Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Per_Aspera_Ad_Astra    14/04/2021    3 recensioni
Sono passati esattamente dieci anni dall'ultima battaglia nella città de Il Cairo. Niente sembra minare la tranquillità della famiglia Joestar. Niente fino ad ora.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dio Brando, Enrico Pucci, Giorno Giovanna, Josuke Higashikata, Jotaro Kujo
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Chapter three

Genitori e figli

 








 
L’azione che portò all’uscita della stanza 324 del Morioh Grand Hotel impiegò una intera giornata. Una lunghissima giornata.
Il corpo stanco del biologo era rimasto disteso sul grande divano dalle tinta rosate posto davanti alle enormi vetrate che specchiavano la deliziosa cittadina di Morioh facente parte della prefettura della Città S.
Per quanto l’aria estiva, il cinguettio piacevole degli ultimi usignoli, il verde crescente delle foglie portasse un leggero sollievo nell’animo, non bastava a calmare l’altalenante sensazione di inadeguatezza che si faceva strada nelle viscere dell’unica figura stesa nella stanza.
L’ennesima Marlboro era stretta tra i denti ed insieme alle altre, disordinatamente poste all’interno del posacenere, avevano composto un alone denso e bianco più leggero dell’aria stessa tanto che, galleggiando sopra di lui, pareva creare una enorme nube.






Il panificio per strada, St. Gentleman’s, offriva una vastissima scelta per iniziare la giornata: da freschi e fragranti panini appena sfornati e fagottini dolci e morbidi. La figura flessa di Jotaro aveva creato una sorta di angolo retto, la sua altezza, infatti, non lo aiutava quando i banconi di esposizione erano cosi bassi. Il proprietario dietro di esso glielo fece notare con una nota allegra ma lui, con viso contratto ed inespressivo indicò senza parlare una focaccina di anpan, lasciò poi un pugno di yen e si allontanò gustandosi la colazione scelta.
Certo, avrebbe potuto gustarsela in camera la colazione. Un dissetante tè verde, degli ottimi chinsuko fragranti e poi una buona sigaretta ancora seduto sul comodo divano. Avrebbe voluto ma il piano che aveva deciso non glielo permetteva.
Leccandosi via dal pollice la marmellata di anko con passo svelto si era nascosto dietro l’enorme albero che affacciava sulla dimora Higashikata: se voleva portare a termine la promessa che aveva fatto al nonno non poteva parlare direttamente con il sedicenne… no, o avrebbe nuovamente rischiato di spaccargli la faccia. Il biologo aveva tacitamente capito che non sarebbe bastata una settimana per abituarsi al fatto che, lo Stand del ragazzo lo riportasse in balia di incubi passati. In qualche modo doveva avvicinarsi alla persona più diretta a lui e, ovviamente, legata a quella storia. Chi meglio della madre avrebbe convito Josuke ad incontrare il padre?
Almeno cosi sperava Jotaro.
Aspettò quasi un’ora dietro l’arbusto non lasciando mai lo sguardo dalla porta di ingresso aspettando l’uscita del figlio.
Non lo avrebbe visto. Almeno per adesso.
Stretta la mano destra a mo’ di pugno busso per tre volte prima di rimettere entrambe le mani nelle ampie tasche dei morbidi pantaloni bianchi. Prese un respiro profondo immagazzinando quanta più aria nei polmoni per ossigenare il cervello e fare in modo che le parole uscissero chiare dalle labbra; prima che però, iniziasse a fantasticare sull’ipotetico discorso il rumore della serratura lo destò guardando con attesa la figura che gli sarebbe apparsa davanti.
Una donna sulla trentina, lo squadrò dalla testa ai piedi e con fare cagnesco incrociò le braccia al petto mettendo in risalto la figura slanciata.
«Desidera?» iniziò subito la donna dai capelli corvini raccolti da una morbida acconciatura fermata da un cerchietto rosso, i lineamenti delicati marcati solo da zigomi alti e sodi e labbra rosee e carnose.
Vecchio marpione, pensò.
«Sono Kujo Jotaro, lei è la signorina Higashikata Tomoko?» l’uomo non la lasciò neanche rispondere con un gesto. La donna ancora spaesata nel vedere quella figura alta quasi due metri davanti la porta «sono qui perché è importante che lei mi ascolti. Le ruberò poco tempo.»
Dopo qualche secondo di esitazione visibile con il morso del labbro inferiore, Tomoko fece qualche passo indietro e facendogli spazio offrì ospitalità a quell’uomo sconosciuto.
Tomoko, figlia del poliziotto Ryohei, non era per solita concedere asilo a sconosciuti, intrattenersi in chiacchiere se non con fidi confidenti. Cresciuta con sani e rigidi principi di un uomo di legge, Tomoko aveva sempre fatto valere il proprio carattere tanto da non avere mai bisogno della forza mascolina. Era indipendente, forte e sicura ma, quel giorno, quando quel fantomatico Kujo Jotaro aveva bussato alla propria porta, la parte schiva, attenta e responsabile parve abbassare le difese e non perché quegli occhi azzurri erano cosi penetranti da far salire la temperatura corporea – oltre a quello, certo – ma perché era tremendamente somigliante a qualcuno di cui si era fidata ciecamente in passato.
Lasciati i mocassini blu e neri sotto lo scalino dell’ingresso, Jotaro seguì silenziosamente Tomoko verso la stanza che aveva scelto per parlare di “questioni importanti” mentre gli occhi schizzavano da una parte all’altra registrando tutte le informazioni possibili. Quella casa, in realtà, gli ricordava la propria con quell’aria di famiglia e di tradizione a cui pareva che i cittadini delle contee non volessero rinunciare. Foto di persone sorridenti incorniciate graziosamente alle pareti, premi scolastici e sportivi in gran mostra sulle mensole diligentemente spolverate.
«Prego, si accomodi pure. Gradisce del tè?» esordì la donna che, percependo come assenso la tacita risposta dell’altro si voltò per versare dalla teiera di ceramica l’acqua bollente lasciando poi scivolare dentro il colino le foglie finemente pestate dentro il mortaio lì vicino.
L’uomo iniziò subito a parlare cercando di omettere quello che avrebbe in qualche modo destato dei sospetti  da parte della donna: la presenza di Dio Brando, le lotte tra Italia ed Egitto o anche gli stessi Stand. Le parlò dei Joestar, della madre Holy, del bisnonno Jonathan e del nonno Joseph; le spiegò con accuratezza l’indivisibilità di quella famiglia, le origini nobili e la fortuna che il padre di Josuke aveva creato fino ad adesso. Le parlò della prima famiglia del vecchio, della moglie e del legame che li univa da cinquant’anni, di come ciò avrebbe portato trambusto ma non sarebbe stato centro di litigio.
Capì di aver parlato per diverso tempo quando, a tè finito e terza sigaretta spenta, la gola aveva iniziato a bruciare chiedendo idratazione. Per tutto quell’infinito monologo la donna Higashikata era rimasta lì immobile a seguirlo con occhi attenti sembrando quasi non sbattesse mai le palpebre per non perdere il filo del discorso.
«Credo che si,» esordì Jotaro alla fine buttando nel posacenere il mozzicone di sigaretta appena concluso « ho detto tutto. Ovviamente il vecchio è disposto a sobbarcarsi  di tutte le spese precedenti o meno che siano anche inerenti allo studio di.. vostro figlio. Vorrebbe spostarsi e conoscerlo di per-»
«No,» incominciò Tomoko alzandosi in piedi destandosi da una posizione quasi assopita assunta fino a quel momento «la mia famiglia non desidera nulla. Viviamo bene, non ci manca nulla e Josuke è inondato da tutto l’amore del mondo o almeno tutto quello che io e mio padre possiamo dargli. Non abbiamo bisogno della vostra carità.»
«Non si tratta di carità» cercò di intromettersi nel discorso il biologo realmente sorpreso dalla risposta data della donna.
«Quel che è non lo vogliamo. Mio figlio non lo vuole. Abbiamo passato sedici anni senza che nessuno si sia mai fatto vivo. Josuke sa di essere nato da un amore forte e questo gli è bastato. Ora, per favore, può andare via.. e la prego, non metta più piede in questa città.» il tono utilizzato era tutto fuorché minaccioso. Sembrava avesse letto le parole da un enorme tomo davanti a lei. Jotaro, senza proferire altro, acconsentì.
Ringraziò con un inchino del tè offritogli e, rimettendosi le scarpe lasciate sotto lo scalino si voltò per guardare un’ultima volta quella donna che era stata cosi paziente da ascoltare la storia ma cosi risoluta da non accettare condizioni.
«Tomoko,» le disse mantenendo lo sguardo contro il suo dai lineamenti orientali e fini «ricordi che l’errore del genitore non equivale all’errore del figlio.»
Senza che potesse dargli una concreta risposta, l’uomo dal cappotto bianco era già sparito.






Chissà come la prenderà il vecchio. Aveva pensato Jotaro sporgendosi dal corrimano che garantiva il safe space tra lo strapiombo della poppa e l’’acqua dell’oceano. Ancorati al molo si aspettavano gli ultimi ritardatari per partire verso il porto di Tokyo lasciando che, i passeggeri sopra la nave come lo stesso Jotaro, potessero godere di quella frizzante brezza che solo l’aria ricca di iodio poteva regalare.
«Kujo! Kujo! Aspetti!» gridò una voce in lontananza.
L’uomo richiamato all’appello strinse entrambe le mani sull’asta orizzontale di un freddo acciaio iniziando a dare un fisico alla voce che lo stava richiamando: una mano diafana si muoveva velocemente, capelli neri all’indietro, corpo esile ed atletico.
«Non posso privare mio figlio di tutto questo, non se lo amo davvero! Gli errori dei genitori non possono essere gli errori dei figli! Accetto signor Kujo, accetto!» la voce parve lentamente calare cosi come la figura slanciata si fermò per prendere aria. Dall’altra parte  l’uomo con le mani ancora strette sospirò un leggero “ yare yare daze” lasciando la destra dalla posizione solo per abbassarsi la visiera del cappello.
Gli errori dei genitori non possono essere errori dei figli.
Si ripeté in testa mentre allontanandosi dalla postazione aveva cercato delle monete dalla tasca per inserirle nell’apposita fessura del telefono a gettoni.
«Pronto?» aveva risposto dopo una manciata di minuti una vocina delicata
«Tesoro, sono papà. Mi sei mancata tanto.»












ANGOLO CHIACCHIERE
Eccomi di nuovo qui, bella gente <3
Giuro che piano piano ingranerà la storia. Tutto a suo tempo anche se può sembrare ESTREMAMENTE noiosa. Fare un buon cappello iniziale, magari, riuscirà a farvi capire ( cosi come è ben limpido nella mia testa :D) i personaggi che andrò a presentare meglio dopo. E poi, quanto è cutiepie Tomoko? <3
Siamo ancora nel lasso di temporale antecedente alla parte quarta. Appena le cose si modificheranno sulla linea del tempo vi avvertirò - cosi come eventuali spoiler.
Come sempre, accetto ogni tipo di commento che possa migliorare la stesura della storia. Spero di farvi passare qualche minuto  in completa spensieratezza ( godetevelo adesso perché poi BOTTE DI ANGST <3) mentre leggete la storia.
Un bacino.

SpeedMary 
  
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