Capitolo
IV
La
radura era silenziosa. Anche il sottobosco, che di solito
brulicava di vita, era stranamente muto. I pecci, dai robusti rami e
dai fitti
aghi, facevano filtrare con difficoltà la luce solare.
Acuì i suoi sensi,
l’unico suono che riuscì a percepire fu quello proveniente dalla cascata,
dislocata a qualche
centinaio di metri da lì. Avanzò lentamente,
facendo attenzione dove mettere i piedi, per fare meno rumore
possibile; non era sola e
non riusciva a scacciare quella sensazione opprimente. Si
appoggiò ad un tronco
e si mise a sedere, i lunghi e lisci capelli biondi le danzarono
davanti agli
occhi, li chiuse. Considerato che i suoi sensi
la stavano tradendo, avrebbe
ricorso ad altri
metodi. Le sue labbra si muovevano velocemente,
ma tutto quello che si poteva udire era soltanto un mormorio. Si
alzò in piedi
di scatto, le iridi che normalmente erano verdi, avevano assunto una
colorazione rosso scarlatto. Il suo intuito non si era sbagliato, tre
persone
erano con lei nella foresta, poteva chiaramente percepire il calore che
emanavano. La stavano circondando, impedendole
ogni via di fuga, l’unico modo per uscire di lì
era combattere. Estrasse una
spada corta dal
fodero, posizionato dietro la
sua schiena. Passò il palmo della mano destra sulla lama,
che assunse una
strana colorazione azzurra. All’ultimo secondo riuscì
a schivare una freccia, che si conficcò nel tronco
dell’albero, scartando verso
destra. Altre frecce sibilarono sopra la sua testa, mancandola di
diversi
centimetri. Corse a zig-zag nella radura alla ricerca di un riparo
sicuro;
aveva bisogno di pensare qualche secondo con calma, per elaborare una
strategia
vincente. L’obiettivo dei suoi nemici era chiaro, attaccarla
da lontano per
stanarla e stancarla. Trovò rifugio dietro una roccia
abbastanza grande, che
offriva una discreta protezione. Si guardò rapidamente
intorno, per cercare di
capire come sfruttare al meglio l’ambiente circostante.
Notò che sul terreno il
fitto fogliame era ancora verde; difficilmente
avrebbe preso fuoco, ma
le sarebbe ritornato
sempre utile come diversivo. Sui polpastrelli della mano destra fece comparire delle piccole
fiammelle e cominciò a
lanciarle sulle foglie. Il piano stava funzionando; una leggera cortina di fumo
cominciava ad innalzarsi.
Continuò
finché non
divenne abbastanza densa da nascondere ogni suo movimento. Grazie
all’incantesimo
precedente, riusciva chiaramente a distinguere i suoi nemici attraverso
quella
fitta nebbia artificiale;
ora era lei in
posizione di vantaggio. Si diresse velocemente verso quello che le era
più
vicino e lo mandò al tappeto con un colpo alla nuca. La
stessa sorte toccò al
secondo, che stramazzò al suolo senza neanche accorgersi da
dove provenisse
l’attacco. Sorrise;
l’ultimo e sarebbe stata
libera di proseguire il suo cammino. Era quasi giunta alle sue spalle, stava per sferrare
il colpo decisivo
quando, all’improvviso, il suo obiettivo svanì. Si
girò
attorno guardinga. Come era possibile?
Era davanti a lei fino a qualche secondo prima.
Sentì qualcosa sibilare alle
sue spalle; fece
in tempo a scartare verso
sinistra, prima che una lama la colpisse. Ma, non fu sufficientemente
rapida; un taglio
profondo si formò sotto il suo zigomo destro,
mentre una ciocca di capelli biondi cadeva al suolo. Si
soffermò ad osservare
il suo avversario:
non era un bandito
qualsiasi, anche lui era capace di usare la magia elementale, per
incantare le
armi o per lanciare incantesimi. Non era un nemico da sottovalutare; se lo avesse fatto probabilmente
avrebbe avuto la peggio.
Appoggiò
la mano destra al suolo, pronunciò una formula magica ed
iniziò ad estrarre dal terreno uno scudo. Non
era abbastanza grande da proteggerla completamente; ma, doveva centellinare le sue
energie, non sapeva cosa lo
sconosciuto fosse capace di fare. Schivò agilmente la
sfera di fuoco che il suo
nemico aveva lanciato; con la coda
dell’occhio, notò che aveva finito la sua corsa
contro un tronco
d’albero,
incenerendolo all’istante. Deglutì rumorosamente. Quell’uomo non scherzava, era
lì per
ucciderla, ma una domanda rimbombava nella sua testa:
perché? Non lo aveva mai
visto in vita sua, non che avesse stretto chissà quali
grandi rapporti nei suoi
diciott’anni di vita; quindi, perché tutto
quell’astio immotivato? Lo vide sparire nuovamente.
Sentì un fruscio di foglie
alle sue spalle; questa volta non si sarebbe fatta cogliere impreparata. Parò il fendente con la
sua piccola lama e approfittò di quell’apertura
per cercare di colpirlo con la
scudo al fianco, ma si rivelò una mossa inutile;
l’uomo fu più rapido di lei,
la spedì al suolo, facendola prima volare per diversi metri,
grazie ad una
folata di vento che aveva generato con la sua mano libera. Si
alzò di scatto,
ripulendosi da tutto il fogliame che le era rimasto addosso. Era
decisamente un
osso duro. L’aveva ferita e spedita al tappeto
nell’arco di pochi minuti e lei non era riuscita minimamente
a scalfirlo.
Sapeva combattere e usare la magia, proprio come lei; ma, al contrario
suo,
sembrava molto più abituato agli scontri. Far durare troppo
quel duello per lei
avrebbe significato
solo una cosa: una
sconfitta assicurata. Doveva chiudere al più presto quella
storia, se voleva
avere qualche possibilità di uscire viva da quello
scontro. Si guardò
nuovamente attorno;
non vi era nessun posto dove ripararsi in caso di un
attacco diretto, poteva far affidamento solo sulle sue
capacità. Gettò
lo scudo a terra, contro
la magia le
sarebbe servito ben poco, poiché
si sarebbe frantumato al primo
attacco. Lo scrutò
attentamente, pronta a cogliere ogni suo minimo movimento; ma, il suo avversario sembrava
impassibile, era impossibile cercare di capire cosa stesse pensando.
Provò a
sondare i suoi pensieri, ma il suo attacco mentale venne respinto; anzi, a stento riuscì ad
evitare il suo contrattacco. Era
dannatamente abile, ora non vi era più alcun dubbio.
Provò a lanciare una sfera
di fuoco, ma venne prontamente annullata da un muro d’acqua
evocato dal suo
nemico. Erano in stallo, si equivalevano. L’unico
modo per uscire
da quell’impasse era
escogitare qualcosa di diverso. Si guardò meglio attorno, le
lunghe ombre degli
alberi le fecero venire in mente un’idea. Considerato che si eguagliavano
nell’uso della magia,
si sarebbe giocata il tutto per tutto con il
combattimento corpo a corpo. I colpi che si scambiarono furono rapidi e
precisi. Attaccavano e paravano senza una soluzione di
continuità,
equivalendosi in ogni colpo. Ma, lo sforzo fisico a cui si stava
sottoponendo,
le stava rapidamente prosciugando le energie;
ed infatti la sua gamba destra la tradì. Aveva ceduto,
mentre cercava di parare
l’ennesimo fendente del suo avversario. Si ritrovò
distesa a terra, inerme,
alla mercé del suo aguzzino. Batté frustrata il
palmo della mano sinistra al
suolo. Vide la lama nemica
avvicinarsi
pericolosamente alla sua gola, per poi fermarsi, repentinamente, a
pochi
centimetri da sé. Sorrise, il suo piano aveva funzionato.
Era caduta
nell’esatto punto in cui l’ombra era più
fitta;
evocare un demone ombra, da una base di partenza ottimale
come quella, quando aveva colpito il terreno con la mano, era stato un
gioco da
ragazzi. Vedeva la sua evocazione ghermire la gola del nemico con un
pugnale
nero, pronto a colpire al suo ordine. Stava per dare il comando, quando
una
voce familiare la bloccò.
«Basta
così!»
«Papà?!»
Disse incredula.
«Eir,
sei
diventata proprio forte!»
«Papà,
mi spieghi cosa diavolo succede?»
«Testavamo
le tue capacità.» Rispose il misterioso nemico,
che
lentamente cominciò ad assumere le sembianze di una donna.
«Mamma?!
Prima che perda la pazienza, mi spiegate cosa vi è
saltato in mente?»
«Vieni»
disse l’uomo, porgendole
una mano per aiutarla a rimettersi in piedi «come ha detto
mamma, testavamo le
tue capacità. Sei una maga incredibile figlia mia. A soli
diciotto anni, ci hai
già eguagliato in capacità e potenza
Eir.»
«Non
sto capendo?!»
«Sei
pronta per il mondo, figlia mia.»
Disse la donna
accarezzandole il viso. «Tenerti per sempre
in questa foresta sarebbe uno spreco. Ti aspettano tante cose
lì fuori.»
«Non
è vero! Io sto bene qui,
con voi.»
«Non
dire bugie. Lo senti anche tu il richiamo del mondo. Anche se
non hai il coraggio di dircelo, capiamo chiaramente che hai voglia di
vedere
ciò che ti abbiamo raccontato.»
«Ma
io…»
«Non
è un male, tesoro.» Intervenne il padre
«Vuol dire che sei
cresciuta, sei diventata forte ed indipendente, oltre che una
bellissima
donna.»
«Balle! Voi volete solo allontanarmi da casa!»
«Stai
diventando irragionevole Eir, sai benissimo che non è
così!»
«Dove
andrò? Con chi?»
«Dovrai
scoprirlo da sola figliola. Il destino è nelle tue
mani.»
«Ma
sarò da sola!»
«Sei
stata sola per troppo tempo. Sempre qui, in questa foresta
dove sei nata, nascosta da tutto e da tutti. No Eir, meriti di meglio.
Lo sai, lo senti.»
«Ma
vi lascerei qui da soli…»
«No»,
rispose la madre «anche noi andremo via. Siamo stati qui a
lungo, ma lo abbiamo fatto per il tuo bene.
È tempo di andare anche
per noi, abbiamo la nostra strada da percorrere.»
«Tutto
così, all’improvviso, non è giusto, non
sono pronta!» Disse
la ragazza, sull’orlo delle lacrime.
«La
vita non è mai giusta, abbiamo noi il compito di renderla
tale. Andiamo, è tempo.»
La
ragazza annuì con la
testa, sconsolata. Sapeva che
i suoi genitori avevano
ragione. Era rimasta troppo a lungo in quel luogo a soffrire la solitudine, a non
sapere cosa si prova nel giocare con
altri bambini, a non conoscere il significato della parola amicizia.
Sapeva fosse
arrivato il momento di andare, di sperimentare nuove cose,
eppure non riusciva a non provare una punta di paura. Eir,
la regina del
bosco, la padrona degli animali, la domatrice degli elementi naturali,
era
terrorizzata all’idea di lasciare definitivamente la radura,
la sua casa per
diciotto lunghi anni. Si avviò lentamente verso
l’abitazione, soffermandosi ad
osservare e memorizzare ogni piccolo frammento di quel suo minuscolo
mondo.
L’avrebbe portato nella sua mente e nel suo cuore ovunque
fosse andata; non le importava
quanto il destino e le sue gambe l’avrebbero portata lontano,
quel posto
sarebbe stato sempre la sua oasi felice.
Cominciò
a preparare il suo bagaglio. Voleva viaggiare leggera, delle scorte di
viveri e
qualche ricambio di vestiti andavano più che bene, al resto
ci avrebbe pensato
la magia. Sapeva molto bene di non poterne fare un largo uso al di
fuori del
bosco. Chi non era capace di manipolare la forma della natura, poteva
fraintendere l’uso di tale capacità e potere, nel
migliore dei casi; nel peggiore,
avrebbe potuto incarcerarla e sottoporla a chissà quale
tortura o addirittura
ucciderla. I suoi genitori erano stati molto chiari su quel punto di
vista: mai
mostrare apertamente i poteri ed i prodigi di cui era capace. Non
comprendeva
ancora appieno le
motivazioni, ma era
sicura che avevano le loro buone ragioni ed aveva la vaga impressione
che
presto, quando avrebbe vagato per i vari regni umani, le sarebbe stato
tutto
molto più chiaro. Gettò un ultimo sguardo alla
sua stanza. Si soffermò sui giochi
che aveva usato durante tutta la sua infanzia, costruiti a mano dai
suoi
genitori, senza alcun ausilio della magia. Lanciò un
incantesimo su tutti loro;
non voleva che il tempo o la polvere li rovinassero, sarebbe ritornata
a
prenderli non appena ne avrebbe avuto
l’opportunità. Discese le scale, cercando
di cogliere ogni piccolo particolare dell’abitazione; se solo
avesse potuto
farlo, l’avrebbe portata via con sé, ma
ciò non era possibile. Vide che i
genitori l’aspettavano vicino la porta, già
carichi dei loro zaini. Percorrere
quei pochissimi metri le fu difficile, ma si impose di essere forte.
Doveva dar
prova di essere tenace, caparbia, risoluta, capace di tener testa alle
difficoltà della vita; non poteva lasciarsi andare per una
cosa del genere.
«Pronta?»
Disse Astrid.
Annuì
leggermente con la testa.
«Vedrai
figliola, il mondo che ti attende, i regni dei senza magia, sono posti
fantastici. Nonostante non siano capaci di manipolare le diverse forme
della
natura o piegarle al loro volere, sono capaci di cose straordinarie.
Quando ci
rivedremo, ripenserai a questo momento con un sorriso.»
«Dici,
papà?»
«Ne
sono fermamente convinto!»
«Però…»
«Però…»
Continuò la madre.
«Io
non sono mai stata sola! E la cosa mi spaventa.»
«E
non lo sarai mai. Tieni.» Le mise al collo una collanina con
un pendente: il
castone era a forma di due ali d’oro spiegate, su cui era
montata una gemma
rossa che emanava baluginii. «In questa pietra, io e mamma
abbiamo immesso un
po’ della nostra essenza vitale e magica. Ti saremo sempre
accanto, ovunque tu
vada. Non ti lasceremo mai sola. Ora va, il mondo ti attende e sono
sicuro che
lì fuori troverai tanti amici.»
Li
abbracciò forte. Non poté impedire ad alcune
lacrime di sgorgare. Aveva la
convinzione, anzi sapeva, che li avrebbe rivisti nel suo girovagare per
il
mondo alla ricerca di uno scopo, della sua realizzazione; ma, in quel
momento,
quella separazione le faceva molto male. Si staccò a
malincuore ed intraprese
il viale che l’avrebbe portata verso nuove esperienze.
«Non
piangere figlia mia. Non è un addio, non è la
fine.»
Fridrick
e Astrid rimasero a guardare Eir che andava via, finché non
divenne un piccolo
puntino all’orizzonte.
«La
rivedremo mai?» Chiese la donna.
«Non
lo so, ci spero però.»
«Il
mondo è un posto orribile, sono sicura che lo
scoprirà a sue spese. Mi
preoccupa lasciarla sola.»
«Eir
è molto più forte e furba di ciò che
sembra, se la caverà egregiamente. Lei è
destinata a grandi cose, me lo sento, lo so.»
«E
noi?»
«Noi?
Abbiamo una missione da compiere e il dovere di andare alla ricerca dei
nostri
amici, che sono sopravvissuti all’attacco di diciotto anni
fa…ammesso che ce ne
siano.»
Mise
una mano sulla spalla della donna, per incoraggiarla.
«È tempo di andare.»
«Ci
aspetta una impresa impossibile. Noi due contro un impero.»
«Lo
so. Ma abbiamo il dovere di provarci.»
«Hai
ragione.»
«E
sono sicuro che Eir si rivelerà fondamentale anche per la
nostra missione.
Andiamo!»
Chiusero
la porta di quella modesta ma accogliente casa in legno e pietra, nata
dal
nulla nel bosco, diciott’anni addietro. Lanciarono su di essa
un incantesimo di
protezione, in modo tale da non essere trovata o scalfita da nessuno.
Si
avviarono anche loro lungo il viale che li avrebbe condotti verso la
meta.
Molto presto, l’intero mondo avrebbe saputo che i maghi erano
tornati. Più
potenti e determinati che mai.