Anime & Manga > Violet Evergarden
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Autore: LatazzadiTea    16/03/2021    3 recensioni
Dal testo: Violet era la persona più sola che avesse mai conosciuto, per questo andava protetta. Invece, accecato dalla propria arroganza Dietfried l'aveva presa e strappata alla sua terra, pagando quella scelta disumana con la vita dei suoi uomini. Così, comprendendo solo troppo tardi la gravità di quell'errore, al fratello non era rimasto altro che sbarazzarsene.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Claudia Hodgins, Dietfried Bougainvillea, Gilbert Bougainvillea, Violet Evergarden
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Cap.15

Addio, Maggiore Gilbert!

 

Violet percorse lentamente il grande viale alberato che dai cancelli si inoltrava nella campagna, fino a interrompersi davanti al piazzale che si apriva di fronte alla casa. Erano passate quasi due settimane da quando l'aveva lasciata, ma quando si fermò, indugiando ad ammirare i giardini completamente fioriti accanto al patio, fu come non se ne fosse mai andata. Aveva lasciato l'appartamento di Dietfried all'alba, ed era tornata alla società postale a prepararsi: dove si era fatta il bagno, senza tuttavia sciacquarsi via di dosso i ricordi di quella notte indimenticabile. Dietfried l'aveva accompagnata poi fino alla Villa, ma non era sceso con lei, perché il desiderio di sua madre era stato quello di incontrare Violet da sola, e lui aveva accondisceso. Lo stesso giorno in cui la Signora avrebbe dedicato la sua ultima lettera al figlio più giovane, lei avrebbe detto addio al Maggiore Gilbert per accogliere nella sua vita il Colonnello Bougainvillea, in qualunque modo avrebbe deciso di farne parte. Violet sapeva che Gilbert si era trasferito alla Villa per stare vicino alla madre, e quando lo vide arrivare per prenderle la valigia con la macchina da scrivere e accompagnarla fino in casa, gli fece un inchino com'era di consuetudine per le giovani Bambole di scrittura automatica.

Dopo quel gesto così formale, Gilbert l'aveva guardata negli occhi, restando diversi secondi a fissarla senza dirle una parola. Violet si domandò se lui avesse realmente capito i motivi del suo cambiamento; la guerra aveva lasciato troppe cicatrici e scottature nel suo cuore, così come la sua mancanza. La risposta arrivò quando Gilbert le regalò un sorriso tacito e consapevole, prima di accompagnarla alla porta della stanza dove avrebbero incontrato la Signora.

"Vorrei vederti ancora più tardi: pensi che sia possibile?", la bloccò Gilbert, prima di bussare alla porta e andarsene.

"Certo, e con molto piacere, Colonnello...", accettò educatamente Violet, abbassando tuttavia lo sguardo.

Non aveva nulla di cui vergognarsi, soprattutto perché sapeva che Gilbert non era più all'oscuro di tutto. Ciò nonostante, quando glielo lesse negli occhi, Violet non riuscì più a guardarlo. Di sicuro gli doveva più di una spiegazione, pensò, mentre lui l'annunciava alla madre, sperando di riuscire a convincerlo che suo fratello non era colpevole della loro separazione, e che essersi innamorata di lui, altro non era che un contrattempo del destino. Aveva imparato a sue spese che le lettere arrivavano sempre al recapito indicato sulla busta, proprio per questo non aveva mai potuto scrivergli, perché quell'indirizzo, lei non lo aveva mai avuto. Avrebbe potuto dirgli tante cose in quelle lettere: una su tutte, che lo avrebbe aspettato per sempre, come del resto aveva fatto in tutti quegli anni. Nessuno poteva saperlo, ma alla stessa ora di ogni giorno, lei era corsa alla stazione dei treni per mesi, nella speranza di vederlo scendere da uno di quei vagoni. Il suo turno non era mai arrivato, assistendo così, alla più cupa disperazione o alla più luminosa felicità degli altri. Aveva visto genitori, fratelli e sorelle, figli e mogli e tante, tantissime giovani donne come lei, attendere il ritorno dei loro cari partiti per la guerra. In molti erano scesi da quei vagoni pieni di feriti e reduci che arrivavano direttamente dal fronte: tanti, ma mai lui. Forse era questo che non era riuscita a perdonargli, si disse Violet, di averla costretta ad aspettare. Di averle fatto credere che non sarebbe più tornato, scegliendo di farla soffrire, soffrendo a sua volta lontano da lei.

Violet si fece coraggio, cercando di scacciare quei pensieri tristi finché non sentì la voce della Signora Bougainvillea chiamarla. La donna era costretta a letto ormai da giorni, eppure, anche in quel frangente Violet non ebbe la minima percezione della gravità delle condizioni in cui versava. Malgrado tutto, l'anziana madre di Gilbert era sempre sorridente, dimostrando una volontà e una forza d'animo mai viste prima in una persona sofferente e ormai prossima alla morte. Solo dopo aver notato la quantità di medicine e farmaci presenti sul suo comodino, Violet avvertì un'angoscia profonda e una pesante stretta al cuore.

"Vieni figliola, accomodati! Che piacere rivederti, Violet...", l'accolse con gioia la donna.

Le tende erano ancora accostate, ma quando la vide porgerle le braccia per invitarla a sederle accanto, a Violet sembrò di entrare in una stanza completamente illuminata dal sole.

"Il piacere è solo mio, Madame! Speravo tanto di poterla rivedere per chiederle perdono, soprattutto per essere fuggita e aver rotto il suo prezioso servizio di porcellana...", ci tenne a scusarsi Violet.

"Ah, quello stupido servizio da tè: nemmeno lo ricordavo! Tu piuttosto, come stai mia cara? Ti trovo bene, anche se mi sembri cambiata Violet, come se avessi una nuova luce negli occhi.", constatò l'anziana, facendola avvampare dalla testa ai piedi.

Quasi ne avesse percepito l'imbarazzo la Signora smise di parlare, limitandosi a rivolgerle uno sguardo caloroso e comprensivo. Poi entrò un servitore accompagnato dal dottore, lo stesso medico che aveva vegliato e curato Dietfried insieme a lei.

"Inutile dire che Madame non si deve affaticare, ma potete iniziare...", diede il permesso il medico.

"Certo, dottore, baderò io che non si stanchi...", promise Violet, prima di salutare l'uomo e sedersi allo scrittoio.

Violet si accomodò di fronte alla donna aspettando con riguardoso silenzio che l'anziana trovasse la forza di iniziare, col risultato, che, alla fine, entrambe si ritrovarono a guardarsi con un sorriso malinconico e gli occhi pieni di lacrime. Una volta finito, Violet ritenne di aver scritto la più toccante dichiarazione d'amore che avesse mai dovuto battere a macchina, ricordando fra l'altro, il testo della precedente lettera che la Signora Bougainvillea aveva indirizzato a Dietfried. Se quella era già stata magnifica, quell'ultima era semmai ancora più struggente, intensa e vibrante. E la ragione stava nella profonda preoccupazione che quella madre portava con sé nella tomba, al pensiero di abbandonare quel figlio appena ritrovato al suo destino. Da quando aveva scoperto la verità su Gilbert, Violet aveva anche saputo che la Signora ne era sempre stata al corrente. Era stato lo stesso Dietfried a dirglielo, spiegandole quanto fosse stato difficile per sua madre mantenere quel segreto. Comprendeva solo ora il costo di quel sacrificio, sebbene in quel modo, si fosse sentita tradita dalla maggior parte delle persone che conosceva. Tuttavia, Violet decise di rileggere alla Signora il foglio che aveva appena finito di scrivere, aspettando che fosse lei a concludere il discorso e finire di parlare.

"Al mio caro figlio... Gilbert, il lavoro più grande che ho dovuto affrontare durante la mia lunga vita è stato crescerti, ma non cambierei un minuto del tempo speso a prendermi cura di te e proteggerti. Ho riso e pianto con te, ho celebrato le tue vittorie e condiviso i tuoi dolori, e in compenso, tu hai riempito il mio cuore di un affetto incomparabile. Figlio mio, sei stato per me come un regalo, e ogni giorno dopo la tua nascita, ho goduto di questo dono. Il tuo sorriso mi spiazza, la tua felicità significa tutto per me: hai riempito i miei occhi di meraviglia, e dopo tuo fratello, il tuo arrivo ha reso completa la mia vita. Sappi che anche dopo, quando non ci sarò più, camminerò accanto a te per sempre, tenendoti una mano sulla spalla per sorreggerti come quando eri un bambino. Ciò che spero è che la tua vita sia sempre piena di gioia e d'amore; solo questo chiedo per te, che le tue benedizioni siano numerose come le stelle del cielo e che davanti a situazioni difficili, le tue decisioni siano sempre giuste. Con amore, tua madre...", terminò Violet.

"Credo di non avere nient'altro da aggiungere, anche se avrei ancora così tante cose da dire... Sai, temo che riassumere un'intera vita in poche righe, sia un'impresa davvero impossibile. Non lo pensi anche tu, cara?", chiese conferma l'anziana signora.

"Può darsi, anche se trovo questa lettera perfetta così com'è...", rispose la giovane Bambola, asciugandosi col palmo della mano una lacrima dal viso.

Poi Violet sospirò, rivolgendo alla donna uno sguardo complice. Forse era davvero giusto così, si disse, preparandosi ad uscire e salutarla. Non poteva aspettarsi nessun'altra spiegazione da lei, se non quella di aver scelto di proteggere il figlio rispettando le sue scelte. Anche se l'aveva fatto per salvarla, era stato Gilbert ad andarsene, per questo non poteva incolpare nessun altro che lui della loro sofferenza.

"Violet, un'ultima cosa, bambina...", la fermò la Signora sulla porta.

"Sì?", si voltò Violet, sentendo il battito del cuore rimbombarle nel petto.

"Prenditi cura dei miei figli per me quando non ci sarò più, puoi farlo?", la supplicò la donna.

"Posso, e lo farò, Madame... Glielo prometto!", le assicurò Violet, uscendo.

Quando mise la valigia a terra, trovando proprio Gilbert ad attenderla fuori dalla casa, Violet si gettò fra le sue braccia dando inevitabilmente libero sfogo al pianto. Se le cose fossero andate diversamente, pensò lei, forse in quel momento così difficile avrebbe potuto aggrapparsi a lui, invece di dirgli addio. Rivedere la sua faccia, risentire la sua voce e odorare il suo profumo, l'avevano ferita più di quanto non avesse voluto ammettere. Soprattutto pensando a quanto fosse uscito distrutto da quella battaglia, dilaniato nel corpo e nell'anima, più di quanto non lo fosse mai stata lei.

"Mi spiace, Maggiore... Mi spiace davvero tanto...", singhiozzò di nuovo Violet.

"Lo so, ma è la vita. E la perdita fa parte di essa, come la gioia Violet, come l'amore...", replicò Gilbert, cercando di asciugarle gli occhi.

"C-Come l'amore? Maggiore io... le devo parlare...", balbettò lei alla fine, rendendosi perfettamente conto che Gilbert già sapeva.

"Ieri, nel suo ufficio, quell'idiota di mio fratello ha chiaramente detto che ti ama, ma che avrebbe fatto un passo indietro se glielo avessi chiesto, oltre un mucchio di altre sciocchezze simili...", le confessò Gilbert, sentendosi improvvisamente in colpa per averle riferito quelle parole.

Sì, gli uomini della sua famiglia erano sempre stati degli idioti, e lui era stato il più idiota di tutti, pensò.

"Maggiore io, sono certa che il Capitano non intendesse ferirla...", lo giustificò Violet.

"Ne sono sicuro, perché Dietfried non mentirebbe mai su una cosa simile, e anche se non riesco ancora a crederci, so che anche tu lo ami...", aggiunse Gilbert.

"Sì, e moltissimo.", ammise Violet, sentendosi morire all'idea di avergli dato un dolore.

Gilbert la staccò da sé, riuscendo nuovamente a guardarla come avrebbe fatto un tempo. Se n'era andato proprio per quello, ricordò a se stesso, per renderla libera di vivere la sua vita ed essere felice. Ma quella libertà aveva avuto un prezzo, e lui lo aveva pagato, rendendosene conto solo dopo averla rivista e tenuta finalmente fra le braccia. I voli pindarici del destino erano imprevedibili, ne concluse Gilbert, sforzandosi ugualmente di sorridere. Violet era la prova vivente che riscattarsi e dimenticare il passato era possibile, e dicendogli ch'era pronta a proseguire per la propria strada, glielo stava dimostrando. Non era un atto egoistico, ma qualcosa di dovuto a se stessi per poter sopravvivere, e lei c'era riuscita. Perciò, per renderle onore, lui avrebbe fatto lo stesso.

"Ora dobbiamo salutarci Violet, ma voglio che tu sappia che sei stata la persona più importante della mia vita, e che se sono un uomo migliore, lo devo a te. Quindi, voglio ringraziarti e dirti che se anche devo dirti addio, sappi che non riuscirò mai ad allontanarti dai miei pensieri...", finì per dirle Gilbert.

"È lo stesso per me Maggiore, perché io, non la dimenticherò mai!", gli rispose Violet, stringendo di nuovo al petto la sua spilla di smeraldo.

Fu un breve momento, un solo slancio; un unico bacio stampato sulle labbra per dirsi addio. Un bacio dato non per segnare una fine, ma per sigillare il ricordo di un sentimento prezioso che sarebbe rimasto così per sempre: puro e intatto, nei loro cuori.


 
   
 
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