Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
Segui la storia  |       
Autore: Per_Aspera_Ad_Astra    21/04/2021    2 recensioni
Sono passati esattamente dieci anni dall'ultima battaglia nella città de Il Cairo. Niente sembra minare la tranquillità della famiglia Joestar. Niente fino ad ora.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dio Brando, Enrico Pucci, Giorno Giovanna, Josuke Higashikata, Jotaro Kujo
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


 
IMPORTANTE:
Il capitolo sottostante si svolge nel periodo successivo agli avvenimenti di Diamond is Unbreakble. Ci troviamo nel 2002. 
Sono presenti degli SPOILER della parte quarta. ATTENZIONE  per chiunque non l'abbia visto/letto.

 





Chapter four

Quarantatre mesi







 
La cittadina di Morio-cho si estendeva sulla costa frastagliata e rocciosa lungo il versante orientale giapponese affacciandosi sull’enorme distesa cristallina che è l’Oceano Pacifico. Piccola frazione della metropoli S., donava asilo a circa sessantamila abitanti occupati dalle aziende, banche e piccoli negozietti dislocati nella superficie ampia della cittadina. Era una delle classiche città in cui non succedeva niente, il giornale veniva consegnato dal postino alle prime luci dell’alba, gli studenti camminavano leggiadri sui marciapiedi ciottolati parlottando di compiti infiniti ed insegnanti dal costante malcontento; gli impiegati di banca sostavano all’ingresso delle stesse altezzosi nei loro completi, muniti di ventiquattrore; gli sportivi si concedevano una scarica di adrenalina mattutina con canzoni spacca-orecchie riprodotte da walkman alla moda.
Una cittadina dove non succedeva niente.
Aveva pensato proprio a quello, Kira Yoshikage, mentre spingeva l’aletta metallica del tagliaunghie con il pollice destro facendo saltare via l’unghia cresciuta in quelle settimane. Soddisfatto raccolse lei e le altre riponendole garbatamente nella bustina dove, con bella calligrafia, era segnato il mese e l’anno.
Una cittadina dove non succedeva niente.
Aveva pensato ancora l’impiegato del Market Regional Management con abiti di marca Versace, capelli impomatati all’indietro mentre sceglieva un grazioso anello ornato da piccoli diamanti.
Una cittadina dove non succedeva niente.
Ancora una volta in testa quel pensiero tanto da farlo sorridere con un ghigno soddisfatto, con il suo katsu sando tra le dita sottili e ben curate, un buon bicchiere di vino rosso e delle candele profumate a sigillare quella romantica cenetta.
Una cittadina dove non succedeva niente.
Quello fu il titolo utilizzato da Watanabe Sota stagista ventenne del quotidiano Morioh News il quale si ritrovò davanti agli occhi una raccapricciante scena di omicidio colposo accidentale. Quelle erano cose che non accadevano in una cittadina come Morio-cho. Quelle erano cose da film d’azione con alle spalle budget milionari da spendere. Invece era proprio lì, nell’angolo tra la drogheria Owson ed il palazzo della Pepsi: un uomo sulla trentina era stato travolto dalla stessa ambulanza che avrebbe dovuto aiutarlo; come un manichino snodato si trovava riverso sull’asfalto e quel che restava del viso, strisciato via dagli pneumatici.
I dettagli, Watanabe, cercò di ometterli.







Quarantatre mesi ed ancora sui giornali della zona era presente in prima pagina il resoconto di quella macabra storia, tutti i dettagli erano scritti in modo ridondante e preciso quasi fosse qualcosa da ricordare con estrema minuziosità: la descrizione della scena del crimine, le interviste ai parenti più stretti della vittima, copiose opinioni di giornalisti e criminologi. Come si poteva dimenticare un fatto del genere?
Jotaro alzò lo sguardo dal quotidiano schioccando più volte e nervosamente la lingua sul palato asciutto ed arido cacciando, con un gesto veloce, le pagine poste sulle gambe contratte in quella posizione.
«Mi ha detto che posso lasciarla alla stazione?» chiese il tassista dai lunghi, sporchi di caffè, baffi mentre allungava una mano per muovere distrattamente la manopola del volume. Non ricevette risposta. L’interlocutore era impegnato a guardare fuori dal finestrino polveroso a causa della salsedine, incantato, forse, dai primi ciliegi in fiore e dal loro delicato colore.
Ciliegi.
Una distesa di petali rosa tinteggiavano le vie poco trafficate della città, il profumo delicato copriva il solito odore di focaccine appena sfornate del St. Gentleman’s. Il movimento morbido dei petali durante la discesa a terra si congiungeva alla fragilità degli stessi una volta schiacciati dai passi frettolosi dei passanti. Jotaro ne provò quasi pena lasciando sì che quelli ora sulle spalle, del lungo cappotto bianco dalle striature azzurre, rimenassero protetti dalla propria figura. Una visione romantica della primavera alle porte.
Strinse le spalle nel lungo cappotto bianco nella ricerca di un punto di riferimento che lo facesse orientare. Perché queste striature azzurre? Perché il cappello pieno di spille? Quante volte aveva dovuto ascoltare quelle inutili domande e per quante volte aveva finto di non udirle. Jolyne fu la sola ad attribuirne una gradevole somiglianza: durante una delle molteplici visite al Sea Life Aquarium, la piccola aveva indicato con il paffuto dito l’elegante ballo della manta. Il pesce cartilagineo si muoveva come una foglia mossa dal vento nella barriera d’acqua salata incantando gli occhi color chartreuse della piccola attribuendo, poi, al padre la stessa leggiadria.
Le mani, sole, si mossero a toccare le cuciture in rilievo procurando una scarica improvvisa che si tradusse in un sorriso leggero. Malinconico.
«Jotaro-san! Jotaro-san!»
«Oi..oi  Koichi, abbassa questa voce da gallina.» lo rimproverò Okuyasu portandosi entrambe le mani tra i capelli più corti di un colore argenteo. Solo Hirose Koichi parve mostrarsi realmente contento dell’arrivo dell’uomo verso il tavolo. Il ragazzino dal naso schiacciato, era balzato all’impiedi curvandosi in avanti con un inchino mostrando un taglio di capelli alquanto discutibile: nessuno dei tre al tavolo, aveva in realtà, un taglio comune. Ma questo pensiero, Jotaro, lo tenne per sé.
«Jotaro-san! E’ un piacere rivederla a Morioh! Non sa quante cose sono cambiate. Sa, Kishi-» la parlata contenta di Koichi faceva da colonna sonora ai movimenti del biologo che, prendendo una sedia libera, l’aveva trascinata al tavolo dei ragazzi sedendosi di fronte a loro.
«Oe Koeche, » alzò lo sguardo il ragazzo seduto vicino ad Okuyasu intromettendosi nella cantilena dell’amico. Il tono parve minaccioso accompagnato dalla postura delle braccia incrociate al petto e lo sguardo oscurato per metà dalla gonfia capigliatura « lascia che Jotaro spieghi perché è venuto qui. Che sia forse per scusarsi di aver mandato te in Italia e non me?» la domanda venne seguita da uno scatto  furioso in avanti che produsse un suono sordo anche a causa delle mani puntate sul tavolino «Io sono tuo zio!» iniziò col dire indicandosi con il pollice «Io posseggo Crazy Diamond che certamente sarebbe stato più utile della tua lucertola» sibilò come un serpente ancora con occhi infuocati non prestando attenzione allo sguardo divertito dell’amico in questione.
«Josuke? Ma l’estate scorsa non abbiamo studiato insieme per gli esami di riparazione?» chiese con un’aria confusa Nijimura « sai potrei sbagliarmi non sono cosi intelligente..» continuò a dire alzando lo sguardo verso l’alto con l’indice sotto il mento quasi potesse aiutarlo a pensare.
«Beh,» intervenne subito Josuke messo con le spalle al muro portandosi la destra dietro la nuca con fare imbarazzato, sperando di distogliere l’attenzione sulla gaffe che aveva appena fatto.
Higashikata Josuke avrebbe compiuto diciannove anni tra qualche settimana ma di crescere non ne voleva proprio sapere. Dotato di perspicacia ed intelligenza, il ragazzo si era sempre fatto notare tra i banchi di scuola eccellendo sia nelle arti scientifiche che in quelle sociali. Bravo negli sport, dalla grande capacità comunicativa ma soprattutto da sensibilità ed umanità che lo contraddistinguevano. Il suo modo di essere cosi genuino lo portava spesso ad essere al centro dell’attenzione di ragazze ed d’invidiosi… ma a lui andava bene cosi. A lui piaceva essere sempre un tantino distaccato dagli altri, un po’ diverso quasi distante dal contesto. Il perché non se l’era mai chiesto. Era cosi e basta, pensava.
Da quando, però, il millenovecentonovantanove passò portando via la crudeltà dell’uomo senza volto, anche lo scintillio degli occhi di Josuke era svanito: che fosse stata l’adolescenza, l’impatto dell’accaduto o il solo pensiero di dover intraprendere un altro percorso di vita. Josuke era cambiato. Era perso, era solo. E di questo ne era consapevole.
«Ho bisogno di parlare con te, Josuke» parlò per la prima volta Kujo senza mai voltare lo sguardo verso gli altri due «da solo» l’ultime parole vennero rimarcate tanto da far capire ad Okuyasu e Koichi di non essere ben accetti in quella conversazione.
I due, senza proferire nulla a riguardo, si alzarono e diligentemente ringraziarono con un inchino allontanandosi dal café entrambi verso la stessa direzione.
«Oe, oe Jotaro non pensi di essere stato un po’ scortese?» chiese il più piccolo facendo scattare gli occhi in direzione degli amici ormai scomparsi dal raggio visivo
«Devo parlarti del vecchio. E’ importante.» Il silenzio calò tanto da ghiacciare i respiri dei due. Josuke non ebbe il coraggio di dire altro aspettando delucidazioni dal nipote che, stranamente, sembrava guardarlo con compassione. Tristezza, quasi.  «Non volevo parlartene al telefono per questo sono qui a Morioh, anche perché… di queste faccende me ne sono sempre occupato io.»
«Non dirmi che papà è- » la risposta improvvisa di Josuke fece gelare il sangue del biologo che si ritrovò ad abbassare lo sguardo cercando le parole adatte per continuare il discorso; non gli era mai capitato di rimanere senza parole o almeno, non gli era mai capitato di doverne dosare l’impatto per non ferire qualcuno. Gli occhi dello studente avevano tutta l’aria di esplodere in un pianto disperato.
«E’ grave, ma non è in fin di vita.» mentì non riuscendo a sostenere lo sguardo abbassandosi con la destra la visiera sperando, in qualche modo, di poter rimediare a quella bugia in seguito «Abbiamo il traghetto che ci porterà a Tokyo domani pomeriggio per prendere poi l’aereo. In due giorni saremo a New York, » le parole vennero unite da movimenti leggiadri ed eleganti. Dalla tracolla di cuoio uscirono due biglietti aerei ed alcuni documenti targati “SWF” i quali, Josuke, non guardò nemmeno. «durante il viaggio ti preparerò dei documenti: servirà la tua firma per mandare avanti i progetti di Joseph, le sue  proprietà ed anche la stessa collaborazione con la Fondazione..»
«Aspetta, aspetta,» lo interruppe Josuke con le braccia conserte sul tavolino ed il viso leggermente inclinato per non far scorgere all’uomo davanti a sé l’espressione del viso. «Io non sono convinto di voler entrare in queste faccende. Non voglio essere direttamente interessato alle incombenze della Fondazione, dall’avere uno Stand o cose simili. Ho diciannove anni,» la voce diede l’impressione di tremare scossa da un brivido che solo il pianto poteva creare ma, con un colpo di tosse venne scacciata via «voglio diventare un restauratore, iscrivermi alla Geidai, conoscere l’amore, viaggiare, scoprire tutto quello che non so, appassionarmi a qualcosa. Io non— voglio essere come il vecchio, come te e dimenticare di avere qualcosa per cui vivere.»
Pugno forte, ben assestato, in pieno viso, arrivò dopo le parole di Josuke. Il biologo chiuse gli occhi per far smettere quel mal di testa simile alle costanti emicranie di cui soffriva ma sapeva bene non si trattasse di quello; sapeva bene che le parole del ragazzo non erano cosi lontane dalla verità, ma fondamentalmente mai nessuno aveva messo a tavolino quella situazione.
« Jotaro-san, gomen. Non intendevo questo. Non volevo mancarti di rispe-»
«Va bene, Josuke.» lo interruppe «Hai tutto il tempo per pensarci durante il viaggio. Porterò i documenti con me.» l’uomo si alzò dalla posizione in cui era rimasto per quella frazione di tempo e, con la stessa espressione del viso gelida e corrucciata, allungò il biglietto verso il più piccolo che ancora, con aria spaesata sperava di farsi perdonare. «Cerca di essere puntuale. Le festività dell’ Ogon shukan ti permetteranno di non saltare gli studi.»
Prima che Higashikata potesse dire altro, Jotaro con mani in tasca e falcate lunghe era sparito dalla sua visuale.
Non voglio dimenticarmi di avere qualcosa per cui vivere. Jotaro ripensò a quelle parole e senza volerlo strinse con forza i pugni nelle tasche ampie, conficcando le corte unghie dentro la pelle.






ANGOLO CHIACCHIERE:
Heylà bella gente <3
Siamo arrivati al quarto capitolo e, da come avrete capito il salto temporale è stato cospicuo. Gli avvenimenti che non sono stati compresi nella stesura del capitolo sono uguali a quelli raccontati da Araki. Da questo capitolo in poi i riferimenti a capitoli successivi al quarto saranno parecchi.. quindi ATTENTI AGLI SPOILER! Con ciò voglio precisare, che tutto ciò che racconterò è frutto della mia fantasia e non sono assolutamente legati ad avvenimenti descritti da "Jojo's Bizarre Adventure".
Ringrazio tutti coloro che hanno visionato ed hanno perso qualche minuto in più per commentare. Mi aiutate davvero moltissimo a migliorarmi <3
Un abbraccio grande ( al prossimo mercoledì <3)
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo / Vai alla pagina dell'autore: Per_Aspera_Ad_Astra