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Autore: shana8998    28/05/2021    1 recensioni
Dimenticate il solito cliché del ragazzo bello e dannato che stravolge la vita della povera ed ingenua protagonista. Dimenticate la ragazza vergine che perde la testa per il cattivo ragazzo.
Se per una volta fosse la bella e dannata a stravolgere la vita perfetta del protagonista?
Fra Gabriel e Cécile è successo proprio così. Lui ricco, di ottima famiglia , studioso , diligente e fidanzato.
Lei una ribelle piena di tatuaggi e piercing , dalla vita sregolata e disastrata.
Gabriel avrebbe potuto dimenticarla dopo il primo incontro.
Ma forse , sapevano entrambi che sarebbe stato impossibile.
«Tu ed io, siamo colpa del destino»
Genere: Angst, Erotico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Universitario
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Il tunnel è sempre più buio, la luce in fondo ad esso è solo un mero barlume di speranza legato al filo del destino con cui giocano le parche.
Un'altra sbandata ed il filo si spezzerà, facendoci perdere nel buio per sempre.    T.

 
                                                                        Victor 25.
«Raul non risponde, di nuovo.» Aggancio la chiamata e ripongo il cellulare nella tasca del jeans. Jace continua a guardare la strada: mani sullo sterzo, aria persa in pensieri di cui ignoro la natura.
«Riprova.» La terza testa, in questa auto, si sporge dal sedile posteriore. Marcus appoggia gli avambracci sui due sedili e me lo ritrovo ad un soffio dalla mia spalla. Ancora mi chiedo perché mia sorella lo abbia coinvolto.
«Sarà la quinta volta che ci provo.» Dico.
Sono preoccupato. Raul non si fa sentire da almeno sei giorni.
L'ultima volta che ci siamo incontrati sembrava stare bene. Avevamo fumato marjuana insieme e poi lo avevo riaccompagnato a piedi sotto casa sua dal centro città.
Non era da lui sparire così. Non con me.
«Forse dovremmo passare a casa sua.» Inaspettatamente è Marcus a proporlo prima di me.
Jace sposta appena lo sguardo verso lo specchietto retrovisore «Dobbiamo andare a casa e pensare ad un modo per sbarazzarci del divano. Non sappiamo quando i suoi genitori rincaseranno e state pur certi che a breve ogni telegiornale parlerà della ragazza scomparsa "misteriosamente".»
Marcus aveva riportato il camioncino di suo padre in un vecchio capannone abbandonato che dista poco da Jefferson Park. Ci eravamo ripromessi di incontrarci subito dopo e di pensare ad un modo per sbarazzarci delle prove, ma adesso un pensiero incomincia ad insinuarsi dentro la mia testa. Il magone allo stomaco si sta facendo sempre più forte e se chiudo gli occhi posso vedere una marea di scene raccapriccianti. 
Mi schiaccio contro il sedile.
 Come siamo arrivati a questo?
Ho in mente il cadavere di quella ragazza e il petto mi si comprime all'idea che Raul possa aver fatto la stessa fine. 
«Ci penseremo dopo essere passati da Raul» dico di getto. Non è una richiesta né un tentativo di persuasione. E' un ordine.
«Sono certo che Raul e le vostre maledette canne possano aspettare» Insiste lui pigiando sull'acceleratore.
«Ho detto di passare da lui!» Grido, ma Jace insiste.
Un attimo dopo stiamo litigando.
Quello dopo ancora, un fascio di luce ci travolge.
Il boato riempie la strada appena illuminata dall'alba fioca.
Una macchina ci è appena venuta addosso.
                                                                     Cécile.
Un crampo allo stomaco mi desta violentemente dall'unico momento, di quella giornata infernale, dove ero riuscita a prendere sonno.
Mi sveglio con la gola stretta come se avessi il presentimento che il peggio non sarebbe tardato ad arrivare.
Probabilmente, condizionata dal sangue e dalla vista del cadavere di Sara, sono talmente turbata, che appena riacquisto coscienza corro con la mano al pulsante per abbassare il finestrino.
Ho bisogno di aria. 
Avrei anche bisogno di scappare e di cancellare la mia vita, ma adesso respirare è tutto ciò che mi posso permettere.
Marcus e gli altri sono diretti a casa di Jace. Questo abbiamo deciso prima di abbandonare il molo, ed è li che Drake si sta dirigendo alla guida dell'auto di Ambra.
Cerco di fare mente locale di tutto quello che è successo e di quello che ancora deve succedere.
"Ok. Adesso troveremo il modo di ripulirci le mani sudice, sbarazzandoci del tappeto e del divano. Poi questa storia finirà".
Mi dico gonfiando i polmoni d'aria fino a farmeli dolere. Il cielo terso prospetta una giornata serena.
Penso al sole e a quanto in questo momento mi dia fastidio.
Ho bisogno del buio. Del silenzio.
«Tutto ok?».
La voce di Drake mi rinsavisce dai pensieri. Mi volto di scatto.
«Non lo so.» Guardo verso lo specchietto agganciato alla portiera, Gabriel: sta dormendo.
Anche Ambra, accanto a me, sembra sia crollata.
«E tu? E' tutto ok? Hai l'aria esausta.»
Il riflesso nello specchietto retrovisore non è quello del solito Drake.
E' più quello di un ragazzo conscio del fatto che sta perdendo tutto.
Lentamente.
Inesorabilmente.
Proprio come Gabriel.
«Lo sono.» Si passa una mano sul viso e poi torna ad appoggiarla sul volante.
C'è un attimo di silenzio fra di noi, ma poi torna a parlare.
«Abbiamo fatto un bel casino e non parlo solo di Sara.» ammette. Non capisco.
«Di cosa parli?» Stacco l'auricolare dal mio cellulare. Ormai i brani in ripetizione sono finiti e Spotify tace da un po'.
Le ripongo in tasca e torno a dare attenzione a lui.
«Di quello che abbiamo fatto Gabriel, Raul ed io.»
Ho sentito bene? Gabriel, Raul e lui?
Mi sporgo di colpo fra i sedili «Cosa avete fatto?».
Il mio cuore ha preso a martellarmi dentro. Sento che sto per soffocare, di nuovo.
Le labbra di Drake si tendono. L'espressione tirata e colpevole.
Fa un lungo respiro e alla prima piazzola di sosta, accosta l'auto.
Il bip delle frecce accese è l'unico suono che invade la vettura, fino a che, nervosamente, non incalzo di nuovo con la stessa domanda.
«Cosa cazzo avete fatto?!»
Drake si morde un labbro ed i suoi occhi schizzano sullo specchietto retrovisore. Il riflesso delle sue pupille, dritto nelle mie.
«Scendi dall'auto.»
Il tono atono della sua voce mi fa piombare nel baratro di un'infausta confusione.
Non me lo faccio ripetere due volte, scendo e chiudo la portiera dietro di me.
Drake fa lo stesso e incomincia ad allontanarsi.
Lo seguo con il cuore che vuole esplodermi nel petto, fino a che non raggiungiamo un punto abbastanza lontano dall'auto.
«Ricordi quel chilo di cocaina nella borsa di Gabriel?»
Ho un tuffo al petto.
«Si.»
Infila una mano in tasca e tira fuori un porta sigarette di metallo. Ne estrae una e l'accende.
«L'abbiamo rubata noi.»
Apro la bocca ma tutto ciò che ne viene fuori è un sorriso sbieco, da pazza che non crede alle sue orecchie.
«N-Noi?»
«Tutti e tre.»
Respira dalla sigaretta una boccata. I suoi occhi sono rivolti alla strada, non a me;  la sua mente non è alla piazzola di sosta, non è concentrata sul discorso, è lontana.
I suoi pensieri sono rivolti a qualcosa di terribile, glielo posso leggere in faccia.
«Quando è successo? E di chi è stata l'idea? Cazzo, siete impazziti!»
«E' stato durante l'ultima consegna, quella a casa di tuo padre. Ho aiutato io ad impacchettare i chili e Raul era il nostro trasportatore.»
Ho paura di sentire cosa è successo dopo.
«Avevamo programmato tutto, minuto per minuto» dice «ma quando siamo saliti in auto, Gabriel aveva il viso plumbeo. Era nero dalla rabbia e qualcosa gli era balenato un paio di volte negli occhi mentre ci avvicinavamo a casa di tuo padre.»
Cerco di trattenere il respiro, proprio come quando sei sulle montagne russe, sei arrivato in cima, e stai aspettando di riscendere in picchiata.
«Poi ha detto: perché non ce ne teniamo un po'? E da li è nato tutto. Abbiamo trattenuto un paio di chili. Lui ha venduto il primo in meno di un paio di giorni. L'ho trovato grandioso. Un mucchio di soldi ed erano nostri. Ma poi...»
Sento i capillari nelle sclere tirarmi «Ma poi...Raul è sparito.» Ammetto più a me stessa che a lui «E' per questo che è sparito, che non risponde alle chiamate...».
«Non voglio pensare che sia così...». L'espressione sul suo viso è un mucchio di sensazioni spiacevoli che si accavallano l'un l'altra.
«Dobbiamo correre a casa sua a cercarlo.»
                                                                           Gabriel.
«Perché stai correndo così?» Afferro la maniglia dello sportello con una mano, mentre con l'altra tengo ben saldo un lato del sedile.
Non sono l'unico che sta cercando di non sbattere qua e la mentre Drake guida come un pazzo per la statale.
«Cécile, dimmi che gli prende?» La supplico.
Ma il suo viso è scavato. Ha gli occhi sbarrati e fissa la strada come se non vedesse altro.
Non è l'effetto di qualche droga, non è il poco sonno. E' la paura.
Conosco la paura di Cécile.
«Drake, maledizione! Decelera!» Grida Ambra tirando un pugno al sedile.
Lui la ignora. Svolta a destra di colpo, poi a sinistra e imbocca una strada secondaria.
Le auto sono già tante nonostante siano solo le sette del mattino.
Drake le evita per pura fortuna. Sembra che nulla lo possa fermare. Nulla, tranne il portone del palazzo di Raul.
La frenata ci sbalza in avanti per poi farci ripiombare a sedere.
Il primo a scendere fuori dall'auto come un proiettile è proprio Drake. Cécile gli corre dietro come una lepre.
Ho un brutto presentimento.
«Dannazione, non risponde.» Nonostante, il biondo stia tenendo il dito premuto sul campanello, dentro casa pare non ci sia nessuno.
«Chi cazzo sta suonando in questa maniera!» Alzo lo sguardo oltre la mia fronte.
Una donna in vestaglia sta protestando con il braccio sollevato, dalla finestra accanto a quella dell'appartamento di Raul.
E' Clorine, la sua vicina. L'avevo vista solo una volta, la sera che venimmo qui per spartirci i soldi della droga.
«Apri questa maledetta porta, Clorine!» Gli intima Drake a brutto muso.
«Perché non andate a farvi fottere, ragazzini!»
«Dannata vecchia!»
Clorine si ritira sparendo dalla nostra visuale, ma proprio quando la speranza ci sta per abbandonare il trillo del portone spazza via la rassegnazione del momento.
«Grazie a Dio!» Cécile sposta con il peso l'anta ed entriamo uno dietro l'altro.
L'appartamento di Raul è all'ultimo piano.
«C'è puzza da giorni li dentro. Perché no dite al vostro amico di buttare l'immondizia?» La sagoma di Clorine appare un secondo prima che Drake tiri fuori la chiave di riserva da un vaso di begonie finte, accanto alla porta dell'appartamento.
Clorine ci fissa, forse con la speranza di una risposta, poi sbuffa e si chiude la porta alle spalle.
«Ok...Ci siamo» A Drake trema la mano, non riesce quasi ad inserire la chiave nella toppa. La fronte imperlata di sudore.
L'anta si sposta ed un tanfo terribile falcia le nostre narici.
«Che cos'è questa puzza?» Ambra si copre la bocca e fa un passo indietro sul pianerottolo.
Anche Drake e Cécile sembrano trattenersi dal vomitare.
Dentro casa di Raul c'è caos.
Il divano dove era solito dormire ha l'unico cuscino, che dovrebbe coprire la seduta, rivoltato. La tavola è sgombra, tutto ciò che vi era sopra ora è a terra: il posacenere, l'erba, i mozziconi di sigaretta, le lattine di birra.
«Che cazzo è successo qui dentro...» Mi muovo nell'appartamento. Sembra esserci passato un uragano.
Ambra solleva due delle quattro sedie da terra e cerca di capire con lo sguardo cosa sia successo.
Quando mi giro verso l'unica porta che so dividere l'angolo cottura dalla zona notte, mi accorgo che Drake è accanto alla porta della camera da letto di Raul. Dritto, immobile.
Sembra fissare l'interno senza neanche respirare.
Che gli prende?
Gli occhi di Cécile rimbalzano su di lui.
Si muove ancor prima di me.
«No, no, no...Dimmi che non è vero!» Dice correndo verso il ragazzo.
                                                            Cécile.
Drake cade sulle ginocchia ed è solo allora che scopro il corpo di Raul.
E' riverso sul suo letto, lo sguardo sbarrato verso il soffitto e due grandi ferite sull'addome.
«Era mio amico».
Non ho mai visto Drake singhiozzare così.
E' distrutto e lo sono anche io.
La vista mi si appanna velocemente e l'aria che sembrava mancarmi fino ad un attimo prima, ora pare strozzarmi.
Mi chino sulle ginocchia avvolgendo le spalle di Drake.
«Dannazione!» Grida in un tumultuo di rabbia e dolore «Dannazione! Dannazione! E' solo colpa mia».
I passi di Gabriel ci arrivano alle spalle. Non ho il coraggio di guardarlo ma lo sento arrancare un passo all'indietro e poi sbattere contro lo stipite della porta.
Raul è morto. Sara è morta.
Ed è solo colpa nostra.
                                                                        Victor.
Apro gli occhi a fatica e un bagliore intenso brucia le mie sclere. La luce del giorno mi sta acciecando. La vista offuscata mi impedisce di vedere chiaramente cosa mi circonda ma quello che sta gocciolando sulle mie mani è chiaramente sangue.
Sento sgommare un'auto in lontananza. Non posso girarmi, il dolore al collo è troppo intenso.
Che diavolo è successo?
«Jace» allungo, quel po' che posso, una mano verso lui. Riesco a voltarmi a malapena, ma mi sembra di vedere la sua fronte china sul volante. C'è sangue anche addosso alle sue gambe; «Jace, apri gli occhi» lo scuoto ma non risponde.
Non sento Marcus. Lo specchietto retrovisore si è frantumato in mille pezzi, non posso vederlo.
«Marcus.» Lo chiamo e nel farlo mi strozzo con la mia stessa saliva.
Lo sportello dal mio lato è incavato verso l'interno e mi blocca la gamba contro il sedile. C'è del sangue che sgorga dai miei pantaloni nel punto dove il ferro fa pressione, non mi sento le dita dei piedi e ho l'impressione che persino il braccio, anch'esso bloccato, sia diventato freddo.
«Jece, avanti, cerca di svegliarti» Tossisco. Qualcosa dentro me sta riempiendo i miei polmoni e sa di ferro.
Le forze sciamano più velocemente del previsto: sto morendo?
Morirò qui, in quest'auto?
«Ragazzo, sei cosciente?» 
Non lo so. Non so più niente. Mi sento debole, quasi inesistente.
«Sta tranquillo andrà tutto bene.» E' una sagoma quella che mi sta parlando? Credo di si. Un'ombra indistinta che ha la voce da uomo.
«E' ferito?» Dopo poco, quella che ha l'aspetto di una donna bionda, appare davanti al cruscotto dell'auto. Sembra spaventata.
«Si.» Vedo muoversi delle macchie - persone? - e stanno sparendo.
«Ehy!» Batto un pugno sulla cappotta «I miei amici sono ancora qui!» cerco di respirare, è difficile «Ehy!...Non abbandonateci.»
Forse dovrei lasciarmi andare.
                                                  Cécile.
C'era soltanto un modo per salvarci tutti quanti, almeno dalla polizia.
E quella stessa mattina ce ne convincemmo tutti e quattro.
«Ci sei?»
Ambra annuisce stringendo il tappeto.
Dovevamo salvarci. A tutti i costi.
«Saliamo»
E per farlo, dovevamo lasciare che i morti seppellissero i morti.
«Tutto ok, voi li su?» Bisbiglio, guardando fra le ringhiere della tromba delle scale Drake e Gabriel salire il divano di Sara.
Annuiscono. 
Una volta trovato il corpo di Raul ci era voluto un po' perché concordassimo all'unisono che quella di portare gli oggetti di Sara in casa di Raul sarebbe stata l'unica scelta da fare.
Avrebbero incolpato lui, nella migliore delle ipotesi. O comunque, avrebbero cercato un nesso fra loro. Nesso che non esisteva, poiché Raul e Sara non si erano mai conosciuti.
Gabriel poggia il divano accanto alla parete dietro la porta d'ingresso e noi il tappeto al centro della stanza.
«Funzionerà?»
Lo guardo.
«Deve funzionare per forza.»



Nota: Riprendo questa storia dopo svariati mesi, per questo, se ci dovessero essere buchi di trama chiedo venia. 
Buona lettura.
   
 
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