse Bob
camminarono
per un bel po’, si sentivano i piedi quasi stanchi e non
avevano la minima idea
di dove li stesse portando Bob. Quando finalmente entrarono in un
negozio di
musica.
-Bob!
Che sorpresa vederti qui senza il signor Thomas! Cosa posso fare per
te?-
-Come
andiamo, Jackie?- disse Bob salutando calorosamente la ragazza tutta
tatuata,
proprietaria del negozio –Ho bisogno di un grandissimo
favore. Mi servono degli
strumenti-
-Certo,
dimmi pure. Immagino una batteria-
-No,
troppo ingombrante. Un tamburello è più che
sufficiente. E due chitarre
classiche, mi servono giusto per una mezz’oretta, te li
riporto subito. Ti pago
il noleggio-
-Uh,
d’accordo. Ti farò un notevole sconto. Aspetta qui
un secondo-
Mentre aspettavano l’arrivo degli strumenti, Ray e Frank tartassarono di domande Bob, il quale rispondeva sempre “Aspettate e vedrete”. Gerard era invece impegnato ad ascoltare la radio, la musica di quel negozio. Un brano di David Bowie. E, se prima teneva leggermente il ritmo, dopo non si controllò e cominciò a canticchiare, seppure a voce non troppo alta -He looked a lot like Che Guevara… Drove a diesel van… Kept his gun in quiet seclusion… Such a humble man… The only survivor… Of the national people's gang…-
Non
immaginava che qualcun altro lo stava ascoltando –A quanto
pare Frank ha gusto-
disse Bob facendo un sorriso sghembo.
-Bene,
ora che siamo fuori…- disse Frank con una chitarra classica
in mano –Ci spieghi
che dobbiamo fare con questi strumenti a noleggio e in mezzo a una
strada?-
-E’
moooooolto semplice, Frank. Noi suoniamo, Gerard canta, la gente ci
butta i
soldi e poi andiamo alla statua-
Lo
guardarono tutti sbalorditi. Che razza di piano. Assurdo.
-Ci
potrebbero volere ore prima che troviamo i soldi necessari. Senza
contare che
dobbiamo pagare anche il noleggio di questi-
-Con
Jackie me la risolvo io. Voi suonate e basta-
-No,
non credo di poterlo fare…-
-E
invece sì, Gerard! non devi aver paura! Anzi, cogli
l’occasione per fare il tuo
debutto in grande stile in una città come New York!-
-No,
no. Stonerò. Oh, se stonerò! Rovinerei tutto e la
gente non ci darebbe nemmeno
un centesimo-
-Non
ti preoccupare. Pensa che la gente al posto della testa
abbia… Abbia… La faccia
della statua della libertà. Ok?-
-Cosa?-
-Dai,
tutti ai vostri posti!-
La
statua della libertà sulle teste dei passanti? Gli sarebbe
venuto da ridere e
avrebbe peggiorato la situazione. Però ormai
c’era, non poteva mollare tutto.
Si sentì la responsabilità di tutti e tre sulle
spalle. E Mikey. Doveva farlo
per Mikey. Lui gli chiedeva sempre di cantargli qualcosa.
Qualcosa
di Bowie, per esempio.
Gerard
chiuse gli occhi. Non ce l’avrebbe fatta a reggere gli
sguardi della gente.
Malgrado
tutto, erano stati abbastanza bravi. La gente buttava soldi, molta
più gente di
quanto non si aspettavano.
-Mamma,
è cieco quello che canta?-
-No,
tesoro, non lo vedi che ha solo gli occhi chiusi?-
-Vai,
Gerard, stai andando alla grande. Ci mancherebbe un balletto-
-Gerard
un balletto? Questa sì che è bella!-
-Però,
sai suonare, Iero…-
-Direi
che ora puoi anche chiamarmi Frank, amigo-
C’era
sintonia tra loro, contrariamente a quel che si pensava. In
particolare, c’era
una ragazzina che si era fermata ad ascoltarli. E anche compiaciuta.
Gli lasciò
ben 20 dollari. Bè, era ancora una ragazzina, non aveva
molto senso del denaro.
Ma ai ragazzi faceva comodo.
-Siete
stati davvero bravi!-
-Eh?-
Gerard aprì gli occhi, connettendo di nuovo con la
realtà –Dici a noi?-
-No,
al palo…-
-Ehm…
Grazie…-
-Come
si chiama la vostra band? È uno spreco suonare per strada, e
senza nemmeno un
basso-
-Non
siamo una band-
-Davvero?
Che peccato…- poi osservò attentamente Gerard
–Tu mi ricordi qualcuno…-
-Ragazzina,
non ho molto tempo da perdere…-
-Eppure
mi ricordi qualcuno che ho incrociato per strada. Mi era venuto
addosso, doveva
aver inciampato da qualche parte. portava gli occhiali…-
Occhiali?
-Sei
sicura? Quando l’hai visto?-
-Uhm…
Mezz’ora fa… Poi mi ha chiesto come arrivare alla
statua della libertà, ma io
non sono di queste parti…-
Gerard
sorrise in maniera esagerata –Grazie! Grazie, ragazzina!-
prese zaino e soldi
velocissimo –Andiamo, ragazzi! Mikey ci aspetta!-