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Autore: Marco1989    31/03/2021    0 recensioni
Non conta il tuo passato, non contano i tuoi errori, non conta la vita che hai perso o quella che desideri, perché quando arriverà la tempesta potrai solo sperare di essere pronto ad affrontarla.
Sequel di 'A strange, new world', occorre aver letto la prima storia.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Seamus Finnigan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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- Questa storia fa parte della serie 'A strange, new world'
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UDIENZA AL MINISTERO

“Udienza del 26 agosto, in merito agli eventi che hanno coinvolto il qui presente Joshua Grant Carter, residente al numero 23 di Garth Hill, Bangor, Gwynedd. Presiede l’udienza Amelia Bones, Direttore dell’Ufficio Applicazione della Legge Sulla Magia. Il ruolo di Assistente e Scrivana sarà ricoperto da Mafalda Hopkirk. A Katherine Jones, madre del minorenne Joshua Carter, è consentito di presenziare all’udienza”.

Queste parole, ripetute meccanicamente e con tono ufficiale, erano state pronunciate da un’austera strega dalla mascella quadrata, che indossava un antiquato monocolo. Era seduta di fronte a me, dall’altra parte di una grande scrivania all’interno di un ufficio al Secondo Livello del Ministero della Magia. Una seconda donna dai capelli grigi, seduta ad un’altra scrivania sul lato della stanza, aveva subito iniziato a prendere appunti con una piuma d’oca. Avvertii la rassicurante stretta di mia madre sulla spalla, ma non potetti ugualmente fare a meno di ingoiare faticosamente un groppo di saliva che sembrava intenzionato a bloccarmi la gola.

Erano passati quattro giorni dalla battaglia notturna con il Mangiamorte che mi era quasi costata la vita. La mattina dopo, ancora pesto e dolorante, ero stato riaccompagnato a casa dalla signora Finnegan, che si era profusa in un oceano di scuse per mia madre (la quale, a giudicare dagli occhi rossi, doveva essere stata divorata dall’ansia fin da quando, quella mattina, erano emerse le prime notizie sull’accaduto) mentre le raccontava quel poco che sapeva. Katherine, dal canto suo, l’aveva rassicurata, dichiarandosi certa che avesse fatto tutto il possibile per proteggermi, ma non appena io ebbi salutato Seamus, dandogli appuntamento a qualche giorno dopo sull’Hogwarts Express, aveva chiuso la porta alle mie spalle e mi aveva condotto in cucina con sguardo a metà tra il preoccupato e il feroce. La sola cosa che mi aveva salvato da una esemplare sgridata era stato, con ogni probabilità, il pessimo stato nel quale dovevo versare: sentivo un dolore pulsante in ogni parte del corpo, che si rifletteva nella mia andatura claudicante e nella schiena leggermente incurvata da uomo anziano che esibivo. Nel vedermi, perfino mia sorella, che era seduta al tavolo, non era riuscita a trovare le giuste parole per prendermi in giro, ed era rimasta silenziosa, gli occhi spalancati. Ero crollato faticosamente su una delle sedie. Mia madre mi aveva messo di fronte una tazza di tè fumante, si era seduta a sua volta e aveva detto, con voce neutra: “Raccontami tutto quello che è successo”.

Lo avevo fatto, senza tralasciare quasi niente, neanche la Maledizione Cruciatus, il cui nome aveva fatto sobbalzare entrambe le donne, che avevano preso a guardarmi con ulteriore preoccupazione. Alla fine, mi sentivo la gola secca: le urla della notte precedente mi avevano lasciato una forte irritazione. Mia madre non aveva parlato per diversi minuti, e alla fine aveva detto qualcosa di inaspettato: “Sono molto indecisa se definire il tuo gesto incredibilmente coraggioso o incredibilmente stupido. Probabilmente è stato un po’ di entrambi: hai corso un rischio terribile, e senza dubbio sei stato uno sciocco, ma non saresti figlio di tuo padre se non fossi corso ad aiutare un’amica che credevi in difficoltà – aveva sorriso, ricordando le qualità positive dell’uomo che, nonostante il male che le aveva fatto alla fine, aveva amato – Non farti strane idee, sono molto arrabbiata con te, ma allo stesso tempo, lo devo ammettere, sono orgogliosa”.

Avevo sorriso, mentre mia sorella, ancora stranamente ammutolita, era scesa a sorpresa dalla sedia e mi aveva stretto in un abbraccio. La smorfia di dolore che avevo fatto aveva convinto mia madre a portarmi al San Mungo per un controllo, ed era stato proprio lì che mi aveva raggiunto il gufo inviato dal Ministero della Magia, che mi convocava per un’udienza il 26 agosto. Mi ero aspettato qualcosa di simile: benché solo quattordicenne, avevo usato un sacco di magia durante il duello, violando, in teoria, il Decreto per la Ragionevole Restrizione delle Arti Magiche trai Minorenni. Allo stesso tempo, non ero particolarmente preoccupato: sapevo che esisteva una clausola che consentiva di utilizzare la magia in caso di vita o di morte, e la situazione nella quale mi ero trovato sembrava rispondere esattamente a questa condizione. A confermarlo, in fondo alla convocazione, campeggiava la precisazione ‘Le comunichiamo inoltre che lei non comparirà all’udienza come imputato, ma soltanto come persona informata sui fatti’.

Una ulteriore conferma mi giunse subito da Madame Bones, la quale, con voce ancora dura ma decisamente meno formale, continuò: “Signor Carter, vorrei ribadirle che lei non è in alcun modo sotto accusa: la testimonianza del signor William Weasley, rilasciata già la mattina successiva agli eventi, ci ha confermato, come già sospettavamo dalla lista degli incantesimi che abbiamo registrato grazie alla Traccia che lei, come mago minorenne, ha su di se, che ha impiegato la magia solo per difendere la sua vita. L’abbiamo convocata perché stiamo cercando di ricostruire pienamente gli avvenimenti verificatisi al campeggio di Dartmoor la sera del 22 agosto – incrociò le mani davanti al petto e mi fissò con grande attenzione – Le chiedo di raccontarmi tutti i fatti dei quali è stato protagonista”.

Per la seconda volta mi trovai a ripetere ciò che era successo, a partire da quando io e Seamus eravamo usciti dalla tenda. Madama Bones non mi interruppe mai, finché non arrivai al lancio della maledizione che mi aveva inferto un lancinante dolore: “Mi sta dicendo – chiese, con aria estremamente sorpresa – che l’uomo mascherato le ha lanciato la Maledizione Cruciatus?”.

Annuii: “Sul momento non sapevo cosa fosse, sinceramente. Non avevo mai sentito parlare delle Maledizioni Senza Perdono. Ho solo avvertito un dolore tremendo, come mai mi era successo nella vita”.

La donna si rivolse a mia madre per la prima volta dall’inizio dell’udienza: “Il ragazzo è stato visitato da un Guaritore?”.

“Sì, la mattina dopo, appena è tornato a casa, l’ho portato al San Mungo – rispose lei – A parte due costole incrinate, qualche ammaccatura ed i segni della ferita che il giovane Weasley aveva già rimarginato, hanno registrato la rottura di parecchi capillari e altri sintomi conformi alla Maledizione Cruciatus, ma nulla di potenzialmente pericoloso per la sua futura salute. Per fortuna, il Mangiamorte ha mantenuto attiva la Maledizione solo per pochi secondi, non abbastanza per provocare dei danni permanenti. Hanno detto che i dolori dovrebbero sparire del tutto in un paio di settimane”.

Madame Bones annuì, apparentemente soddisfatta, poi si rivolse nuovamente a me e mi fece cenno di continuare. Io arrivai al termine del racconto, pur glissando su un paio di punti, come gli ultimi incantesimi che avevo lanciato al Mangiamorte: non ne avevo parlato neanche a mia madre, temendo non poco il suo giudizio per quello che, a conti fatti, era stato un tentativo di omicidio. Considerando che il mio avversario stava tentando di uccidermi, non mi sentivo minimamente in colpa, ma non ero sicuro che lei l’avrebbe pensata nello stesso modo.

Smisi di parlare quando ebbi terminato di raccontare il modo nel quale Bill mi aveva soccorso e riaccompagnato alla tenda. Amelia Bones rimase in silenzio per qualche secondo, poi si rivolse di nuovo a me : “Signor Carter, a prescindere dal fatto che ritengo non sia stata un’idea particolarmente sensata gettarsi a capofitto in una situazione tanto pericolosa, anche se posso comprendere le ragioni dietro al suo gesto, devo comunque complimentarmi per il coraggio che ha dimostrato: pur essendo solo un ragazzo, ha saputo lottare come un uomo, e di questo deve essere orgoglioso”.

La donna tacque, mentre mia madre mi stringeva di nuovo la spalla con dolcezza, quasi per confermarmi che era perfettamente d’accordo. Vidi gli occhi di Amelia Bones scorrere un foglio che aveva di fronte: “Direi che abbiamo praticamente finito. Vorrei solo avere una precisazione sugli incantesimi che lei ha scagliato durante il combattimento…”.

Sentii un campanello d’allarme scattare nella mia testa, e questa volta non proveniva dalla Signora Voce, bensì dal mio istinto di conservazione: compresi che sul foglio dovevano essere segnati tutti gli incantesimi che avevo scagliato e che i sistemi di rilevamento del Ministero avevano registrato. Inevitabilmente, Madama Bones doveva aver notato ciò che avevo fatto, e altrettanto inevitabilmente si era posta qualche domanda.

“Si tratta certamente di una valida selezione di incantesimi da combattimento, e anche in questo caso devo complimentarmi con lei per l’abilità che ha dimostrato, non sono molti gli studenti che, subito dopo il termine del terzo anno ad Hogwarts, sarebbero in grado di scagliare anche solo la metà di queste fatture – fece una piccola pausa – Alcune sono abbastanza pericolose, devo ammetterlo, ma vista la situazione nella quale le ha impiegate non trovo nessuna critica da muoverle – altra pausa – Devo dire però di essere rimasta incuriosita dalla sequenza finale, gli ultimi quattro incantesimi che ha lanciato – scorse con un dito la pergamena – Un Incantesimo Esplosivo standard, uno di Vento Elementale, uno di Librazione base e uno Incendiario. Per quanto mi sia impegnata, non sono veramente riuscita a capire cosa abbia cercato di fare con questa combinazione. Le dispiacerebbe soddisfare la mia curiosità?”.

Esitai per un istante. Era la cosa che temevo di più: dover ammettere di fronte a Katherine di essere andato ad un passo dal divenire un assassino. Ormai avevo superato quasi tutte le remore dell’anno precedente, arrivando a considerarla mia madre quanto quella che avevo lasciato dall’altra parte, e non volevo vedere sul suo volto delusione e paura. Non potevo, però, mentire di fronte ad un alto funzionario del Ministero, e per di più scoprii di non essere in grado di inventare su due piedi una valida spiegazione alternativa, quindi finii per spiegarle tutto. La stretta sulla mia spalla si accentuò quando arrivai al momento nel quale avevo dato fuoco alla tela cerata.

Per la prima volta Amelia Bones inarcò un sopracciglio con aria di disapprovazione: “Mi sta dicendo che lei ha consapevolmente cercato di uccidere il suo avversario?”.

Presi un lungo respiro: “Madama Bones, posso parlare francamente?”.

“E’ ovvio” rispose con nuova durezza.

“In quel momento io ero stremato ed estremamente dolorante – cercai di spiegare – Non ero riuscito a infliggere neanche un vero danno al Mangiamorte, e sentivo di non essere più in grado di difendermi efficacemente. Sapevo che mi avrebbe ucciso entro pochi secondi se non avessi fatto qualcosa, quindi ho cercato di usare una tattica che lo ponesse in condizioni di non nuocere, mettendo in pratica la sola idea che mi è venuta in mente e che credevo avesse una possibilità di riuscita – sospirai – Sapevo di poterlo uccidere? Sì, ne ero consapevole, ma sapevo anche che se non lo avessi fatto sarei stato senza dubbio io a morire: era molto più forte di me, non avevo nulla nel mio arsenale che fosse sufficiente per batterlo, quindi ho provato a giocare d’astuzia. Era la sua vita contro la mia. Ho sbagliato a tentare di salvarmi in ogni modo possibile?”. Misi nelle ultime parole un senso di colpa che non provavo realmente: non ero dispiaciuto per aver provato ad ammazzare una carogna pronta a torturare un ragazzino, ma non volevo apparire tanto indifferente, a mia madre non sarebbe piaciuto affatto, e probabilmente neanche alla donna che avevo davanti.

Amelia Bones rimase pensierosa per qualche secondo, poi rispose: “No, non posso sinceramente dire che lei abbia sbagliato, signor Carter, ma vorrei consigliarle di valutare bene le sue opzioni in ogni situazione che non comporti il rischio di una morte immediata: posso comprendere i suoi sentimenti di fronte al pericolo, ma spero che non si abituerà a valutare con tanta freddezza la vita o la morte di un uomo, anche se stiamo parlando di un criminale della peggiore specie”.

Scossi platealmente la testa: “Sinceramente, Signora, spero di non trovarmi mai più in una situazione simile”. Ero assolutamente sincero, anche se una voce fin troppo nota dentro di me mi fece notare, con un tono rassegnato, di non farci troppo conto.

“Lo spero anch’io – disse lei, ed iniziò a raccogliere le sue carte – Bene, l’udienza è finita. Confermo che nessuna accusa verrà mossa contro di lei, signor Carter. La ringrazio per la sua disponibilità e le auguro un buon ritorno ad Hogwarts”. Tese la mano a me e a mia madre, ed entrambi la stringemmo. Subito dopo, Katherine mi guidò fuori dall’ufficio.

Eravamo solo a metà del corridoio quando giunse la fatidica domanda: “Perché non mi hai raccontato quello che è successo nell’ultima parte dello scontro?” mi chiese, una punta perfettamente percepibile di delusione nella voce. Quando mi voltai verso di lei, vidi lo stesso sentimento dipinto sul suo volto.

“Avevo paura, mamma – ammisi con sincerità, e perfino io avvertii il dispiacere per niente simulato nel mio tono – Temevo che… se avessi saputo quello che ho quasi fatto… temevo che mi avresti giudicato un…un…”.

Katherine mi abbracciò con calore, e io avvertii tutto l’affetto di una madre nel suo gesto. Mi sentii letteralmente sciogliere, e una lacrima mi scorse sul viso. Non disse una parola: non ce n’era bisogno.

 

Tronando a casa mi sentii un vincitore, ma la sensazione durò poco. Quella notte il mio sonno fu costellato di incubi: rivissi i terribili momenti del duello, il senso di impotenza, il lancinante dolore della Maledizione Cruciatus, fino agli ultimi momenti, nei quali avevo accettato di stare per morire. Solo che questa volta nessun Marchio Nero apparve nel cielo per salvarmi. Una differente luce verde illuminò tutto, mentre un rumore simile ad un treno in corsa occupò l’aria. Non li riconobbi, ma sentii qualcosa di orribile premere ai confini della mia memoria, e mi svegliai trattenendo a stento un urlo. Ansimando, mi passai una mano sulla fronte: era madida di gelido sudore. Mi alzai e mi affacciai alla finestra aperta, respirando la fresca aria della notte e cercando di calmarmi. In quel momento, per la prima volta, mi resi conto di quanto ci fossi andato vicino: per la seconda volta nella mia vita, avevo visto la morte in faccia. Per la seconda volta, avevo scoperto di non poter fare nulla per evitarla. L’incidente mi aveva trasportato in quel mondo, ma difficilmente sarei stato di nuovo così fortunato. Sollevai la mano, e la vidi tremare. Avevo paura. Non volevo morire, e sapevo che c’era mancato davvero pochissimo. In quel momento odiai il corpo da quattordicenne che il Destino, o chi per lui, mi avevano dato: volevo di nuovo essere un adulto, non un semplice pulcino. Volevo potermi confrontare alla pari con i miei avversari, non essere una semplice vittima sacrificale! Se c’era un ruolo per me in quel mondo, nel momento presente non ero in grado di sostenerlo.

Presi un lungo respiro, cercando di calmarmi: sentivo dentro di me che il pericolo non era lontano, ma il mio ‘Senso di Ragno’ si stava impegnando per comunicarmi che non era neppure imminente. Avevo tempo per prepararmi. Tempo per farmi trovare pronto. Mentre osservavo la notte stellata, però, dovetti concludere tristemente di non sapere come avrei fatto: ero soltanto uno studente, non un soldato. Come diavolo avrei fatto a diventare il cacciatore che avevo bisogno di essere?

 

Sei giorni dopo, per la prima volta in vita mia, mi trovai a compiere una delle esperienze che più volte avevo sperato di poter sperimentare da ragazzino: attraversare il muro che divideva la stazione di King’s Cross, a Londra, dal Binario Nove e Tre Quarti. Fu una sensazione stranissima passare attraverso la barriera, ma assolutamente nulla in confronto a ciò che mi trovai di fronte una volta arrivato dall’altra parte.

Mi ero sempre immaginato quanto dovesse essere spettacolare la partenza dell’Hogwarts Express: l’anno precedente ero ‘arrivato’ dopo il viaggio di andata, quindi non avevo vissuto l’emozione di salire sul treno trainato dalla poderosa locomotiva rossa insieme ad altre centinaia di ragazzi come me. Trovandomi lì, con mia madre e mia sorella al mio fianco e i bauli miei e di Sheila caricati su un carrello, mi sentivo a dir poco entusiasta. Ormai avevo capito che avevo una enorme voglia di tornare a Hogwarts: quel luogo era divenuto per me una seconda (o forse una terza) casa, e sentivo che era proprio lì che dovevo stare. Mentre salutavo i tanti ragazzi che avevo conosciuto l’anno precedente, però, sentii una strana coltre di ghiaccio calarmi sul cuore: improvvisamente, avvertivo qualcosa di strano. Non lì sul binario, bensì davanti a me, e non in senso geografico: non sarei in alcun modo stato in grado di dire di cosa si trattasse, ma sentivo che quello non sarebbe stato un anno normale, ammesso che quello precedente potesse essere definito in termini simili. Più reale, concreta e spaventosa che mai, sentii la tempesta, ancora distante, ma decisamente sulla strada che l’avrebbe portata verso il mio mondo. Non riuscii a trattenere un tremito, ma cercai di riscuotermi: non volevo che mia madre se ne accorgesse.

Katherine, dal canto suo, mi accompagnò fino ad una delle scalette, dove avevo intravisto Seamus e Dean che mi salutavano con calore. I due ragazzi mi aiutarono a caricare i due bauli, mentre il treno iniziava ad eruttare fumo e il fischio avvisava i ritardatari della partenza imminente. Saltai rapidamente giù per l’ultima volta e strinsi mia madre in un forte abbraccio: forse condizionato dai pensieri neri di qualche minuto prima, cercai con quella stretta di trasmetterle tutto l’affetto che avevo imparato a provare per lei. Dalla sua risposta, ritenni di esserci riuscito. Una volta staccatomi, Sheila mi sostituì: nonostante l’emozione del suo primo viaggio verso Hogwarts, o forse proprio per quella, non riuscì a trattenere qualche lacrima, ma poche parole di nostra madre furono sufficienti per riportarle il sorriso sul volto. Katherine mi affidò la bambina, raccomandando ad entrambi di fare i bravi e a me di occuparmi di lei. Un ultimo bacio, e io guidai Sheila su per la scaletta.

Raggiungemmo rapidamente lo scompartimento già occupato da Seamus, Dean, Neville, Ginny e Mary, ai quali presentai una improvvisamente timida Sheila. Il mio stomaco ebbe un piccolo sobbalzo quando la ragazzina mi salutò con un sorriso, e la cosa non sembrò passare inosservata alla mia fin troppo perspicace sorellina, che mi tirò per una manica in modo che abbassassi l’orecchio al livello della sua bocca: “E’ lei, vero? – mi chiese in un sussurro udibile, sperai, solo da me – La ragazza che hai cercato di salvare al campeggio! E’ veramente carina!”.

Sentii improvvisamente le mie guance avvampare, ma fui salvato dal momento di imbarazzo dal nuovo fischio del treno, che subito dopo iniziò ad arrancare in avanti. Sheila si precipitò al finestrino, ed io la seguii. Di fronte alla carrozza, nostra madre ci stava salutando con la mano, ed entrambi ci sporgemmo fuori per ricambiare, urlando che le avremmo scritto già il giorno dopo. Pochi secondi, e Katherine Jones scomparve dietro la curva.

  
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